L’obbligazione alternativa e l’originario concorso di due o più prestazioni

Corte di Cassazione, civile, Sentenza|16 settembre 2024| n. 24819.

L’obbligazione alternativa e l’originario concorso di due o più prestazioni

L’obbligazione alternativa presuppone l’originario concorso di due o più prestazioni, in posizione di parità e dedotte in modo disgiuntivo, nessuna delle quali può essere adempiuta prima dell’indispensabile scelta di una di esse, rimessa alla volontà di una delle parti e che diventa irrevocabile con la dichiarazione comunicata alla controparte; l’obbligazione facoltativa, invece, ha ad oggetto una prestazione principale, unica e determinata fin dall’origine, nonché, accanto a questa, una prestazione facoltativa, dovuta in via subordinata e secondaria, ove venga preferita dal creditore stesso e costituisca quindi l’oggetto di una sua specifica ed univoca opzione, esercitabile fino al momento in cui non vi sia stato l’adempimento della prestazione principale.

 

Sentenza|16 settembre 2024| n. 24819. L’obbligazione alternativa e l’originario concorso di due o più prestazioni

Data udienza 4 luglio 2024

Integrale

Tag/parola chiave: Mutuo – Interpretazione del contratto – Giudizio di merito – Previsione della restituzione in natura – Configurabilità di un’obbligazione facoltativa – Adempimento rimesso alla scelta di una delle parti – Logicità della motivazione – Rigetto

REPUBBLICA ITALIANA

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

nel collegio così composto:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere

Dott. CAVALLINO Linalisa – Consigliere

Dott. TRAPUZZANO Cesare – Consigliere

Dott. CAPONI Remo – Consigliere Rel.

ha pronunciato la seguente
Sentenza

sul ricorso n. 14641/2021 proposto da:

Te.Ri. Srl, difesa dagli avvocati Ma.Sa. e Ma.De.;

– ricorrente –

contro

Autotrasporti Da. E C. Srl, difesa dall’avvocato St.Zo.;

– controricorrente –

Fallimento Autotrasporti Ce.Ge. Srl in liquidazione;

– intimato –

avverso la sentenza della Corte di appello di Venezia n. 888/2021 del 31/03/2021.

Ascoltata la relazione del consigliere Remo Caponi;

Ascoltate le osservazioni del Sostituto Procuratore Generale, Stefano Pepe, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

Ascoltati gli avvocati Ma.Sa. per la ricorrente e St.Zo. per la controricorrente.

L’obbligazione alternativa e l’originario concorso di due o più prestazioni

Fatti di causa

Nel 2012 Autotrasporti Ce.Ge. Srl ottiene dal Tribunale di Padova nei confronti di Te.Ri. Srl un decreto ingiuntivo di pagamento di Euro 500.000 per la restituzione del mutuo concesso sulla base di un contratto di finanziamento del 2009. In sede di opposizione al decreto, interviene il cessionario del credito Autotrasporti Da. E C. Srl e fa propria la posizione del creditore ingiungente (che ha chiesto il rigetto). L’opposizione è stata accolta in primo grado, poiché il Tribunale ritiene che sia simulato il carattere alternativo dell’obbligazione restitutoria (pecuniaria oppure in natura), mentre dissimulata è l’estinzione del finanziamento per mezzo della consegna di merce a condizioni usurarie. L’opposizione è rigettata in appello, con conferma del decreto ingiuntivo, poiché la Corte di appello ha ritenuto irrilevante il vantaggio usurario derivante dall’obbligazione facoltativa a fronte di quella principale di restituzione pecuniaria. Ricorre in cassazione l’ingiunto Te.Ri. con otto motivi, illustrati da memoria. Resiste l’interveniente Autotrasporti Da. con controricorso e memoria. Il Fallimento Autotrasporti Ce.Ge. Srl è rimasto intimato.

Ragioni della decisione

1. – Il primo motivo (p. 11) denuncia l’omesso esame dei fatti decisivi per la corretta individuazione giuridica del rapporto, cioè l’inquadramento di quest’ultimo in un rapporto più ampio ed articolato tra le parti. In particolare, si narra la crisi di liquidità in cui la ricorrente versava, il meccanismo degli anticipi su fattura, caratterizzante la modalità di esecuzione sia del contratto di finanziamento che degli altri rapporti contrattuali similari posti in essere tra la mutuataria e la mutuante, il ribasso dei prezzi di listino rispetto ai prezzi medi. Tale ribasso (pari al 50% al momento della stipula e al 46% al momento della scadenza) era imposto dalla mutuante, che poi rivendeva il materiale con un margine di guadagno.

Il secondo motivo (p. 16) denuncia l’erroneità della qualificazione del rapporto contrattuale come di mutuo e non come contratto atipico di finanziamento. La causa di quest’ultimo è di valorizzare, da un lato, l’interesse del mutuante a ottenere i materiali di cava ad un prezzo inferiore a quello di mercato; dall’altro, l’interesse del mutuatario ad avere liquidità immediata a fronte della restituzione in natura, per superare lo stato di crisi. Si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 1362 ss. c.c.

Il terzo motivo (p. 18) denuncia l’omesso esame dei fatti idonei a provare il carattere usurario del finanziamento, cioè che gli sconti ingenti accordati alla mutuante con l’obbligazione facoltativa, sono da qualificare come vantaggi usurari. Tra tali fatti: i prezzi medi di mercato, il tasso del finanziamento, il carattere dell’obbligazione di rimborso, lo stato di difficoltà economico-finanziaria.

L’obbligazione alternativa e l’originario concorso di due o più prestazioni

Il quarto motivo (p. 21) fa valere ex artt. 111 co. 6 cost., e 132 co. 2 n. 4 c.p.c. la sostanza del terzo motivo sotto il profilo della motivazione omessa o apparente.

Il quinto motivo (p. 22) denuncia che non si sia potuto provare per presunzioni la simulazione (cioè, che la prestazione alternativa è in realtà quella principale). Si deduce violazione degli artt. 1417 e 2729 c.c..

Il sesto motivo (p. 25) denuncia l’omesso esame dei fatti allegati dalla mutuataria per provare in via presuntiva il carattere usurario del finanziamento, quali l’esclusiva previsione della restituzione per equivalente per tutte le operazioni di finanziamento, le difficoltà finanziarie di Te.Ri., che le precludevano l’accesso al credito bancario, la restituzione in natura che, grazie ai prezzi fuori mercato pretesi dalla mutuante, assicurava a quest’ultima vantaggi esorbitanti, il saggio di interessi appena pari a quello legale dell’epoca, ovvero del 3%, tasso inverosimile per l’ipotesi alternativa di un rimborso in denaro che la profila come usuraria, la mancata previsione di rateazioni del debito per la restituzione in denaro, contrastante con la prassi e in contrasto con l’interesse della finanziatrice.

Il settimo motivo (p. 27) denuncia la non corretta qualificazione della obbligazione contrattuale di restituzione come facoltativa, anziché come alternativa. Si deduce violazione degli artt. 1362 ss. c.c., con conseguente violazione e falsa applicazione dell’art. 1285 cod. civ..

L’ottavo motivo denuncia che dall’errata qualificazione giuridica delle obbligazioni previste dal contratto è derivata la mancata applicazione alla fattispecie delle disposizioni di legge in materia di obbligazioni alternative, ex art. 1285 c.c. e, quindi, ex art. 1286 c.c..

2. – Al fine del migliore esame di ciascuno degli otto motivi, che sono tra di loro variamente interrelati, è opportuno riportare prima le clausole rilevanti del contratto del 2009 e poi i passi salienti della motivazione della sentenza. Art. 3: “La parte finanziata si obbliga a rimborsare il finanziamento entro e non oltre 24 mesi da oggi, maggiorato degli interessi al tasso indicato nel successivo articolo”. Art. 4: “Il tasso di interessi viene concordato nella misura del 3% a capitalizzazione semplice annua. In caso di inadempimento della parte finanziata in ordine al rimborso del finanziamento al termine stabilito al precedente art. 3, il debito produrrà, dal giorno della scadenza, interessi di mora a carico della parte finanziata al tasso del 5% in ragione di anno. Sugli interessi non è consentita la capitalizzazione periodica”. Art. 7: “È in facoltà della parte finanziata, a suo insindacabile giudizio, rimborsare in tutto od in parte il finanziamento mediante cessione alla parte finanziatrice di materiale inerte di cava, quale specificato nella tabella allegata sotto la lettera A al presente contratto, valorizzato ai prezzi ivi indicati. Tali prezzi, che si intendono franco cava, saranno maggiorati dell’Iva vigente. Sarà cura della parte finanziata comunicare con congruo anticipo alla parte finanziatrice l’intenzione di effettuare il rimborso in natura, nonché le quantità di materiale che sarà di volta in volta consegnato e concordando nell’occasione le modalità di consegna della merce”.

L’obbligazione alternativa e l’originario concorso di due o più prestazioni

Nella parte censurata della sentenza (p. 8 ss.) si argomenta all’inizio: “le parti hanno concluso un contratto di mutuo dal quale nasceva una unica obbligazione principale, rappresentata dalla restituzione della somma ricevuta, maggiorata degli interessi pari al 3%. La previsione della possibilità di un rimborso in natura rendeva quell’unica prestazione principale suscettibile di essere assolta mediante l’esercizio di una facoltà alternativa, rimessa all’insindacabile scelta della parte finanziata”. Si descrive poi la differenza tra obbligazione alternativa ed obbligazione con facoltà alternativa e si conferma che la facoltà di cui all’art. 7 del contratto del 2009 “rientra senz’altro in quest’ultima categoria specie se si considera che l’unica obbligazione esigibile da parte del creditore, in caso di inadempimento, è quella principale di restituzione della somma erogata a mutuo”. Si prosegue così: “l’analisi sul vantaggio usurario che sarebbe potuto derivare alla Autotrasporti Ce.Ge. dall’adempimento del contratto del 2009 qualora Te.Ri. avesse esercitato la facoltà prevista dall’art. 7 è del tutto irrilevante, dovendosi fare riferimento all’obbligazione principale in relazione alla quale la consulenza tecnica ha escluso profili di usura”. Si critica l’impostazione seguita dalla sentenza impugnata poiché deduce il fondamento dell’usura nel raffronto tra la percentuale di sconto e la soglia di usura, raffronto “fallace in quanto presuppone una semplicistica operazione di conversione dello sconto in interesse senza tener conto della diversa natura non sovrapponibile dei due elementi in comparazione”. Si esclude poi che la “facoltà alternativa prevista nel contratto rappresenti l’obbligazione realmente voluta dalle parti in via principale, simulatamente celata dalla obbligazione restitutoria tipica del mutuo, in quanto non è fornita alcuna controdichiarazione”. La Corte critica inoltre il primo giudice anche perché ha effettuato una valutazione “astratta, fondata sulla congettura della immodificabilità di una prassi che fa riferimento alla complessità dei rapporti tra le parti contraenti senza considerare che il titolo in base al quale era stato ottenuto il decreto ingiuntivo era unicamente il contratto di mutuo del 2009, senza possibilità di interferenza con il diverso accordo di anticipazione delle fatture, oggetto di diversa causa”. La Corte conclude la parte saliente dell’argomentazione adducendo che: “non solo non risulta che Te.Ri. abbia esercitato la facoltà prevista dalla clausola n. 7, ma nemmeno che le anticipazioni eseguite sulle forniture siano correlate al mutuo in esame posto che dalle fatture emesse in conseguenza della consegna del materiale non si trae alcun collegamento. Del resto, che l’erogazione della somma a mutuo costituisca un rapporto diverso rispetto al rapporto di fornitura tra le stesse parti, non deriva soltanto dal titolo rappresentato dal contratto 3/11/2009…, ma anche dal fatto che il rapporto definito dalle parti ‘anticipo su fatture è stato oggetto di un diverso contenzioso”.

3. – Passando all’esame dei motivi, il primo e il secondo motivo sono da esaminare congiuntamente in quanto connessi.

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Essi non sono ammissibili.

La Corte di appello (p. 8-11, riportate nel precedente paragrafo) ha qualificato il contratto in questione come di mutuo, attribuendo coerentemente rilievo alla dazione della somma e alla pattuizione, con obbligazione facoltativa, della restituzione. Nel denunciare l’omesso esame degli altri contratti intervenuti tra le parti, la ricorrente sovrappone indebitamente il proprio apprezzamento della situazione giuridicamente rilevante a quello in senso contrario che il giudice ha espresso in una motivazione che non presta il fianco a censure in sede di giudizio di legittimità.

Infatti, tale motivazione non viola i canoni legali di ermeneutica contrattuale ex artt. 1362 e ss. c.c., così come concretizzati dalla giurisprudenza di legittimità, che esclude che la censura possa risolversi semplicemente nella proposta di una interpretazione diversa dell’atto negoziale (cfr. Cass. 10554/2010), né si espone alla censura di omesso esame di fatto decisivo che ha da avere come oggetto un preciso evento storico, non già semplicemente questioni o argomentazioni (Cass. 1704/2024). Depongono in questo senso anche le osservazioni del P.M.

4. – Il terzo, il quarto, il quinto e il sesto motivo sono interrelati e possono esaminarsi contestualmente.

La prospettiva di accoglimento del terzo motivo è decisivamente minata, per tacer d’altro, dalla considerazione che non si può dedurre l’usura equiparando la percentuale di sconto alla soglia di usura, poiché ciò equivarrebbe ad equiparare semplicisticamente l’entità dello sconto all’interesse, omettendo di tener conto della diversa natura dei due elementi in comparazione (ciò è stato riconosciuto anche in sede penale nel giudizio che ha visto imputato di usura il controricorrente).

Quanto al quarto motivo, esso è infondato poiché (come si può desumere da una rilettura del paragrafo n. 2), la motivazione è effettiva, risoluta e coerente e quindi rispetta il minimo costituzionale (nel senso concretizzato da Cass. SU 8053/2014).

Il quinto motivo è infondato poiché la Corte (in aggiunta alla considerazione richiamata nel rigettare il terzo motivo) ha accreditato il difetto di prova della compressione della libertà negoziale della ricorrente (p. 9), cosicché ha escluso con riferimento all’obbligazione facoltativa, il ricorrere di una pattuizione illecita. Ne segue la non applicabilità del combinato disposto di cui agli artt. 1417 e 2729 c.c..

Il sesto motivo è da disattendere poiché non sussiste l’omesso esame di fatti decisivi, ma vi è piuttosto il tentativo di sovrapporne l’apprezzamento di parte a quello che la Corte ha espresso in una motivazione che si sottrae a censure in sede di legittimità.

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Il terzo, il quarto, il quinto e il sesto motivo sono rigettati.

5. – Il settimo e l’ottavo motivo possono esaminarsi congiuntamente poiché entrambi fanno perno sulla denuncia della non corretta qualificazione della obbligazione contrattuale di restituzione del mutuo in natura come facoltativa anziché come alternativa.

Essi non sono fondati.

La Corte di merito ha correttamente interpretato la volontà delle parti nel senso che esse hanno dedotto la restituzione del mutuo in natura come oggetto di una obbligazione facoltativa.

Infatti, l’obbligazione è alternativa se il rapporto obbligatorio ha ad oggetto due o più prestazioni, dedotte in posizione di parità e in modo disgiunto, cosicché non si può dare adempimento prima della scelta di una di esse, rimessa alla volontà di una delle parti. L’obbligazione si qualifica invece come facoltativa se il rapporto obbligatorio ha ad oggetto una prestazione unica e determinata (obbligazione principale), nonché una prestazione dedotta solo in via subordinata e secondaria (obbligazione facoltativa), il cui adempimento è rimesso alla scelta di una delle parti, facoltà di scelta fin quando il debitore non abbia eseguito la prestazione principale (cfr. tra le altre Cass. 17512/2011 e 10853/2000).

Come detto, l’art. 3 del contratto dispone: “La parte finanziata si obbliga a rimborsare il finanziamento entro e non oltre 24 mesi da oggi, maggiorato degli interessi al tasso indicato nel successivo articolo”. L’art. 7 del contratto prevede: “È in facoltà della parte finanziata, a suo insindacabile giudizio, rimborsare in tutto od in parte il finanziamento mediante cessione alla parte finanziatrice di materiale inerte di cava, quale specificato nella tabella allegata sotto la lettera A al presente contratto, valorizzato ai prezzi ivi indicati…. Sarà cura della parte finanziata comunicare con congruo anticipo alla parte finanziatrice l’intenzione di effettuare il rimborso in natura, nonché le quantità di materiale che sarà di volta in volta consegnato e concordando nell’occasione le modalità di consegna della merce”.

Alla luce della distinzione tra obbligazioni alternative e facoltative, della quale si sono delineati nel penultimo capoverso i tratti rilevanti per la decisione, e del riesame delle clausole contrattuali, non si espone a censure l’interpretazione della volontà delle parti secondo cui la facoltà di cui all’art. 7 del contratto del 2009 rientra nella categoria delle obbligazioni facoltative, considerato anche che “l’unica obbligazione esigibile da parte del creditore, in caso di inadempimento, è quella principale di restituzione della somma erogata a mutuo”.

Il settimo e l’ottavo motivo sono rigettati.

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6. – Il ricorso è rigettato. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

Inoltre, ai sensi dell’art. 13 co. 1-quater D.P.R. 115/2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera della parte ricorrente, di un’ulteriore somma pari a quella prevista per il ricorso a titolo di contributo unificato a norma dell’art. 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al rimborso delle spese del presente giudizio in favore della parte controricorrente, che liquida in Euro 10.000, oltre a Euro 200 per esborsi, alle spese generali, pari al 15% sui compensi e agli accessori di legge.

Sussistono i presupposti processuali per il versamento, ad opera della parte ricorrente, di un’ulteriore somma pari a quella prevista per il ricorso a titolo di contributo unificato, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 4 luglio 2024.

Depositata in Cancelleria il 16 settembre 2024.

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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