L’evento non è imputabile all’imprenditore solo se…

Consiglio di Stato, Sezione terza, Sentenza 14 gennaio 2020, n. 336

La massima estrapolata:

L’evento non è imputabile all’imprenditore solo in presenza di un avvenimento sottratto ad ogni possibile iniziativa del medesimo datore di lavoro, compresa l’adozione di rimedi preventivi atti a contrastarli o di rimedi risarcitori atti, ex post, a compensarli.

Sentenza 14 gennaio 2020, n. 336

Data udienza 28 novembre 2019

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Terza
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1766 del 2019, proposto da
-OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli Avvocati Ma. Di Lu. e Th. Ma., con domicilio digitale come da PEC indicata in atti;
contro
Inps, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli Avvocati An. Co., Ma. Sf., Vi. Tr. e Vi. St., domiciliataria ex lege in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio Sezione Terza n. -OMISSIS-, resa tra le parti, con la quale era dichiarato irricevibile il ricorso proposto per l’annullamento:
del provvedimento n. -OMISSIS- dell’INPS – Roma del 5 gennaio 2017 di diniego della domanda di concessione dell’assegno ordinario di integrazione salariale di cui all’art. 30, d.lgs. n. 148 del 2015, presentata in data 30 agosto 2016;
del silenzio rigetto formatori in data 14 settembre in conseguenza della mancata pronunzia del comitato amministratore del FIS presso la Direzione Generale dell’INPS-Roma entro il termine di 90 gg. dalla proposizione del ricorso del 16 giugno 2017 avverso il provvedimento di diniego;
di ogni altro provvedimento comunque presupposto, conseguenziale e connesso;
nonché per la declaratoria del diritto della società ricorrente al riconoscimento della concessione dell’ine integrazioni salariali richieste e all’emissione da parte dell’INPS dei relativi provvedimenti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Inps;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 28 novembre 2019 il Cons. Solveig Cogliani e uditi per le parti gli Avvocati Ma. Di Lu. e Vi. St.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

I – Con il ricorso indicato in appello, la Società istante – premesso di essere una società che svolge attività nel campo della ristorazione – espone che, già in un contesto di crisi economica internazionale, in data -OMISSIS- 2016 era divampato un incendio nel quale perdeva la vita un suo dipendente. A seguito di tale episodio era costretta a sospendere temporaneamente l’attività . Riusciva tuttavia a scongiurare i licenziamenti in un primo momento distaccando alcuni dipendenti presso altre aziende e poi attraverso l’ammissione al trattamento di cassa integrazione straordinaria in deroga per il periodo tra il 7 giugno 2016 ed il 31 agosto 2016 per 15 risorse. Successivamente in data 30 agosto 2016, nell’imminenza della scadenza del trattamento predetto, l’appellante presentava all’INPS domanda di concessione di assegno ordinario di integrazione salariale di cui all’art. 30, d.lgs. n. 148 del 2015 per “crisi aziendale per evento improvviso ed imprevisto”. A seguito del diniego del 5 gennaio 2017 motivato in ragione della ritenuta insussistenza dell’escludibilità dell’imputabilità al datore di lavoro, proponeva ricorso amministrativo e, al maturarsi del silenzio rigetto il ricorso giurisdizionale dinanzi al Tribunale amministrativo regionale del Lazio. Il giudice di prime cure riteneva irricevibile il ricorso poiché considerava che il ricorso amministrativo era stato presentato oltre termine di trenta giorni di cui all’art. 2, d.P.R. n. 119/1971, discendendone la tardività del successivo ricorso giurisdizionale.
Invoca in questa sede la Società appellante, in primo luogo l’errore in iudicando per la mancata concessione dell’errore scusabile in considerazione dell’indicazione della ricorribilità nel termine di 90 giorni, sia in calce al procedimento impugnato, che sul sito dell’INPS.
Con il secondo ordine di motivi, la Società riproporne i motivi non esaminati in primo grado:
1 – eccesso di potere per difformità della motivazione del rigetto rispetto alla causale indicata nella domanda, violazione di legge ed in particolare degli artt. 11, 21 e 30 d.lgs. n. 148 del 2015; in quanto l’ente avrebbe motivato in ordine all’imputabilità del datore di lavoro come se l’istante avesse fatto richiesta per “situazioni aziendali dovute a eventi transitori e non imputabili all’impresa o ai dipendenti”;
2 – eccesso di poter per sviamento della funzione in quanto l’INPS avrebbe dovuto, in ogni caso, dimostrare l’imputabilità di quanto accaduto;
3 – eccesso di potere per travisamento dei fatti, violazione di legge ed in particolare dell’art. 2087 c.c. e dell’art. 589 c.p. poiché in ogni caso sarebbe da escludersi ogni responsabilità in capo al datore di lavoro per i fatti occorsi in data -OMISSIS- 2016;
4 – eccesso di potere per ingiustizia grave e manifesta; violazione del principio di proporzionalità per la mancata considerazione degli interessi coinvolti.
Si è costituito l’INPS, che ha ribadito le proprie ragioni, evidenziando i dati emersi in occasione dell’incidente e l’ampia discrezionalità tecnica nella valutazione delle domande.
A seguito di ulteriori memoria e memoria in replica, la causa è stata trattenuta in decisione all’udienza del 28 novembre 2019.
II – In via preliminare, ritiene il Collegio che, anche in presenza di omessa o errata indicazione dei termini per proporre ricorso, il giudice amministrativo rimane libero di valutare caso per caso se, alla luce delle circostanze concrete, l’irregolarità commessa dalla pubblica amministrazione abbia portato al maturare di una situazione di errore scusabile tale per cui risulta possibile una rimessione in termini rispetto al termine già decorso (in termini, Sez. VI, 16 aprile 2012 n° 2139)
Nel caso di specie, obiettivamente sia l’indicazione contenuta nel provvedimento gravato sia quella presente sul sito dell’amministrazione erano tali da poter condurre in errore la parte.
III – Tuttavia, l’appello deve essere respinto nel merito, con diversa motivazione.
IV – La prima censura contenuta nel secondo ordine di motivi si fonda – nella prospettazione di aperte appellante – sulla distinzione tra la causale “crisi aziendale per evento improvviso ed imprevisto”, sostanzialmente riconducibile alle dinamiche di mercato, riconosciute dal legislatore quale costo da poter addossare alla collettività, e le “situazioni aziendali dovute a eventi transitori e non imputabili all’impresa o ai dipendenti”, rispetto alle quali, erroneamente l’ente invece avrebbe svolto la valutazione ai fini del diniego e dell’individuazione della sussistenza di un’imputabilità al datore di lavoro.
Orbene, tale ragionamento non convince.
Alla luce della giurisprudenza di questa Sezione, infatti (cfr. sentenza 9 agosto 2017, n. 3987) deve evidenziarsi che in entrambi i casi non può escludersi la necessità di un’indagine in ordine all’estraneità del datore di lavoro alla causa della crisi.
Quanto alle “situazioni aziendali dovute ad eventi transitori e non imputabili all’imprenditore ed agli operai”, la giurisprudenza ha infatti precisato che esse devono intendersi tutti i fatti connessi all’attività produttiva ma indipendenti dalla reale volontà dell’imprenditore, che posseggano, quindi, il carattere della imprevedibilità e dell’indipendenza dagli ordinari meccanismi della gestione imprenditoriale; ciò significa che l’accesso alla CIG ordinaria è precluso anche nei casi in cui possa comunque essere collegata a fatti che rientrano nella normale alea d’impresa, ovvero a fatti che non sfuggono “al dominio, secondo l’ordinaria diligenza, di chi organizza i fattori d’impresa”, ovvero siano riconducibili alla “erroneità delle scelte imprenditoriali”.
Quanto all’altra fattispecie, che considera le contrazioni o sospensioni dell’attività determinate da situazioni temporanee di mercato, anch’essa tuttavia sottende la totale estraneità dell’imprenditore alla sospensione/riduzione dell’attività produttiva, che deve risultare causalmente ascrivibile solo a temporanee congiunture economiche che interessino lo specifico settore di attività della impresa che chiede di accedere alla cassa integrazione e che pertanto deve coinvolgere la generalità delle imprese del settore medesimo.
Ciò non si è verificato – secondo la stessa ricostruzione dei fatti contenuta in appello e nel succedersi delle domande da parte dell’imprenditore – laddove la contrazione del mercato è strettamente connessa all’incendio sopra riferito.
Sulla base di tali premesse, discende che il provvedimento impugnato, motivando il diniego della integrazione salariale con la imputabilità al datore di lavoro, appare corretto.
La stessa Corte Costituzionale ha evidenziato, con la sentenza n. 439/1991, che se va esclusa una limitazione dei presupposti utili all’ammissione alla CIG alla causa di forza maggiore, non per questo risulta irrilevante la condotta dell’impresa. Anzi, come affermato dalla Sezione nella richiamata sentenza, la Corte ha implicitamente dato rilevanza al presupposto che la riduzione della domanda e dell’attività aziendale non sia imputabile all’impresa, laddove ha sottolineato espressamente la necessità che l’impresa abbia osservato la normale diligenza.
IV – Infine, quanto al secondo ordine di censure, ed al terzo, strettamente connesso, va richiamato l’orientamento di questo Consiglio che ha evidenziato che “l’evento non è imputabile all’imprenditore solo in presenza di un avvenimento sottratto ad ogni possibile iniziativa del medesimo datore di lavoro, compresa l’adozione di rimedi preventivi atti a contrastarli o di rimedi risarcitori atti, ex post, a compensarli” (C.d.S., sez. III, 14 gennaio 2019, n. 327).
Non è così nel caso che occupa: proprio sulla base di quanto dettagliatamente esposto da parte appellata – ed al di là dell’accertamento della responsabilità penale – la decisione dell’INPS appare tutt’altro che illogica, in quanto fondata sul dato della allocazione delle bombole di gpl sotto il livello del suolo ai sensi della riferita norma UNI 7131/99, di cui al d.m. 4 dicembre 2000.
Ciò, pur in assenza di accertamento dei profili di colpevolezza – relativi al decesso del dipendente – può costituire oggetto di autonoma valutazione da parte dell’INPS per la richiesta oggetto di contenzioso.
V – Ne discende che nessuna ulteriore comparazione degli interessi doveva essere svolta dall’Inps, avendo già il legislatore considerato di poter far assumere alla collettività il carico delle particolari condizioni di crisi solo ove non siano in alcun modo collegabili alla condotta datoriale.
VI – Per quanto sin qui ritenuto, l’appello deve essere respinto e, per l’effetto, deve essere confermata la sentenza n. -OMISSIS-, seppure con diversa motivazione.
VI – In virtù del principio di soccombenza, la parte appellante deve essere condannata al pagamento delle spese del presente grado di giudizio, che sono determinate in complessivi euro 2000,00 (duemila,00) da liquidarsi a favore dell’INPS.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Terza, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza n. -OMISSIS-, seppure con diversa motivazione.
Condanna la parte appellante al pagamento delle spese del presente grado di giudizio, che sono determinate in complessivi euro 2000,00 (duemila,00) da liquidarsi a favore dell’INPS.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 10 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare la parte appellante.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 28 novembre 2019 con l’intervento dei magistrati:
Roberto Garofoli – Presidente
Giovanni Pescatore – Consigliere
Raffaello Sestini – Consigliere
Solveig Cogliani – Consigliere, Estensore
Umberto Maiello – Consigliere

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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