Corte di Cassazione, sezione seconda civile, Ordinanza 10 ottobre 2018, n. 24965.
La massima estrapolata:
L’ingiuria grave richiesta dall’articolo 801 c.c. quale presupposto necessario per la revocabilita’ di una donazione per ingratitudine, pur mutuando dal diritto penale la sua natura di offesa all’onore ed al decoro della persona, si caratterizza per la manifestazione esteriore del comportamento del donatario, che deve dimostrare un durevole sentimento di disistima delle qualita’ morali del donante e mancare rispetto alla dignita’ del donante L’ingiuria deve, pertanto, essere espressione di radicata e profonda avversione o di perversa animosita’ verso il donante. Il comportamento del donante va valutato non solo sotto il profilo oggettivo, ma anche nella sua potenzialita’ offensiva del patrimonio morale del donante, perche’ espressamente rivolta a ledere la sua sfera morale, tale da essere contraria a quel senso di riconoscenza che, secondo la coscienza comune, dovrebbero improntare l’atteggiamento del donatario. Si tratta, evidentemente di una formula aperta ai mutamenti dei costumi sociali, il cui discrimine e’ segnato dalla ripugnanza che detto comportamento suscita nella coscienza sociale (La relazione extraconiugale intrattenuta dal coniuge donatario costituisce ingiuria grave solo se ad essa si accompagni un atteggiamento di disistima ed avversione da parte del donante).
Ordinanza 10 ottobre 2018, n. 24965
Data udienza 27 aprile 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Felice – Presidente
Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere
Dott. FEDERICO Guido – Consigliere
Dott. PICARONI Elisa – Consigliere
Dott. GIANNACCARI Rossana – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 370-2013 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS);
– intimati –
avverso la sentenza n. 705/2012 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 17/01/2012;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 27/04/2018 dal Consigliere ROSSANA GIANNACCARI;
lette le considerazioni del P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CAPASSO Lucio che ha concluso per rigetto del ricorso.
FATTO
Con atto di citazione notificato il 21.7.2005, (OMISSIS) citava in giudizio (OMISSIS) chiedendo la revoca della donazione indiretta, avente ad oggetto un appartamento sito in (OMISSIS) per ingratitudine della donataria. Esponeva di aver contratto matrimonio con (OMISSIS) il (OMISSIS) e di aver acquistato l’immobile poco prima del matrimonio, pagando interamente il prezzo ed intestandolo alla medesima. Soggiungeva che nel 2004 la moglie aveva intrattenuto una relazione sentimentale extraconiugale, tenendo comportamenti ingiuriosi nei suoi confronti.
Il Tribunale di Milano rigettava la domanda; la decisione veniva confermata con sentenza della Corte d’Appello di Milano del 17.1- 4.2.2012.
Per la cassazione propone ricorso il (OMISSIS) affidato ad un unico motivo; la (OMISSIS) e’ rimasta intimata.
Il Procuratore Generale, nella persona del dott. Lucio Capasso, ha chiesto il rigetto del ricorso.
DIRITTO
Con l’unico motivo di ricorso si allega la violazione e falsa applicazione dell’articolo 801 c.p.c. e l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione. Il ricorrente deduce l’erronea decisione della corte milanese, che non ha ravvisato l’ingiuria grave in una serie di comportamenti tenuti dalla (OMISSIS) nei suoi confronti, consistiti in due relazioni extraconiugali, nelle sue affermazioni in pubblico di “tenere in mano” il marito ed in una serie di episodi emersi nelle prove testimoniali acquisite nel giudizio di separazione e confermati dalla teste (OMISSIS). Si tratterebbe, secondo il ricorrente, non di un solo comportamento ma di una pluralita’ di episodi in cui (OMISSIS) avrebbe manifestato, anche pubblicamente, disistima, avversione ed irriconoscenza verso il donatario, offendendone la dignita’. Inoltre, la corte territoriale avrebbe errato nel non ravvisare l’ingiuria grave nella successiva relazione adulterina tenuta con il (OMISSIS) (OMISSIS), che venne accompagnata da grande risonanza mediatica, con pregiudizio all’onore del ricorrente, che ancora coabitava con la moglie nonostante la separazione di fatto.
Il motivo non e’ fondato ne’ sotto il profilo della violazione di legge ne’ sotto quello della insufficiente e contraddittoria motivazione.
L’ingiuria grave richiesta dall’articolo 801 c.c. quale presupposto necessario per la revocabilita’ di una donazione per ingratitudine, pur mutuando dal diritto penale la sua natura di offesa all’onore ed al decoro della persona, si caratterizza per la manifestazione esteriore del comportamento del donatario, che deve dimostrare un durevole sentimento di disistima delle qualita’ morali del donante e mancare rispetto alla dignita’ del donante (Cassazione civile, sez. 2, 24/06/2008, n. 17188; Cassazione civile, sez. 2, 31/10/2016, n. 22013) L’ingiuria deve, pertanto, essere espressione di radicata e profonda avversione o di perversa animosita’ verso il donante.
Il comportamento del donante va valutato non solo sotto il profilo oggettivo, ma anche nella sua potenzialita’ offensiva del patrimonio morale del donante, perche’ espressamente rivolta a ledere la sua sfera morale, tale da essere contraria a quel senso di riconoscenza che, secondo la coscienza comune, dovrebbero improntare l’atteggiamento del donatario.
Si tratta, evidentemente di una formula aperta ai mutamenti dei costumi sociali, il cui discrimine e’ segnato dalla ripugnanza che detto comportamento suscita nella coscienza sociale.
La relazione extraconiugale intrattenuta dal coniuge donatario costituisce ingiuria grave solo se ad essa si accompagna un atteggiamento di disistima ed avversione da parte del donante.
La corte territoriale ha fatto corretta applicazione di tale principio, accertando,
sulla base delle risultanze istruttorie, una relazione della (OMISSIS) con il (OMISSIS), peraltro riscontrata con contorni vaghi ed imprecisi. La successiva relazione extraconiugale con (OMISSIS), non solo sarebbe iniziata nel periodo in cui i coniugi erano separati di fatto, ma aveva avuto una risonanza mediatica a causa della notorieta’ del nuovo compagno. Tanto bastava ad escludere che l’infedelta’ della donataria nascesse da un sentimento di avversione e di disprezzo nei confronti del (OMISSIS), tanto da ripugnare la coscienza comune. Come correttamente evidenziato dalla corte milanese, il comportamento della (OMISSIS) era rilevante ad altri fini, quale l’accertamento dell’addebito, ma non incideva sull’onore ed il decoro del (OMISSIS).
Ne’ puo’ costituire espressione di avversione ed animosita’ l’espressione utilizzata dalla (OMISSIS) di “tenere in mano” il marito.
Quanto all’omessa valutazione di altri elementi probatori da cui sarebbe emerso un comportamento di manifesta ingratitudine, il ricorso e’ privo di specificita’ poiche’ fa riferimento a dichiarazioni testimoniali rese nel giudizio di separazione, che, da un lato, non risulta siano state acquisite come prove nel giudizio di merito, dall’altro non sono riportate integralmente ma solo per stralci, in violazione dell’articolo 366 c.p.c. (Cassazione civile, sez. un., 07/11/2013, n. 25038; Cassazione civile, sez. un., 03/11/2011, n. 22726; Cassazione civile, sez. un., 25/03/2010, n. 7161).
Ne’, puo’ assumere rilievo l’omessa valutazione delle dichiarazioni della teste (OMISSIS), in considerazione degli altri elementi istruttori su cui si e’ fondata la decisione della corte territoriale.
Questa Corte ha piu’ volte affermato che, qualora con il ricorso per cassazione venga dedotta l’incongruita’ o illogicita’ della motivazione della sentenza impugnata per l’asserita mancata valutazione delle risultanze processuali, e’ necessario, al fine di consentire al giudice di legittimita’ il controllo della decisivita’ della risultanza non valutata (o insufficientemente valutata), che il ricorrente precisi – mediante integrale trascrizione della medesima nel ricorso – la risultanza che egli asserisce decisiva non valutata o non sufficientemente valutata, dato che solo tale specificazione consente alla Corte, alla quale e’ precluso l’esame diretto degli atti di causa, di delibare la decisivita’ della risultanza stessa. La motivazione omessa o insufficiente e’ configurabile soltanto qualora dal ragionamento del giudice di merito, come risultante dalla sentenza impugnata, emerga la totale obliterazione di elementi che potrebbero condurre ad una diversa decisione, ovvero quando sia evincibile l’obiettiva carenza, nel complesso della medesima sentenza, del procedimento logico che lo ha indotto, sulla base degli elementi acquisiti, al suo convincimento, ma non gia’ quando, invece, vi sia difformita’ rispetto alle attese ed alle deduzioni della parte ricorrente sul valore e sul significato dal primo attribuiti agli elementi delibati, risolvendosi, altrimenti, il motivo di ricorso in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento di quest’ultimo tesa all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, certamente estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione (Sez. U, Sentenza n. 24148 del 25/10/2013; Cass. 4.3.2014, n. 4980).
Anche qualora le deposizioni testimoniali esaminate dalla Corte di Cassazione comportino valutazioni ed apprezzamenti di fatto, quali la maggiore o minore attendibilita’ dei testi, suffragata da non illogici argomenti, ovvero presunzioni ex articolo 2727 c.c., il motivo e’ inammissibile, in particolare ove si chieda una valutazione delle deposizioni prese singolarmente e non gia’ in maniera complessiva (Cass., Sez. L, sentenza n. 15205 del 3 luglio 2014, Rv. 631686; Cass., Sez. L, sentenza n. 25608 del 14 novembre 2013, Rv. 628787; Cass., Sez. U, sentenza n. 24148 del 25 ottobre 2013, Rv. 627790).
Il ricorso va pertanto rigettato.
Le spese di lite seguono la soccombenza e vanno liquidate in dispositivo.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese di lite che liquida in Euro 6000,00 di cui Euro 200,00 per esborsi oltre accessori di legge nella misura del 15%, iva e cap come per legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13
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