Responsabilita’ per fatto dell’ausiliario (e del preposto)

Corte di Cassazione, sezione terza civile, Sentenza 14 febbraio 2019, n. 4298.

Le massime estrapolate:

La disciplina della garanzia per vizi si esaurisce nell’articolo 1490 c.c. e ss., che pongono il venditore in una situazione non tanto di obbligazione, quanto di soggezione, esponendolo all’iniziativa del compratore, intesa alla modificazione del contratto od alla sua caducazione mediante l’esperimento, rispettivamente, della actio quanti minoris o della actio redhibitoria. Ne consegue che il compratore non dispone, neppure a titolo di risarcimento del danno in forma specifica, di un’azione “di esatto adempimento” per ottenere dal venditore l’eliminazione dei vizi della cosa venduta, rimedio che gli compete soltanto in particolari ipotesi di legge (garanzia di buon funzionamento, vendita dei beni di consumo) o qualora il venditore si sia specificamente impegnato alla riparazione del bene.
In tal caso sorge un’autonoma obbligazione di facere che, ove non estingua per novazione la garanzia originaria, a questa si affianca, rimanendo ad essa esterna, non alterandone quindi la disciplina (cfr., con riferimento all’impegno assunto dal venditore, accettato dal compratore, di eliminare i vizi della cosa venduta di cui all’articolo).
La garanzia di buon funzionamento ex articolo 1512 c.c., in particolare, la quale sorge non direttamente dalla legge ma di regola da una apposita clausola contrattuale, ed opera in modo autonomo e indipendente rispetto alle regole proprie della garanzia per i vizi della cosa venduta e della ordinaria responsabilita’ per mancanza di qualita’ della cosa stessa, attua, con l’assicurazione di un determinato risultato (il buon funzionamento per il tempo convenuto), una piu’ intensa tutela del compratore, essendo normalmente integrativa, e non sostitutiva, della garanzia legale per vizi ex articolo 1490 c.c., ove si sottolinea che la sua eventuale alternativita’ a quest’ultima deve risultare espressamente da pattuizione contenuta nella convenzione negoziale ed esplicitamente approvata per iscritto dall’acquirente), e della responsabilita’ stabilita dalla legge (articolo 1497 c.c.) per mancanza di qualita’ promesse ed essenziali per l’uso cui e’ destinata la cosa, nonche’ volta ad assicurare al garantito il risultato che questi intende conseguire, cioe’ il buon funzionamento della cosa mobile venduta.
Puo’ pertanto essere invocata solo previa deduzione e dimostrazione: a) dell’esistenza di un tale patto; b) del cattivo funzionamento della cosa. Non anche della relativa causa, spettando al garante dare la prova che il difetto dipende da causa sopravvenuta alla conclusione del contratto, da caso fortuito o da un fatto proprio (ad es., per uso anormale della cosa) del garantito.
Va per altro verso sottolineato come risponda a principio consolidato nella giurisprudenza di legittimita’ che ai sensi degli articoli 1228 e 2049 c.c., il debitore il quale nell’adempimento dell’obbligazione si avvalga dell’opera di terzi risponde anche dei fatti dolosi o colposi di costoro.
La responsabilita’ per fatto dell’ausiliario (e del preposto) prescinde invero dalla sussistenza di un contratto di lavoro subordinato, irrilevante essendo la natura del rapporto tra i medesimi intercorrente ai fini considerati, fondamentale rilievo viceversa assumendo la circostanza che dell’opera del terzo il debitore comunque si sia avvalso nell’attuazione della propria obbligazione, ponendo la medesima a disposizione del creditore, sicche’ la stessa risulti a tale stregua inserita nel procedimento esecutivo del rapporto obbligatorio.
La responsabilita’ che dall’esplicazione dell’attivita’ di tale terzo direttamente consegue in capo al soggetto che se ne avvale riposa invero bensi’ sul principio cuius commoda eius et incommoda (ovvero dell’appropriazione o “avvilimento” dell’attivita’ altrui per l’adempimento della propria obbligazione), comportante l’assunzione del rischio per i danni che al terzo (o al creditore) ne derivino.
Ne’, al fine di considerare interrotto il rapporto in base al quale esso e’ chiamato a rispondere, vale distinguere tra comportamento colposo e comportamento doloso del soggetto agente (che della responsabilita’ del primo costituisce il presupposto), essendo al riguardo sufficiente (in base a principio che trova applicazione sia nella responsabilita’ contrattuale che in quella extracontrattuale) la mera occasionalita’ necessaria tra esecuzione della prestazione e danno, tra cui sussista un mero collegamento obiettivo.
Il preponente o il debitore risponde allora direttamente di tutte le ingerenze dannose che al terzo preposto o al dipendente, della cui opera si e’ avvalso per l’adempimento della propria obbligazione negoziale, sono state rese possibili dalla posizione conferitagli rispetto al danneggiato, terzo o creditore; e cioe’ dei danni che il terzo preposta o il dipendente ha potuto a quest’ultimo arrecare in ragione di quel particolare contatto cui il medesimo e’ nei suoi confronti risultato esposto.
Nell’avvertita necessita’ di non lasciare priva di ristoro l’ipotesi in cui l’evento lesivo sia conseguenza necessitata del fatto lesivo quand’anche statisticamente anomalo, il criterio della prevedibilita’ dovendo tenersi invero distinto da quello della normalita’ delle conseguenze, si e’ da questa Corte sotto ulteriore profilo posto in rilievo doversi procedere alla delimitazione della giuridica rilevanza delle conseguenze dannose eziologicamente derivanti dal danno evento costituenti integrazione del rischio specifico posto in essere dalla condotta (dolosa o) colposa del debitore/danneggiante, che a tale stregua solo a carico del medesimo, e non anche sul creditore/danneggiato, debbono conseguentemente gravare.
Si e’ al riguardo affermato che gravano sul debitore/danneggiante, costituendo integrazione del rischio specifico posto in essere dalla sua antecedente condotta (dolosa o) colposa, le conseguenze costituenti effetto: a) delle eccezionali condizioni personali del danneggiato; b) del fatto successivo del terzo.

Sentenza 14 febbraio 2019, n. 4298

Data udienza 5 febbraio 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Presidente

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere

Dott. CIGNA Mario – Consigliere

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere

Dott. GUIZZI Stefano Giaime – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 11180/2016 proposto da:
(OMISSIS) SRL, in persona dell’Amministratore Unico sig. (OMISSIS), considerata domiciliata ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS) giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) SPA in persona dei suo legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studi dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS) giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 4530/2015 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 26/11/2015;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 05/02/2018 dal Consigliere Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PATRONE Ignazio, che ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso in subordine rigetto;
udito l’Avvocato (OMISSIS);
udito l’Avvocato (OMISSIS).

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 26/11/2015 la Corte d’Appello di Milano, in accoglimento del gravame interposto dalla societa’ (OMISSIS) s.p.a. e in conseguente riforma della pronunzia Trib. Monza n. 1790/2013, ha rigettato la domanda nei confronti della medesima originariamente proposta dalla societa’ (OMISSIS) s.r.l. di risarcimento del danno subito dall’autovettura Ferrari F 430 Spider FI, telaio n. (OMISSIS), in conseguenza della rottura del motore all’esito di riparazione gratuita effettuata dall’officina (OMISSIS) del sig. (OMISSIS), facente parte della “Rete Ufficiale (OMISSIS)” presso la quale era contrattualmente tenuta a far effettuare gli interventi di manutenzione, giusta “contratto di garanzia commerciale offerto da (OMISSIS) s.p.a. della durata di trentasei mesi dalla data di consegna dell’autovettura acquistata”.
Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito la societa’ (OMISSIS) s.r.l. propone ora ricorso per cassazione, affidato a 3 motivi, illustrati da memoria.
Resiste con controricorso la societa’ (OMISSIS) s.p.a., che ha presentato anche memoria.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il 1 motivo la ricorrente denunzia “violazione e falsa applicazione” dell’articolo 345 c.p.c., in riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
Con il 2 motivo denunzia “violazione e falsa applicazione” degli articoli 115 e 345 c.p.c., in riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
Si duole che la corte di merito abbia “erroneamente fondato la propria decisione” accogliendo l’eccezione di “non operativita’ della garanzia commerciale (OMISSIS) in quanto “il danno non sarebbe un difetto o vizio della vettura, ma un negligente intervento riparativo di un terzo”, invero sollevata “per la prima volta nel procedimento di secondo grado”.
Lamenta che “parimenti, non era mai stato sollevato il difetto di titolarita’ passiva dell’azione secondo il quale l’odierna istante avrebbe dovuto rivalersi sull’officina che aveva eseguito il primo intervento, reso necessario a seguito della rottura dei catalizzatori”.
Si duole che, “non avendo (OMISSIS) s.p.a. mai eccepito… carenza di titolarita’ passiva… tale circostanza era all’evidenza non contestata”.
I motivi, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto connessi, sono fondati e vanno accolti nei termini e limiti di seguito indicati.
Come le Sezioni Unite di questa Corte hanno avuto modo di affermare, la disciplina della garanzia per vizi si esaurisce nell’articolo 1490 c.c. e ss., che pongono il venditore in una situazione non tanto di obbligazione, quanto di soggezione, esponendolo all’iniziativa del compratore, intesa alla modificazione del contratto od alla sua caducazione mediante l’esperimento, rispettivamente, della actio quanti minoris o della actio redhibitoria. Ne consegue che il compratore non dispone, neppure a titolo di risarcimento del danno in forma specifica, di un’azione “di esatto adempimento” per ottenere dal venditore l’eliminazione dei vizi della cosa venduta, rimedio che gli compete soltanto in particolari ipotesi di legge (garanzia di buon funzionamento, vendita dei beni di consumo) o qualora il venditore si sia specificamente impegnato alla riparazione del bene (v. Cass., Sez. Un., 13/11/2012, n. 19702. Conformemente v. Cass., 18/1/2013, n. 1269).
In tal caso sorge un’autonoma obbligazione di facere che, ove non estingua per novazione la garanzia originaria, a questa si affianca, rimanendo ad essa esterna, non alterandone quindi la disciplina (cfr., con riferimento all’impegno assunto dal venditore, accettato dal compratore, di eliminare i vizi della cosa venduta di cui all’articolo 1490 c.c., Cass., Sez. Un., 13/11/2012, n. 19702).
La garanzia di buon funzionamento ex articolo 1512 c.c., in particolare, la quale sorge non direttamente dalla legge ma di regola da una apposita clausola contrattuale, ed opera in modo autonomo e indipendente rispetto alle regole proprie della garanzia per i vizi della cosa venduta e della ordinaria responsabilita’ per mancanza di qualita’ della cosa stessa, attua, con l’assicurazione di un determinato risultato (il buon funzionamento per il tempo convenuto), una piu’ intensa tutela del compratore (v. Cass., 30/10/2009, n. 23060; Cass., 28/5/1988, n. 3656; Cass., 9/11/1978, n. 5114; Cass., 11/7/1972, n. 2328. V. altresi’ Cass., 11/5/198:3, n. 3257), essendo – come detto – normalmente integrativa, e non sostitutiva, della garanzia legale per vizi ex articolo 1490 c.c. (v. Cass., 5/09/1997, n. 8578, ove si sottolinea che la sua eventuale alternativita’ a quest’ultima deve risultare espressamente da pattuizione contenuta nella convenzione negoziale ed esplicitamente approvata per iscritto dall’acquirente), e della responsabilita’ stabilita dalla legge (articolo 1497 c.c.) per mancanza di qualita’ promesse ed essenziali per l’uso cui e’ destinata la cosa, nonche’ volta ad assicurare al garantito il risultato che questi intende conseguire, cioe’ il buon funzionamento della cosa mobile venduta (v. Cass., 17/1/1975, n. 208).
Puo’ pertanto essere invocata solo previa deduzione e dimostrazione: a) dell’esistenza di un tale patto (v. Cass., 30/10/2009, n. 23060; Cass., 28/5/1988, n. 3656); b) del cattivo funzionamento della cosa. Non anche della relativa causa (in tema di ripartizione degli oneri probatori nella garanzia per i vizi della cosa venduta cfr., da ultimo, Cass., 21/9/2017, n. 21927 e Cass., 2/9/2013, n. 20110; nonche’, diversamente, Cass., 16/2/2015, n. 3042; Cass., 26/7/2013, n. 18125. La questione e’ stata rimessa alle Sezioni Unite di questa Corte da Cass., 26/9/2018, n. 23015), spettando al garante dare la prova che il difetto dipende da causa sopravvenuta alla conclusione del contratto, da caso fortuito o da un fatto proprio (ad es., per uso anormale della cosa) del garantito (cfr. Cass., 30/10/2009, n. 23060. E gia’ Cass., 16/6/1980, n. 3813; Cass., 13/12/1977, n. 5428; Cass., 17/1/1975, n 208).
Va per altro verso sottolineato come risponda a principio consolidato nella giurisprudenza di legittimita’ che ai sensi degli articoli 1228 e 2049 c.c., il debitore il quale nell’adempimento dell’obbligazione si avvalga dell’opera di terzi risponde anche dei fatti dolosi o colposi di costoro (v. Cass., 24/5/2006, n. 12362; Cass., 4/3/2004, n. 4400; 3 Cass., 8/1/1999, n. 103), ancorche’ non siano alle sue dipendenze (v. Cass., 11/12/2012, n. 22619; Cass., 21/2/1998, n. 1883; Cass., 20/4/1989, n. 1855).
La responsabilita’ per fatto dell’ausiliario (e del preposto) prescinde invero dalla sussistenza di un contratto di lavoro subordinato, irrilevante essendo la natura del rapporto tra i medesimi intercorrente ai fini considerati, fondamentale rilievo viceversa assumendo la circostanza che dell’opera del terzo il debitore comunque si sia avvalso nell’attuazione della propria obbligazione, ponendo la medesima a disposizione del creditore (v., da ultimo, con riferimento a diverse fattispecie, Cass., 6/6/2014, n. 12833; Cass., 26/5/2011, n. 11590), sicche’ la stessa risulti a tale stregua inserita nel procedimento esecutivo del rapporto obbligatorio (cfr., da ultimo, con riferimento a diverse fattispecie, Cass., 12/10/2018, n. 25373; Cass., 21/8/2018, n. 20829; Cass., 6/6/2014, n. 12833; Cass., 26/5/2011, n. 11590).
La responsabilita’ che dall’esplicazione dell’attivita’ di tale terzo direttamente consegue in capo al soggetto che se ne avvale riposa invero (non gia’ sul principio della colpa nella scelta o nella vigilanza degli ausiliari: v. Cass., 13/4/2007, n. 8826; Cass., 17/5/2001, n. 6756; Cass., 30/12/1971, n. 3776. V. anche Cass., 4/4/2003, n. 5329) bensi’ sul principio cuius commoda eius et incommoda (ovvero dell’appropriazione o “avvilimento” dell’attivita’ altrui per l’adempimento della propria obbligazione), comportante l’assunzione del rischio per i danni che al terzo (o al creditore) ne derivino (cfr. Cass., 27/8/2014, n. 18304, e, da ultimo, Cass., 12/10/2018, n. 25373; Cass., 12/10/2018, n. 25375; Cass., 22/11/2018, n. 30161).
Ne’, al fine di considerare interrotto il rapporto in base al quale esso e’ chiamato a rispondere, vale distinguere tra comportamento colposo e comportamento doloso del soggetto agente (che della responsabilita’ del primo costituisce il presupposto), essendo al riguardo sufficiente (in base a principio che trova applicazione sia nella responsabilita’ contrattuale che in quella extracontrattuale) la mera occasionalita’ necessaria tra esecuzione della prestazione e danno, tra cui sussista un mero collegamento obiettivo (v. Cass., 17/5/2001, n. 6756; Cass., 15/2/2000, n. 1682. E, da ultimo, Cass., 12/10/2018, n. 25373; Cass., 22/11/2018, n. 30161).
Il preponente o il debitore risponde allora direttamente di tutte le ingerenze dannose che al terzo preposto o al dipendente, della cui opera si e’ avvalso per l’adempimento della propria obbligazione negoziale, sono state rese possibili dalla posizione conferitagli rispetto al danneggiato, terzo o creditore; e cioe’ dei danni che il terzo preposta o il dipendente ha potuto a quest’ultimo arrecare in ragione di quel particolare contatto cui il medesimo e’ nei suoi confronti risultato esposto (cfr., con riferimento alla responsabilita’ della struttura sanitaria, Cass., 20/10/2014, n. 22222; Cass., 27/8/2014, n. 18304; con riferimento alla responsabilita’ della banca per l’attivita’ del promotore finanziario, Cass., 22/11/2018, n. 3016; cfr. altresi’ Cass., 12/10/2018, n. 25373).
Nell’avvertita necessita’ di non lasciare priva di ristoro l’ipotesi in cui l’evento lesivo sia conseguenza necessitata del fatto lesivo quand’anche statisticamente anomalo, il criterio della prevedibilita’ dovendo tenersi invero distinto da quello della normalita’ delle conseguenze (v. Cass., 29/2/2016, n. 3893), si e’ da questa Corte sotto ulteriore profilo posto in rilievo doversi procedere alla delimitazione della giuridica rilevanza delle conseguenze dannose eziologicamente derivanti dal danno evento costituenti integrazione del rischio specifico posto in essere dalla condotta (dolosa o) colposa del debitore/danneggiante, che a tale stregua solo a carico del medesimo, e non anche sul creditore/danneggiato, debbono conseguentemente gravare (v. Cass., 21/8/2018, n. 20829).
Si e’ al riguardo affermato che gravano sul debitore/danneggiante, costituendo integrazione del rischio specifico posto in essere dalla sua antecedente condotta (dolosa o) colposa, le conseguenze costituenti effetto: a) delle eccezionali condizioni personali del danneggiato; b) del fatto successivo del terzo.
In tali ipotesi non puo’ invero pervenirsi a ridurre o escludere il relativo risarcimento in favore del danneggiato, che rimane agli stessi specificamente esposto in conseguenza dell’antecedente causale determinato dalla condotta colposa (o dolosa) del debitore/danneggiante (come posto in rilievo anche da autorevole dottrina, che lo indica quale “danno diretto”), quest’ultimo dovendo pertanto risponderne (anche) sul plano risarcitorio (cfr. Cass., 21/8/2018, n. 20829; Cass., 21/7/2011, n. 15991. Per l’affermazione che diversa ipotesi si ha invece in caso di concorso di concausa naturale non imputabile al debitore/danneggiante, come allorquando -in tema di responsabilita’ sanitaria – si e’ in presenza di uno stato patologico pregresso del paziente/danneggiato non legato all’altrui condotta colposa da un nesso di interdipendenza causale, v. Cass., 21/8/2018, n. 20829; Cass., 29/2/2016, n. 3893).
Orbene, nell’impugnata sentenza la corte di merito ha invero disatteso i suindicati principi.
Atteso che nella specie al contratto di leasing stipulato tra le odierne parti di giudizio avente ad oggetto l’autovettura Ferrari F430 Spider FI telaio n. (OMISSIS) risulta accedere una “garanzia commerciale” (“prevista all’articolo 1.1. delle condizioni generali”) rilasciata dalla societa’ (OMISSIS) s.p.a. in favore dell’odierna ricorrente, della durata di 3 anni, “per eventuali difetti di conformita’ della vettura concessa in leasing” rispetto alle prestazioni dichiarate nel libretto di uso e manutenzione, da eliminare “in tempi ragionevoli” e “senza spese” per il beneficiario (la stessa controricorrente nei propri scritti difensivi fa richiamo all’articolo 1.3 Tessera di garanzia (OMISSIS)), si e’ dal giudice del gravame osservato che tale garanzia “abilita il garantito a pretendere la riparazione senza oneri” nei confronti del garante, il quale al riguardo “utilizza necessariamente un contratto di appalto con l’Officina”, da individuarsi da parte del beneficiario necessariamente nell’ambito dei centri di assistenza tecnica autorizzati (OMISSIS), “secondo quanto previsto dall’articolo 4.3. delle condizioni generali ai fini di non incorrere nella decadenza della (rectius, dalla) garanzia”.
E’ rimasto altresi’ accertato che “dopo una percorrenza di circa 16.000 km” il veicolo de quo ha riportato “un primo guasto” ai “collettori di scarico (catalizzatori)”, gratuitamente riparato “da parte dell’Officina (OMISSIS), centro di assistenza tecnica autorizzato (OMISSIS)… presso la quale l’autovettura era sempre stata portata per tutte le operazioni di manutenzione secondo quanto previsto dall’articolo 4.3. delle condizioni generali ai fini di non incorrere nella decadenza della (rectius, dalla) garanzia”; e che successivamente, “dopo una percorrenza di circa 5000 km”, e’ seguita la rottura del motore.
Rottura del motore che nel giudizio di merito e’ all’esito dell’espletata CTU stata dai giudici di merito ascritta all’erronea riparazione effettuata dalla suindicata Officina “in modo imperito”, essendo risultata cagionata (come affermato dalla corte di merito nell’impugnata sentenza) dal “particolato rinvenuto nell’olio del motore della vettura… compatibile con il materiale contenuto nei catalizzatori precedentemente rotti e sostituiti con nuovi collettori di scarico, i quali al momento del guasto al motore erano risultati integri”.
In altri termini (come esposto dall’odierna controricorrente nei propri scritti difensivi), la “CTU… e’ pervenuta alla conclusione che la causa prima della rottura del motore della vettura (danno evento) e’ rintracciabile nella pregressa rottura dei catalizzatori del mezzo, i quali vennero riparati presso una Officina (OMISSIS) in modo imperito perche’ rimasero impurita’ nei condotti del motore, impurita’ che poi, mischiatesi all’olio, generarono la rottura del motore”.
Orbene, pur dando atto che nella specie l’odierna ricorrente ha azionato la “garanzia commerciale triennale per eventuali difetti di conformita’… allegando… la rottura del motore verificatasi in data 5.02.2011”, la corte di merito e’ invero pervenuta alla conclusione del a relativa inoperativita’ nella specie, escludendo che il suindicato danno costituito dalla rottura del motore sia “coperto dalla garanzia convenzionale di (OMISSIS) s.p.a.”.
Tale giudice ha infatti ritenuto da escludersi che esso derivi da un “difetto di conformita’”, in quanto “la garanzia commerciale (OMISSIS) contempla difetti di conformita’ riferibili al processo produttivo”, cui “non puo’ ricondursi la causa del guasto… dovuta ad una errata riparazione, eseguita da un soggetto terzo, l’officina (OMISSIS)”.
A sostegno di tale raggiunta conclusione ha affermato che l'”errata riparazione che ha consentito l’entrata nel ma:ore dei residui metallici dei catalizzatori sostituiti attraverso l’olio, determina l’interruzione del nesso di causale tra la rottura dei catalizzatori e quella successiva del motore, perche’ spettava all’officina il controllo sulla presenza o meno di eventuale materiale residuo”.
Ha quindi concluso che, “contrariamente a quanto ritenuto dal tribunale”, nel caso di specie l’allora appellante ed odierna controricorrente societa’ (OMISSIS) s.p.a. “non risponde dell’operato dell’officina, non essendo stata ne’ dedotta ne’ dimostrata la fattispecie di cui all’articolo 1228 c.c. L’Officina Autorizzata ed il Concessionario sono imprese che fanno parte organizzativamente della Rete del Fabbricante, ma sono imprese indipendenti e soggetti autonomi”. Con la conseguenza che “il contratto di garanzia commerciale abilita il garantito a pretendere la riparazione senza oneri, ma per fare questo egli utilizza necessariamente un cont-atto di appalto con l’Officina, che risponde in via autonoma della prestazione resa al cliente”.
Orbene, tali assunti sono erronei.
E’ invero erroneo considerare la 2 rottura (del motore) come vicenda autonoma rispetto alla 1 (dei catalizzatori), sulla base dell’assunto che l’intervento riparatore abbia interrotto il nesso di causalita’.
Va al riguardo per converso considerato che la suindicata 1 rottura, pacificamente ritenutasi coperta della garanzia convenzionale in argomento, ha costituito l’antecedente specifico che ha reso necessario l’intervento riparatorio nel caso effettuato dall’Officina (OMISSIS), della quale la societa’ odierna controricorrente si e’ avvalsa per adempiere alla propria obbligazione di garanzia.
L’erroneita’ di tale intervento, cui l’odierna ricorrente e’ risultata esposta in ragione del rapporto sussistente tra la medesima e la garante, ha costituito l’antecedente specifico da cui e’ conseguita la 2 rottura.
A tale stregua, diversamente da quanto affermato dalla corte di merito nell’impugnata sentenza la condotta erronea dell’Officina (OMISSIS) non puo’ considerarsi avere – quale caso fortuito – interrotto il nesso di causalita’, dovendo per converso ritenersi avere integrato il rischio specifico determinato dall’antecedente causale costituito dalla 1 rottura, essendo il creditore/danneggiato rimasto esposto alla condotta negligente ed imperita dell’Officina (OMISSIS) cui (scegliendola tra i soggetti dal garante previamente individuati) ha dovuto necessariamente rivolgersi, ai fini della operativita’ della (per evitare la decadenza dalla) garanzia convenzionale de qua.
E’ al riguardo invero sufficiente considerare – in termini di c.d. giudizio contro fattuale – che in assenza di tale specifico antecedente causale la condotta in questione della suindicata Officina non vi sarebbe stata (cfr. Cass., 22/2/2016, n. 3428).
L’erroneita’ dell’opera prestata dall’Officina, lungi dal deporre per l’interruzione del nesso di causalita’, va allora per converso valutata ai fini della qualificazione in termini di colpa della condotta da tale terzo nella specie mantenuta.
Come questa Corte ha gia’ avuto modo di affermare, mentre il nesso causale esprime la mera derivazione dell’evento dalla condotta, la colpa costituisce propriamente il titolo di imputazione della responsabilita’ (v. Cass., 29/2/2016, n. 3893; Cass., 22/2/2016, n. 3428).
Ormai da tempo superata – se non addirittura tramontata – la concezione etica della responsabilita’ civile (informata sulla concezione psicologica della colpa, propria invero del diritto penale), pure nei comuni rapporti della vita di relazione, oltre che nell’adempimento delle obbligazioni, la diligenza assume infatti imprescindibile e decisivo rilievo, quale criterio di determinazione del modello di condotta.
Essa vale allora a distinguere sia tra comportamenti negozialmente dovuti o meno che tra comportamenti obiettivamente leciti ed illeciti (v. Cass., 20/2/2015, n. 3367).
Designando lo sforzo dal soggetto dovuto per la salvaguardia dell’interesse altrui, avuto riguardo alle circostanze concrete del caso, in entrambe le ipotesi la diligenza si pone altresi’ quale criterio di responsabilita’ (v. Cass., 20/2/2015, n. 3367). Essa segna dunque la condotta obiettivamente dovuta, la cui violazione ridonda in termini di responsabilita’ civile (anche) extracontrattuale, obbligando al risarcimento dei danni derivanti dall’evento causalmente ascrivibile alla condotta negligente, e pertanto illecita.
L’errore della corte di merito emergente dall’impugnata sentenza si sostanzia allora nell’aver confuso l’operare ed il rilievo nella specie del nesso di causalita’ con quello, affatto diverso, della colpa eventualmente affettante la condotta del soggetto terzo (nel caso, l’Officina (OMISSIS)) della cui opera la societa’ odierna controricorrente nella specie si e’ avvalsa per l’adempimento della propria obbligazione negoziale di garanzia, le cui ingerenze dannose sono state rese possibili proprio dalla posizione da quest’ultima conferitagli rispetto alla danneggiata odierna ricorrente. Dei danni che tale soggetto terzo ha potuto cioe’ arrecarle in ragione del particolare contatto cui e’ risultata nel caso esposta, integrante invero un rischio specifico nella specie creato dallo specifico antecedente causale nella specie determinato dalla 1 rottura, per vizio di conformita’, dei catalizzatori.
A tale stregua, diversamente da quanto dalla corte di merito affermato nell’impugnata sentenza (anche) di tale errato intervento di riparazione, effettuato da soggetto del quale si e’ avvalso per l’adempimento della propria obbligazione di garanzia, la societa’ garante odierna controricorrente non puo’ allora non ritenersi, ai sensi e per gli effetti della medesima, rispondere.
Dell’impugnata sentenza, assorbito il 3 motivo (con il quale la ricorrente denunzia “violazione e falsa applicazione” degli articoli 115 e 345 c.p.c., articolo 1218 c.c., in riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3; nonche’ “omessa, insufficiente e contraddittoria” motivazione su punto decisivo della controversia, in riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, lamentando che “il guasto de quo non puo’ essere – ricondotto alle … cause di esclusione” di operativita’ del contratto di garanzia “in quanto il motore si e’ rotto quando l’autovettura aveva percorso solamente 21.000 km ed e’ pertanto impossibile che possa essere stato causato da normale usura o consumo”; e che “il danno di cui.. chiede il risarcimento e’ riconducibile inequivocabilmente, cosi’ come emerso dalla perizia, ad un difetto di fabbricazione dell’autovettura, nello specifico dei catalizzatori che a causa della loro non conformita’ hanno provocato il maggior danno che ha comportato la totale rottura del motore non, come al contrario parte intimata vorrebbe far credere, alla loro riparazione”), s’impone pertanto la cassazione in relazione, con rinvio alla Corte d’Appello di Milano, che in diversa composizione procedera’ a nuovo esame, facendo del suindicato disatteso principio applicazione.
Il giudice del rinvio provvedera’ anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie p.q.r. il ricorso. Cassa in relazione l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’Appello di Milano, in diversa composizione.

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