Ai fini della rilevanza penale del falso in copia di un atto

Corte di Cassazione, sezione quinta penale, Sentenza 16 gennaio 2020, n. 1553

Massima estrapolata:

Ai fini della rilevanza penale del falso in copia di un atto, non importa se esistente o meno, rileva – oltre all’idoneità del documento ad accreditarsi come corrispondente ad un originale – l’orientamento finalistico dell’agente, che quell’atto utilizzi per ingannare la fede pubblica, proponendolo come originale e conforme al reperto autentico, secondo le complessive circostanze del caso concreto

Sentenza 16 gennaio 2020, n. 1553

Data udienza 10 settembre 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PALLA Stefano – Presidente

Dott. ZAZA Carlo – Consigliere

Dott. SETTEMBRE Antonio – Consigliere

Dott. MICHELI Paolo – Consigliere

Dott. CALASELICE Barbara – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 27/03/2019 della Corte di appello di Bari;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere B. Calaselice;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale, Lignola F., che ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio perche’ il fatto non sussiste;
udito il difensore di parte civile, Avv. (OMISSIS) che ha concluso chiedendo l’inammissibilita’ del ricorso, deposita nota spese e conclusioni alle quali si riporta;
udito il difensore, Avv. (OMISSIS), sostituto processuale dell’Avv. (OMISSIS), che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso e l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata.

RITENUTO IN FATTO

1.Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Bari ha confermato la pronuncia, emessa in data 26 ottobre 2017 dal Tribunale in sede, nei confronti di (OMISSIS), con la quale l’imputato e’ stato condannato per il reato contestato al capo b), di cui all’articolo 61 c.p., comma 1, n. 2 e articolo 476 c.p., escluse le circostanze aggravanti, alla pena di anni uno di reclusione con il beneficio della sospensione condizionale, oltre alla condanna al risarcimento dei danni nei confronti della parte civile, da liquidarsi separatamente.
1.1. Il primo giudice aveva, inoltre, assolto l’imputato dal reato di cui all’articolo 61 c.p., comma 1, n. 7 e articolo 314 c.p. (capo a) perche’ il fatto non sussiste.
1.1.Si tratta della contestazione di aver formato uno scritto falso, su carta intestata della Provincia di Foggia, nel quale si dava atto che “in data odierna il Magg. (OMISSIS), dipendente della Polizia Provinciale consegnava al Comandante (OMISSIS) la sim dati avente gestore Tim, con Imei… e la chiavetta internet marca Tim mod. (OMISSIS)” a firma del comandante della Polizia provinciale Col. (OMISSIS), controfirmato per ricevuta dal Maggiore (OMISSIS).
2. Avverso la descritta sentenza ha proposto tempestivo ricorso per cassazione l’imputato, per il tramite del difensore di fiducia, deducendo, nei motivi di seguito riassunti, cinque vizi.
2.1. Con il primo motivo si denuncia violazione dell’articolo 476 cod. gen., inesistenza dell’oggetto ai sensi dell’articolo 49 c.p..
Il documento contraffatto, secondo il ricorrente, e’ mera fotocopia.
L’atto sarebbe stato formato, scritto e stampato dal computer di (OMISSIS), consegnando una copia all’imputato, tenendo per se’ l’originale. Si tratta di copia di cui non e’ stata autenticata la conformita’ all’originale, nelle forme di legge, dunque non puo’ assumere efficacia e valore corrispondente all’originale. Nella specie, secondo il ricorrente, non era ipotizzabile che la copia della nota del 18 febbraio 2010, priva di protocollo e di attestazione di autenticita’, visibilmente riconoscibile come riproduzione telematica, potesse essere utilmente utilizzabile. Si riporta il contrasto di giurisprudenza sul punto.
2.2. Con il secondo motivo si denuncia violazione del diritto di difesa, di cui all’articolo 111 Cost., articolo 6 par. 1 e 3 CEDU, violazione del principio di correlazione di cui all’articolo 521 c.p.p..
Si contesta che, nel caso al vaglio, e’ stata ritenuta la fattispecie aggravata di cui all’articolo 476 c.p., comma 2, pur non essendo specificata la relativa contestazione del valore probatorio dell’atto, ma risultando soltanto indicato, nell’imputazione, l’atto falsificato, ritenuto, in fatto, rientrante tra quelli aventi natura fidefacente.
Si richiama il contrasto giurisprudenziale sul punto. Inoltre si sottolinea che non basta, per qualificare un atto come fidefacente, dunque valido fino a querela di falso, la circostanza che questo provenga da pubblico ufficiale investito di potesta’ certificatrice, ma occorre che esso abbia un peculiare contenuto concernente l’opera propria del pubblico ufficiale, cioe’ quanto da questi attestato come fatto rilevato o avvenuto in sua presenza.
2.3. Con il terzo motivo si denuncia inosservanza dei principi in tema di prova indiziaria, vizio di motivazione sotto il profilo dell’illogicita’ per quanto concerne la valutazione di attendibilita’ del teste (OMISSIS).
In data 10 settembre 2009 viene consegnata allo (OMISSIS) una Sim card della Tim, associata ad utenza telefonica, nonche’ una chiavetta, facente parte di n. 8 accessi ad internet chiesti ed ottenuti dal Comandante (OMISSIS). La medesima chiavetta viene restituita il 18 febbraio 2010, nelle mani del (OMISSIS) per inattivita’.
Secondo quanto riferito da (OMISSIS), sarebbe stata consegnata allo (OMISSIS), una seconda sim, a causa del malfunzionamento della prima, abbinata alla medesima utenza, consegna avvenuta il (OMISSIS).
Sennonche’ il ricorrente fa rilevare che:
– di tale consegna non vi sarebbe traccia amministrativa;
– il traffico anomalo prodotto nei mesi di (OMISSIS), superiore a 18.000,00 Euro, era stato rilevato e comunicato allo (OMISSIS), imponendo all’imputato la sottoscrizione di un documento, gia’ predisposto in ogni sua parte da (OMISSIS), ove si attestava la consegna e consumo, per ragioni di servizio, dell’utenza relativa alla sim, firma che (OMISSIS) si rifiutava di apporre.
2.4. Con il quarto motivo si denuncia inosservanza dei principi in tema di prova indiziaria, vizio di motivazione, sotto il profilo dell’illogicita’ per quanto concerne la valutazione di attendibilita’ del teste (OMISSIS).
Il teste ha affermato che, dopo la sostituzione della prima sim card consegnata a (OMISSIS), era stata sostituita, in data (OMISSIS), la sim con riferimento al medesimo numero. Si osserva sul punto che (OMISSIS) ha escluso di essere in possesso di documenti inerenti la restituzione della prima sim e la consegna della seconda, riferendo che la seconda card era custodita da (OMISSIS).
La consegna del computer a (OMISSIS) che (OMISSIS) colloca in data (OMISSIS), risulterebbe, poi, smentita dalla Difesa che ha provato come il predetto in quella data fosse in congedo.
2.5. Con il quinto motivo si denuncia travisamento della prova e contraddittorieta’ e manifesta illogicita’ della motivazione, in relazione alla valutazione di attendibilita’ dei testi, violazione del diritto di difesa, inosservanza di principi di diritto in tema di processo indiziario.
La Corte di appello non avrebbe esaminato, secondo il ricorrente, le doglianze contenute nell’atto di gravame, prima fra tutte quella relativa all’attendibilita’ del (OMISSIS), cioe’ colui che, secondo la ricostruzione difensiva, sarebbe autore materiale del fatto addebitato a (OMISSIS). Secondo la Difesa la Corte territoriale ha considerato prive di fondamento le deposizioni di tutti i testi della Difesa, esaltando le prove a carico senza considerare l’aperta acrimonia dei testi nei confronti dell’imputato. Infine si assume che la Corte territoriale ha avallato la deposizione non veritiera del (OMISSIS), omettendo di considerare note e memorie difensive dello (OMISSIS).

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ infondato e deve essere rigettato.
2. Il primo motivo e’ infondato.
2.1. Il fatto ritenuto dalla Corte di appello, trova la sua corretta qualificazione giuridica ai sensi dell’articolo 476 c.p., in linea con l’imputazione.
2.1.1. Sulla rilevanza penale del falso in copia le Sezioni Unite di questa Corte (Sez. U, n. 35814 del 28 marzo 2019, dep. 7 agosto 2019) hanno affermato che la formazione della copia di un atto inesistente non integra il reato di falsita’ materiale, salvo che la copia assuma l’apparenza di un atto originale. Siffatto principio di diritto, per il quale e’ irrilevante la preesistenza ovvero l’integrale creazione dell’atto utilizzato in copia, sposa l’orientamento che si incentrava sulle ipotesi in cui la copia di un documento si presenti o venga esibita con caratteristiche tali, di qualsiasi guisa, da voler sembrare un originale ed averne l’apparenza, ovvero la sua formazione sia idonea e sufficiente a documentare nei confronti dei terzi l’esistenza di un originale conforme: in tal caso la contraffazione si ritiene sanzionabile ex articoli 476 o 477 c.p., secondo la natura del documento che, mediante la copia, viene in realta’ falsamente formato o attestato esistente (Sez. 5, n. 7385 del 14/12/2007, dep. 2008, Favia, Rv. 239112; Sez. 5, n. 9366 del 22/05/1998, Celestini, Rv. 211443).
E’ stato, quindi, valorizzato da questa Corte di legittimita’, nella sua piu’ autorevole composizione, il comportamento dell’agente il quale, nel produrre la copia deve compiere anche un’attivita’ di contraffazione che vada ad incidere, materialmente, sui tratti caratterizzanti il documento in tal modo prodotto, attribuendogli l’apparenza di autenticita’, cosi’ da farlo sembrare, per la presenza di requisiti formali e sostanziali, un provvedimento originale o la copia conforme, originale, di un tale atto, ovvero una copia documentativa dell’esistenza di un atto corrispondente.
La volonta’ di sorprendere la fede pubblica, in tal modo, si realizza attraverso un comportamento che si iscrive nell’alveo dell’ipotesi delittuosa del falso per contraffazione poiche’, almeno apparentemente, creativo di un atto in realta’ inesistente, si’ da determinarne oggettivamente, nelle intenzioni dell’agente, l’apparente originalita’.
Entro tale prospettiva e’ stata segnalata, in modo definitivo dal Supremo Collegio, l’irrilevanza della circostanza di fatto legata alla materiale esistenza o meno dell’atto autentico, rispetto al quale dovrebbe operarsi il raffronto comparativo con la copia, perche’ l’intervento effettuato con la modalita’ della contraffazione assume come riferimento non la copia in se’, quanto il falso contenuto dichiarativo o di attestazione, apparentemente mostrato dalla natura della copia formata ed esibita dall’agente, laddove l’atto originale non esiste affatto ovvero, ove esistente, rimane inalterato e, comunque, estraneo ai fatti. Inoltre il Supremo collegio ha affermato che lee falsita’ materiali possono incidere su ogni tipo di atti, non soltanto su quelli precostituiti a fini probatori ed istituzionalmente indirizzati a provare la verita’ dei fatti in essi attestati. Nelle norme sulle falsita’ materiali, come posto in rilievo dalla dottrina, invero, non solo non si rinviene alcun riferimento al fatto che l’atto falsificato deve esser destinato alla prova, ma v’e’ un’assoluta indifferenza rispetto al tipo di documento preso di mira dal comportamento criminoso.
Deve, pertanto, ritenersi che, ai fini della rilevanza penale del falso in copia di un atto, non importa se esistente o meno, rilevi – oltre all’idoneita’ del documento ad accreditarsi come corrispondente ad un originale – l’orientamento finalistico dell’agente, che quell’atto utilizzi per ingannare la fede pubblica, proponendolo come originale e conforme al reperto autentico, secondo le complessive circostanze del caso concreto.
2.1.2. Cio’ posto si rileva che, nel caso in esame, non vi e’ dubbio che lo scritto allegato dallo (OMISSIS) alla missiva del 2 settembre 2011, trasmesso al dirigente del settore informatico della Provincia di Foggia, sia stato accreditato dall’agente come copia del documento di consegna al colonnello (OMISSIS) della chiavetta e della sim card in contestazione (visto l’ingente traffico oggetto di fattura (OMISSIS), relativo ai mesi di (OMISSIS)) con firma di quest’ultimo e dello (OMISSIS), pur recando la data apparente del (OMISSIS) (invece che quella del (OMISSIS) che, secondo i giudici di merito, era risultata apposta sul documento di riconsegna originale).
La peculiarita’ del caso di specie deriva dalla tipologia di copia riprodotta, come emerso dalla perizia grafologica svolta in sede di rinnovazione istruttoria dalla Corte territoriale, per essere risultato che il documento e’ stato realizzato, attraverso un programma di grafica computerizzata, denominato Adobe Protoshop.
Orbene si osserva che nella specie non si tratta di mera copia fotostatica, ma di riproduzione per fotomontaggio, realizzata mediante sistema computerizzato, allegata dal ricorrente odierno per dimostrare che, nella data apparente dell’atto (cioe’ in data (OMISSIS)) aveva gia’ provveduto a riconsegnare nelle mani del Colonnello (OMISSIS) la sim e la chiavetta in dotazione, corrispondente all’utenza per la quale erano addebitati gli ingenti costi, al comando della Polizia Provinciale di Foggia. Il documento formato, peraltro, secondo la motivazione della Corte territoriale, presentava tutti i requisiti di intrinseca idoneita’ ad accreditarsi come corrispondente ad un originale, tenuto conto che era dotato di firma del medesimo (OMISSIS), dello stesso (OMISSIS) e del timbro della polizia provinciale, tutti risultati perfettamente riprodotti, con il sistema computerizzato descritto, in quanto del tutto sovrapponibili al documento originale, datato (OMISSIS). Inoltre del documento originale quello esibito non e’ mera riproduzione fotostatica, posto che l’atto presenta anche delle elisioni, rese possibili proprio grazie all’utilizzato sistema di fotomontaggio, relative al destinatario dell’atto, alle date e alla dicitura ” per ricevuta”.
Dunque l’atto formato con il descritto programma di grafica, intrinsecamente dotato di requisiti che consentivano di accreditarlo come corrispondente all’originale (tanto da provocare la sospensione della procedura di recupero dell’importo della fattura a carico del ricorrente odierno), risulta esibito dall’agente quale copia attestante l’esistenza di un originale corrispondente, con lo specifico scopo di dimostrare, alla (apparente) data del (OMISSIS), la gia’ avvenuta riconsegna all’ufficio della sim in epoca precedente alla realizzazione dello sforamento dei gigabyte e, dunque, dei consumi anomali (riferiti ai mesi di (OMISSIS)) per oltre 18.000,00 Euro, addebitati con la fattura (OMISSIS).
Di qui l’infondatezza dei rilievi mossi, fondati sulla mancanza di autenticazione dell’atto, nonche’ sulla circostanza della riproduzione telematica, avvenuta in modo tale da renderne evidente la qualita’ di mera copia dell’atto medesimo. Risulta il primo profilo irrilevante ed il secondo invece inconducente, in quanto e’ evidente la modalita’ ingannatoria che la trasmissione dell’atto falso ha inteso accreditare, in un contesto caratterizzato dall’esigenza dell’agente di liberarsi della disponibilita’ della sim, in epoca precedente a quella in cui si collocano i consumi addebitati al numero di utenza cui era relativa la sim medesima (che, peraltro, risultera’ attivata soltanto in data (OMISSIS) e restituita, proprio dallo (OMISSIS), al dirigente amministrativo in data (OMISSIS): cfr. folio 11 della sentenza impugnata).
2.2. Il secondo motivo e’ inammissibile in quanto manifestamento infondato. Nel caso in esame non risulta ne’ contestata ne’ ritenuta in fatto la natura fidefacente dell’atto pubblico falsificato.
Del resto risulta in atti (cfr. conclusioni riportate a pag. 5 della sentenza censurata) l’intervenuta rinuncia al motivo di appello concernente la falsita’ dell’atto, limitando la Difesa la richiesta assolutoria con la formula per non aver commesso il fatto. Dunque la deduzione sul punto svolta si presenta, anche per tale motivo. inammissibile.
2.3. Il terzo ed il quarto motivo sono manifestamente infondati.
Si assume l’esistenza di un vizio, quello di illogicita’ della motivazione, quanto alla valutazione di attendibilita’ dei testi (OMISSIS) e (OMISSIS), in base ad un argomento che, in sostanza, fonda sul riesame di elementi di fatto (assenza di ogni traccia amministrativa della consegna della nuova sim allo (OMISSIS) avvenuta il (OMISSIS); rifiuto a firmare un documento che attestava la consegna e il consumo, per ragioni di servizio, dell’utenza relativa alla sim, firma che (OMISSIS) si rifiutava di apporre; carenza di prova della consegna del computer da parte dell’imputato in data (OMISSIS), per essere il predetto in congedo) inibito a questa Corte di legittimita’.
Gli accertamenti (giudizio ricostruttivo dei fatti) e gli apprezzamenti (giudizio valutativo dei fatti) cui il giudice del merito sia pervenuto attraverso l’esame delle prove, sorretto da adeguata motivazione esente da errori logici e giuridici, sono sottratti al sindacato di legittimita’ e non possono essere investiti dalla censura relativa alla motivazione solo perche’ contrari agli assunti del ricorrente. Ne consegue che tra le doglianze proponibili quali mezzi di ricorso, ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., non rientrano quelle relative alla valutazione delle prove, specie se implicanti la soluzione di contrasti testimoniali, la scelta tra divergenti versioni ed interpretazioni, l’indagine sull’attendibilita’ dei testimoni, salvo il controllo estrinseco della congruita’ e logicita’ della motivazione.
2.5. Il quinto motivo e’ genericamente prospettato e, comunque, inammissibile.
Si ritiene, infatti, conformemente all’indirizzo di questa Suprema Corte (Sez. 2, n. 7986 del 18/11/2016, dep. 2017, La Gumina, Rv. 269217; Sez. 2, n. 47035 del 3710/2013, Giugliano, Rv. 257499; Sez. 4, n. 4060 del 12/12/2013, dep. 2014, Capuzzi, Rv. 258438) che, nel caso di cd. doppia conforme affermazione di responsabilita’, il vizio di omessa valutazione di una prova indicata come decisiva, possa essere dedotto con il ricorso per cassazione, ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), solo nel caso in cui il ricorrente rappresenti, con specifica deduzione, che il dato probatorio, asseritamente travisato, e’ stato per la prima volta introdotto come oggetto di valutazione nella motivazione del provvedimento di secondo grado. Inoltre il vizio di travisamento della prova, e’ ravvisabile solo se l’errore, ove accertato, sia capace di disarticolare l’intero ragionamento probatorio, rendendo illogica la motivazione per la decisiva forza dimostrativa del dato probatorio che si assume travisato (Sez. 6, Sentenza n. 5146 del 16/01/2014, Del Gaudio, Rv. 258774). Si assume invero, l’omesso esame delle prove a discarico e degli elementi introdotti con memorie e note difensive, senza specificarli espressamente e senza, puntualmente indicare la decisivita’ dei dati probatori che si assumono omessi.
Infine quanto all’attendibilita’ del (OMISSIS) si osserva che la Corte territoriale ha risposto ad analoga censura prospettata con il gravame, con motivazione non manifestamente illogica e coerente, dunque, non censurabile in questa sede.
3. Segue la condanna al pagamento delle spese processuali e alla rifusione delle spese di parte civile, sostenute nel presente giudizio, liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali nonche’ alla rifusione delle spese di parte civile per il presente giudizio, liquidate in complessivi Euro 1.800,00 oltre accessori di legge.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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