Reato di bancarotta per distrazione e non preferenziale per il socio amministratore di una spa che preleva dalle casse sociali somme a suo dire corrispondenti a crediti da lui vantati, senza indicare elementi di valutazione

Corte di Cassazione, sezione quinta penale, Sentenza 9 ottobre 2018, n. 45296.

La massima estrapolata:

Reato di bancarotta per distrazione e non preferenziale per il socio amministratore di una spa che preleva dalle casse sociali somme a suo dire corrispondenti a crediti da lui vantati, senza indicare elementi di valutazione, come ad esempio gli orari osservati, gli emolumenti riconosciuti a precedenti amministratori o a quelli di società dello stesso settore o i risultati raggiunti.

Sentenza 9 ottobre 2018, n. 45296

Data udienza 20 giugno 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ZAZA Carlo – Presidente

Dott. CAPUTO Angelo – Consigliere

Dott. TUDINO Alessandrin – Consigliere

Dott. SCORDAMAGLIA Irene – rel. Consigliere

Dott. MOROSINI Elisabetta – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS) nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 23/02/2017 della CORTE APPELLO di TRIESTE;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere IRENE SCORDAMAGLIA;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore FODARONI MARIA GIUSEPPINA;
Il Proc. Gen. conclude per il rigetto.
udito il difensore.

RITENUTO IN FATTO

1. (OMISSIS) e’ stato condannato dal Tribunale di Udine in data 7 ottobre 2014 per il delitto di cui all’articolo 216 L.F., per avere, da amministratore di diritto fino al 22 luglio 2010 e di fatto nel periodo successivo – della (OMISSIS) S.r.l., dichiarata fallita il (OMISSIS), posto in essere condotte distrattive del patrimonio sociale, incassando, tra il giugno e il luglio 2009, la somma di Euro 26.000,00, corrispostagli a titolo di compensi dovuti all’amministratore e prelevando dalla casse sociali la somma di Euro 30.000,00, che destinava fittiziamente alla (OMISSIS) S.r.l., a titolo di estinzione di un debito nei confronti di questa (per l’ammontare di Euro 13.000,00) e a titolo di pagamento di consulenze professionali (per l’ammontare di Euro 17.000,00). La Corte di appello di Trieste, con la sentenza impugnata, ha confermato la decisione di primo grado in punto di riconoscimento della responsabilita’ e l’ha riformata, in accoglimento dell’appello del Procuratore Generale, in punto di trattamento sanzionatorio eliminando le concesse circostanze attenuanti generiche.
2. Il ricorso per cassazione, sottoscritto dai difensori dell’imputato, e’ affidato a tre motivi, che deducono:
2.1. il vizio argomentativo da contraddittorieta’ della motivazione, sul rilievo che, quanto alla somma di Euro 26.000,00 erogata nell’estate 2009 all’imputato a titolo di compensi dell’amministratore, il dato decisivo per discernerne la legittimita’ o meno non era rappresentato dall’esistenza di un titolo documentale che ne fungesse da principio di giustificazione (una delibera assembleare, una delega conferitagli ad hoc, un contratto), quanto, piuttosto, dall’effettivo espletamento di attivita’ in favore della societa’, posto che, ove queste fossero state realmente poste in essere, i pagamenti percepiti a titolo di remunerazione si sarebbero dovuti sussumere nella fattispecie di bancarotta preferenziale;
2.2. il vizio argomentativo da illogicita’ della motivazione e da travisamento della prova, posto che: quanto alla somma di Euro 17.000,00 – pagata dalla (OMISSIS) alla (OMISSIS) a saldo di fatture per consulenze professionali espletate dalla seconda nei confronti della prima – la condotta distrattiva era da addebitare alla (OMISSIS) che aveva girato la somma ricevuta dalla (OMISSIS) allo studio (OMISSIS); quanto alla somma di Euro 13.000,00 – pagata dalla (OMISSIS) alla (OMISSIS) ad estinzione di una partita di debito effettivamente esistente, come confermato dal Curatore fallimentare nelle sue dichiarazioni dibattimentali – non poteva ridondare in danno dell’imputato la circostanza che nelle scritture della (OMISSIS) la partita di credito nei confronti della (OMISSIS) non fosse stata chiusa, con la conseguenza che era da considerare meramente congetturale la spiegazione di tale mancata corrispondenza delle annotazioni contabili delle due societa’ fornita dalla Corte territoriale;
2.3. il vizio argomentativo riguardante la statuizione di revoca delle circostanze attenuanti generiche.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso e’ inammissibile.
1. Il primo motivo pecca di genericita’. Il giudice censurato, dopo avere passato in rassegna l’ampia congerie di elementi di fatto raccolti nel dibattimento, ha ritenuto che l’erogazione in favore dell’imputato, nei mesi di giugno e luglio 2009, della somma Euro 26.000,00 a titolo di compensi dovuti all’amministratore costituisse la prosecuzione di un “trend” di versamenti pecuniari che negli anni precedenti avevano trovato giustificazione in consulenze professionali di tipo amministrativo espletate dall’imputato medesimo nei confronti della (OMISSIS) S.r.l.. A fondamento di tale enunciazione valutativa lo stesso giudice ha posto una serie di dati di sicuro valore euristico: il file estratto dal server della societa’ fallita che documentava il suggerimento – poi accolto nella Delib. 31 marzo 2009 -, fornito dal commercialista della compagine, di formare un atto decisionale assembleare con il quale si stabiliva di corrispondere all’amministratore un compenso annuo (fissato proprio nella misura di Euro 26.000,00) allo scopo di rendere piu’ credibili i successivi versamenti di denaro nei confronti del (OMISSIS); l’ulteriore file, del 29 giugno 2010, di conferimento all’imputato dell’incarico di supervisore e controllore generale del cantiere relativo alla realizzazione di villette a schiera, riferibile al nuovo amministratore (OMISSIS), ancorche’ questi fosse stato nominato soltanto in data successiva al 22 luglio 2010; l’assenza di contratti o di disciplinari che valessero a specificare il tipo di prestazioni effettivamente erogate dal (OMISSIS) nei confronti della societa’ da lui amministrata; l’espletamento di consulenze amministrative da parte della (OMISSIS) riguardanti l’opera in via di realizzazione da parte della (OMISSIS). Dagli elencati risultati del procedimento probatorio, con giudizio condotto secondo le regole della logica plausibilita’, la Corte di merito ha tratto il convincimento che il (OMISSIS), nel corso degli anni, avesse distolto a proprio vantaggio dalla garanzia dei creditori della (OMISSIS) S.r.l. alcune delle componenti del patrimonio della societa’, escogitando titoli di giustificazione degli esborsi di denaro in suo favore sotto forma di remunerazione (ora come compenso di consulenze amministrative, ora come compenso dovuto all’amministratore) di attivita’ sostanzialmente mai prestate. Poiche’, invero, per un verso, e’ inibita alla Corte di legittimita’ la rilettura in chiave alternativa degli elementi di fatto posti a corredo della decisione di merito; per altro verso, il ricorrente non si e’ neppure confrontato criticamente con il tenore della decisione medesima e, percio’, non ha indicato quali dati probatori sarebbero stati idonei a dar conto delle specifiche attivita’ espletate dall’amministratore, la doglianza sul punto e’ irricevibile.
Nondimeno e’ pure manifestamente infondata la censura diretta ad una riqualificazione della condotta in disamina nei termini del delitto di bancarotta preferenziale, posto che, non potendosi mettere in discussione in questa sede l’artificiosita’ della delibera assembleare del 31 marzo 2009 che aveva autorizzato l’erogazione di un compenso all’amministratore e la misura dello stesso e, del pari, non essendoci la prova delle concrete e specifiche attivita’ prestate dall’amministratore, deve trovare applicazione il principio di diritto secondo il quale: “Commette il reato di bancarotta per distrazione e non quello di bancarotta preferenziale il socio amministratore di una societa’ di capitali che preleva dalle casse sociali somme asseritamente corrispondenti a crediti da lui vantati per il lavoro prestato nell’interesse della societa’, senza l’indicazione di dati ed elementi di confronto che ne consentano un’adeguata valutazione, quali, ad esempio, gli impegni orari osservati, gli emolumenti riconosciuti a precedenti amministratori o a quelli di societa’ del medesimo settore, i risultati raggiunti (Sez. 5, n. 49509 del 19/07/2017, Allia, Rv. 271464; Sez. 5, n. 17792 del 23/02/2017, Rv. 269639).
2. Il secondo motivo deduce vizi non consentiti nel giudizio di legittimita’. La Corte territoriale ha compiutamente indicato gli elementi di prova che avevano consentito al primo giudice di ritenere che il versamento effettuato dal (OMISSIS), in rappresentanza della (OMISSIS) – della quale egli non era piu’ neppure amministratore – in favore della (OMISSIS) della somma di Euro 17.000,00 a titolo di fatture per consulenze professionali fosse, in realta’, destinato alla sua persona e servisse a camuffare indebiti esborsi di somme di denaro: le anomalie riscontrate nelle fatture emesse dalla (OMISSIS); la sostanziale inesistenza del credito vantato dalla (OMISSIS) nei confronti della (OMISSIS); il giroconto della somma dalla (OMISSIS) allo Studio (OMISSIS). Poiche’ tali dati sono stati riesaminati dal giudice di appello con giudizio improntato alla logica plausibilita’, la motivazione che rende ragione della valutazione compiuta e’ insindacabile in questa sede.
Del pari incensurabile e’ l’apparato argomentativo posto a sostegno della conferma della riconduzione dell’esborso della somma di Euro 13.000,00 da parte della (OMISSIS) nei confronti della (OMISSIS) a titolo di restituzione di una precedente anticipazione finanziaria effettivamente ricevuta. Con la giustificazione complessivamente fornita dalla Corte territoriale, invero, il ricorrente non si confronta e non adduce alcun serio argomento in grado di disarticolare il ragionamento sviluppato dal giudice censurato: poiche’ e’ rimasto dimostrato che anche la (OMISSIS) era societa’ a lui riconducibile, il deducente (OMISSIS), a fronte della prova offerta dell’accusa circa la non corrispondenza tra l’annotazione di estinzione della partita debitoria nei confronti della (OMISSIS) contenuta nelle scritture contabili della (OMISSIS) e l’annotazione di permanenza della partita creditoria nei confronti della (OMISSIS) nelle scritture contabili della (OMISSIS), avrebbe dovuto fornire elementi in grado di spiegare tale incontestata disconnessione.
3. Del tutto aspecifico e’ il motivo che attinge il diniego di concessione delle circostanze attenuanti generiche. A fronte della motivazione “rafforzata” spesa sul punto dalla Corte territoriale – che non ha lesinato riferimenti alla spregiudicatezza dimostrata dall’imputato nel porre a segno il proprio disegno di spoliazione della societa’ fallita, utilizzando la propria competenza professionale, cosi’ dando prova di notevole capacita’ criminale, gia’ dimostrata, peraltro, in precedenti occasioni come registrato dalle condanne riportate per delitti contro il patrimonio – il ricorrente ha, infatti, laconicamente invocato la scarsa offensivita’ dei fatti: donde l’inidoneita’ del rilievo a rappresentare una valida ragione di impugnazione.
4. Le suesposte argomentazioni importano la declaratoria di inammissibilita’ del ricorso e la condanna della ricorrente al pagamento delle spese di procedimento e della somma di Euro 2.000,00 a favore della Cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese di procedimento e della somma di Euro 2.000,00 a favore della Cassa delle ammende.

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