Corte di Cassazione, sezione seconda penale, Sentenza 24 ottobre 2018, n. 48582

La massima estrapolata:

Ai fini dell’adozione di una misura cautelare, è ritenuta sufficiente la sussistenza di qualsivoglia elemento probatorio idoneo a fondare una qualificata probabilità in ordine alla responsabilità dell’indagato, in relazione ai reati ascrittigli.

Sentenza 24 ottobre 2018, n. 48582

Data udienza 11 settembre 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CRESCIENZO Ugo – Presidente

Dott. IMPERIALI Luciano – Consigliere

Dott. FILIPPINI Stefano – Consigliere

Dott. BELTRANI Sergio – Consigliere

Dott. AIELLI Lucia – est. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del Tribunale di Roma del 2/5/2018;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. AIELLI Lucia;
udite le conclusioni del Procuratore Generale Dott.ssa CENICCOLA Elisabetta che ha concluso chiedendo l’inammissibilita’ dei ricorsi;
udito per (OMISSIS) il difensore avv. (OMISSIS) che si e’ riportato ai motivi di ricorso chiedendone l’accoglimento.

PREMESSO IN FATTO

1. Con provvedimento del 2/5/2018 il Tribunale del Riesame di Roma in parziale accoglimento del ricorso degli odierni ricorrenti, disponeva la sostituzione della misura cautelare degli arresti domiciliari, a loro applicata dal GIP del Tribunale di Roma, con quella interdittiva del divieto di esercitare l’attivita’ professionale di avvocato (il primo), e di medico (il secondo) per la durata di mesi sei,in relazione agli ipotizzati reati di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di truffe alle assicurazioni.
2. Avverso tale provvedimento ricorrono per cassazione (OMISSIS) deducendo: la nullita’ della ordinanza cautelare per violazione di legge (articolo 606 c.p.p., lettera C) in relazione all’articolo 178 c.p.p., comma 1, lettera c), articolo 268 c.p.p., commi 4, 5, 6 e 7, articolo 271 c.p.p., per non avere ottenuto tempestivamente, i supporti richiesti delle conversazioni telefoniche intercettate e utilizzate ai fini dell’adozione della misura cautelare, messi a disposizione dal P.M. solo un giorno prima dell’udienza del riesame, peraltro in maniera non integrale. Il Tribunale sul punto avrebbe erroneamente motivato non rilevando la dedotta nullita’ per violazione del diritto di difesa.
3. Con il secondo motivo si censura l’ordinanza cautelare per violazione di legge e carenza ed illogicita’ manifesta della motivazione per la ritenuta sussistenza del profilo della gravita’ indiziaria in ordine al reato associativo atteso che l’indagato si sarebbe limitato a svolgere la propria attivita’ di assistenza legale, senza che fosse dimostrata la sua partecipazione alla fase formativa della documentazione falsa, a tal proposito il ricorrente richiama una serie di conversazioni telefoniche che attesterebbero la sua estraneita’ al sodalizio criminoso.
4. Si aggiunge, con il terzo motivo, la violazione di legge e la manifesta illogicita’ della motivazione in punto di attualita’ delle esigenze cautelari, posto che le pratiche assicurative in oggetto sarebbero risalenti al 2015, non ne sarebbero state aperte di nuove e che il ricorrente, avendo subito un sequestro presso lo studio legale, non potrebbe reiterare le condotte criminose.
5. In ultimo si chiede la rapida fissazione dell’udienza.
6. Il ricorrente (OMISSIS), impregiudicato il giudizio sulla gravita’ indiziaria, concentra il ricorso sulle esigenze cautelari ed in particolare sulla ritenuta sussistenza del requisito della attualita’ posto che dagli atti emergerebbe la dissociazione dell’indagato dai propositi criminosi ulteriori di tale (OMISSIS).

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I ricorsi sono inammissibili.
1.1. Quello di (OMISSIS) e’ inammissibile perche’ reiterativo delle stesse doglianze gia’ proposte in sede di riesame ed ivi correttamente superate.
1.2. In particolare con riguardo alla denunciata violazione del diritto di difesa per il ritardato rilascio del materiale intercettivo posto a fondamento dell’ordinanza cautelare, occorre ricordare come l’articolo 268 c.p.p., comma 4 stabilisca che i verbali e le registrazioni relativi alle operazioni di intercettazione effettuate sono immediatamente trasmessi al pubblico ministero e che entro cinque giorni dalla conclusione delle operazioni, essi sono depositati in segreteria insieme ai decreti che hanno disposto, autorizzato, convalidato o prorogato l’intercettazione, rimanendovi per il tempo fissato dal pubblico ministero, salvo che il giudice non riconosca necessaria una proroga. La Corte Costituzionale, con sentenza 10 ottobre 2008, n. 336, ha dichiarato l’incostituzionalita’ dell’articolo nella parte in cui non prevede che, dopo la notificazione o l’esecuzione dell’ordinanza che dispone una misura cautelare personale, il difensore possa ottenere la trasposizione su nastro magnetico delle registrazioni di conversazioni o comunicazioni intercettate, utilizzate ai fini dell’adozione del provvedimento cautelare, anche se non depositate.
2. Cio’ posto, deve tuttavia rilevarsi che nell’istanza depositata il 13 marzo, come osservato dal Tribunale del riesame, manca ogni riferimento all’urgenza della richiesta ed, in particolare, alla necessita’ di disporre della documentazione ai fini del procedimento di riesame della misura cautelare. Tale aspetto appare significativo, atteso che, come questa Corte ha gia’ avuto modo di precisare, la richiesta del difensore intanto determina l’obbligo per il pubblico ministero di provvedere tempestivamente, in quanto sia specificato che l’accesso e’ finalizzato alla presentazione di un’istanza di riesame (Sez. 4, n. 24866/2015, Rv. 263729; Sez. 2, n. 35692/2013, Rv. 256461). Va altresi’ ricordato che le Sezioni Unite (Sez. U, n.20300 del 22/4/2010, La Sala, Rv. 246908) nello stabilire che la richiesta del difensore determina l’obbligo per il pubblico ministero di provvedere in tempo utile a consentire l’esercizio del diritto di difesa nel procedimento incidentale de libertate, hanno pure precisato che, al fine di porre il pubblico ministero in grado di adempiere a tale obbligo, e’ altrettanto necessario che la richiesta del difensore venga tempestivamente proposta rispetto alle cadenze temporali indicate dalle norme processuali. Nella fattispecie, come si e’ detto, tale esigenza non era specificata.
Non risulta, inoltre, che la successiva richiesta del difensore finalizzata alla presentazione del riesame, sia stata presentata con tempestivita’ rispetto alle prospettate esigenze difensive, atteso che l’ordinanza di cautelare e’ stata eseguita il 9/3/2018, l’interrogatorio si e’ svolto il 15 marzo, l’istanza di riesame e’ stata presentata il 16 marzo, mentre istanza di accesso e’ stata presentata il 22 marzo, tredici giorni dopo l’esecuzione della misura e sei giorni dopo la presentazione del ricorso al riesame, nonostante l’imminenza della camera di consiglio. Va dunque escluso che possa esservi stato un ritardo comunque imputabile all’ufficio del Pubblico Ministero, come sembra adombrare il ricorrente nella descrizione degli eventi effettuata in ricorso ed, anzi, e’ la richiesta della difesa che non puo’ definirsi tempestiva. In ogni caso, rileva il Collegio che quanto accaduto non ha comunque compromesso l’esercizio del diritto di difesa, perche’ come correttamente rilevato dai giudici del riesame, emerge che, a fronte della richiesta difensiva, il P.M. ha messo a disposizione tutti i supporti richiesti, essendo rimasta priva di riscontro l’affermazione che la messa a disposizione sarebbe stata parziale.
3. Il secondo motivo di ricorso e’ inammissibile in quanto involge il merito della vicenda e pretende, sotto forma di vizio della motivazione, di sottoporre alla Corte una lettura diversa ed a se’ favorevole degli elementi indiziari. Va detto che in tema di gravita’ indiziaria, questa Corte ha piu’ volte avuto modo di chiarire che la nozione di gravi indizi di colpevolezza non e’ omologa a quella che serve a qualificare il quadro indiziario idoneo a fondare il giudizio di colpevolezza finale. Al fine dell’adozione della misura e’ sufficiente l’emersione di qualunque elemento probatorio idoneo a fondare “un giudizio di qualificata probabilita’ sulla responsabilita’ dell’indagato” in ordine ai reati addebitati. Pertanto, i detti indizi non devono essere valutati secondo gli stessi criteri richiesti, per il giudizio di merito, dall’articolo 192 c.p.p., comma 2, (per questa ragione l’articolo 273 c.p.p., comma 1 bis richiama l’articolo 192 c.p.p., commi 3 e 4, ma non il comma 2 del medesimo articolo, il quale oltre alla gravita’, richiede la precisione e concordanza degli indizi) (Sez. 5, n. 36079/2012; Rv. 253511; Sez. 2, 26764/2013, Rv. 256731; Sez. 2, 22968/2017, Rv. 270172).
Considerato altresi’ che la valutazione del peso probatorio degli indizi e’ compito riservato al giudice di merito e, in sede di legittimita’, tale valutazione puo’ essere contestata unicamente sotto il profilo della sussistenza, adeguatezza, completezza e logicita’ della motivazione, mentre sono inammissibili, viceversa, le censure che, pure investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione delle circostanze gia’ esaminate dal giudice, spettando alla corte di legittimita’ il solo compito di verificare se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravita’ del quadro indiziario a carico dell’indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi del diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie. Il controllo di logicita’, peraltro, deve rimanere “all’interno” del provvedimento impugnato, non essendo possibile procedere a una nuova o diversa valutazione degli elementi indizianti o a un diverso esame degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate. In altri termini, l’ordinamento non conferisce alla Corte di cassazione alcun potere di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate, ivi compreso lo spessore degli indizi, ne’ alcun potere di riconsiderazione delle caratteristiche soggettive dell’indagato, ivi compreso l’apprezzamento delle esigenze cautelari e delle misure ritenute adeguate, trattandosi di apprezzamenti rientranti nel compito esclusivo e insindacabile del giudice cui e’ stata chiesta l’applicazione della misura, nonche’ al tribunale del riesame. Il controllo di legittimita’ e’, percio’, circoscritto all’esclusivo esame dell’atto impugnato al fine di verificare che il testo di esso sia rispondente a due requisiti, uno di carattere positivo e l’altro negativo, la cui presenza rende l’atto incensurabile in sede di legittimita’: 1) l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato; 2) l’assenza di illogicita’ evidenti, risultanti cioe’ prima facie dal testo del provvedimento impugnato, ossia la congruita’ delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento (Sez. 56/2011, Rv. 251761; Sez. F 47748/2014, Rv. 261400; Sez. 6, 49153/2016, Rv. 265244).
4. Nel caso in esame non si riscontrano, dunque, quanto alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza a carico di (OMISSIS), i vizi motivazionali sopra richiamati perche’ il giudice del merito ha dato atto della sussistenza del presupposto cautelare di cui all’articolo 273 c.p.p., rilevando come il fatto enunciato nella provvisoria imputazione emerga da dati oggettivi di decisiva rilevanza ovvero una serie di intercettazioni (specificamente indicate), dimostrative della partecipazione del ricorrente al sodalizio criminoso ed ai singoli reati fine consumati (pag. 29 e 30 della sentenza).
5. E con riguardo alle esigenze cautelari il Tribunale ha sottolineato che la protrazione nel tempo delle condotte illecite, il ruolo di assistenza legale da lui svolto in numerose pratiche, elementi significativi del pericolo di reiterazione del reato. Si tratta di motivazione corretta e correlata ai dati processuali.
6. Il ricorso di (OMISSIS) e’ generico.
Il ricorrente non si confronta con l’ampia ed esaustiva motivazione del Tribunale che ha rilevato, con riguardo al dato dell’attualita’ del pericolo di reiterazione del reato, che l’attivita’ del ricorrente si era protratta anche dopo il termine delle intercettazioni (febbraio 2016), come dimostrato dal ritrovamento di una pratica presso il (OMISSIS) relativa ad un falso sinistro da loro organizzato il 21/9/2016 e che il dato non era affatto svilito dal contenuto delle conversazioni via wattsapp depositate dalla difesa, che dimostravano invece l’ulteriore possibile sviluppo del rapporto tra i due.
L’onere motivazionale risulta dunque correttamente adempiuto dal giudice della cautela alla stregua dei parametri di concretezza e attualita’ indicati dal legislatore nella riforma dell’articolo 275 c.p.p.. (L. n. 47 del 2015). Deve infatti affermarsi che il requisito dell’attualita’ del periculum libertatis puo’ individuarsi a prescindere dalla positiva ricognizione di effettive ed immediate opportunita’ di ricadute a portata di mano dell’inquisito, essendo necessario e sufficiente formulare un giudizio prognostico che sulla base dei criteri di cui all’articolo 133 cod. pen., si riconnetta alla realta’ emergente dagli atti del procedimento ed alle valutazioni della persistente pericolosita’ che e’ dato trarne, dovendosi comunque effettuare una previsione correlata alla situazione esistenziale e socio ambientale in cui verra’ a trovarsi l’indagato, nell’ipotesi in cui non dovesse applicare la misura cautelare (Sez. 2 44946/2016, Rv. 267965; Sez. 2 53645/2016, Rv. 268977; Sez. 2 47891/2016, Rv. 268366).
7. Nel caso in esame il Tribunale ha dato atto della persistenza del pericolo di recidiva sottolineando la gravita’ del fatto, la capacita’ di programmazione dell’illecito, l’inserimento dei prevenuti in un contesto criminale dedito professionalmente alla consumazione delle truffe ed ha ritenuto che misura idonea a prevenire il pericolo di reiterazione del reato ed il pericolo di fuga, fosse quella della interdizione dalla professione.
8. Per quanto complessivamente esposto i ricorsi vanno dichiarati inammissibili ed i ricorrenti che li hanno proposti, condannati al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila ciascuno alla Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila ciascuno alla Cassa delle Ammende.

Avv. Renato D’Isa

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