Corte di Cassazione, sezione sesta civile, Ordinanza 9 ottobre 2018, n. 24794.
La massima estrapolata:
Lo studio associato non può essere escluso dall’ammissione al credito per inadempimento del titolare che come sindaco unico della società fallita non ha vigilato e sollecitato l’organo di gestione per chiedere subito il fallimento, se manca la prova del danno arrecato alla società e ai creditori.
Ordinanza 9 ottobre 2018, n. 24794
Data udienza 17 aprile 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CRISTIANO Magda – Presidente
Dott. MARULLI Marco – Consigliere
Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere
Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere
Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 12462-2017 proposto da:
FALLIMENTO (OMISSIS) SRL, in persona del Curatore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
STUDIO (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso il decreto del TRIBUNALE di PARMA, depositato il 06/04/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 17/04/2018 dal Consigliere Dott. ALDO ANGELO DOLMETTA.
FATTO E DIRITTO
1.- Lo studio associato (OMISSIS) ha presentato domanda di ammissione al passivo del fallimento della s.r.l. (OMISSIS) per un credito derivante dall’attivita’ svolta da (OMISSIS) quale sindaco unico della societa’ poi fallita. Il curatore fallimentare ha proposto il rigetto della domanda, per non avere il sindaco “vigilato e sollecitato l’organo di gestione a proporre da subito istanza di autofallimento”.
Il giudice delegato ha escluso il credito, esprimendo in proposito due rilievi: “il curatore ha sollevato eccezione di inadempimento dei doveri gravanti sull’organo di controllo”; “nella specie l’onere della prova e’ regolato dal principio espresso in Cass. SS.UU. n. 13533/2001” (nel caso sia sollevata eccezione di inadempimento ex articolo 1460 cod. civ., “il debitore eccipiente si limitera’ ad allegare l’altrui inadempimento e il creditore agente dovra’ dimostrare il proprio adempimento”).
2.- Il Tribunale di Parma ha invece accolto l’opposizione all’esclusione presentata dallo studio associato. Ha osservato, in particolare, che “trattasi all’evidenza di motivazione assolutamente insufficiente, considerato che in ogni caso pur in modo succinto, secondo la previsione di cui all’articolo 96 legge fall., si sarebbero dovuti comunque indicare pur sommariamente gli inadempimenti del (OMISSIS) ai suoi doveri di controllo tali da determinare un danno per la societa’ e idonei, come tali, a paralizzare la pretesa azionata dal professionista”; e “che l’evidenziato difetto di idonea allegazione preclude la possibilita’ di una idonea opposizione al decreto opposto”, considerato che ai sensi della vigente disciplina della legge fallimentare “”il ricorso in opposizione deve contenere a pena di decadenza… l’indicazione specifica dei mezzi di prova di cui il ricorrente intende avvalersi””.
Il Tribunale, rilevato inoltre che “non vi e’ contestazione ne’ sulla esecuzione delle prestazioni svolte ne’ sulla congruita’ dell’importo richiesto”, ha ammesso il credito preteso dello studio associato come da domanda.
3.- Il Fallimento della s.r.l. (OMISSIS) ricorre ora avverso il decreto emesso dal Tribunale di Parma, svolgendo tre motivi per la sua cassazione.
Resiste lo studio associato con controricorso.
Entrambe le parti hanno anche depositato memorie ex articolo 380 bis cod. proc. civ..
4. Con il primo motivo il Fallimento ricorrente assume che il Tribunale e’ “incorso in violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 1460 cod. civ.”. Perche’ ha ritenuto occorresse l'”indicazione, nel decreto di rigetto del giudice delegato, di una condotta dell’organo di controllo foriera di danno verso la societa’ fallita”.
In realta’, la disposizione dell’articolo 1460 cod. civ. “non richiede affatto la necessaria indicazione di una condotta generatrice di danno che risulti tenuta dal contraente inadempiente”: “tale requisito – si viene anzi a precisare – risulta estraneo alla eccezione di inadempimento”.
A conforto di tali assunti, il Fallimento richiama – nel prosieguo dello svolgimento del motivo – piu’ precedenti di questa Corte, in addizione a quello gia’ segnalato nel provvedimento del giudice delegato (Cass., SS.UU. n. 13533/2001).
5.- Il primo motivo non merita di essere accolto.
Esso soffre di un oggettivo difetto di prospettiva, la’ dove pretende di prendere in considerazione il punto dell’eccezione di inadempimento, e della distribuzione di oneri probatori che alla proposizione di tale eccezione consegue, in termini del tutto astratti dalla fattispecie processuale in cui la stessa e’ stata in concreto invocata.
In effetti, il Tribunale non si e’ occupato della figura dell’eccezione di inadempimento in quanto tale. Si e’ preoccupato, piuttosto, dei contenuti del provvedimento assunto dal giudice delegato, per il suo essere calato nel contesto specifico del procedimento di verifica del passivo fallimentare di cui agli articoli 92 ss. legge fall..
E ha ritenuto che, rispetto a un contesto di questo genere, non possa dirsi rispettoso del disposto dell’articolo 96, comma 1, legge fall. un provvedimento di esclusione che si limiti a richiamare l’eccezione di inadempimento proposta dal curatore, senza indicare – almeno “sommariamente” – i fatti di inadempimento che nel concreto sarebbero stati imputati al creditore escluso.
6.- Ricondotta all’ambito che propriamente le compete, la decisione del Tribunale risulta senz’altro corretta. Che’ a pensare diversamente rimarrebbe conculcato, come mette esattamente in evidenza lo stesso decreto impugnato, il diritto di difesa del creditore opponente.
Infatti, secondo la vigente versione dell’articolo 99, comma 2, legge fall. il ricorso in opposizione deve tra l’altro contenere: “l’esposizione dei fatti e degli elementi di diritto su cui si basa l’impugnazione” (n. 3); “a pena di decadenza, le eccezioni processuali e di merito non rilevabili d’ufficio, nonche’ l’indicazione specifica dei mezzi di prova di cui il ricorrente intende avvalersi e dei documenti prodotti” (n. 4; sulla rilevabilita’ di ufficio della decadenza di cui a questa norma v. Cass., 21 luglio 2016, n. 15037).
Non v’e’ dubbio che – per non essere effettuata alla cieca l’esplicazione di tali attivita’ di necessita’ supponga la conoscenza dei fatti di inadempimento nel concreto imputati.
7.- Anche il secondo motivo denunzia vizio di violazione di legge: in particolare, della norma dell’articolo 2697 cod. civ..
Ad avviso del Fallimento, dunque, il “Tribunale ha accolto l’opposizione e ha ammesso il credito unicamente per la ritenuta erroneita’ del decreto di rigetto” del giudice delegato. Tuttavia, “anche a seguito della riforma della legge fallimentare del 2006/2007 la ritenuta mancanza o insufficienza della motivazione del decreto di rigetto reso in fase di verifica non integra autonoma ragione di ammissione in sede di opposizione allo stato passivo”.
Al creditore incombe pur sempre di dare la prova del diritto, di cui sta chiedendo l’insinuazione. Per contro, “nel caso di specie e’ mancato il diretto riesame delle situazioni fatte valere con la domanda di ammissione al passivo”. Anzi, il “credito e’ stato ammesso al passivo senza alcuna istruttoria”, puntualizza ancora il Fallimento.
Che pure segnala come all’indicazione dei fatti d’inadempimento segnalati in sede di formazione dello stato passivo ex articolo 95, comma 1, legge fall. (questo il testo completo della relativa proposta: “si propone il rigetto per non avere vigilato e sollecitato l’organo di gestione a proporre da subito istanza di autofallimento, nonostante la conclamata incapacita’ di pagare perfino i tributi di minore importo e nonostante la palese incapacita’ di accesso al credito suggellata nell’ipoteca giudiziale di (OMISSIS) e (OMISSIS) sin da epoca nettamente anteriore al fallimento”) abbia pure aggiunto, in sede di opposizione, una serie di indicazioni ulteriori (“inerzia dell’opponente di fronte alla nullita’ dell’atto di accollo di debito”; “omesso controllo sulle perizie del geometra (OMISSIS)”; “assenza di iniziative rispetto ai contratti in conflitto di interessi”).
8.- Il secondo motivo non merita di essere accolto.
Esso trascura propriamente di considerare che il Tribunale ha fondato il provvedimento di ammissione su una specifica, concreta motivazione, rappresentata dalla constatazione che il Fallimento non ha contestato ne’ l'”esecuzione delle prestazioni” da parte del sindaco (OMISSIS), ne’ la “congruita’ dell’importo richiesto” (il testo compiuto di questo passo motivo e’ trascritto sopra, nell’ultimo capoverso del n. 2).
9.- Non puo’ ritenersi, d’altra parte, che la correttezza della constatazione operata dal Tribunale rimanga “impedita” dalla proposizione dell’eccezione di inadempimento svolta dal Fallimento o che, comunque, in questa constatazione si annidi una violazione delle regole dell’onere della prova.
Non si deve dimenticare, invero, che il credito al compenso fatto valere dallo studio associato e’ corrispettivo di una prestazione di facere professionale (lo svolgimento, per l’appunto, dell’attivita’ di sindaco nella s.r.l. (OMISSIS) di poi fallita). Rispetto a una prestazione di simile struttura, il giudizio circa il suo (in)adempimento si articola naturalmente lungo due distinte direttrici: il fatto del concreto compimento di quest’attivita’ in se’ stessa (della sua “esecuzione”, secondo l’espressione del Tribunale); l’averla compiuta secondo il canone della diligenza professionale prescritta.
Tutte le censure di inadempimento formulate nella specie dal Fallimento riguardano il secondo profilo, non gia’ il primo.
Ne’ puo’ ipotizzarsi che, secondo le regole dell’onere della prova, incomba al debitore della prestazione di facere dimostrare di avere agito con la prescritta diligenza: perche’ cio’ avvenga si rende necessaria, in realta’, un’apposita previsione di legge (secondo quanto avviene, ad esempio, nella norma dell’articolo 23, comma 6, TUF).
Stando ai principi del sistema, l’allegazione di un comportamento negligente, secondo quanto espresso appunto dalla proposizione di un’eccezione di inadempimento, si manifesta per se’ come un fatto modificativo del diritto al compenso del creditore; con prova che, in quanto tale, si pone a carico dell’eccipiente ex articolo 2697 c.c., comma 2.
Rispetto alla fattispecie concretamente in esame e’ da rilevare, piuttosto, come il meccanismo delineato dalla norma dell’articolo 96, comma 2, legge fall. precluda senz’altro la possibilita’ di introdurre ex novo un’eccezione di inadempimento nel giudizio di opposizione (sul carattere comunque impugnatorio del procedimento di opposizione allo stato passivo si vedano, da ultimo, le pronunce di Cass., 30 novembre 2016, n. 24489, e di Cass., 11 maggio 2016, n. 9617).
10.- Il terzo motivo di ricorso denunzia vizio di omesso esame, ai sensi dell’articolo 360 cod. proc. civ., n. 5.
Secondo il Fallimento, il “fatto storico”, di cui all’omesso esame, sta nella “circostanza o condotta omissiva indicata dal curatore nella sua proposta di rigetto formulata nel progetto di stato passivo” (per il testo della proposta v. nel precedente n. 7). “Il carattere di fatto decisivo discende”, poi, “dalla rilevanza che la trascritta omissione assume ai fini dell’adempimento dei doveri dell’organo di controllo”. “La discussione fra le parti del fatto decisivo” – si segnala altresi’ – “risulta dagli atti processuali del giudizio di opposizione a stato passivo e della fase di verifica”.
11.- Il motivo non merita di essere accolto.
Per meglio illustrarne le ragioni, appare opportuno muovere dall’osservazione che questo motivo risulta leggibile secondo due differenti maniere.
La prima e’ che il Tribunale abbia propriamente trascurato il fatto che il curatore ha presentato, nella sede della formazione dello stato passivo, un’eccezione di inadempimento come causa di esclusione dl credito del sindaco. Il che, peraltro, sicuramente non corrisponde al vero, posto che il decreto impugnato rileva espressamente come il credito non sia stato ammesso “per avere il curatore sollevato eccezione di inadempimento”.
Maggiore attenzione richiede l’altra alternativa proponibile, per cui il motivo esprimerebbe invece l’idea che il provvedimento del giudice delegato si sia in qualche modo “appoggiato” sui concreti contenuti dell’eccezione del curatore, svolgendo cosi’ una sorta di motivazione per relationem, che sarebbe poi passata inosservata al vaglio del Tribunale.
12.- Nel regime originario della legge fallimentare (il cui articolo 95, comma 1 disponeva che il giudice delegato dovesse esporre “sommariamente i motivi dell’esclusione totale o parziale” dei crediti), la sentenza di Cass., 11 dicembre 2003, n. 18935 ha ritenuto che l’onere motivazionale in questione puo’ ritenersi soddisfatto “anche quando sia desumibile, implicitamente, dal mero richiamo alle ragioni dell’opposizione del curatore, che, per essere state esplicitate in una serie di ipotesi contestative della pretese vantata” dal creditore – non conta se espresse in forma assertiva o dubitativa, una volta che il giudice… di esse dando atto, ad esse ha riferito le ragioni della esclusione del credito -, consentivano al creditore di esercitare le appropriate e specifiche difese in sede di opposizione”.
Ora, non puo’ darsi del tutto per scontato che anche il regime vigente, che pure si accontenta di una motivazione “succinta” (per l’accoglimento, non meno che per l’esclusione, peraltro), consenta davvero – come l’originario – una motivazione indiretta ovvero di rinvio: dato se non altro il fatto che il regime immediatamente precedente, e intermedio tra il primo e l’attuale (e che e’ rimasto in vigore tra il 2006 e il 2007), si basava sul diverso principio della succinta motivazione per il caso “sussista contestazione da parte del curatore sulla domanda proposta”. In questa sede non occorre, peraltro, affrontare un problema di simile portata.
Dal tenore della richiamata pronuncia di Cass. n. 18935/2003 emerge invero che – per ritenere adeguata, nella procedura di verifica dello stato passivo, una motivazione di rinvio comunque occorre, da un lato, la specificita’ delle contestazioni mosse dal curatore e, dall’altro, l’univocita’ del rinvio ad esse operato dal giudice delegato: di modo che, comunque, resti pienamente assicurato il diritto di difesa del creditore.
Nel caso qui concretamente in esame, se le contestazioni formulate dal curatore nella proposta ex articolo 95 legge fall. appaiono solo parzialmente specifiche (con rifermento, cioe’, alla sola promozione di una richiesta di fallimento in proprio), per nulla indicativo si manifesta invece il decreto emesso dal giudice delegato.
Questo, se richiama l’eccezione di inadempimento sollevata dal curatore, non ne richiama pero’ le ragioni; e soprattutto motiva l’esclusione del credito per il mezzo della trascrizione di uno stralcio della sentenza di Cass., SS.UU., n. 13533/2011 (cfr. sopra, nel n. 1): cosi’ a significare che l’esclusione segue semplicemente alla distribuzione dell’onere probatorio ritenuto connesso alla nuda proposizione di una qualunque eccezione di inadempimento (e dunque in via indipendente dalle ragioni poste a fondamento del merito della stessa).
13.- In conclusione, il ricorso dev’essere respinto. Le spese seguono la regola della soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte respinge il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida nella misura di Euro 2.400,00 (di cui Euro 100 per esborsi).
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, in ragione dello stesso articolo 13, comma 1 bis.
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