L’opposizione a decreto ingiuntivo proposta da un soggetto nella qualità di erede dell’ingiunto costituisce accettazione tacita dell’eredità

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|3 giugno 2024| n. 15504.

L’opposizione a decreto ingiuntivo proposta da un soggetto nella qualità di erede dell’ingiunto costituisce accettazione tacita dell’eredità

L’opposizione a decreto ingiuntivo proposta da un soggetto nella qualità di erede dell’ingiunto costituisce accettazione tacita dell’eredità, senza che assuma alcuna rilevanza la circostanza che tale opposizione sia stata dichiarata inammissibile, posto che l’accettazione dell’eredità, a tutela della stabilità degli effetti connessi alla successione mortis causa, si configura come atto puro ed irrevocabile e quindi insuscettibile di essere caducato da eventi successivi.

 

Ordinanza|3 giugno 2024| n. 15504. L’opposizione a decreto ingiuntivo proposta da un soggetto nella qualità di erede dell’ingiunto costituisce accettazione tacita dell’eredità

Data udienza 15 maggio 2024

Integrale

Tag/parola chiave: Esecuzione forzata – Titolo esecutivo – Eredi opposizione a decreto ingiuntivo nella qualità di erede del ‘de cuius’ – Accettazione dell’eredità – Configurabilità – Inammissibilità dell’opposizione – Rilevanza ai fini della successione ‘mortis causa’ – Esclusione – Fondamento.

REPUBBLICA ITALIANA

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

composta dai signori magistrati:

Dott. DE STEFANO Franco – Presidente

Dott. CONDELLO Pasqualina Anna P. – Consigliera

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere Relatore

Dott. ROSSI Raffaele – Consigliere

Dott. SAIJA Salvatore – Consigliere

ha pronunciato la seguente
ORDINANZA

sul ricorso iscritto al numero 6864 del ruolo generale dell’anno 2022, proposto

da

(…) di Vi.Co. e C. Sas (P.I.: (Omissis)), in persona del legale rappresentante prò tempore, Vi.Co.

rappresentato e difeso dall’avvocato Ch.Ca. (C.F.: (Omissis))

– ricorrente –

nei confronti di Id.Sc. (C.F.: (Omissis))

– intimata –

per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Campobasso n. 273/2021, pubblicata in data 8 settembre 2021;

udita la relazione sulla causa svolta alla camera di consiglio del 15 maggio 2024 dal consigliere Augusto Tatangelo.

L’opposizione a decreto ingiuntivo proposta da un soggetto nella qualità di erede dell’ingiunto costituisce accettazione tacita dell’eredità

Fatti di causa

(…) Sas di Ci.Fo. (oggi (…) Sas di Vi.Co.) ha intimato a Id.Sc. precetto di pagamento dell’importo di Euro 23.815,83, sulla base di un decreto ingiuntivo ottenuto nei confronti del padre della stessa, Gi.Sc., divenuto definitivo per mancata opposizione e per essere stata dichiarata inammissibile l’opposizione tardivamente proposta dalla stessa Id.Sc.

L’intimata ha proposto opposizione all’esecuzione, ai sensi dell’art. 615, comma 1, c.p.c.

L’opposizione è stata parzialmente accolta dal Tribunale di Isernia, che ha dichiarato la nullità e/o inefficacia parziale del precetto, relativamente alla somma di Euro 755,04 (quali spese non dovute relative ad un precedente atto di precetto fondato sul medesimo titolo) ed ha accertato l’esistenza del diritto della (…) Sas di procedere a esecuzione forzata nei confronti della Id.Sc. per l’importo di Euro 23.060,79.

La Corte d’appello di Campobasso, in riforma della decisione di primo grado, ha, invece, accolto integralmente l’opposizione, dichiarando che la società intimante non ha diritto di procedere a esecuzione forzata nei confronti di Id.Sc., sulla base del titolo giudiziale azionato.

Ricorre (…) Sas, sulla base di due motivi.

Non ha svolto attività difensiva in questa sede l’intimata.

È stata disposta la trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375 e 380 bis.1 c.p.c.

Parte ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c.

Il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza decisoria nei sessanta giorni dalla data della camera di consiglio.

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Ragioni della decisione

1. Con il primo motivo del ricorso si denunzia “Violazione di Legge e falsa applicazione dell’art. 324 c.p.c. e dell’art. 2909 c.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c. e dell’art. 115 c.p.c., in relazione all’art. 360 n. 3 e 5 c.p.c.”.

La società ricorrente deduce che “la Corte territoriale ha errato nel disattendere l’eccezione di parte appellata relativa all’esistenza di un giudicato esterno tra le medesime parti, avente identità di causa petendi e petitum, sul presupposto che la sentenza prodotta ai fini della dimostrazione dell’esistenza del giudicato fosse priva dell’attestazione di cancelleria relativa al passaggio in giudicato, ritenendo necessario provare, in termini rigorosi, la formazione del giudicato stesso”.

Il motivo è infondato.

1.1 In primo luogo, la decisione impugnata risulta conforme all’indirizzo ormai consolidato di questa Corte (che il ricorso non offre ragioni idonee ad indurre a rimeditare) secondo il quale “la parte che eccepisce il passaggio in giudicato di una sentenza ha l’onere di fornirne la prova mediante produzione della stessa, munita della certificazione di cui all’art. 124 disp. att. c.p.c., anche nel caso di non contestazione della controparte, restandone, viceversa, esonerata solo nel caso in cui quest’ultima ammetta esplicitamente l’intervenuta formazione del giudicato esterno” (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 36258 del 28/12/2023, Rv. 669781 – 01; Sez. 1, Ordinanza n. 6868 del 02/03/2022, Rv. 664109 – 01; Sez. 3, Ordinanza n. 26310 del 29/09/2021, Rv. 662500 – 01; Sez. 3, Ordinanza n. 20974 del 23/08/2018, Rv. 650322 – 01; Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 4803 del 01/03/2018, Rv. 647893 – 01).

Nella specie, non risulta adeguatamente allegata e documentata una eventuale esplicita ammissione della sussistenza del giudicato esterno da parte della società opposta. La stessa ricorrente afferma essere – a suo dire – il passaggio in giudicato formale semplicemente incontestato; comunque, manca nel ricorso uno specifico richiamo al preciso contenuto degli atti difensivi della controparte da cui dovrebbe desumersi l’esplicita ammissione in tal senso, in violazione dell’art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c.

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1.2 D’altra parte, secondo altrettanto consolidato indirizzo di legittimità “ilprincipio della rilevabilità in sede di legittimità del giudicato esterno, sempre che questo risulti dagli atti comunque prodotti nel giudizio di merito, deve essere coordinato con l’onere di completezza e autosufficienza del ricorso, per cui la parte ricorrente che deduca il suddetto giudicato deve indicare il momento e le circostanze processuali in cui i predetti atti siano stati prodotti, senza possibilità di depositare per la prima volta la sentenza in sede di legittimità, atteso che tale facoltà è consentita solo in caso di giudicato successivo alla sentenza impugnata” (Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 15846 del 06/06/2023, Rv. 667811 – 01; Sez. 1, Sentenza n. 1760 del 27/01/2006, Rv. 589743 – 01; Sez. 5, Sentenza n. 4307 del 01/03/2005, Rv. 580655 – 01; Sez. 5, Sentenza n. 13854 del 23/07/2004, Rv. 574917 – 01; Sez. U, Sentenza n. 1416 del 27/01/2004, Rv. 569717 – 01).

Ciò esclude la possibilità di prendere in considerazione, a sostegno delle censure di cui al motivo di ricorso in esame, i documenti attestanti il predetto giudicato (che si assume formato prima della decisione di secondo grado), prodotti per la prima volta solo nella presente sede.

1.3 Infine, ed anche a prescindere dalla prova della regolare formazione del giudicato formale, la Corte osserva che non vi sarebbero, nella specie, neanche i presupposti per ritenere sussistente un giudicato sostanziale in ordine alla qualità dell’intimata Id.Sc. di erede del padre, oggetto delle contestazioni avanzate nella presente sede.

A sostegno del proprio assunto, la società ricorrente deduce il rilievo che l’opposizione a precetto su cui si è pronunciato il tribunale (con la decisione che si pretende passata in giudicato) aveva ad oggetto sostanzialmente la medesima intimazione di cui si discute nella presente sede, cioè un atto di precetto (in rinnovazione) fondato sul medesimo titolo e per il medesimo credito, in cui l’unica differenza era la determinazione del quantum delle spese.

In senso contrario è, peraltro, sufficiente osservare che, sulla questione della qualità di erede del padre della Id.Sc. non vi è alcuna espressa statuizione nella sentenza richiamata e non risulta neanche che la questione fosse una delle ragioni poste a base di quella opposizione: per quanto emerge nella stessa sentenza, infatti, l’unico motivo di opposizione avanzato dalla Id.Sc., in quella sede, era la pretesa violazione dell’art. 481, comma 2, c.p.c., cioè il preteso divieto di intimare un nuovo precetto per il medesimo credito, in costanza dell’efficacia di uno precedente, senza una espressa contestazione della qualità di erede.

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E solo su tale motivo di opposizione si è pronunciato il tribunale.

Dunque, non essendo tra i motivi dell’opposizione la questione della qualità di erede della Id.Sc., il tribunale non avrebbe potuto pronunciarsi su di essa senza incorrere nel vizio di extrapetizione.

Ne consegue che la questione stessa non è coperta da giudicato in virtù di quella pronuncia.

Ed è appena il caso di ribadire, in proposito, che l’oggetto del giudizio di opposizione all’esecuzione deve sempre intendersi limitato ai motivi dedotti dall’opponente, onde, come non è possibile per il giudice dell’opposizione statuire su altri e diversi motivi (eventualmente accogliendo l’opposizione stessa per tali diversi motivi), così, ovviamente, non può ritenersi formato il giudicato sui motivi non dedotti e sui quali il giudice non può statuire.

Nel caso di specie, dunque, se anche vi fosse la prova della formazione del giudicato formale, andrebbe comunque escluso il giudicato sostanziale con riguardo all’accertamento della legittimazione passiva sul piano esecutivo della Id.Sc., quale erede del padre, come pretenderebbe la società ricorrente.

2. Con il secondo motivo si denunzia “Violazione di Legge e falsa applicazione degli articoli 476 e 460 c.c. paragrafo “4.2” della sentenza impugnata, in relazione all’art. 360, n. 3 c.p.c. – vizio di motivazione”.

La società ricorrente deduce che la Id.Sc. “dopo aver ricevuto la notifica del decreto ingiuntivo, ai soli fini dell’esecuzione nei suoi confronti, ha spiegato opposizione avverso il predetto titolo esecutivo, qualificandosi come “erede del sig. Gi.Sc.” e riconoscendo esplicitamente il ridetto Gi.Sc. quale il proprio dante causa”, in tal modo ponendo in essere un irrevocabile atto di accettazione dell’eredità.

Il motivo è fondato.

2.1 In primo luogo, la corte d’appello non ha preso in considerazione l’oggettiva circostanza di fatto per cui la Id.Sc., nell’opposizione proposta avverso il decreto ingiuntivo emesso nei confronti del padre, aveva inequivocabilmente assunto il titolo di erede di quest’ultimo, avendo espressamente proposto tale opposizione “in qualità di erede di Gi.Sc.”, come fatto rilevare dalla società ricorrente e come, d’altra parte, specificamente già rilevato ed affermato dal giudice di primo grado, nel rigettare l’eccezione dell’intimata, fondata sull’assunto della sua (successiva) espressa rinuncia all’eredità, che, proprio per tale ragione, era stata ritenuta dal tribunale del tutto inefficace, “in ossequio al principio generale in materia di successione del semel heres semper heres” (pag. 5 della sentenza di primo grado).

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Si tratta di una circostanza che avrebbe di per sé carattere assorbente, comportando, ai sensi dell’art. 475 c.c., addirittura una vera e propria accettazione espressa dell’eredità, come del resto desumibile dallo stesso indirizzo di questa Corte, secondo il quale “ai sensi dell’art. 475 c.c., si ha accettazione espressa dell’eredità ogni qualvolta il chiamato assuma il titolo di erede in una scrittura privata, trattandosi di autonomo negozio giuridico unilaterale e non recettizio (che conserva appieno la sua validità, ancorché, per effetto della mancata registrazione in base al r.d.l. 27 settembre 1941, n. 1015, sia stata colpita da nullità la distinta convenzione, eventualmente contenuta nello stesso documento)” (Cass., Cass., Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 19711 del 21/09/2020, Rv. 659219 – 01; nel medesimo senso, d sostanzialmente: Sez. 2, Sentenza n. 4426 del 24/02/2009, Rv. 607186 – 01).

Già solo in virtù di tale assorbente rilievo, deve ritenersi che le censure di cui al motivo di ricorso in esame possano trovare accoglimento.

2.2 Può, inoltre, ulteriormente osservarsi – anche per completezza di esposizione – che la corte d’appello ha accolto il gravame dell’intimata Id.Sc. avverso la sentenza di primo grado, che l’aveva ritenuta erede del padre Gi.Sc., sulla base di due distinti argomenti, entrambi tesi ad escludere una sua accettazione tacita dell’eredità, ai sensi dell’art. 476 c.c., ma entrambi non conformi a diritto.

2.2.1 Il primo argomento utilizzato dalla corte territoriale è quello per cui l’opposizione al decreto ingiuntivo in cui la Id.Sc. si era qualificata erede del padre era stata dichiarata inammissibile.

Si tratta, però, di una circostanza che non ha alcun rilievo ai fini della qualificazione della condotta della chiamata all’eredità come atto di accettazione espressa o tacita dell’eredità stessa, avendo esclusivo rilievo, ai sensi degli artt. 475 e 476 c.c., la circostanza che la medesima abbia espressamente assunto il titolo di erede in un atto scritto, ovvero che abbia posto in essere un atto che presupponeva necessariamente la sua volontà di accettare e che non avrebbe avuto il diritto di fare se non nella qualità di erede (cfr., in tal senso, Cass., Sez. 2, Sentenza n. 8529 del 08/04/2013, Rv. 625733 – 01: “l’intervento in giudizio operato da un chiamato all’eredità nella qualità di erede legittimo del “de cuius” costituisce accettazione tacita, agli effetti dell’art. 476 c.c., senza che alcuna rilevanza assuma la circostanza della successiva cancellazione della causa dal ruolo per inattività delle parti, posto che l’accettazione dell’eredità, a tutela della stabilità degli effetti connessi alla successione “mortis causa”, si configura come atto puro ed irrevocabile, e quindi insuscettibile di essere caducato da eventi successivi”). 2.2.2 II secondo argomento posto dai giudici di secondo grado alla base della loro decisione è esposto, nella relativa motivazione, nei seguenti termini: “Id.Sc., proponendo opposizione a decreto ingiuntivo, non ha esperito un’azione che non aveva il diritto di proporre se non nella qualità di erede, ma ha resistito all’iniziativa di un creditore del de cuius”, in quanto “la reazione alla richiesta di pagamento di un debito del de cuius non costituisce un diritto esclusivo dell’erede”; secondo la corte d’appello, “dalle considerazioni che precedono deriva che se anche nella proposizione dell’opposizione a decreto ingiuntivo da parte di Id.Sc. si voglia ravvisare il compimento di un atto da parte del chiamato all’eredità con l’implicita volontà di accettarla (in questo senso la spendita della qualità di erede di Gi.Sc.), non può rinvenirsi l’ulteriore condizione richiesta dall’art. 476 c.c., che, come ricordato, richiede che si tratti di atto che il chiamato non avrebbe diritto di porre in essere, se non nella qualità di erede”.

Anche queste ultime affermazioni – tenuto conto che la Id.Sc., in sede di opposizione al decreto ingiuntivo non aveva certamente contestato la propria qualità di erede del padre, ma esclusivamente la sussistenza, sul piano sostanziale, della pretesa creditoria che era stata espressamente fatta valere nei suoi confronti – risultano in contrasto con l’indirizzo di questa Corte (cui intende darsi continuità) secondo il quale “poiché l’accettazione tacita dell’eredità può desumersi dall’esplicazione di un’attività personale del chiamato incompatibile con la volontà di rinunciarvi, “id est” con un comportamento tale da presupporre la volontà di accettare l’eredità, essa può legittimamente reputarsi implicita nell’esperimento, da parte del chiamato, di azioni giudiziarie, che – essendo intese alla rivendica o alla difesa della proprietà o ai danni per la mancata disponibilità di beni ereditari – non rientrino negli atti conservativi e di Data (gestione dei beni ereditari consentiti dall’art. 460 c.c., ma travalichino il semplice mantenimento dello stato di fatto quale esistente al momento dell’apertura della successione, e che, quindi, il chiamato non avrebbe diritto di proporle se non presupponendo di voler far propri i diritti successori” (Cass., Sez. 2, Ordinanza n. 10060 del 24/04/2018, Rv. 648326 – 01) e, ancora più in particolare, con quello, enunciato in fattispecie per molti versi analoga alla presente, per cui “nell’ipotesi in cui il chiamato all’eredità abbia impugnato un atto di accertamento emesso nei suoi confronti nella qualità di erede dell’originario debitore, senza contestare l’assunzione di tale qualità e, quindi, il difetto di titolarità passiva della pretesa, ma censurando nel merito l’accertamento compiuto dall’Amministrazione finanziaria, deve ritenersi che lo stesso abbia posto in essere un’attività non altrimenti giustificabile se non con la veste di erede, trattandosi di un comportamento che esorbita dalla mera attività processuale conservativa del patrimonio ereditario” (Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 23989 del 29/10/2020, Rv. 659481 – 01). La decisione impugnata va, in definitiva, cassata affinché in sede di rinvio sia nuovamente considerata la sussistenza di un atto di accettazione (espressa o tacita) dell’eredità del padre, da parte dell’intima Id.Sc., anteriore alla sua rinuncia alla predetta eredità.

3. Il primo motivo del ricorso è rigettato; è accolto il secondo motivo e la sentenza impugnata è cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio alla Corte d’appello di Campobasso, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

L’opposizione a decreto ingiuntivo proposta da un soggetto nella qualità di erede dell’ingiunto costituisce accettazione tacita dell’eredità

P.Q.M.

La Corte:

– rigetta il primo motivo del ricorso, accoglie il secondo e cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, con rinvio alla Corte d’appello di Campobasso, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile, in data 15 maggio 2024.

Depositato in Cancelleria il 3 giugno 2024.

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