Corte di Cassazione, sezione terza civile, Sentenza 8 novembre 2019, n. 28809.
La massima estrapolata:
In materia di locazione ed in caso di plurime cessioni – senza il consenso del locatore – del contratto di locazione insieme all’azienda, tra i cedenti “intermedi” viene a configurarsi, in presenza dell’inadempimento dei cessionari, un vincolo di corresponsabilità nei confronti del locatore, a prescindere dal numero delle cessioni ed indipendentemente dal loro rapporto “diretto” di garanzia con i singoli cessionari; tale meccanismo di “cumulatività indeterminata” della responsabilità tra coobbligati costituisce adeguato “contrappeso” per riequilibrare la vicenda contrattuale, che si sviluppa in deroga al generale principio di incedibilità del rapporto obbligatorio in mancanza dell’assenso del contraente ceduto.
Sentenza 8 novembre 2019, n. 28809
Data udienza 7 giugno 2019
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GRAZIOSI Chiara – Presidente
Dott. SCRIMA Antonietta – rel. Consigliere
Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere
Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere
Dott. GORGONI Marilena – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 1315-2018 proposto da:
(OMISSIS) SPA in persona del Presidente del C. di A. e legale rappresentante (OMISSIS), domiciliata ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli avvocati (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) SPA in persona del legale rappresentante pro tempore, (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), domiciliati ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’Avvocato (OMISSIS);
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 686/2017 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 25/05/2017;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 7/06/2019 dal Consigliere Dott. ANTONIETTA SCRIMA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CARDINO ALBERTO che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;
udito l’Avvocato (OMISSIS);
udito l’Avvocato (OMISSIS).
FATTI DI CAUSA
Nel 2013 (OMISSIS) S.p.a., proprietaria di una unita’ immobiliare sita in (OMISSIS), concessa in locazione ad uso negozio in data (OMISSIS) a (OMISSIS) S.p.a., intimo’ sfratto per morosita’ a (OMISSIS) S.p.a., (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) S.r.l..
Come rappresentato nel ricorso proposto in questa sede, (OMISSIS) S.p.a., divenuta poi, a seguito di fusione per incorporazione, (OMISSIS) S.p.a., aveva, circa due anni dopo, ceduto il contratto, ai sensi della L. n. 392 del 1978, articolo 36 alla societa’ (OMISSIS) s.n.c. (OMISSIS), poi trasformatasi in (OMISSIS) s.n.c. di (OMISSIS) & C., la quale, a sua volta, aveva ceduto il contratto di locazione, ai sensi della norma gia’ richiamata, alla (OMISSIS) S.r.l. ed era stata poi sciolta senza messa in liquidazione e cancellata dal registro delle imprese in data 9 gennaio 2009 e i cui soci amministratori erano (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS).
Tranne (OMISSIS) S.r.l., in primo grado si costituirono tutti gli altri convenuti, eccependo il proprio difetto di legittimazione passiva, sostenendo la non sussistenza della loro responsabilita’ L. n. 392 del 1978, ex articolo 36 in quanto il contratto tra la locatrice e la conduttrice cedente (OMISSIS) s.n.c. era scaduto il (OMISSIS).
Con ordinanza del 27 marzo 2013 il Tribunale di Modena ordino’ il rilascio dell’immobile e dispose il mutamento del rito.
Nel corso del processo la ricorrente sostenne che, nel caso di cessione, qualora il locatore non avesse liberato il cedente – come nella specie -, il primo avrebbe potuto agire contro il secondo nel caso in cui il cessionario non avesse adempiuto le obbligazioni assunte e chiese, pertanto, che il Giudice adito, accertata la morosita’ della societa’ conduttrice e dei cedenti l’azienda, dichiarasse risolto il contratto di locazione, condannasse gli intimati al rilascio, nonche’ al pagamento della complessiva somma di Euro 46.043,65 a titolo di canoni non pagati.
I convenuti ribadirono l’eccezione di difetto di legittimazione passiva sul presupposto della scadenza del contratto alla data del (OMISSIS), essendo la morosita’ della nuova conduttrice riferibile al periodo successivo al 1 dicembre 2012.
Il Tribunale di Modena ritenne che: 1) nella fattispecie fosse decorso il periodo di dodici anni minimo previsto dalla L. n. 392 del 1978, con conseguente assoggettamento del contratto alla disciplina codicistica della locazione posta dall’articolo 1597 c.c.; 2) la rinnovazione tacita del contratto “si concretasse” nella conclusione di un nuovo contratto distinto dal precedente, estinto per scadenza del termine finale; 3) con la rinnovazione della locazione, quindi, il precedente negozio doveva ritenersi estinto; ad esso subentrava uno nuovo, con conseguente autonoma disciplina delle garanzie annesse al contratto estinto rispetto a quello rinnovato, ai sensi dell’articolo 1598 c.c..
In base a tali considerazioni il Tribunale dichiaro’ risolti i contratti di locazione per grave inadempimento del conduttore, condanno’ la (OMISSIS) S.r.l. a pagare alla locatrice i canoni non corrisposti, rigetto’ le domande proposte nei confronti di (OMISSIS) S.p.a., (OMISSIS) s.n.c. e nei confronti dei soci personalmente.
Avverso tale sentenza la (OMISSIS) S.p.a. propose appello, censurando, con l’unico motivo proposto, la sentenza impugnata per avere il Tribunale erroneamente interpretato la L. n. 392 del 1978, articoli 28 e 29 ritenendo che il rapporto obbligatorio sorto dopo il 1 agosto 2009 non avesse piu’ alcun effetto giuridico nei confronti del primo conduttore, compresa l’obbligazione solidale di cui all’articolo 36 della legge citata.
Gli appellati si costituirono concludendo per il rigetto del gravame.
La Corte di appello di Bologna, con sentenza pubblicata in data 25 maggio 2017, rigetto’ l’appello, compenso’ le spese di lite e dichiaro’ sussistenti i presupposti di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater.
Avverso la sentenza della Corte territoriale (OMISSIS) S.p.a. ha proposto ricorso per cassazione, basato su due motivi e illustrato da memoria.
(OMISSIS) S.p.a., (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) hanno resistito con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo si lamenta “violazione della L. n. 392 del 1978, articolo 36, comma 1, in relazione alla ritenuta estinzione della responsabilita’ del cedente a seguito della rinnovazione del contratto per mancata disdetta”.
Sostiene la societa’ ricorrente che la Corte di merito avrebbe “costruito un’interpretazione forzata e non rispondente al dato letterale” della L. n. 392 del 1978, articolo 36 nel ritenere che tale norma spiegherebbe effetto soltanto nell’ambito “dell’originario contratto” e non anche dopo la sua rinnovazione per mancata disdetta oltre i primi dodici anni, cosi’ inserendo una limitazione non indicata dal legislatore e violando la regola ermeneutica di cui all’articolo 12 preleggi, comma 1, secondo cui “nell’applicare la legge non si puo’ ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse…”.
Ad avviso della ricorrente, il dato letterale della norma in questione sarebbe chiarissimo e non apporrebbe limiti di sorta all’obbligazione del conduttore cedente, sicche’ ogni aggiunta sarebbe arbitraria ed illegittima e, peraltro, tali limiti non si rinverrebbero nella stessa giurisprudenza di legittimita’ e nella maggioritaria giurisprudenza di merito. Aggiunge la societa’ ricorrente che la Corte di merito sarebbe ben consapevole di cio’, come si evince dalla motivazione della sentenza impugnata, e che il preteso richiamo alla ratio dell’articolo 36 citato, in base al quale detta Corte avrebbe dichiarato di voler “revisionare l’interpretazione della norma”, sarebbe “solo apparente e di facciata”, in quanto, secondo la ricorrente, “il favor della circolazione dell’azienda, che pure evidentemente e’ sotteso alla disposizione citata nella parte in cui fa deroga al generale criterio delle cessioni dei contratti, non ha alcun aggancio, ne’ alcuna relazione con la (ritenuta dalla Corte bolognese) limitazione temporale dell’obbligazione del cedente”, ma “costituisce semplicemente… la ragione della suddetta deroga al regime ordinario delle cessioni, tale per cui si prescinde dal consenso del contraente ceduto, ed in contropartita di cio’… la Legge concede al contraente ceduto la garanzia del cedente”.
Deduce la ricorrente che “H motivo reale per cui, secondo, la Corte bolognese, l’orientamento della Corte di Cassazione andrebbe rivisto non e’ la ratio legis, bensi’, come poi emerge dalla lettura del prosieguo della motivazione nelle pag. 5-6, un motivo di “equa giustizia”, basata sul raffronto di pesi e contrappesi dei due soggetti in questione (locatore e conduttore cedente) nel prosieguo del rapporto locatizio”, evidenziando che “tutte queste valutazioni, pero’, sono soltanto compito del Legislatore, non del giudice (se non forse della Corte Costituzionale)”.
2. Con il secondo motivo, rubricato “violazione della L. n. 392 del 1978, articolo 28, comma 1, in relazione alla ritenuta costituzione di un nuovo rapporto contrattuale per effetto del mancato inoltro di disdetta”, la ricorrente deduce che la Corte territoriale avrebbe assunto che il contratto di locazione di immobile commerciale “durerebbe dodici anni, decorsi i quali si estinguerebbe e, in mancanza di inoltro della disdetta, tra locatrice e ultimo conduttore verrebbe stipulato un nuovo contratto, regolato dalle nuove condizioni scelte dalle nuove parti, tra cui, conseguentemente, non pero’ la garanzia del precedente conduttore perche’ riguardante il vecchio contratto estinto”. Siffatto ragionamento e la sua conclusione sarebbero, ad avviso della ricorrente, errati, in quanto “frutto di una non corretta applicazione del sistema di rinnovazione del contratto di locazione di immobili ad uso commerciale, quale e’ contemplato dalla L. n. 392 del 1978, articolo 28 che lo regola appunto in via speciale”. Secondo la ricorrente, la rinnovazione del contratto costituirebbe “un effetto automatico derivante direttamente dalla legge (non da una manifestazione di volonta’ negoziale), cui le parti soggiacciono ordinariamente, salvo che non manifestino una volonta’ contraria tramite la comunicazione della disdetta, la quale… si configura come fatto impeditivo,…, dell’effetto di automatica rinnovazione del contratto stabilito dalla legge. Se le parti non comunicano disdetta…nel termine indicato dalla legge), il contratto non scade e si produce l’effetto legale della “rinnovazione”, la quale… ben piu’ propriamente e’ una proroga, ossia una estensione della durata del contratto che, non essendo appunto scaduto, rimane esattamente quello di prima (non c’e’ nuovo contratto)”.
La ricorrente sostiene che, pertanto, “poiche’ a seguito del rinnovo(per mancata disdetta, il contratto stipulato dalla (OMISSIS) S.p.A. con la (OMISSIS) S.p.A. (ora (OMISSIS) S.p.A.) non si e’ estinto ma e’ proseguito con una prorogata scadenza, non vi sarebbe motivo per non ritenere, nel silenzio della legge, che neppure le obbligazioni di garanzia dei conduttori cedenti, parti qui intimate, si siano estinte ed anch’esse siano proseguite”.
3. I motivi proposti, i quali, essendo strettamente connessi, ben possono essere esaminati congiuntamente, sono fondati.
3.1. Va anzitutto evidenziato che, alla luce dell’unico motivo di appello riportato nella sentenza impugnata e dalle conclusioni rese con l’atto di appello riprodotte testualmente in ricorso (v. p. 7), e’ infondata l’eccezione di giudicato interno, proposta a p. 6 del controricorso, con riferimento all’affermazione della sentenza di primo grado secondo cui “la rinnovazione tacita del contratto si concreta nella conclusione di un nuovo contratto distinto dal precedente”.
3.2. Si osserva poi che la Corte territoriale non ha correttamente applicato l’articolo 36 citato e si e’ consapevolmente posta in contrasto con il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimita’ condiviso da questo Collegio e al quale va data continuita’ in questa sede – ai sensi del quale, in caso di cessione (o locazione) di azienda, con contestuale cessione del contratto di locazione dell’immobile nel quale l’azienda e’ esercitata, la disciplina recata dalla predetta norma (deviando in parte da quella generale di cui all’articolo 1408 c.c.) comporta che, se il locatore non puo’ opporsi alla sublocazione o alla cessione del contratto di locazione, unitamente alla cessione o locazione dell’azienda, tuttavia lo stesso puo’ contare sul protrarsi della responsabilita’ del cedente per il pagamento del canone, nel caso di inadempimento del cessionario, salvo che egli stesso dichiari espressamente di liberarlo(Cass. 30/09/2015, n. 19531).
Questa Corte ha pure affermato che, in caso di plurime cessioni a catena, caratterizzate ciascuna dalla dichiarazione di non liberazione dei distinti cedenti, si viene a configurare, tra tutti i cedenti “intermedi” del contratto stesso (compreso il primo), un vincolo di corresponsabilita’, rispetto al quale, in assenza di qualsivoglia limitazione ex lege, deve ritenersi normalmente applicabile la regola generale della presunzione di solidarieta’ (prevista dall’articolo 1294 c.c.), in virtu’ della quale tutti i cedenti (a loro volta cessionari) non liberati dal locatore risponderanno (a prescindere dal numero delle cessioni), in solido tra loro, dell’obbligazione inadempiuta dall’attuale conduttore (Cass. 20/04/2007), con la precisazione che, pertanto, la mera dilatazione temporale del vincolo obbligatorio per l’intervenuta rinnovazione tacita del contratto (come avviene, di solito, nelle plurime cessioni a catena) non e’ circostanza tale da sterilizzare l’operativita’ della L. n. 392 del 1978, articolo 36 (Cass. 30/09/2015, n. 19531; v. anche Cass. ord., 20/0372018, n. 6864), rimarcandosi che l’avvenuta rinnovazione tacita del contratto di locazione, in quanto tale, non comporta la nascita di un nuovo contratto ma solo la prosecuzione del precedente (Cass. ord., 12/11/2015, n. 23111) e tale ultima questione attiene al diritto e non ad un accertamento in fatto, come invece sostenuto di controricorrenti.
Si evidenzia, peraltro, che le argomentazioni, in base alle quali la Corte di merito ha ritenuto di voler superare il consolidato orientamento giurisprudenziale ribadito in questa sede, non risultano condivisibili, atteso che, se e’ pur vero che la ratio nella norma di cui all’articolo 36 piu’ volte citato e’ quella di agevolare il trasferimento di aziende esercenti la loro attivita’ in immobili condotti in locazione dall’imprenditore e di tutelare l’avviamento commerciale (con riferimento a tale ratio v. Cass. 19/01/2010, n. 685), va, tuttavia, ribadito che l’irrilevanza del consenso del locatore alla cessione che caratterizza l’istituto della cessione della locazione contestuale alla cessione dell’azienda, rendendo affatto peculiare l’intera fattispecie configurazione di plurime cessioni, ad un’opzione ermeneutica che risulti compatibile con una tutela “rafforzata” del soggetto ceduto al quale, in evidente spregio dei principi di successione nel debito, si nega la facolta’ di esprimere la propria volonta’ ed il proprio assenso;a tal proposito, percio’, deve ritenersi come legittima la configurabilita’ di una fattispecie di responsabilita’ cumulativa tra cessionari intermedi, poiche’ la patente violazione del generale principio della incedibilita’ delle posizioni passive del rapporto obbligatorio senza il consenso del contraente ceduto si giustifica solo alla luce di un adeguato “contrappeso” idoneo a riequilibrare l’intera vicenda contrattuale in fieri, per l’appunto realizzantesi attraverso il meccanismo della “cumulativita’ indeterminata” della responsabilita’ tra coobbligati (Cass. 20/04/2007, n. 9486).
3.3. Peraltro, nella specie, non e’ ipotizzabile – come, invece, paventato dalla Corte di merito – una responsabilita’ solidale del cedente sine die, stante la durata massima del contratto, che rimane ancorata alla generale disposizione di cui all’articolo 1573 c.c., secondo la quale sono consentite le locazioni sino a trent’anni (Cass. 26/04/2004, n. 7927; Cass. 31/01/2006, n. 2137), ne’ e’ assolutamente configurabile, difettandone i presupposti, una fideiussione “a vita” peraltro priva del consenso del fideiussore, come pure adombrato dalla Corte di appello.
3.4. Alla luce del consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimita’ sopra richiamato e delle argomentazioni che precedono, non si ritiene di trasmettere gli atti al Primo Presidente di questa Corte per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite della questione relativa “all’applicabilita’ o meno della garanzia di cui alla L. n. 392 del 1978, articolo 36 anche nelle ipotesi in cui la morosita’ del conduttore si verifichi dopo la scadenza naturale del contratto originario e dopo che detto contratto sia stato “rinnovato” con il solo intervento del locatore e dell’ultimo conduttore”, come richiesto, invece, dai controricorrenti.
4. Con riferimento, infine, all’eccezione di difetto di legittimazione passiva dei controricorrenti soci di (OMISSIS) s.n.c., basata sull’assunto che quest’ultima societa’ si sarebbe estinta gia’ nel 2008 e che i soci della stessa, evocati in giudizio personalmente, “pur se rispondono personalmente nei limiti del capitale, non devono essere ritenuti responsabili in solido per l’inadempimento di (OMISSIS) S.r.l. oltre la scadenza naturale del contratto”, si osserva che i predetti controricorrenti non avevano l’onere di riproporre al riguardo appello incidentale, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, in base al principio affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte, secondo cui la parte pienamente vittoriosa nel merito in primo grado, in ipotesi di gravame formulato dal soccombente, non ha l’onere di proporre appello incidentale per richiamare in discussione le proprie domande o eccezioni non accolte nella pronuncia, da intendersi come quelle che risultino superate o non esaminate perche’ assorbite; in tal caso la parte e’ soltanto tenuta a riproporle espressamente nel giudizio di appello o nel giudizio di cassazione in modo tale da manifestare la sua volonta’ di chiederne il riesame, al fine di evitare la presunzione di rinunzia derivante da un comportamento omissivo (Cass., sez. un., 25/05/2018, n. 13195).
Va, infatti, evidenziato che la stessa ricorrente ha dedotto (v. memoria p. 6) che tale questione e’ stata oggetto d discussione in appello in quanto proposta nella “comparsa di costituzione (OMISSIS)” e va rilevato che essa e’ stata, quindi, ritualmente riproposta in questa sede.
L’eccezione risulta pero’ infondata, tenuto conto che la stessa si basa sull’assunto, non condiviso da questa Corte, che nella specie si tratterebbe di inadempimento di (OMISSIS) S.r.l. oltre la scadenza naturale del contratto, il quale, invece, per quanto sopra evidenziato, deve ritenersi rinnovato, e tenuto altresi’ conto che la Corte di merito ha accertato che la cessione del contratto tra gli appellati in secondo grado e la (OMISSIS) S.r.l. (v. sentenza p. 5) e’ avvenuta in data 5 ottobre 2007, prima, quindi, dell’estinzione di (OMISSIS) s.n.c., sicche’ deve al riguardo farsi applicazione del principio, gia’ affermato da questa Corte e che va ribadito in questa sede, secondo cui dopo la riforma del diritto societario, attuata dal Decreto Legislativo n. 6 del 2003, qualora all’estinzione della societa’, di persone o di capitali, conseguente alla cancellazione dal registro delle imprese, non corrisponda il venir meno di ogni rapporto giuridico facente capo alla societa’ estinta, si determina un fenomeno di tipo successorio, in virtu’ del quale: a) l’obbligazione della societa’ non si estingue, cio’ che sacrificherebbe ingiustamente il diritto del creditore sociale, ma si trasferisce ai soci, i quali ne rispondono, nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente, a seconda che, “pendente societate”, fossero limitatamente o illimitatamente responsabili per i debiti sociali; b) i diritti e i beni non compresi nel bilancio di liquidazione della societa’ estinta si trasferiscono ai soci, in regime di contitolarita’ o comunione indivisa, con esclusione delle mere pretese, ancorche’ azionate o azionabili in giudizio, e dei crediti ancora incerti o illiquidi, la cui inclusione in detto bilancio avrebbe richiesto un’attivita’ ulteriore (giudiziale o extragiudiziale), il cui mancato espletamento da parte del liquidatore consente di ritenere che la societa’ vi abbia rinunciato, a favore di una piu’ rapida conclusione del procedimento estintivo (Cass., sez. un., 12/03/2013, n. 6070).
5. Il ricorso deve essere, pertanto, accolto; la sentenza impugnata va cassata e la causa va rinviata alla Corte di appello di Bologna, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimita’.
6. Stante l’accoglimento del ricorso, va dato atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di appello di Bologna, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimita’.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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