Nuova costruzione ed interventi di ristrutturazione

Corte di Cassazione, civile, Sentenza|24 giugno 2022| n. 20428.

Nuova costruzione ed interventi di ristrutturazione

Rientrano nella nozione di nuova costruzione, di cui all’art. 41 sexies l. n. 1150 del 1942, anche ai fini dell’applicabilità dell’art. 9 d.m. n. 1444 del 1968 per il computo delle distanze legali dagli altri edifici, non solo l’edificazione di un manufatto su un’area libera, ma altresì gli interventi di ristrutturazione che, in ragione dell’entità delle modificazioni apportate al volume ed alla collocazione del fabbricato, rendano l’opera realizzata nel suo complesso oggettivamente diversa da quella preesistente; né assume rilevanza, in senso contrario, il disposto dell’art. 2 bis, comma 1 ter, d.P.R. n. 380 del 2001, nel testo risultante a seguito delle modificazioni introdotte dall’art. 10, comma 1, lett. a), d.l. n. 76 del 2020, conv. con modif. in l. n. 120 del 2020, giacché tale norma, se prevede che possano rientrare nella nozione di ricostruzione anche opere che aumentano il volume o modificano la sagoma dell’opera da costruire, richiede pur sempre che l’intervento sia realizzato nel rispetto delle distanze preesistenti, e cioè di quelle conformi alla normativa vigente al momento in cui è stato realizzato l’intervento originario.

Sentenza|24 giugno 2022| n. 20428. Nuova costruzione ed interventi di ristrutturazione

Data udienza 13 aprile 2022

Integrale

Tag/parola chiave: EDILIZIA ED URBANISTICA – DISTANZE LEGALI

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – rel. Consigliere

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 15906/2017 proposto da:
(OMISSIS) e (OMISSIS), rappresentati e difesi dall’Avvocato (OMISSIS), per procura in calce al ricorso;
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS), rappresentato e difeso dall’Avvocato (OMISSIS), per procura in calce al conitroricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 756/2016 della CORTE D’APPELLO DI MESSINA, depositata il 7/12/2016;
udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 13/4/2022 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE DONGIACOMO;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale della Repubblica Dott. TRONCONE Fulvio, il quale ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Nuova costruzione ed interventi di ristrutturazione

FATTI DI CAUSA

1.1. Con atto di citazione notificato il 21/12/1998, (OMISSIS) ha convenuto in giudizio, innanzi al tribunale di Messina, (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) deducendo che i convenuti avevano demolito un preesistente fabbricato con muratura in comune con il proprio immobile e che avevano costruito un nuovo edificio in violazione delle norme urbanistiche, sismiche e civilistiche, chiedendone la demolizione, oltre al risarcimento dei danni.
1.2. I convenuti hanno respinto ogni addebito.
1.3. Il tribunale, con sentenza del 3/11/2010, ha respinto le domande dell’attore.
2.1. (OMISSIS) ha proposto appello avverso tale sentenza insistendo per l’accoglimento delle proprie domande.
2.2. Gli appellati (OMISSIS) e (OMISSIS) hanno resistito al gravame, chiedendo la conferma della sentenza.
2.3. La corte d’appello, con la sentenza in epigrafe, ha accolto l’appello ed ha, per l’effetto, condannato i convenuti ad arretrare il loro fabbricato di dieci metri dalla parete finestrata dell’immobile confinante di proprieta’ del (OMISSIS) o, in alternativa, di procedere alla sua demolizione, nonche’ al risarcimento del danno in favore dell’attore, che ha liquidato nella somma di Euro 3.000,00, oltre interessi, compensando, infine, tra le parti le spese di entrambi i gradi di giudizio.
2.1. La corte, in particolare, dopo aver premesso che: – ove siano state demolite o comunque siano venute meno le preesistenti strutture edilizie, si e’ in presenza di una mera ricostruzione quando l’intervento si traduca nell’esatto ripristino delle strutture preesistenti, senza alcuna variazione rispetto alle originarie dimensioni dell’edificio ed, in particolare, senza aumenti ne’ della volumetria ne’ delle superfici occupate rispetto alla originaria sagoma di ingombro, mentre, in presenza di tali aumenti, si e’ in presenza di una nuova costruzione, come tale sottoposta alla disciplina in materia di distanze vigente al momento della medesima; – la sagoma dell’edificio preesistente e’ rappresentata dalla sua proiezione tanto sul piano orizzontale, quanto su quello verticale, e deve essere, quindi, intesa come la conformazione planivolumetrica della costruzione e il suo perimetro considerato in senso verticale ed orizzontale; ha ritenuto, quanto al caso di specie, che la valutazione svolta dal consulente tecnico d’ufficio e fatta propria dal tribunale fosse errata avendo “qualificato l’intervento di demolizione e ricostruzione posto in essere dagli appellati in termini di mera ristrutturazione, rapportando il concetto di sagoma originaria a quello della sola “impronta a terra””: “il fabbricato ricostruito ha in realta’ una sagoma diversa in senso verticale, avendo una altezza superiore, misurata alla linea di gronda di circa 0,70 in piu’ rispetto al preesistente”, come correttamente aveva evidenziato il primo consulente tecnico d’ufficio. Del resto, ha aggiunto la corte, tale diversita’ risulta ictu oculi dall’esame delle fotografie allegate, che raffigurano il fabbricato prima e dopo i lavori e da cui si desume “un aumento sia alla linea di colmo che di gronda”.

 

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2.2. Ne’ rileva, ha proseguito la corte, il fatto che tale aumento sarebbe conseguito alla realizzazione di un sottotetto che costituirebbe secondo il regolamento edilizio un “volume tecnico”, evidenziando, al riguardo, che come tale puo’ intendersi solo l’opera edilizia priva di alcuna autonomia funzionale, anche potenziale, in quanto destinata a contenere impianti serventi, come quelli connessi alla condotta idrica, termica o all’ascensore, di una costruzione principale, e che, pur potendo anche un sottotetto non abitabile costituire un volume tecnico, a tal fine e’ necessario che non vi sia stato un aumento della linea di colmo. Nel caso in esame, al contrario, “il sottotetto ha comportato un aumento di altezza della linea di colmo e pure di quella di gronda, per cui non si e’ in presenza di un mero volume tecnico ma di un volume rilevante ai fini dell’altezza dell’edificio con conseguente mancanza di corrispondenza al fabbricato preesistente”.
2.3. La presenza di tali variazioni configura, in definitiva, una costruzione nuova e non soltanto in relazione alle parti eccedenti in altezza, larghezza e profondita’ quelle preesistenti, dovendo l’intera edificazione essere considerata come tale. E tale dato, ha proseguito la corte, impone l’osser-anza della normativa vigente in tema di distanze, che impone la distanza di dieci metri dalla parete finestrata del fabbricato dell’attore, con la conseguenza che dev’essere ordinato il relativo arretramento, se possibile, o, in alternativa, la demolizione del fabbricato.

 

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2.4. La corte, quindi, ritenuto l’assorbimento delle altre questioni, come quella concernente la pretesa servitu’ di veduta, ha affermato che, in tema di violazione delle distanze tra costruzioni previste dal codice civile e dalle norme integrative, quali i regolamenti edilizi comunali, al proprietario confinante che lamenti tale violazione compete sia la tutela in forma specifica, finalizzata al ripristino della situazione antecedente al verificarsi dell’illecito, sia quella risarcitoria, e il danno che egli subisce (danno conseguenza e non danno evento), traducendosi in una limitazione temporanea del valore della medesima, deve ritenersi in re ipsa, senza necessita’ di una specifica attivita’ probatoria. La corte, quindi, ha provveduto a liquidare, in via equitativa, il danno maturato all’attualita’.
2.5. La corte, infine, ha ritenuto che la natura tecnica delle questioni affrontate giustificasse la compensazione tra le parti delle spese maturate per entrambi i gradi di giudizio.
3.1. (OMISSIS) e (OMISSIS), con ricorso notificato il 13/6/2017, hanno chiesto, per quattro motivi, la cassazione della sentenza della corte d’appello, dichiaratamente non notificata.
3.2. (OMISSIS) ha resistito con controricorso.
3.3. Il Pubblico Ministero, con le conclusioni scritte depositate in data 4/11/2021 e ribadite il 9/3/2022, ha chiesto il rigetto del ricorso.
3.4. I ricorrenti hanno depositato memoria in data 11/11/2021.
3.5. Le parti, in prossimita’ dell’udienza pubblica, hanno depositato brevi memorie.

 

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RAGIONI DELLA DECISIONE

4.1. Con il primo motivo, i ricorrenti, lamentando la violazione e/o la falsa applicazione della Legge Regionale Sicilia n. 71 del 1978, articolo 20 e dell’articolo 115 c.p.c., nonche’ la violazione e/o la falsa applicazione della L. n. 457 del 1978, articolo 31, comma 1, lettera d) e dell’articolo 907 c.c., hanno censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello ha ritenuto che l’intervento di demolizione e di ricostruzione eseguito dai ricorrenti dovesse essere qualificato come una nuova costruzione sul rilievo che, per essere considerata come una mera ristrutturazione, l’immobile ricostruito dev’essere identico in tutto e per tutto a quello originario senza che sia consentito neanche un modesto aumento di volumi tecnici.
4.2. Cosi’ facendo, tuttavia, hanno osservato i ricorrenti, la corte d’appello ha omesso di considerare che, in Sicilia, la materia e’ regolata, in forza dell’articolo 14 dello Statuto, dalla Legge Regionale n. 71 del 1978, la quale, nel prevedere i diversi interventi i recupero del patrimonio edilizio, non esclude che gli interventi di ristrutturazione edilizia possano portare alla realizzazione di un organismo in tutto o in parte diverso per superficie e volumetria da quello preesistente, ne’ contiene il riferimento, introdotto dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, ad interventi di demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria e sagoma di quello preesistente. La corte d’appello, quindi, ha erroneamente escluso che il modestissimo ampliamento del volume potesse essere qualificato come una ristrutturazione nonostante l’identita’ della sagoma a terra e del perimetro.
4.3. D’altra parte, hanno aggiunto i ricorrenti, l’intervento edilizio eseguito dai convenuti ha determinato, come emerge dalla consulenza tecnica d’ufficio, un incremento dell’altezza complessiva del nuovo fabbricato rispetto a quello demolito per effetto della realizzazione di un ambiente sottotetto non abitabile che, ai sensi della normativa urbanistica comunale in vigore nel 1993, non costituisce volume edilizio e non e’, dunque, idoneo ad escludere che lo stesso rientri nell’ambito della mera ristrutturazione edilizia. L’altezza del nuovo edificio dev’essere, del resto, calcolata alla linea di gronda poiche’ il volume tecnico che eccedente, vale a dire il sottotetto finalizzato all’isolamento tecnico, dev’essere escluso dal computo della volumetria del fabbricato e delle distanze.

 

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4.4. La corte d’appello, inoltre, facendo espresso riferimento a quanto accertato dal primo consulente tecnico d’ufficio, ha ritenuto che il fabbricato ricostruito avesse una sagoma diversa in senso verticale in ragione dell’altezza superiore, misurata alla linea di gronda, di 0.70 in piu’ rispetto al preesistente, senza, tuttavia, considerare che, in realta’, la relazione del consulente nulla dice riguardo tale maggiore altezza del tetto misurata alla linea di gronda sicche’, in mancanza di ogni certezza al riguardo, la sentenza non avrebbe potuto assumere conclusioni cosi’ penalizzanti per i proprietari della costruzione in questione la quale,, eseguita sulla medesima area di sedime su cui insisteva quella preesistente e con il medesimo perimetro, costituisce una mera ristrutturazione.
4.5. I ricorrenti, poi, hanno censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello ha ritenuto che l’intervento di demolizione e di ricostruzione eseguito dai ricorrenti dovesse essere qualificato come una nuova costruzione e che come tale dovesse essere qualificato non soltanto in relazione alle parti eccedenti in altezza, larghezza e profondita’ rispetto a quelle preesistenti ma con riguardo all’intera costruzione dagli stessi realizzata, omettendo, tuttavia, di considerare che, ai fini del computo delle distanze, la nuova costruzione dev’essere considerata, in mancanza di una norma del regolamento comunale che estenda le prescrizioni sulle maggiori distanze anche alle ricostruzioni, in relazione soltanto alle parti eccedenti le dimensioni dell’edificio originario e, quindi, nel caso in esame, solo in relazione al sottotetto.

 

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4.6. La corte d’appello, quindi, hanno concluso i ricorrenti, avrebbe dovuto imporre il rispetto della distanza con esclusivo riferimento al sottotetto in quanto parte eccedente le dimensioni dell’edificio originario, senza ordinare la demolizione dell’intero corpo di fabbrica.
5.1. Il motivo e’ fondato nei limiti che seguono.
5.2. In effetti, come ripetutamente affermato in sede di legittimita’, nell’ambito delle opere edilizie, come puo’ ricavarsi dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 3, comma 1, lettera d), che ha riprodotto della L. n. 457 del 1978, articolo 31, la semplice “ristrutturazione” si verifica soltanto se gli interventi, comportando modificazioni esclusivamente interne, abbiano interessato un edificio del quale sussistano e rimangano inalterate le componenti essenziali, quali i muri perimetrali, le strutture orizzontali, la copertura. Viceversa, e’ ravvisabile la “ricostruzione” allorche’ dell’edificio preesistente siano venute meno, per evento naturale o per volontaria demolizione, tali componenti e l’intervento si traduca nell’esatto ripristino delle stesse senza alcuna variazione rispetto alle originarie dimensioni dell’edificio, e, in particolare, senza aumenti della volumetria. In presenza di tali aumenti, si verte, invece, in ipotesi di “nuova costruzione”, come tale sottoposta alla disciplina in tema di distanze vigente al momento della medesima (Cass. SU n. 21578 del 2011; Cass. n. 14902 del 2013; Cass. n, 17043 del 2015; conf., piu’ di recente, Cass. n. 15041 del 2018, la quale ha qualificato come nuova costruzione un edificio che presentava, rispetto a quello preesistente, un lieve incremento della superficie ed un modesto aumento del volume; Cass. n. 473 del 2019; Cass. n. 20079 del 2021; Cass. n. 4009 del 2022).

 

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5.3. La ristrutturazione edilizia, in definitiva, se non comporta aumenti di superficie o di volume, non integra una nuova costruzione e non e’, pertanto, assoggettata alla disciplina in tema di distanze (Cass. n. 10873 del 2016). Viceversa, ove comporti aumenti di superficie o di volume, la ristrutturazione edilizia si configura come una nuova costruzione ed e’, come tale, sottoposta alla disciplina in tema di distanze, vigente al momento della realizzazione dell’opera, e alla relativa tutela ripristinatoria (Cass. n. 17043 del 2015; Cass. n. 11049 del 2016; Cass. n. 4009 del 2022).
5.4. In altri termini, ai fini dell’applicazione della normativa in materia di distanze tra edifici, la “nuova costruzione” e’ ravvisabile non solo in ipotesi di realizzazione ex novo di un fabbricato ma anche in caso di qualsiasi modificazione nella volumetria di un fabbricato precedente che comporti l’aumento della sagoma d’ingombro, incidendo direttamente sulla situazione degli spazi tra gli edifici esistenti (Cass. n, 28612 del 2020; Cass. n. 16268 del 2017, in motiv., la quale ha ritenuto che rientrano nella nozione di nuova costruzione, di cui alla L. n. 1150 del 1942, articolo 41 sexies, anche ai fini dell’applicabilita’ del Decreto Ministeriale n. 1444 del 1968, articolo 9, per il computo delle distanze legali dagli altri edifici, “non solo l’edificazione di un manufatto su un’area libera, ma anche gli interventi di ristrutturazione che, in ragione dell’entita’ delle modifiche apportate al volume ed alla collocazione del fabbricato, rendano l’opera realizzata nel suo complesso oggettivamente diversa da quella preesistente”; Cass. n. 5741 del 2008).

 

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5.5. Ne’, almeno ai fini in esame, tale conclusone risulta smentita dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 2 bis, comma 1 ter, nel testo risultante dalle modifiche introdotte dal Decreto Legge n. 76 del 2020, articolo 10, comma 1, lettera a), conv. con modif. dalla L. n. 120 del 2020, il quale, in effetti, ha stabilito che “in ogni caso di intervento che preveda la demolizione e ricostruzione di edifici, anche qualora le dimensioni del lotto di pertinenza non consentano la modifica dell’area di sedime ai fini del rispetto delle distanze minime tra gli edifici e dai confini, la ricostruzione e’ comunque consentita nei limiti delle distanze legittimamente preesistenti”, aggiungendo che “gli incentivi volumetrici eventualmente riconosciuti per l’intervento possono essere realizzati anche con ampliamenti fuori sagoma e con il superamento dell’altezza massima dell’edificio demolito, sempre nei limiti delle distanze legittimamente preesistenti…”. Tale norma, infatti, se prevede che possano rientrare nella nozione di “ricostruzione” anche opere che aumentano il volume o modificano la sagoma dell’opera da ricostruire, richiede pur sempre che l’intervento sia realizzato nel rispetto delle distanze preesistenti (Cass. n. 28612 del 2020), e cioe’ delle distanze conformi alla normativa vigente nel momento in cui e’ stato realizzato l’intervento originario.

 

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5.6. Rimane, pertanto, del tutto irrilevante la definizione di “ristrutturazione edilizia” contenuta dalla Legge Regionale Sicilia n. 71 del 1978, articolo 20, e la possibilita’, che tale norma consentirebbe, di realizzare interventi di ristrutturazione edilizia mediante la realizzazione di un organismo in tutto o in parte diverso, per superficie e volumetria, da quello preesistente. In tema di distanze legali, del resto, esiste, ai sensi dell’articolo 873 c.c., una nozione unica di costruzione, consistente in qualsiasi opera non completamente interrata avente i caratteri della solidita’ ed immobilizzazione rispetto al suolo, indipendentemente dalla tecnica costruttiva adoperata. I regolamenti comunali, pertanto, al pari delle leggi regionali, non possono modificare tale nozione codicistica ne’ incidere, anche solo indirettamente, sulla stessa, sia pure al limitato fine del computo delle distanze legali, poiche’ il rinvio contenuto nella seconda parte dell’articolo 873 c.c., ai regolamenti locali (ed estensivamente a fonti piu’ elevate, come le leggi regionali) e’ circoscritto alla sola facolta’ di stabilire una distanza maggiore (cfr., di recente, Cass. n. 23843 del 2018; Cass. n. 144 del 2016 Cass. n. 17043 del 2015, la quale ha escluso che i regolamenti locali possano incidere, anche solo indirettamente con la previsione di soglie massime di incremento edilizio, sulle nozioni normative di “ristrutturazione” e di “nuova costruzione”e sui rimedi esperibili nei rapporti tra privati).
5.7. Peraltro, se la ristrutturazione di un fabbricato si concretizza nella sopraelevazione dell’edificio preesistente, tale sopraelevazione, a sua volta, anche se di dimensione ridotta, comporta pur sempre un aumento della volumetria e della superficie di ingombro ed e’, dunque, tenuta, quale nuova costruzione, al rispetto della disciplina delle distanze. La sopraelevazione, infatti, anche se di ridotte dimensioni, comporta sempre un aumento della volumetria e della superficie di ingombro e va, pertanto, considerata a tutti gli effetti, e, quindi, anche per la disciplina delle distanze, come nuova costruzione (Cass. n. 21059 del 2009; Cass. n. 15528 del 2008; conf., piu’ di recente, Cass. n. 17043 del 2015; Cass. n. 11049 del 2016; Cass. n. 15732 del 2018; Cass. n. 4009 del 2022).

 

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5.8. Tale conclusione vale anche per la modifica del tetto. In materia di distanze legali tra edifici, infatti, la modificazione del tetto di un fabbricato integra sopraelevazione e, come tale, una nuova costruzione se essa produce un aumento della superficie esterna e della volumetria dei piani sottostanti, cosi’ incidendo sulla struttura e sul modo di essere della copertura, spettando, peraltro, al giudice di merito di volta in volta verificare, in concreto, se l’opera eseguita, avendo carattere ornamentale e funzioni meramente accessorie rispetto al fabbricato, vada esclusa dal calcolo delle distanze legali ovvero se, al contrario, com’e’ stato accertato in fatto nel caso in esame, l’opera presenti le anzidette caratteristiche e sia, come tale, assoggettata alla disciplina sulle distanze vigente al momento della sua realizzazione (Cass. n. 20786 del 2006; Cass. n. 14932 del 2008), non operando il criterio della prevenzione riferito alle costruzioni originarie in quanto sostituito dal principio della priorita’ temporale correlata al momento della sopraelevazione (Cass. n. 15527 del 2008; Cass. n. 74 del 2011): in tema di distanze legali, con riferimento alla sopraelevazione di un edificio preesistente, il criterio della prevenzione va applicato avendo riguardo all’epoca della sopraelevazione e non a quella della realizzazione della costruzione originaria (Cass. n. 14705 del 2019).
5.9. Nel caso in esame, come visto, la corte d’appello, con statuizione non impugnata per omesso esame di fatti decisivi dei quali sia stata esposta in ricorso la risultanza dagli atti del giudizio, ha ritenuto che, alla luce degli accertamenti svolti dal consulente tecnico d’ufficio ed, in ogni caso, delle fotografie allegate agli atti del giudizio (rimanendo, pertanto, irrilevante la censura concernente la mancata indicazione nella relazione tecnica della misura esatta dell’aumento d’altezza esposto in sentenza), l’intervento edilizio realizzato dai convenuti si e’ concretizzato nella ricostruzione di un “fabbricato” che, rispetto a quello preesistente, “ha… una sagoma diversa in senso verticale, avendo una altezza superiore, misurata alla linea di gronda di circa 0,70 in piu’ rispetto” a quest’ultimo, e, precisamente, “un aumento (dell’altezza) sia alla linea di colmo che di gronda”, ed ha, in forza di tale emergenza, correttamente ritenuto, alla luce dei principi precedentemente esposti, che si fosse in presenza non gia’ di una mera ristrutturazione bensi’ di una “nuova costruzione”, come tale, assoggettata all’osservanza delle norme che impongono la distanza di dieci metri dalla parete finestrata del fabbricato.

 

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La nozione di costruzione che rileva ai fini dell’osservanza delle norme in materia di distanze legali, non si identifica, del resto, con la nozione di edificio ma si estende a qualsiasi “manufatto non completamente interrato avente i caratteri della solidita’ stabilita’ ed immobilizzazione al suolo, anche mediante appoggio o incorporazione o collegamento fisso ad un corpo di fabbrica contestualmente realizzato o preesistente, e cio’ indipendentemente dal livello di posa ed elevazione dell’opera stessa” (Cass. n. 24128 del 2012, in motiv.; Cass. n. 15972 del 2011).
5.10. Ne’, ha correttamente aggiunto la corte d’appello, puo’ ritenersi che i volumi realizzati siano irrilevanti ai fini del calcolo delle distanze trattandosi, a dire degli appellanti, di un sottotetto finalizzato all’isolamento tecnico, e cioe’ di un mero volume tecnico, posto che, in realta’, “il sottotetto ha comportato un aumento di altezza della linea di colmo e pure di quella di gronda, per cui non si e’ in presenza di un mero volume tecnico ma di un volume rilevante ai fini dell’altezza dell’edificio con conseguente mancanza di corrispondenza al fabbricato preesistente”. Ed e’ noto che l’aumento di volumetria e’ escluso, ai fini in esame, solo se deriva da un “volume tecnico”, per tale intendendo solo l’opera edilizia (la cui emergenza dagli atti di causa, nella specie, non e’ stata neppure dedotta dai ricorrenti) priva di alcuna autonomia funzionale, anche potenziale, in quanto destinata a contenere impianti serventi, come quelli connessi alla condotta idrica, termica o all’ascensore, di una costruzione principale per esigenze tecnico-funzionali dell’abitazione e che non possono essere ubicati nella stessa, e non anche quella che costituisce, come il vano scale, parte integrante del fabbricato (Cass. n. 2566 del 2011), con la conseguenza che, in tanto l’altezza di un fabbricato puo’ essere fissata, ai fini della disciplina edilizia, nella linea di gronda, in quanto cio’ che ne ecceda costituisca un volume tecnico, come per l’appunto un sottotetto non abitabile, avente la sola funzione di isolamento termico: diversamente, ai fini della disciplina edilizia occorre considerare come altezza del fabbricato non la linea di gronda, ma quella di colmo, vale a dire la retta d’intersezione tra le due falde piane di un tetto inclinato (Cass. n. 11049 del 2016).

 

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5.11. Risulta, invece, fondata la censura con la quale i ricorrenti hanno contestato alla sentenza impugnata di aver ordinato l’arretramento fino a dieci metri rispetto alla parete finestrata dell’attore ovvero, se impossibile, la demolizione per intero del nuovo edificio senza aver considerato che la nuova costruzione, ai fini del computo delle distanze, dev’essere considerata, in mancanza di una norma che nel regolamento comunale prevedesse l’estensione delle prescrizioni sulle maggiori distanze anche alle ricostruzioni, in relazione soltanto alle parti eccedenti le dimensioni dell’edificio originario e, quindi, nel caso in esame, solo in relazione al sottotetto. Questa Corte, invero, ha gia’ avuto modo di affermare che, ove sia realizzata una costruzione in violazione delle distanze, la riconosciuta illegittimita’ della stessa non ne comporta necessariamente la demolizione integrale ma, unicamente, la riduzione entro i limiti di legge, con demolizione delle sole parti che superano tali limiti (Cass. n. 30761 del 2018). Costituisce, in effetti, nuova costruzione ed e’ soggetta al rispetto delle distanze legali previste dal Decreto Ministeriale n. 1444 del 1968, articolo 9, la sola parte realizzata in ampliamento ed in sopraelevazione conseguente all’intervento edilizio. La predetta norma, invero, riguarda solo “nuovi edifici”, intendendosi per tali gli edifici (o parti e/o sopraelevazioni di essi) “costruiti per la prima volta” e non gli edifici preesistenti, per i quali, in sede di ricostruzione, non avrebbe senso prescrivere distanze diverse: del resto, se si volesse applicare il limite inderogabile di distanza ad un immobile realizzato con la ricostruzione di un altro preesistente, si otterrebbe che l’immobile de quo non potrebbe essere demolito e ricostruito se non arretrando rispetto all’allineamento preesistente, con la conseguente possibile perdita di volume e realizzandosi, quindi, un improprio effetto espropriativo del Decreto Ministeriale n. 1444 cit. (cosi’, C.d.S. n. 2448 del 2018). La nuova costruzione, agli effetti del computo delle distanze rispetto agli immobili contigui, dev’e essere, piuttosto, considerata tale “nel suo complesso, (solo) ove lo strumento urbanistico rechi una norma espressa con la quale le prescrizioni sulle maggiori distanze previste per le nuove costruzioni siano estese anche alle ricostruzioni”, laddove, al contrario, “ove una siffatta norma non esista, solo nelle parti eccedenti le dimensioni dell’edificio originario” (Cass. SU n. 21578 del 2011; Cass. n. 472 del 2016; Cass. n. 473 del 2019; Cass. n. 6317 del 2003; Cass. n. 14128 del 2000): “in tema di distanze tra costruzioni, ove lo strumento urbanistico locale non contenga una norma espressa che estenda alle “ricostruzioni” le prescrizioni sulle maggiori distanze previste per le “nuove costruzioni”, la disciplina dettata per queste ultime trova applicazione solo relativamente a quella parte del fabbricato ricostruito che eccede i limiti di quello preesistente” (Cass. n. 28612 del 2020).
5.12. La corte d’appello, pertanto, se, da un lato, ha correttamente ritenuto che l’intervento edilizio realizzato dai ricorrenti, essendosi concretizzato nella ricostruzione di un “fabbricato” che, rispetto a quello preesistente, “ha… una sagoma diversa in senso verticale, avendo una altezza superiore… rispetto” a quest’ultimo, costituisce una “nuova costruzione” assoggettata, come tale, all’osservanza delle norme sulle distanze tra gli edifici, ha, dall’altro lato, omesso di verificare se lo strumento urbanistico rechi una norma espressa con la quale le prescrizioni sulle maggiori distanze previste per le nuove costruzioni vengano estese anche alle ricostruzioni, e, quindi, di limitare, ove siffatta norma non esista, l’ordine di ripristino alle sole parti eccedenti le dimensioni dell’edificio originario.
6. Con il secondo motivo, i ricorrenti, lamentando la violazione e la falsa applicazione degli articoli 873 e 907 c.c., hanno censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello ha ritenuto che l’intervento edilizio realizzato dai convenuti imponesse l’osservanza della normativa vigente in tema di distanze ed, in particolare, la distanza di dieci metri dalla parete finestrata del fabbricato dell’attore omettendo, tuttavia, di considerare che l’applicazione di tale norma presuppone che la finestra sia stata legittimamente aperta e che il diritto di veduta sia stato legittimamente acquisito, laddove, al contrario, come dedotto dai convenuti sin dalla comparsa di risposta del giudizio di primo grado e poi reiterato in appello,, la veduta laterale esercitata dall’attore era abusiva in quanto priva di titolo per cui lo stesso non aveva alcun diritto di lamentare la violazione di tale servitu’. La mera esistenza a distanza inferiore di quella prescritta dall’articolo 905 c.c., di un’apertura, infatti, non consente, in assenza di titoli specifici, negoziali ovvero originari, come l’usucapione, di pretendere che il vicino che edifichi l’osservanza della distanza prevista dall’articolo 907 c.c.. La pretesa veduta, del resto, hanno concluso i ricorrenti, come emerge dalle consulenze tecniche espletate e dalle foto prodotte, non e’ esercitata da tempo immemorabile con la conseguente estinzione della servitu’ per non uso.

 

Nuova costruzione ed interventi di ristrutturazione

7. Il motivo e’ infondato. I ricorrenti, infatti, non si confrontano realmente con la sentenza impugnata: la quale, in effetti, dopo aver accertato l’esistenza di una nuova costruzione, ha ritenuto che la stessa, avendo riguardo alla normativa esistente al momento della sua edificazione, era stata realizzata in violazione delle norme sulle distanze tra l’edificio dell’attore e quello realizzato dai convenuti, cosi’ come prevista dall’articolo 873 c.c., e dalle norme regolamentari integrative, e non di certo perche’ edificata in violazione della distanza, cosi’ come previste dall’articolo 907 c.c., rispetto alla veduta dell’attore (in ipotesi, abusiva ed, in ogni caso, estinta per non uso). Del resto, non e’ dubbio che la domanda con la quale vien fatto valere il diritto al rispetto delle distanze tra costruzioni e’ diversa da quella diretta ad assicurare il mantenimento delle distanze legali dalle vedute, trattandosi, come numerose volte chiarito da questa Corte (Cass. n. 15070 del 2018; Cass. n. 10622 del 2017; Cass. n. 16808 del 2016), di istituti aventi ben distinto scopo: l’articolo 873 c.c., ha la funzione tradizionale di scongiurare la formazione di dannose intercapedini, mentre l’articolo 907 c.c., assicura la piena e libera fruizione della veduta, impedendo, allo stesso tempo, la visione intrudente del vicino (Cass. n. 11226 del 2019).
8. Con il terzo motivo, i ricorrenti, lamentando la violazione e la falsa applicazione degli articoli 873 e 1123 c.c., hanno censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello ha condannato i ricorrenti al risarcimento del danno, liquidandolo nella somma forfettaria di Euro 3.000,00, senza, tuttavia, considerare che l’attore non aveva provato di aver subito alcun danno. Del resto, la realizzazione di opere in violazione di norme recepite negli strumenti urbanistici diverse da quelle in materia di distanze non comporta un immediato e contestuale danno per i vicini, che presuppone l’accertamento di un nesso tra la violazione e l’effettivo pregiudizio subito
9. Con il quarto motivo, i ricorrenti, lamentando la violazione e l’errata applicazione degli articoli 91 e 92 c.p.c., hanno censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte ha d’appello ha disposto la compensazione delle spese di lite, omettendo, cosi’, di condannare l’appellante al relativo pagamento nonostante la pretestuosita’ degli argomenti addotti a supporto delle domande proposte.
10. Il terzo e il quarto motivo sono assorbiti.
11. Il ricorso dev’essere, quindi, accolto, nei limiti in precedenza esposti, e la sentenza impugnata, entro i medesimi limiti, dev’essere, per l’effetto, cassata con rinvio, per un nuovo esame, alla corte d’appello di Messina che, in differente composizione, provvedera’ anche sulle spese del presente procedimento.

 

Nuova costruzione ed interventi di ristrutturazione

P.Q.M.

La Corte cosi’ provvede: accoglie il primo motivo di ricorso, rigetta il secondo, assorbiti gli altri; cassa, in relazione al motivo accolto, la sentenza impugnata con rinvio, per un nuovo esame, alla corte d’appello di Messina che, in differente composizione, provvedera’ anche sulle spese del presente procedimento.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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