Nel caso di interventi edilizi, tali da comportare modifiche significative alla struttura e alla sagoma del manufatto preesistente è necessaria la presentazione di una istanza di rilascio del permesso di costruire

Consiglio di Stato, sezione sesta, Sentenza 22 ottobre 2018, n. 6020.

La massima estrapolata:

Nel caso di interventi edilizi, tali da comportare modifiche significative alla struttura e alla sagoma del manufatto preesistente è necessaria la presentazione di una istanza di rilascio del permesso di costruire venendo in considerazione una fattispecie di variazione essenziale ex art. 32 del D.P.R. n. 380 del 2001, con conseguente legittimità dell’ordine di demolizione dell’opera edilizia non assistita da titolo edilizio.

Sentenza 22 ottobre 2018, n. 6020

Data udienza 18 ottobre 2018

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale

Sezione Sesta

ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7499 del 2013, proposto da
Comune di (omissis), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Br. Sa., con domicilio eletto presso lo studio Gi. Co. in Roma, via (…);
contro
Gi. Be. non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte Sezione Seconda n. 00214/2013, resa tra le parti, concernente determinazione sanzione pecuniaria per sanatoria edilizia
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 18 ottobre 2018 il Cons. Davide Ponte e uditi per le parti gli avvocati Sa. Lo. in dichiarata delega dell’avv. Br. Sa.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con l’appello in esame il Comune odierna parte appellante impugnava la sentenza n. 214 del 2013 con cui il Tar Piemonte aveva accolto l’originario gravame. Quest’ultimo era stato proposto dall’odierna parte appellata, in qualità di proprietario dell’immobile in questione realizzato dal suo dante causa, al fine di ottenere l’annullamento del provvedimento a firma del Responsabile dell’Area Tecnica del Comune di (omissis) n. 81 del 22 agosto 2011, nella parte in cui veniva stabilita l’oblazione dovuta ai sensi dell’art. 36 del D.P.R. 6/6/2001, n. 380 – pari ad euro 219.931,22 – per la sanatoria edilizia richiesta in relazione all’edificazione di un fabbricato avente volume inferiore a quello assentito.
Nel ricostruire in fatto e nei documenti la vicenda, parte appellante proponeva i seguenti motivi di appello:
– violazione dell’art. 36 cit., per erroneità dei presupposti applicati dal Tar, in relazione alla presunta assenza di mutamento del carico urbanistico;
– errata rappresentazione dell’abuso oggetto di accertamento di conformità e conseguente ulteriore violazione dell’art. 36 cit., in quanto l’immobile risulta eseguito in totale difformità dalla licenza edilizia n. 32 del 1999.
La parte appellata non si costituiva in giudizio.
Alla pubblica udienza del 18\10\2018 la causa passava in decisione.

DIRITTO

1. L’appello è fondato sotto entrambi i profili dedotti.
2.1 In primo luogo la sentenza erra nella lettura della norma di riferimento. Infatti, i relativi richiami, contenuti nella pronuncia appellata, riguardano specificamente l’ordinario contributo di costruzione e non l’oblazione dovuta, ordinariamente nel doppio della somma, in caso di accertamento di conformità .
In linea generale va ribadito che l’obbligazione pecuniaria del pagamento dell’oblazione conseguente al provvedimento di rilascio del titolo edilizio in sanatoria si configura come del tutto accessoria e conseguenziale rispetto all’atto autoritativo con il quale è stata valutata la conformità dell’intervento edilizio nel contesto delle condizioni normativamente contemplate per l’emissione dell’atto che ne dispone la sanatoria (cfr. ad es. Consiglio di Stato sez. IV 24 febbraio 2011 n. 1235).
Pertanto, parimenti non corretta è la conseguenza che il Tar trae dall’utilizzo del mero riferimento all’ordinario contributo di costruzione; infatti, la norma in tema di accertamento di conformità non ricollega in alcun modo la debenza dell’oblazione a tale parametro né al mero aumento di carico urbanistico.
Per quanto di interesse ai fini di causa la norma prevede: “1. In caso di interventi realizzati in assenza di permesso di costruire, o in difformità da esso,… il responsabile dell’abuso, o l’attuale proprietario dell’immobile, possono ottenere il permesso in sanatoria se l’intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda. 2. Il rilascio del permesso in sanatoria è subordinato al pagamento, a titolo di oblazione, del contributo di costruzione in misura doppia, ovvero, in caso di gratuità a norma di legge, in misura pari a quella prevista dall’articolo 16. Nell’ipotesi di intervento realizzato in parziale difformità, l’oblazione è calcolata con riferimento alla parte di opera difforme dal permesso.”
Invero, oltre ai precedenti giurisprudenziali richiamati nell’ambito del primo motivo di appello e condivisi dal Collegio (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 7 novembre 2003, n. 7108 e) 6 maggio 2003 n. 2375), la diversa natura e fondamento dell’oblazione emerge anche dalla semplice constatazione della relativa spettanza anche in caso di intervento gratuito, cioè un caso per il quale non è dovuto l’ordinario costo di costruzione.
2.2 In secondo luogo, anche in linea di fatto i presupposti della decisione di accoglimento di prime cure appaiono errati, nei termini compiutamente dedotti con il secondo motivo di appello; nel caso di specie, infatti, la contestazione riguarda non un caso di realizzazione di un mero volume inferiore rispetto a quanto in precedenza autorizzato, avendo il Comune accertato una serie di modifiche tali da qualificare l’abuso in termini di variazione essenziale.
Le accertate modifiche contengono altresì una diversa destinazione d’uso di una parte rilevante dell’immobile, in quanto il paino destinato ad esercizi commerciali risulta in concreto destinato a residenza, con conseguente evidente mutamento, in aumento, del carico urbanistico.
Ciò emerge con chiarezza dagli atti di causa: trattasi di intervento non solo – e non tanto – di minor cubatura, avendo dato vita ad una variazione essenziale rispetto al progetto approvato per mutamento di destinazione d’uso (piano terreno da negozi a residenza), mutamento di sagoma e di superfici utili, nonché traslazione che emerge dalle tavole di sovrapposizione (in specie tavola n. 9 prospetto sud ovest e tavole seguenti).
Invero, la sentenza appellata neppure si è data carico di contestare e riqualificare la valutazione delle difformità contenute nel provvedimento impugnato in termini di variazione essenziale
Anzi, la sentenza dà per assodato – in termini altresì del tutto incoerenti con le evidenti risultanze di causa – che non vi sia mutamento di destinazione d’uso ma, erroneamente, solo una diminuzione del volume rispetto a quello assentito.
Da un attento esame della documentazione in atti nonché della diversa prospettazione delle parti, emerge invece come la fattispecie in esame sia connotata da elementi diversi e più complessi di quanto considerato dal Tar.
Infatti, il presupposto a base della determinazione in contestazione si fonda proprio sulla qualificazione dell’intervento in termini di variazione essenziale, desunta dal rilevante mutamento di destinazione d’uso in parte qua (piano terreno da negozi a residenza), rilevante mutamento della sagoma e delle superfici utili. Emerge altresì una parziale traslazione del manufatto; ciò trova ulteriore conferma dalla relazione tecnica di parte prodotta in primo grado (deposito in data 12\12\2011) e neppure citata dal Tar, in cui si dà atto che le modifiche sono imputabili anche alla lite coi confinanti.
2.3 A fini di completezza occorre verificare la congruità della valutazione svolta dal Comune in termini di variazione essenziale e non esaminata dal Tar.
Sul punto, in linea di fatto l’esame della documentazione in atti, già sopra riassunta, conferma la sussistenza degli elementi contestati, concernenti il mutamento di destinazione d’uso del piano terreno, da commerciale a residenziale, il mutamento della sagoma e delle superfici utili, oltre ad una parziale traslazione.
In linea di diritto va ribadito che nel caso di interventi edilizi, tali da comportare modifiche significative alla struttura e alla sagoma del manufatto preesistente è necessaria la presentazione di una istanza di rilascio del permesso di costruire venendo in considerazione una fattispecie di variazione essenziale ex art. 32 del D.P.R. n. 380 del 2001, con conseguente legittimità dell’ordine di demolizione dell’opera edilizia non assistita da titolo edilizio (cfr. ad es. Consiglio di Stato sez. VI 23 novembre 2017 n. 5473 e 30 marzo 2017 n. 1484).
Nel caso di specie le modifiche attengono ad elementi non solo particolari ma anche essenziali, con specifico riferimento alla destinazione di parte dell’immobile da commerciale a residenziale, rilevante anche a fronte del contesto limitrofo al centro della cittadina, alla diversa sagoma e collocazione ed al rilevante mutamento delle superfici utili, come emerge dal confronto del relativo calcolo della licenza originaria (mq 311 di superficie coperta e 504 a parcheggio) rispetto all’accertamento di conformità (piano terra mq 222,90, piano primo 259,80, piano terzo 130,13 e 114,87, e 104 sottotetto).
In definitiva, coerentemente al principio appena ricordato, vi sono modifiche significative, come lo spostamento e soprattutto il mutamento di destinazione d’uso di una parte rilevante, nonché la consistente modifica della sagoma del manufatto progettato ed assentito, oltre che delle superfici.
3. Alla luce delle considerazioni che precedono l’appello è fondato e va accolto; per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, va respinto il ricorso di primo grado.
Sussistono giunti motivi per procedere alla compensazione delle spese di lite del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Sesta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, respinge il ricorso di primo grado.
Spese del doppio grado di giudizio compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 ottobre 2018 con l’intervento dei magistrati:
Sergio Santoro – Presidente
Diego Sabatino – Consigliere
Bernhard Lageder – Consigliere
Vincenzo Lopilato – Consigliere
Davide Ponte – Consigliere, Estensore

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