Non costituisce domanda nuova in appello la qualificazione giuridica del contratto diversa da quella effettuata dalla parte in primo grado ove basata sui medesimi fatti

 

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|8 aprile 2024| n. 9397.

Non costituisce domanda nuova in appello la qualificazione giuridica del contratto diversa da quella effettuata dalla parte in primo grado ove basata sui medesimi fatti

Non costituisce domanda nuova, ai sensi dell’articolo 345 del Cpc, la prospettazione, in appello, di una qualificazione giuridica del contratto oggetto del giudizio diversa da quella effettuata dalla parte in primo grado, ove basata sui medesimi fatti. (Ciò posto, ha osservato la Suprema Corte, ha errato la Corte d’appello nel ritenere inammissibile la qualificazione giuridica del negozio controverso quale espromissione, dacché tardivamente prospettata soltanto con la comparsa conclusionale di primo grado ed in evidente contrasto con quella spiegata con l’atto introduttivo del giudizio, nel quale la scrittura privata era qualificata atto unilaterale di riconoscimento del debito. Invero, la differente riconduzione sub specie iuris, pur supponendo una diversa struttura (bilaterale anziché unilaterale) e pur importando un diverso regime giuridico (in specie, in ordine al riparto dell’onere della prova circa l’adempimento), non muta in alcun modo gli elementi conformativi della domanda, conservando sostanzialmente intatto il fatto costitutivo originariamente dedotto: sicché non è a parlarsi nemmeno di emendatio, tampoco di mutatio libelli. È noto, infatti, che la sussunzione giuridica del negozio è attività tipicamente devoluta al giudice, ragion per cui essa, riguardata dal lato delle attività assertive delle parti, non può soffrire il termine preclusivo invece considerato nella sentenza gravata).

Ordinanza|8 aprile 2024| n. 9397. Non costituisce domanda nuova in appello la qualificazione giuridica del contratto diversa da quella effettuata dalla parte in primo grado ove basata sui medesimi fatti

Data udienza 3 aprile 2024

Integrale

Tag/parola chiave: Scrittura privata – Qualificazione del negozio come espromissione – Prospettazione in appello di una qualificazione diversa da quella effettuata dalla parte in primo grado – Non configurabilità di una domanda nuova se essa sia basata sui medesimi fatti – Annullamento con rinvio
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REPUBBLICA ITALIANA

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE STEFANO Franco – Presidente
Dott. RUBINO Lina – Consigliere-Rel.

Dott. GIANNITI Pasquale – Consigliere

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere

ha pronunciato la seguente
ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 18367/2020 R.G. proposto da:

Pu.An., domiciliato ex lege in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato ED. BO. (omissis)

– ricorrente –

contro

Ni.Gi., domiciliato ex lege in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati SE. PA. (omissis), AN.LO. (omissis)

– controricorrente –

avverso SENTENZA della CORTE D’APPELLO di CATANIA n. 504/2020 depositata il 08/01/2020.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 03/04/2024 dal Consigliere LINA RUBINO.

Non costituisce domanda nuova in appello la qualificazione giuridica del contratto diversa da quella effettuata dalla parte in primo grado ove basata sui medesimi fatti

FATTI DI CAUSA

1. – Pu.An. proponeva opposizione a un decreto ingiuntivo emesso nei suoi confronti ed in favore di Ni.Gi. sulla base di una scrittura privata da lui sottoscritta in data 28.7.2009, in cui riconosceva di essere debitore nei confronti di diversi soggetti tra i quali il Ni.Gi. per importi determinati.

Nell’opposizione il Pu.An. riconosceva di aver sottoscritto la predetta scrittura privata ed affermava di averlo fatto per riconoscere un debito della (…) Srl, della quale era socio. Chiedeva che si dichiarasse la nullità per mancanza di causa della scrittura, l’annullamento per violenza, la rescissione per lesione della predetta scrittura privata. Solo in comparsa conclusionale il Pu.An. deduceva che la scrittura privata dedotta in giudizio non era un riconoscimento di debito ma piuttosto un negozio giuridico riconducibile all’espromissione, disciplinata dall’art. 1272 c.c.

2. – Il Tribunale di Siracusa rigettava l’opposizione, confermando il decreto ingiuntivo, limitandosi ad affermare che la scrittura privata fosse fonte di prova della ricezione delle somme di denaro ingiunte ed anche della causale essendosi l’opponente impegnato a restituire ai vari soggetti quanto ricevuto in prestito e quanto dovuto a titolo di risarcimento danni connesso al mancato utilizzo dei capitali.

3. – Il Pu.An. impugnava la sentenza, deducendo che fosse errata la qualificazione della scrittura privata dedotta in giudizio come riconoscimento di debito piuttosto che come contratto di espromissione ai sensi dell’art. 1272 c.c.

4. – La Corte d’appello di Catania con la sentenza qui impugnata rigettava l’appello del Pu.An., dichiarando inammissibile il motivo di appello con il quale l’odierno ricorrente chiedeva la riqualificazione del negozio giuridico in termini di espromissione, perché contrastante con la difesa spiegata in primo grado, nella quale si qualificava la richiesta di pagamento alla base del decreto ingiuntivo come atto unilaterale di riconoscimento del debito conseguente a un contratto di transazione. La Corte d’appello, nel dichiarare inammissibile la nuova qualificazione del contratto, precisava che il riconoscimento di debito, al pari della promessa di pagamento, non costituisce autonoma fonte dell’obbligazione ma soltanto un effetto conservativo di un preesistente rapporto fondamentale, realizzandosi ai sensi dell’art. 1988 c.c. un’astrazione meramente processuale, comportante l’inversione dell’onere della prova.

Ciò premesso, osservava che il negozio del 28 luglio 2009 conteneva anche l’indicazione della causa dell’obbligazione assunta dal Pu.An., il quale dichiarava di impegnarsi a titolo personale come socio di (…) Srl a restituire le somme avute in prestito, somme che la corte ipotizzava fossero state utilizzate sia dal Pu.An. personalmente che dallo stesso per ripianare debiti della (…) Srl

Riteneva quindi accertato che diversi soggetti avessero prestato denaro ad Pu.An. il quale lo aveva utilizzato per necessità proprie e verosimilmente per necessità della società (…) di cui era socio, e che, in conseguenza di ciò, il Pu.An. si era riconosciuto debitore ed obbligato personalmente alla restituzione del denaro ricevuto.

5. – Pu.An. propone ricorso per cassazione articolato in due motivi ed illustrato da memoria nei confronti di Ni.Gi. per la cassazione della sentenza n. 504 del 2020 della Corte d’appello di Catania. Resiste il Ni.Gi. con controricorso.

6. – La causa è stata avviata alla trattazione in adunanza camerale, all’esito della quale il collegio ha riservato il deposito della ordinanza nei successivi sessanta giorni.

Non costituisce domanda nuova in appello la qualificazione giuridica del contratto diversa da quella effettuata dalla parte in primo grado ove basata sui medesimi fatti

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso il Pu.An. denuncia la falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c., per aver la Corte d’appello di Catania erroneamente dichiarato inammissibile in quanto domanda nuova rispetto alle difese svolte in primo grado, il motivo di appello col quale si deduceva la qualificazione giuridica della scrittura privata dedotta in giudizio in termini di contratto di espromissione, nonostante questa diversa qualificazione non mutasse il petitum e la causa petendi posti a fondamento della pretesa creditoria né allargasse il tema di indagine ovvero di decisione del giudizio.

Con il secondo motivo il Pu.An. denuncia la falsa applicazione dell’art. 1988 c.c. e la conseguente violazione dell’art. 1272 c.c. nonché la violazione dell’art. 2697 c.c. per avere la Corte d’appello di Catania erroneamente qualificato la scrittura privata del 28 luglio 2009 in termini di promessa di pagamento e di riconoscimento di debito e conseguentemente applicato alla fattispecie dedotta in giudizio la tipica presunzione iuris tantum dell’esistenza del rapporto fondamentale scaturente dall’art. 1988 c.c., così negando la qualificazione della medesima scrittura in termini di contratto di espromissione ai sensi dell’art. 1272 c.c.

In relazione all’art. 2697 c.c. sostiene poi che il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne era onerata secondo le regole di scomposizione della fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni. La prima doglianza è fondata.

Non costituisce domanda nuova in appello la qualificazione giuridica del contratto diversa da quella effettuata dalla parte in primo grado ove basata sui medesimi fatti

Come già affermato da questa Corte nell’ordinanza n. 3226 del 2024, emessa su analogo ricorso proposto dal Pu.An. contro altra sentenza di appello favorevole ad un altro dei soggetti indicati nella medesima scrittura privata 28.7.2009, per consolidato orientamento di nomofilachia, non costituisce domanda nuova, ai sensi dell’art. 345 cod. proc. civ., la prospettazione, in appello, di una qualificazione giuridica del contratto oggetto del giudizio diversa da quella effettuata dalla parte in primo grado, ove basata sui medesimi fatti (così, ex multis, Cass. 02/03/2023, n. 6292; Cass. 07/03/2016, n. 4384; Cass. 28/01/2013, n. 1861); ciò posto, ha errato la Corte d’appello nel ritenere inammissibile la qualificazione giuridica del negozio controverso quale espromissione, dacché “tardivamente prospettata soltanto con la comparsa conclusionale di primo grado (…) ed in evidente contrasto con quella spiegata con l’atto introduttivo del giudizio”, nel quale la scrittura privata era qualificata “atto unilaterale di riconoscimento del debito”; invero, la differente riconduzione sub specie iuris, pur supponendo una diversa struttura (bilaterale anziché unilaterale) e pur importando un diverso regime giuridico (in specie, in ordine al riparto dell’onere della prova circa l’adempimento), non muta in alcun modo gli elementi conformativi della domanda, conservando sostanzialmente intatto il fatto costitutivo originariamente dedotto: sicché non è a parlarsi nemmeno di emendatio, tampoco di mutatio libelli; è noto, infatti, che la sussunzione giuridica del negozio è attività tipicamente devoluta al giudice, ragion per cui essa, riguardata dal lato delle attività assertive delle parti, non può soffrire il termine preclusivo invece considerato nella sentenza gravata.

Accolto in parte qua il ricorso, l’esame della seconda doglianza rimane assorbito, in quanto afferente il merito. Va disposta quindi la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio alla Corte d’appello di Catania, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.

Non costituisce domanda nuova in appello la qualificazione giuridica del contratto diversa da quella effettuata dalla parte in primo grado ove basata sui medesimi fatti

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia per nuovo esame della controversia alla Corte d’appello di Catania, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Terza Sezione Civile, il giorno 3 aprile 2024.

Depositato in cancelleria l’8 aprile 2024.

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