Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|12 marzo 2021| n. 7066.
In tema di condominio negli edifici, in forza degli artt. 1136 cod. civ. e 66 disp. att. cod. civ., nella formulazione antecedente alle modifiche apportate dalla legge n. 220 del 2012, ogni condomino ha il diritto di intervenire all’assemblea e deve, quindi, essere messo in condizione di poterlo fare, con la conseguente necessità che l’avviso di convocazione previsto dall’art. 66, ultimo comma, disp. att. cod. civ., testo previgente, quale atto unilaterale recettizio, sia non solo inviato, ma anche ricevuto nel termine, ivi stabilito, di almeno cinque giorni prima della data fissata per l’adunanza, avendo riguardo alla riunione dell’assemblea in prima convocazione. Essendo, dunque, necessario che l’avviso, in quanto atto unilaterale recettizio, sia non solo spedito ma anche ricevuto dal condomino destinatario almeno cinque giorni prima la data dell’adunanza in prima convocazione (come lascia intendere l’espressione “comunicato”, la quale evoca la regola di cui all’art. 1335 cod. civ.), ai fini della prova dell’osservanza dell’obbligo di convocazione, è necessario che il condominio dimostri che l’avviso è pervenuto all’indirizzo del destinatario.
Ordinanza|12 marzo 2021| n. 7066
Data udienza 9 febbraio 2021
Integrale
Tag/parola chiave: Condominio – Impugnazione delle delibere assembleari – Mancata comunicazione dell’avviso di convocazione dell’assemblea condominiale – Omessa disposizione dell’art. 1335 c.c. – Formulazione di censure di mero fatto – Inammissibilità
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GORJAN Sergio – Presidente
Dott. ABETE Luigi – Consigliere
Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere
Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere
Dott. VARRONE Luca – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 17272-2016 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
CONDOMINIO (OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 673/2015 della CORTE D’APPELLO di LECCE, depositata il 17/09/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 09/02/2021 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA.
FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE
1. (OMISSIS), quale erede di (OMISSIS) (morto il (OMISSIS)), ha proposto ricorso articolato in quattro motivi avverso la sentenza della Corte d’appello di Lecce n. 4673/2015, pubblicata il 17 settembre 2015.
2. Resiste con controricorso il Condominio (OMISSIS), (OMISSIS).
3. La Corte d’appello di Lecce, accogliendo il gravame proposto in via principale dal Condominio (OMISSIS) contro la sentenza resa l’11 marzo 2011 dal Tribunale di Lecce, ha rigettato l’impugnazione delle delibere assembleari 14 maggio 2004 e 28 aprile 2005 avanzate dal condomino (OMISSIS) sull’assunto dell’omessa convocazione alle indicate riunioni. La Corte d’appello ha affermato che la sentenza di primo grado aveva omesso di considerare la disposizione dell’articolo 1335 c.c., avendo il Condominio provato di aver inviato le lettere raccomandate presso l’abitazione di (OMISSIS), producendo gli avvisi di ricevimento sottoscritti dal destinatario e dall’incaricato della distribuzione postale (OMISSIS). Essendo stato assunto quest’ultimo assunto come teste, dalla sua deposizione i giudici di secondo grado hanno comunque tratto il convincimento dell’avvenuta consegna del plico, del resto documentata dalle ricevute di ritorno. Ritenuto, quindi, assolto dal Condominio l’onere della spedizione e della ricezione degli avvisi di convocazione, la Corte di Lecce ha altresi’ negato che potesse disconoscersi l’efficacia probatoria degli avvisi di ricevimento, in quanto, operato il disconoscimento delle sottoscrizioni ivi apposte da (OMISSIS), le indagini grafologiche espletate con due successive CTU avevano dato risultati contrastanti, la prima confermando l’autografia e la seconda dubitando della eterografia, ricadendo le conseguenze dell’incertezza probatoria sull’attore.
4. La trattazione del ricorso e’ stata fissata in camera di consiglio, a norma dell’articolo 375 c.p.c., comma 2 e articolo 380 bis.1 c.p.c. La ricorrente ha depositato memoria.
5. Il primo motivo del ricorso di (OMISSIS) deduce il vizio di motivazione per violazione o falsa applicazione dell’articolo 1335 c.c. Si assume che la presunzione posta da tale norma e’ stata vinta dalla seconda CTU, che ha concluso per la non autenticita’ delle sottoscrizioni apposte sulle cartoline di ricevimento, ma anche dalle lettere con richiesta di chiarimenti inviate da (OMISSIS) il 13 ottobre 2005 ed il 24 aprile 2004. Il secondo motivo di ricorso denuncia il vizio di motivazione per violazione dell’articolo 2697 c.c. in relazione alla valutazione della prova testimoniale resa da (OMISSIS), non potendosi trarre dalle dichiarazioni rese da quest’ultimo la conclusione che le raccomandate fossero state davvero consegnate ad (OMISSIS).
Il terzo motivo di ricorso denuncia il vizio di motivazione per violazione dell’articolo 132 c.p.c., comma 1, n. 4, per omessa o apparente motivazione, quanto in particolare ai risultati delle due consulenze, deducendosi che la Corte d’appello avrebbe dovuto decidere nel senso indicato dalla seconda CTU, ovvero nel senso della non autenticita’ delle sottoscrizioni.
Il quarto motivo denuncia il vizio di motivazione per violazione dell’articolo 132 c.p.c., comma 1, n. 4, “perche’ la sentenza e’ meramente apparente, contiene affermazioni fra di loro inconciliabili e risulta oggettivamente incomprensibile”.
5.1. I quattro motivi di ricorso, che vanno esaminati congiuntamente in quanto connessi, rivelano diffusi profili di inammissibilita’.
5.2. La sentenza della Corte d’appello di Lecce contiene le argomentazioni rilevanti per individuare e comprendere le ragioni, in fatto e in diritto, della decisione. E’ quindi adempiuto l’obbligo di motivazione previsto in via generale dall’articolo 111 Cost., comma 6, e, nel processo civile, dall’articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4.
5.3. La sentenza impugnata, peraltro, ha deciso la questione di diritto inerente alla prova della comunicazione dell’avviso di convocazione dell’assemblea condominiale in modo conforme alla giurisprudenza della Corte e l’esame dei motivi di ricorso non offre elementi per mutare tale orientamento, con conseguente inammissibilita’ ex articolo 360 bis c.p.c., n. 1, (Cass. Sez. U, 21/03/2017 n. 7155).
Secondo consolidata interpretazione, infatti, in forza dell’articolo 1136 c.c. e articolo 66 disp. att c.c., nella formulazione antecedente alle modifiche apportate dalla L. n. 220 del 2012 (formulazione qui operante, dovendosi giudicare la validita’ di deliberazioni approvate il 14 maggio 2004 ed il 28 aprile 2005), ogni condomino ha il diritto di intervenire all’assemblea e deve, quindi, essere messo in condizione di poterlo fare, con la conseguente necessita’ che l’avviso di convocazione previsto dall’articolo 66 disp. att. c.c., u.c. testo previgente, quale atto unilaterale recettizio, sia non solo inviato, ma anche ricevuto nel termine, ivi stabilito, di almeno cinque giorni prima della data fissata per l’adunanza, avendo riguardo alla riunione dell’assemblea in prima convocazione (Cass. Sez. 2, 30/10/2020, n. 24041; Cass. Sez. 6 – 2, 26/09/2013, n. 22047; Cass. Sez. 2, 22/11/1985, n. 5769). Essendo, dunque, necessario che l’avviso, in quanto atto unilaterale recettizio, sia non solo spedito ma anche ricevuto dal condomino destinatario almeno cinque giorni prima la data dell’adunanza in prima convocazione (come lascia intendere l’espressione “comunicato”, la quale evoca la regola di cui all’articolo 1335 c.c., a differenza, ad esempio, di quanto si legge nell’articolo 2479 bis c.c. per l’assemblea della s.r.l.: cfr. Cass. Sez. U, 14/10/2013, n. 23218), ai fini della prova dell’osservanza dell’obbligo di convocazione e’ necessario che il condominio dimostri che l’avviso e’ pervenuto all’indirizzo del destinatario.
Secondo altrettanto consolidato orientamento giurisprudenziale, l’operativita’ della presunzione di conoscenza stabilita dall’articolo 1335 c.c. presuppone, infatti, che la dichiarazione sia giunta all’indirizzo del destinatario, inteso l’indirizzo come luogo risultante, in concreto, nella sfera di dominio e controllo del destinatario medesimo, ma non esige, allorche’ la dichiarazione sia trasmessa a mezzo del servizio postale, che la consegna dell’atto avvenga secondo le norme del codice postale, essendo comunque riservato al giudice del merito (la cui valutazione e’ incensurabile in sede di legittimita’, se non nei limiti di cui all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, ovvero per difetto assoluto di motivazione) l’accertamento della sussistenza o no di circostanze ed elementi tali, anche se di natura presuntiva, da far ritenere l’arrivo dell’atto all’indirizzo del destinatario (Cass. Sez. L, 27/01/1988, n. 715; Cass. Sez. L, 11/04/1990, n. 3061; Cass. Sez. L, 30/03/1992, n. 3908; Cass. Sez. 1, 26/04/1999, n. 4140).
E’ percio’ da ritenere che la presunzione di conoscenza dettata dall’articolo 1335 c.c., ove si tratti, come nel caso in esame, di dichiarazione trasmessa a mezzo del servizio postale mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento, puo’ dirsi integrata dalla prova non solo della spedizione della raccomandata, ma anche, attraverso l’avviso di ricevimento (o l’attestazione di compiuta giacenza), del perfezionamento del procedimento notificatorio consistente nell’arrivo della dichiarazione all’indirizzo del destinatario (Cass. Sez. 6 – L, 19/07/2018, n. 19232; Cass. Sez. L, 21/06/2016, n. 12822). In ipotesi di trasmissione di un atto recettizio ai sensi delle disposizioni sul servizio postale universale, dunque, l’avvenuta consegna di una raccomandata deve intendersi attestata dalla sottoscrizione dell’avviso di ricevimento da parte del destinatario, ed e’ quanto accertato in fatto dalla Corte di Lecce nel caso in esame.
5.4. Nella specie, avendo (OMISSIS) disconosciuto le firme apposte sugli avvisi di ricevimento delle raccomandate (impugnativa che andava peraltro proposta con querela di falso, in quanto, se l’agente postale non ha l’obbligo di accertarsi dell’identita’ della persona del destinatario, cio’ non esclude, tuttavia, che la fede dell’atto pubblico si estenda alle dichiarazioni delle parti ai sensi dell’articolo 2700 c.c. (Cass. Sez. 3, 26/08/1975, n. 3014), si e’ innestato nel giudizio il procedimento incidentale di verificazione delle sottoscrizioni, preordinato alla utilizzazione nel processo della prova documentale. Espletate all’uopo due CTU nei gradi di merito, in tempi diversi e con difformi soluzioni prospettate, giacche’ una deponente per l’autenticita’ delle firme ed una invece propensa alla falsita’ delle stesse, la Corte d’appello, dato atto della limitata consistenza probatoria della consulenza grafologica, non suscettiva di conclusioni obiettivamente ed assolutamente certe, ha fornito un’adeguata giustificazione del proprio convincimento in ordine alla condivisibilita’ delle conclusioni raggiunte dal primo consulente, anche in correlazione alla prova testimoniale espletata dall’agente postale (OMISSIS) (cfr. Cass. Sez. L, 02/02/2009, n. 2579).
La consulenza calligrafica si fonda su una scienza idiografica, che non poggia, cioe’, su leggi generalizzabili, ma studia oggetti singoli, e non e’ percio’ connotata dall’assolutezza dell’inferenza induttiva tipica delle scienze che, al contrario, elaborano frequenze statistiche direttamente rilevanti per l’accertamento del fatto litigioso. Spetta comunque al giudice di merito esaminare e valutare le nozioni tecniche o scientifiche introdotte nel processo mediante la CTU, e dare conto dei motivi di consenso, come di quelli di eventuale dissenso, in ordine alla congruita’ dei risultati della consulenza e delle ragioni che li sorreggono.
Per superare la presunzione di conoscenza dettata dall’articolo 1335 c.c., nel primo motivo si allegano altresi’ due lettere raccomandate della quali non c’e’ menzione nella sentenza impugnata. La censura cosi’ formulata e’ inammissibile, in quanto la ricorrente genericamente richiama documenti che si assumono inseriti nel fascicolo di parte delle pregresse fasi di merito, e dei quali viene sintetizzato il contenuto, senza comunque rispettare la previsione dell’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6, ovvero senza indicare specificamente il “dato” in cui le circostanze comprovate dalla richiamata documentazione risultassero dedotte nei pregressi gradi di giudizio, in maniera da essere oggetto di discussione processuale tra le parti, ovvero senza specificare quali istanze la parte avesse rivolto nei propri scritti difensivi per chiarire gli scopi dell’esibizione di quei documenti dapprima al Tribunale, nel rispetto dei termini di operativita’ delle preclusioni previsti nell’articolo 183 c.p.c., e poi alla Corte d’appello mediante formulazione si specifico motivo di gravame (arg. da Cass. Sez. 1, 24/12/2004, n. 23976). Il giudice ha, infatti, il potere – dovere di esaminare i documenti prodotti solo nel caso in cui la parte interessata ne faccia specifica istanza, esponendo nei propri atti introduttivi, ovvero nelle memorie di definizione del “thema decidendum”, quali siano gli elementi di fatto e la ragioni di diritto comprovate dall’allegata documentazione.
La ricorrente invoca nelle sue censure, in realta’, una rivalutazione complessiva delle risultanze istruttorie, perche’ si giunga ad una conclusione diversa da quella prescelta dai giudici del merito. Tale operazione e’ estranea alle regole del giudizio di legittimita’, in quanto suppone un accesso diretto agli atti e una delibazione degli stessi in via inferenziale. Lo stesso articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformulato dal Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, articolo 54 conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, ha introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Neppure l’omesso esame di elementi istruttori integra, di per se’, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorche’ la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass. Sez. U, 07/04/2014, n. 8053).
6. Il ricorso va percio’ dichiarato inammissibile.
10. Le spese del giudizio di cassazione, liquidate in dispositivo, vengono regolate secondo soccombenza in favore del controricorrente.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater – da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente a rimborsare le spese sostenute nel giudizio di cassazione dal controricorrente, che liquida in complessivi Euro 4.500,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis se dovuto.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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