Mantenimento del figlio maggiorenne privo di indipendenza economica e l’onere della prova

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|15 marzo 2024| n. 7015.

Mantenimento del figlio maggiorenne privo di indipendenza economica e l’onere della prova

In tema di mantenimento del figlio maggiorenne privo di indipendenza economica, l’onere della prova delle condizioni che fondano il diritto al mantenimento è a carico del richiedente, vertendo esso sulla circostanza di avere il figlio curato, con ogni possibile impegno, la propria preparazione professionale o tecnica o di essersi, con pari impegno, attivato nella ricerca di un lavoro: di conseguenza, se il figlio è neomaggiorenne e prosegua nell’ordinario percorso di studi superiori o universitari o di specializzazione, già questa circostanza è idonea a fondare il suo diritto al mantenimento; viceversa, per il “figlio adulto” in ragione del principio dell’autoresponsabilità, sarà particolarmente rigorosa la prova a suo carico delle circostanze, oggettive ed esterne, che rendano giustificato il mancato conseguimento di una autonoma collocazione lavorativa.

Ordinanza|15 marzo 2024| n. 7015. Mantenimento del figlio maggiorenne privo di indipendenza economica e l’onere della prova

Data udienza 9 gennaio 2024

Integrale

Tag/parola chiave: SEPARAZIONE E DIVORZIO – Separazione e divorzio – Mantenimento dei figli – Figli maggiorenni – Privi di indipendenza economica – Assegno – Attribuzione – Condizioni – Onere della prova. (Cc, articoli 147, 337-ter e 2697; Legge 1° dicembre 1970 n. 898, articolo 5)
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REPUBBLICA ITALIANA

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ACIERNO Maria – Presidente
Dott. MELONI Marina – Consigliere Rel.

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere

Dott. REGGIANI Eleonora – Consigliere

ha pronunciato la seguente
ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 21550-2022 R.G. proposto da:

Fe.An., elettivamente domiciliato in ROMA (…), presso lo studio dell’avvocato Sp.Le. (Omissis) che lo rappresenta e difende

– ricorrente –

Contro

Ba.Ma., elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avvocato Ab.Da. (Omissis) che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato De.Fu. (Omissis)

– controricorrente –

avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO ROMA n. 3800-2022 depositata il 03-06-2022.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 09-01-2024 dal Consigliere MARINA MELONI.

Mantenimento del figlio maggiorenne privo di indipendenza economica e l’onere della prova

FATTI DI CAUSA

Con ricorso depositato in data 8 marzo 2013, la sig.ra Fe.An., dando atto che, in data 05.02.2010, la Pretura tedesca di Goeppingen aveva pronunciato la separazione personale fra lei medesima ed il marito Ba.Ma., affidandole la figlia Lu.Ba. all’epoca minorenne, e, con separato decreto del 23.07.2010, aveva posto a carico del padre il mantenimento di quest’ultima, nella misura di Euro 334,00, a decorrere dall’agosto 2010, conveniva il sig. Ba.Ma. innanzi al Tribunale Civile di Roma, chiedendo di pronunciare lo scioglimento del matrimonio e stabilire a carico del Ba.Ma. un assegno divorzile di Euro 700,00 mensili, nonché, un contributo per il mantenimento della figlia di pari importo, oltre al 50% delle spese straordinarie.

Il Tribunale di Roma, con la sentenza n. 6490-2020, pubblicata il 23 aprile 2020 pronunciava la cessazione degli effetti civili del matrimonio contratto tra le parti, respingeva la domanda di assegno divorzile formulata dalla sig.ra Fe.An. e dichiarava la sua carenza di legittimazione attiva quanto alla richiesta di contributo a carico del Ba.Ma. per il mantenimento della figlia.

Con atto notificato il 26 maggio 2021, la sig.ra Fe.An. proponeva appello avverso la sentenza n. 6490-2020 emessa dal Tribunale di Roma – sezione Persona e Famiglia, contestando la valutazione delle prove effettuata.

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Con sentenza 3800-2022, la Corte d’Appello, rigettate le richieste istruttorie formulate ex adverso, confermava “integralmente” la sentenza appellata, condannando la sig.ra Fe.An. ” a rifondere a Ba.Ma. le spese processuali del presente grado di giudizio che liquida nella misura di Euro 4000,00 oltre spese forfettarie, IVA e CPA come per legge “.

Con ricorso notificato il 5 settembre 2022, la sig.ra Fe.An. ha chiesto la cassazione della sentenza n. 3800-2022 emessa dalla Corte d’Appello di Roma – sez. Persona e famiglia con ricorso affidato a quattro motivi. Ba.Ma. resiste con controricorso e memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

I motivi di ricorso sono così rubricati:

– Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia;

– Violazione ed errata applicazione delle seguenti norme di diritto L. n. 898 del 1970, articolo 9;

– Violazione ed errata applicazione delle seguenti norme di diritto L. n. 898 del 1970, articolo 5;

– Violazione ed errata applicazione delle seguenti norme di diritto artt. 337 quinquies C.C. e 337 septies c.c.

Con il primo motivo, la ricorrente lamenta una pretesa “omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia”, affermando che la Corte d’Appello non avrebbe tenuto conto “degli elementi forniti sia con riferimento al reddito delle parti e nemmeno del diritto della figlia a percepire il mantenimento, convivente con la madre odierna ricorrente”.

Il motivo è inammissibile in quanto tende a riproporre una valutazione di merito già effettuata dalla Corte di Appello. In verità la Corte di merito ha considerato e motivato in ordine al reddito percepito dalle parti, in particolare affermando:

” Ba.Ma. ha documentato l’acquisto da parte della Fe.An. di diverse unità immobiliari, taciute dalla stessa nel giudizio di primo grado, che parimenti depongono per un incremento patrimoniale”, “Ba.Ma. ha prodotto documentazione bancaria, previdenziale, fiscale e quella relativa alle prestazioni assistenziali a sostegno della disoccupazione e del reddito percepite in Germania nel corso degli anni, ed ha documentato le trattenute per il recupero degli arretrati dell’assegno di mantenimento non versato alla figlia operate sullo stipendio che percepisce dal gennaio 2020. Nell’udienza presidenziale del 2013 e nelle dichiarazioni sostitutive di atto notorio depositate in primo grado e datate 5-2-2019 e 22-12-2019 l’appellante Fe.An. poi ha dichiarato di non possedere quote o diritti immobiliari, e di non percepire alcuna entrata; al contrario, controparte ha documentato la proprietà in capo alla Fe.An., fin dal 2010, di una piccola unità immobiliare a M (R ); – l’acquisto per successione del padre deceduto nel 2015 della quota di proprietà dell’appartamento sito in R , una quota della quale era già di sua proprietà per successione materna; tale appartamento è stato alienato nel maggio 2016 al prezzo di rogito di 270.000,00 Euro; – l’avvenuta donazione dalla Fe.An. alla figlia, ad agosto 2016, dell’appartamento di G , ereditato dal proprio padre; -l’acquisto nel dicembre 2016 da parte della figlia Lu.Ba. di ulteriori quote immobiliari a G .”.

Mantenimento del figlio maggiorenne privo di indipendenza economica e l’onere della prova

Sulla base di tali evidenze, ritenute “ampiamente sufficienti a confermare la correttezza della decisione del giudice di primo grado”, la Corte d’Appello ha, quindi, rettamente respinto le domande della ricorrente.

Con il secondo motivo di ricorso, la ricorrente lamenta Violazione ed errata applicazione dell’art. 9 L. n.898 del 1970. Ritiene la ricorrente che, contrariamente a quanto infatti ritenuto dalla Corte di Appello di Roma che ha negato ogni assegno divorzile sul presupposto che: “Nel caso di specie in sede di separazione le parti si sono accordate escludendo la corresponsione di un assegno di mantenimento in favore dell’appellante. Successivamente a tale data non sono stati documentati, ma neppure chiaramente allegati, mutamenti peggiorativi delle condizioni economiche della Fe.An., né miglioramenti di quella della controparte”, il giudice, a fronte della prova di circostanze sopravvenute sugli equilibri economici della coppia, avrebbe omesso la valutazione sulla effettiva redditualità del Ba.Ma. ed anche il fatto che la Fe.An. non ha più alcun cespite immobiliare.

Con il terzo motivo di ricorso la ricorrente lamenta Violazione ed errata applicazione delle seguenti norme di diritto L. n.898 del 1970, articolo 5 perché la Corte di Appello di Roma ha ritenuto non sussistere i presupposti per l’assegno L. n. 898 del 1970 ex articolo 5, comma 6, in ragione della funzione compensativo-retributivo dallo stesso assolta, affermando che l’assegno di separazione presuppone la permanenza del vincolo coniugale, mentre tale parametro non rileva in sede di fissazione dell’assegno divorzile, che è volto esclusivamente al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall’ex coniuge beneficiario alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale degli ex coniugi e secondo i criteri indicati all’art. 5, comma 6, della L. n. 898 del 1970 deve essere quantificato in considerazione della sua natura assistenziale, compensativa e perequativa (Sezioni Unite n. 18287 del 2018).

Mantenimento del figlio maggiorenne privo di indipendenza economica e l’onere della prova

Il secondo ed il terzo motivo sono infondati.

Occorre premettere che la nota sentenza a Sezioni Unite nr. 18287 del 11-07-2018 ha attribuito una funzione assistenziale, compensativa e perequativa ai fini dell’attribuzione e della quantificazione dell’assegno divorzile stabilendo che: “Il riconoscimento dell’assegno di divorzio in favore dell’ex coniuge, cui deve attribuirsi una funzione assistenziale ed in pari misura compensativa e perequativa, ai sensi dell’art. 5, comma 6, della L. n. 898 del 1970, richiede l’accertamento dell’inadeguatezza dei mezzi dell’ex coniuge istante, e dell’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, applicandosi i criteri equiordinati di cui alla prima parte della norma, i quali costituiscono il parametro cui occorre attenersi per decidere sia sulla attribuzione sia sulla quantificazione dell’assegno. Il giudizio dovrà essere espresso, in particolare, alla luce di una valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare ed alla formazione del patrimonio comune, nonché di quello personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio ed all’età dell’avente diritto.

La funzione equilibratrice del reddito degli ex coniugi, anch’essa assegnata dal legislatore all’assegno divorzile, non è finalizzata alla ricostituzione del tenore di vita endoconiugale, ma al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall’ex coniuge economicamente più debole alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale degli ex coniugi.

Pertanto ai fini dell’attribuzione e della quantificazione dell’assegno divorzile deve tenersi conto delle risorse economiche di cui dispone l’ex coniuge più debole e se tali risorse siano sufficienti ad assicurare una esistenza libera e dignitosa ed un’adeguata autosufficienza economica, nonostante la sproporzione delle rispettive posizioni economiche delle parti”.

Dalla massima sopra riportata risulta evidente che il tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio non può più costituire il parametro al quale fare riferimento per la determinazione dell’assegno divorzile, dovendo piuttosto il giudice avere riguardo alla indipendenza economica intesa come disponibilità di mezzi adeguati tali da consentire una vita dignitosa ed autosufficiente secondo una valutazione di fatto riservata al giudice di merito (Cass.Sez.1-6 nr.3015-2018).

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Nella sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte risulta altresì che l’assegno divorzile ha anche una funzione compensativa o perequativa nel caso in cui risulti che il coniuge meno abbiente abbia sacrificato le proprie aspettative professionali e reddituali per dedicarsi completamente alla famiglia nell’ambito di una scelta condivisa dei due ex coniugi che così hanno inteso impostare la vita in comune ed attribuirsi, di comune accordo, differenti ruoli ed attività nella gestione della vita familiare.

Nella fattispecie la sentenza impugnata, nel negare i presupposti dell’assegno divorzile ha dato conto adeguatamente dei criteri sopra riportati ed ha svolto una adeguata valutazione della situazione economica delle parti la cui rivalutazione è inammissibile in questa sede.

Infatti risulta accertato dal giudice territoriale che: il sig. Ba.Ma., privo di occupazione, percepiva un sussidio di disoccupazione di circa Euro 1000,00, era gravato da debiti, derivanti anche dall’inadempimento agli obblighi di mantenimento nei confronti della figlia e non aveva proprietà immobiliari; – la sig.ra Fe.An., titolare, dal gennaio 2011, di una pensione di invalidità di Euro 300,00 mensili, in corso di causa, aveva venduto, al prezzo di rogito di Euro 270.000,00, un immobile sito a R (Via R. – Via Ti.), di cui era già in parte proprietaria per successione materna, aveva donato alla figlia Lu.Ba. un immobile sito in Germania (G ) e risultava, altresì, proprietaria di un immobile sito a M (R ) (“circostanze rilevanti ma omesse del tutto nella dichiarazione sostitutiva dell’atto notorio attestante le condizioni reddituali e nelle dichiarazioni rese in sede presidenziale” (cfr. pag. 2 sentenza impugnata);

– la figlia Lu.Ba. 29enne non più convivente con la madre da diversi anni “pur dichiarandosi studentessa priva di redditi, risultava a sua volta proprietaria di diversi immobili in Germania” . La Corte ha dunque considerato e motivato in ordine alla situazione delle parti con motivazione adeguata e sufficiente non sindacabile in questa sede.

Con il quarto motivo di ricorso la ricorrente lamenta una Violazione ed errata applicazione delle seguenti norme di diritto artt.337 quinquies c.c. e 337 septies c.c. perché la Corte territoriale ha omesso di applicare correttamente i principi di cui all’artt. 337 quinquies c.c. e 337 septies c.c. e non ha concesso l’assegno di mantenimento per la figlia.

Va premesso che secondo questa Corte (Sez. 1 – , Sentenza n. 26875 del 20-09-2023): “In tema di mantenimento del figlio maggiorenne privo di indipendenza economica, l’onere della prova delle condizioni che fondano il diritto al mantenimento è a carico del richiedente, vertendo esso sulla circostanza di avere il figlio curato, con ogni possibile impegno, la propria preparazione professionale o tecnica o di essersi, con pari impegno, attivato nella ricerca di un lavoro: di conseguenza, se il figlio è neomaggiorenne e prosegua nell’ordinario percorso di studi superiori o universitari o di specializzazione, già questa circostanza è idonea a fondare il suo diritto al mantenimento; viceversa, per il “figlio adulto” in ragione del principio dell’autoresponsabilità, sarà particolarmente rigorosa la prova a suo carico delle circostanze, oggettive ed esterne, che rendano giustificato il mancato conseguimento di una autonoma collocazione lavorativa.”

Questa Corte ha più volte affermato che il dovere di mantenere, istruire ed educare la prole, stabilito dall’art. 147 cod. civ., obbliga i coniugi secondo i parametri previsti nel nuovo testo dell’art. 155 cod. civ., come sostituito dall’art. 1 legge 8 febbraio 2006, n. 54, il quale, nell’imporre a ciascuno dei coniugi l’obbligo di provvedere al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito, individua, quali elementi da tenere in conto nella determinazione dell’assegno, oltre alle esigenze del figlio, le risorse economiche dei genitori, nonché i tempi di permanenza presso ciascuno di essi e la valenza economica dei compiti domestici e di cura da loro assunti.

Mantenimento del figlio maggiorenne privo di indipendenza economica e l’onere della prova

La sentenza impugnata si è uniformata a questa giurisprudenza e pertanto il motivo va disatteso.

Sul punto la Corte di Appello di Roma ha affermato infatti: Non è provato, infatti, né il presupposto della convivenza della figlia con la madre in R , affermata nel ricorso, né che la stessa non abbia raggiunto l’indipendenza economica incolpevolmente (tenuto conto dell’età raggiunta, dell’impegno volto al raggiungimento di un adeguato livello di competenza professionale e tecnica ed alla ricerca di un’occupazione lavorativa nonché, della complessiva condotta personale tenuta, dal raggiungimento della maggiore età).

Pertanto i motivi ripropongono una valutazione di merito inammissibile in questa sede.

Il ricorso deve quindi essere respinto con condanna alle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore del controricorrente che liquida in Euro 4.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater D.P.R. nr.115 del 30 maggio 2002 ricorrono i presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.

Dispone, ai sensi dell’art. 52 D.Lgs. 196 del 2003 che in caso di diffusione della presente ordinanza si omettano le generalità e gli altri dati identificativi delle parti.

Così deciso in Roma, il 9 gennaio 2024.

Depositato in Cancelleria il 15 marzo 2024.

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

Le sentenze sono di pubblico dominio.

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