Legittima una valutazione frazionata delle dichiarazioni rese dalla parte offesa

Corte di Cassazione, sezione prima penale, Sentenza 8 aprile 2019, n. 15283.

La massima estrapolata:

Deve ritenersi legittima una valutazione frazionata delle dichiarazioni rese dalla parte offesa, in quanto un eventuale giudizio di inattendibilità su alcune circostanze non necessariamente inficia la credibilità delle altre parti del racconto, non essendo in tale ipotesi sempre e necessariamente ravvisabile un’interferenza fattuale e logica tra le varie parti del resoconto narrativo, unica a poter condizionare e pregiudicare l’intera attendibilità della fonte.

Sentenza 8 aprile 2019, n. 15283

Data udienza 25 settembre 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BONITO Francesco M.S. – Presidente

Dott. ROCCHI Giacomo – Consigliere

Dott. DI GIURO Gaetano – Consigliere

Dott. CENTONZE Alessandro – Consigliere

Dott. CAIRO Antonio – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 27/06/2017 della CORTE ASSISE APPELLO di ROMA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere ANTONIO CAIRO;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott. ANIELLO Roberto, che ha concluso chiedendo Il Proc. Gen. conclude per il rigetto del ricorso;
udito il difensore:
Gli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) difensori, rispettivamente, delle parti civili (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), concludono come da conclusioni scritte, in forma congiunta, che depositano;
L’avvocato (OMISSIS), difensore della parte civile (OMISSIS), conclude come da conclusioni scritte che deposita insieme alla nota spese;
L’avvocato (OMISSIS), difensore della parte civile (OMISSIS), conclude come da conclusioni scritte che deposita insieme alla nota spese;
L’avvocato (OMISSIS), difensore di (OMISSIS), conclude per l’accoglimento del ricorso;
L’avvocato (OMISSIS), difensore di (OMISSIS), conclude per l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte d’assise d’appello di Roma, con sentenza in data 27/6/2017, in riforma della decisione emessa dalla Corte d’Assise della medesima localita’ il 24/5/2016, per quanto qui rileva, assolveva (OMISSIS) dal delitto di rissa aggravata di cui all’articolo 588 c.p., contestato al capo A ed escluse nei suoi confronti le circostanze aggravanti dei futili motivi e della recidiva, con le gia’ concesse attenuanti generiche, rideterminava la pena, per i reati residui e per l’omicidio di (OMISSIS), in quella di anni sedici di reclusione, oltre statuizioni civili, con conferma, nel resto, della sentenza impugnata.
1.1. La Corte d’assise di primo grado aveva inflitto al (OMISSIS) la pena di anni ventisei di reclusione per l’omicidio del tifoso napoletano, (OMISSIS), commesso in (OMISSIS) il (OMISSIS). L’imputato era stato, altresi’, ritenuto colpevole del concorso in rissa, delle lesioni procurate a (OMISSIS) e (OMISSIS) e dei connessi reati in materia di armi.
Il primo giudice ricostruiva i fatti evidenziando che il delitto era maturato in occasione della finale di (OMISSIS). La partita si sarebbe giocata in serata nella capitale. Dal primo pomeriggio si era registrato un forte afflusso di tifosi, con predisposizione di servizi di ordine pubblico, protesi ad evitare scontri tra le tifoserie e, soprattutto, ad evitare che la rivalita’ tra sostenitori romanisti e napoletani potesse riaccendersi, culminando in atti di violenza, che non erano stati rari anche in un recente passato.
(OMISSIS), noto come (OMISSIS), si ricostruisce nella sentenza impugnata, aveva una storia da “ultra’”. Era stato espulso dalla tifoseria giallorossa per la sua violenza e aveva fondato un nuovo e autonomo gruppo, con analoga finalita’, noto come (OMISSIS). Dipendente delle poste, viveva nel circolo Boreale, in compagnia, solo da pochi giorni, di (OMISSIS). Era ospitato li’ perche’ assicurava, tra l’altro, una sorta di servizio di vigilanza. La mattina del (OMISSIS) ritornava al circolo, dopo aver ivi passato la notte con la indicata (OMISSIS) e aver consumato con costei cocaina. Verso le 12:00 si allontanava, prendendo qualcosa da un cassetto. La donna non era stata in grado di specificare cosa e riceveva come unica rassicurazione, vedendolo agitato, l’invito a stare tranquilla, perche’ avrebbe dovuto fare una cosa; sarebbe tornato a breve.
(OMISSIS) si recava anche al bar del circolo Boreale; li’ faceva nuovamente ritorno alle 16.00 circa, dopo aver consumato. Uditi rumori di botti e petardi usciva intorno alle 18.00 e si rivolgeva al gestore dell’esercizio, pronunciando la frase di dover andare a vedere, perche’ aveva in animo di “sistemare la cosa”.
All’esterno v’erano le tifoserie. Incanalate verso via (OMISSIS) erano indirizzate agli ampi parcheggi per i pullman, ivi predisposti. Lungo il viale, a sinistra, si diramava una stradina che portava al (OMISSIS), piccolo centro con cinema e teatro. Proseguendo v’era il circolo Boreale, dove viveva (OMISSIS).
Sulla strada si distingueva una coda di mezzi; oltre ai pullman non pochi gruppi di tifosi a piedi gia’ si avviavano nella direzione dello stadio. Verso le 18:00 dalla stradina indicata (OMISSIS) si portava sulla strada principale e iniziava a lanciare petardi contro il pullman della tifoseria partenopea, Milano Club partenopea. A bordo del mezzo erano anche (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), fonti poi ascoltate e indicate come concordi nella descrizione degli eventi. All’anzidetto lancio di petardi si accompagnano gesti ripetuti di provocazione.
Un gruppo di tifosi napoletani, accortosi di quanto stava accadendo si lanciava in soccorso. Il (OMISSIS), dunque, imboccava la stradina che conduceva al (OMISSIS), da dove era uscito poco prima. Impacciato, per la sua corporatura, era raggiunto, prima di tutti, da (OMISSIS), che precedeva il gruppo. Maggiormente agile, costui si avventava sull’antagonista e lo placca(va) letteralmente. Da quel momento i testi non erano in grado di vedere la scena, per la concitazione del momento e per il fumo levatosi dai fumogeni che ostacola la visuale. Tutti, pero’, sentivano quattro colpi d’arma da fuoco.
Tra i soggetti che inseguivano (OMISSIS), oltre alla vittima, vi erano (OMISSIS) e (OMISSIS).
(OMISSIS) era ricoverato in ospedale, gravemente ferito.
Nonostante le cure decedeva il successivo 25 giugno. Accadeva non prima che avesse parlato con (OMISSIS), criminologa, incaricata dai parenti della vittima di seguirli processualmente. Riconosceva in foto il (OMISSIS) e lo additava come colui che gli aveva sparato.
Dal suo canto, costui non negava di averlo fatto. Dava, tuttavia, una versione diversa degli eventi e collegava il gesto ad una violenza che stava subendo.
Afferma di essere solo uscito a vedere cosa stesse accadendo e di aver intimato all’autista del pullman di spostarsi. Aveva cercato di rientrare all’interno del (OMISSIS) e prima di varcare il cancello era stato aggredito dal gruppo dei tifosi napoletani che gli avevano anche sferrato piu’ d’un fendente. Aveva sparato solo per difendersi e non voleva uccidere nessuno, anche se un ragazzo, poi, era morto.
I soggetti con i caschi, cui avevano fatto riferimento la (OMISSIS) e il (OMISSIS) (assumendo di averli visti allontanare) erano tifosi napoletani e non suoi accompagnatori.
Il (OMISSIS) aveva riportato la frattura della gamba (tibia e perone), cinque ferite da arma da taglio, frattura delle ossa costali, ferita lacero-contusa alla fronte e frattura delle ossa nasali.
La sentenza esaminava i risultati delle diverse consulenze.
In questa logica evidenziava come i due antagonisti fossero in piedi o entrambi a terra, ma sulla stessa linea. Esaminava, altresi’, la perizia del colonnello Paolo Fratini che, tra l’altro, aveva operato impiegando la tecnica della mappatura delle macchie di sangue. Il tecnico aveva ritenuto che il (OMISSIS), inseguito, fosse caduto a terra e fosse stato sopraffatto dai suoi inseguitori. Gia’ accoltellato, in questa fase, da terra, avrebbe estratto la pistola e sparato agli antagonisti che erano sopra di lui. Avrebbe, poi, subito altre aggressioni all’interno del (OMISSIS). In sintesi il primo giudice concludeva, disattendendo la tesi del (OMISSIS).
Il (OMISSIS) aveva sparato prima di essere colpito; era rientrato nel vialetto, perche’ li’ lo attendevano gli altri sodali. Raggiunto dall’ (OMISSIS) aveva aperto il fuoco e lo aveva fatto indossando guanti. Era, dunque, caduto e si era procurato la frattura alla gamba. Solo da questo momento era stato colpito e fatto segno di aggressione da parte dei tifosi napoletani.
1.2. La sentenza di secondo grado, previa parziale rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale evidenziava quanto segue.
Valorizzava, in primo luogo, il cd video (OMISSIS), documento che costituiva, secondo i giudici della Corte d’assise d’appello, un elemento essenziale nella ricostruzione dei fatti. La durata era di sette secondi e 69 centesimi e partiva dal momento in cui (OMISSIS) saltava il guard rail e si lanciava all’inseguimento del (OMISSIS). Costui non era presente in video e cio’ attestava, a giudizio della Corte territoriale, che si fosse gia’ allontanato. Sopraggiungevano gli spari nella frazione temporale descritta. Effettivamente, osservava il giudice a quo, il (OMISSIS) aveva cercato di chiudersi alle spalle il primo cancello (fl. 22).
La sentenza impugnata affrontava ed escludeva, poi, l’ipotesi dell’agguato ai tifosi napoletani, agguato che si sarebbe dovuto consumare impiegando il (OMISSIS) come esca. Esponeva le ragioni e spiegava che alcun elemento processuale ne desse obiettivamente conto. Nella stessa logica si era esclusa la sussistenza della rissa contestata al capo A.
La Corte territoriale, poi, affrontava la questione relativa all’esistenza di un altro gruppo di tifosi napoletani che aveva preceduto (OMISSIS) nella stradina di accesso al (OMISSIS). Spiegava perche’ non potesse essere il gruppo di (OMISSIS) e chiariva in che termini dovesse essere intesa la deposizione del teste (OMISSIS), oltre alle ragioni per le quali le dichiarazioni del coimputato (OMISSIS) fossero smentite da quelle rese dai testi escussi.
Del resto, proprio il video (OMISSIS) escludeva che ci potesse essere stato un ingresso di altro gruppo che aveva preceduto quello dell’ (OMISSIS) e si confermava, anche alla luce delle dichiarazioni rese dalla (OMISSIS) e dal (OMISSIS), che le ulteriori aggressioni al (OMISSIS) furono successive agli spari ed eseguite a scopo vendicativo. Escludeva, infine, la Corte di merito che (OMISSIS) avesse sparato utilizzando guanti.
Sulla scorta di queste premesse la Corte d’assise d’appello spiegava che (OMISSIS), dopo aver lanciato alcuni oggetti contro il pullman dei tifosi napoletani, cercava di rientrare varcando il cancello del (OMISSIS) senza riuscire a chiuderlo alle spalle, poiche’ un gruppo degli stessi tifosi partenopei e, primo fra tutti, (OMISSIS) si era lanciato al suo inseguimento e lo aveva raggiunto. L’ (OMISSIS) era stato il primo a trovarsi a confronto con il (OMISSIS). Il primo lo aveva colpito probabilmente con un pungo e il secondo era caduto facendo una rotazione. Si era, dunque, procurato la frattura alla gamba. In questo frangente (OMISSIS), con gli altri, gli era sopra e tutti lo sovrastavano. La macchia ematica da stazionamento, quella sul cappellino della vittima e quelle sulla pisola si giustificavano proprio alla luce del colpo ricevuto dal (OMISSIS), colpo che aveva sferrato l’ (OMISSIS). Era seguita l’esplosione dei colpi d’arma da fuoco in rapida successione.
La Corte territoriale, infine, escludeva la legittima difesa e l’eccesso colposo e negava il riconoscimento della circostanza attenuante di cui all’articolo 62 c.p., n. 5.
2. Ricorre per cassazione (OMISSIS), a mezzo dei difensori di fiducia e lamenta quanto segue.
2.1. Con il primo motivo si duole della manifesta illogicita’, della contraddittorieta’, oltre che del difetto di motivazione circa l’esclusione della presenza di un precedente gruppo di aggressori ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e). Lamenta, altresi’, l’illogicita’ manifesta, la contraddittorieta’ e il travisamento della prova in punto di testimonianza resa dall’ispettore Franco (OMISSIS), ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e).
Premette il ricorso che la sentenza emessa all’esito del giudizio d’appello, dopo una corposa rinnovazione istruttoria, aveva ricostruito i fatti in maniera profondamente diversa da quanto aveva ritenuto il primo giudice con la conseguenza che non si sarebbe potuta ritenere la cd. doppia conforme.
Nonostante la sentenza d’appello avesse accolto in buona parte la descrizione degli eventi proposta a discarico v’era in essa, tuttavia, un postulato da cui discendevano inferenze logiche e conseguenze non coerenti anche in tema di responsabilita’.
Si trattava della presenza o meno di un gruppo di ultras che, nell’aggressione a (OMISSIS), aveva preceduto quella visibile nel video (OMISSIS), che documentava l’incipit dell’azione portata avanti dal gruppo, appunto, capeggiato da (OMISSIS). La sentenza impugnata ne aveva escluso l’esistenza (fli. 23 e 24).
Cio’ aveva fatto, valorizzando il mancato rinvenimento di sassi, biglie e bulloni. In realta’, gli oggetti anzidetti erano stati erroneamente ritenuti una sorta di armamentario necessario, la’ dove in senso contrario – e a smentita dell’assunto neppure i successivi aggressori era dimostrato che ne avessero avuto la disponibilita’.
La sentenza impugnata avrebbe erroneamente affermato che il video (OMISSIS) delineava una tempistica incompatibile con la presenza di un precedente gruppo di tifosi. Essa tempistica avrebbe reso priva di costrutto l’ipotesi di un commando che entrava nella stradina nel brevissimo lasso compreso tra l’allontanamento del (OMISSIS) dall’area ove erano i pullman e il momento in cui (OMISSIS) scavalcava il guard rail. Il video (OMISSIS), invero, cominciava in un momento in cui il (OMISSIS) era gia’ “fuori campo” e secondo la Corte territoriale si collocava gia’ oltre il primo cancello. Nessuno avrebbe potuto indicare, osserva il ricorrente, quanto tempo prima il medesimo (OMISSIS) si fosse, tuttavia, allontanato dalla scena ripresa nel video. Si vedeva, piuttosto, l’ (OMISSIS) scavalcare guard rail e darsi all’inseguimento, imboccando la stradina lungo la quale era fuggito (OMISSIS). Se allora costui si era allontanato, per logica, ci si sarebbe dovuti interrogare sulla ragione. Il vizio era, pertanto, evidente e incentrato nell’aver ritenuto, nonostante il (OMISSIS) non si vedesse nella ripresa, che egli fosse fuggito da poco e che cio’ avrebbe escluso la possibilita’ che vi fossero stati terzi ulteriori, prima dell’ (OMISSIS), gia’ giunti al contatto fisico con l’imputato.
Sulla valutazione del testimoniale escusso la Corte anche aveva rovesciato i parametri logici. I testi (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) smentivano l’esistenza di un gruppo di aggressori precedente. Contrariamente, (OMISSIS) lo ammetteva e la Corte d’assise d’appello lo aveva ritenuto non credibile con una semplificazione, riconoscendo affidabilita’ agli altri dichiaranti. Cio’ nonostante, in altra parte della ricostruzione, avesse richiamato proprio la dichiarazione dell’ (OMISSIS), affermandone l’attendibilita’, allorquando, tra l’altro, costui aveva attribuito al (OMISSIS) il ruolo di sparatore. Il tutto, peraltro, non esitando, in altra frazione argomentativa a indicare le deposizioni degli altri testi come contraddittorie e non credibili, specie per i profili narrativi con cui avevano ridimensionato il contributo e il ruolo delle tifoserie napoletane. Ne’ avrebbe avuto significato e valenza di supporto l’affermazione secondo la quale (OMISSIS) aveva interesse a mentire sul punto, poiche’ cosi’ avrebbe stornato da se’ la responsabilita’ per l’aggressione al (OMISSIS). Contrariamente, (OMISSIS), afferma il ricorrente, aveva gia’ ammesso di aver preso parte ad un inseguimento nella determinazione del cd “regolamento di conti”.
La stessa sentenza non aveva considerato il comunicato del club Milano partenopea che parlava di calci e pugni da parte dei tifosi napoletani prima degli spari.
Palesemente illogica e contraddittoria risultava, poi, la valutazione della testimonianza dell’Ispettore (OMISSIS), teste oculare posto sul cavalcavia dell’olimpica. Costui aveva riferito di aver visto un gruppo di assalitori portarsi dalla carreggiata opposta sino all’interno della stradina del (OMISSIS). La Corte territoriale aveva svalutato la dichiarazione, sino a ritenere che il teste si riferisse ad un gruppo intervenuto successivamente e diverso da quello dell’ (OMISSIS). Tuttavia, la ricostruzione del (OMISSIS) era stata chiara, avendo egli riferito che all’ingresso si erano sentiti botti e spari, con cio’ evocando proprio l’accesso del gruppo di (OMISSIS) e degli altri alla strada che portava al (OMISSIS).
2.2 Con il secondo motivo si lamenta il vizio di motivazione in ordine alla fase dell’esplosione dei colpi, con particolare riferimento alla presenza di sangue sull’arma.
La ricostruzione data dalla Corte territoriale era manifestamente illogica. La sentenza impugnata non aveva adeguatamente spiegato perche’ la pistola che (OMISSIS) impugnava, prima di essere colpito, fosse sporca del suo sangue. Ne’ era convincente la spiegazione data sulla ragione per la quale sul cappellino della vittima vi fosse il sangue dell’imputato.
2.3. Con il terzo motivo da leggere congiuntamente al precedente si deduce il vizio di motivazione in relazione alla valutazione dei dati di balistica terminale e dell’animus necandi. Si afferma che (OMISSIS) aveva in sostanza sparato a distanza ravvicinata. (OMISSIS) era stato colpito da un solo colpo di rimbalzo; (OMISSIS) di striscio a un dito; (OMISSIS) in zona sottoascellare area non vitale. Questi dati dimostravano che non vi era stato puntamento dell’arma e che non vi fosse animus necandi, proprio secondo quanto aveva riferito il (OMISSIS). La morte era sopragiunta 53 giorni dopo i fatti e all’esito di erronee valutazioni cliniche aspetto che la sentenza impugnata non aveva affatto valutato, nonostante un’espressa consulenza del P.M. sul punto. Al pari, risultava omessa ogni considerazione sui dati di balistica terminale.
2.4. Con il quarto motivo si deduce il vizio di motivazione in ordine alla valutazione della consulenza medico legale, circa il meccanismo di produzione della frattura alla gamba destra del (OMISSIS). Il processo aveva messo a disposizione consulenze di parte non convergenti sulla scaturigine della frattura. Da un lato, il CT del P.M. ne aveva ricostruito l’eziologia collegando la frattura al combinarsi dell’intrappolamento della gamba nel cancello nel corso della fuga e della caduta del medesimo (OMISSIS). Altre due tesi, su posizioni diverse, collegavano la frattura stessa all’ipotesi separata della caduta o del solo intrappolamento dell’arto nel cancello di chiusura del centro sportivo. La Corte d’assise d’appello, contrariamente, aveva prediletto una quarta ipotesi. Aveva, in definitiva, senza confrontarsi con gli esiti delle consulenze, sganciato la frattura dall’intrappolamento. Cio’ era logicamente funzionale a dare supporto alla ricostruzione dei fatti secondo l’ordine ritenuto in sentenza escludendo che il (OMISSIS) avesse sparato dopo essere stato aggredito e quando era stato gia’ gravemente ferito.
2.5. Con il quinto motivo si lamenta la violazione degli articoli 52, 55 e 59 c.p., oltre al vizio di motivazione sul mancato riconoscimento della legittima difesa anche nella forma putativa, con possibile relativo eccesso colposo.
Anche alla luce della ricostruzione operata in sentenza sarebbe stato applicabile l’istituto della legittima difesa. Il giudice territoriale ne aveva escluso l’applicabilita’, tuttavia, sulla scorta di due dati. Il primo era che il (OMISSIS) aveva provocato la situazione di pericolo cosi’ esponendosi ed escludendo che potesse invocare la necessita’ di difendersi. Il secondo era legato alla proporzione della reazione rispetto all’offesa. (OMISSIS) avrebbe, cioe’, potuto puntare l’arma o sparare in aria, ma non lo fece ed esplose i colpi ad altezza d’uomo, cinque in particolare, di cui quattro andarono a segno.
Non sarebbe stato, tuttavia, corretto, ai fini dei giudizio da esprimere, sulla sussistenza della legittima difesa e del relativo eccesso, valorizzare il porto e la disponibilita’ dell’arma in capo all’imputato stesso, per inferirne una condizione dolosa che sarebbe risalita a momenti ben precedenti l’azione posta in essere e la commissione del fatto tipico. Cosi’ ragionando si sarebbe fatta non corretta applicazione delle regole di diritto che presiedono all’applicazione della scriminante. L’elemento psicologico e la spinta al delitto si valutano al momento di commissione della condotta, tenendo conto delle circostanze concrete, per verificare se effettivamente il (OMISSIS) avesse agito al fine di difendersi in presenza dell’anzidetta esimente obiettiva. Ne’ sarebbe valso un ragionamento che avesse preteso di valorizzare il particolare secondo cui l’imputato era, comunque, uscito armato. Cio’ perche’ si sarebbe utilizzata una categoria generalizzante, assimilabile al cd. dolus generalis, contaminando la ricostruzione con quella del dolo cd. eventuale e ritenendo determinante l’accettazione del rischio di un possibile uso dell’arma, in un momento inattuale rispetto al fatto tipico, con correlata applicazione di schematiche del dolo lontane dai principi di necessaria imputazione subiettiva del fatto.
Osserva, ancora, il ricorrente che la sentenza impugnata aveva ritenuto non operante la scriminate per la creazione della situazione di pericolo da parte del (OMISSIS). Tuttavia, contrariamente a quanto indicato per lo stato di necessita’, la volontaria causazione del pericolo non era introdotta nell’esimente di cui all’articolo 52 c.p.. Le stesse decisioni di questa Corte di legittimita’ – che avevano applicato il principio anzidetto alla legittima difesa – lo avevano fatto in relazione a situazioni in cui, in fatto, ricorrevano gli estremi di scontri reciproci tra gruppi o almeno tra due soggetti che si offendevano a vicenda. Posta questa premessa si e’ evidenziato come la sentenza impugnata avesse escluso la necessita’ della reazione in una situazione di pericolo volontariamente causato. Sul punto non si era tenuto presente, tuttavia, che il (OMISSIS), si fosse gia’ dato alla fuga. Essa aveva posto fine alla prima situazione di pericolo. Il successivo inseguimento ne aveva provocata altra e diversa. Dunque in quel contesto d’azione la fuga dell’imputato e il tentativo di chiusura del cancello, cui si era agganciato l’inseguimento del gruppo dei tifosi capeggiati dall’ (OMISSIS), autorizzavano la reazione difensiva che diventava necessaria in quel contesto d’azione.
Quanto al requisito di proporzione, tra reazione e offesa, si e’ osservato che erroneamente si era ritenuto che il gruppo dei tifosi fosse privo di armi. Cio’ perche’, da un lato, il (OMISSIS) non avrebbe potuto avere certezza di quel dato e, dall’altro, egli era stato duramente colpito con bastoni e fendenti, sia pur dopo gli spari, secondo la ricostruzione della Corte territoriale. Cio’ rende irrilevante che i colpi avessero attinto soggetti disarmati, perche’ l’azione era diretta a preservare il bene vita del (OMISSIS) stesso, realmente minacciato dall’indicato gruppo di supporters. La proporzione, pertanto, esisteva. L’imputato percepiva la minaccia al bene della vita e considerava l’azione in essere come un unicum. Il giudizio si sarebbe dovuto svolgere ex ante. Il giudice d’appello si sarebbe dovuto porre l’interrogativo su quello che il (OMISSIS) aveva percepito e che aveva ritenuto si sarebbe verificato, da li’ a qualche istante, se non avesse attuato una pronta reazione.
Erronea era stata la prospettazione, da parte della Corte territoriale, che fosse esigibile una condotta diversa da parte dell’imputato. Non aveva, invero, considerato la Corte d’assise d’appello che costui era gia’ in fuga ed era stato colpito da (OMISSIS). Era, dunque, caduto e si era provocato una frattura alla gamba. La conseguenza che avesse sparato da terra non era, pertanto, decisiva; anzi, attestava come il giudice a quo non si fosse interrogato sul tipo di situazione che si era realmente presentata all’agente. Erronea ancora era stata la decisione di negare la putativita’ dell’esimente, equiparando il sistema penale l’esistenza reale della causa di giustificazione alla sua erronea supposizione.
Non corretta risultava, altresi’, la decisione di non riconoscere l’istituto dell’eccesso colposo. La stessa ricostruzione della sentenza di merito ne dava conto. In particolare (OMISSIS) era stato colpito dall’ (OMISSIS) ed era sovrastato dagli assalitori. In questo contesto maturava la determinazione reattiva, avendo sparato senza concentrarsi su un bersaglio preciso.
2.6. Con l’ultimo motivo lamenta il ricorrente la violazione dell’articolo 62 c.p., n. 5.
L’attenuante, si osserva, deve trovare applicazione ogni volta in cui il fatto doloso dell’offeso e’ tale che se non vi fosse stato non si sarebbe verificato l’evento nella sua forma e gravita’. Diversamente ed erroneamente la Corte territoriale si era rimessa ad alcuni orientamenti della suprema Corte secondo cui l’attenuante postulava che l’offeso avesse voluto il fatto verificatosi in suo danno, non essendo sufficiente rappresentazione e volizione del solo contributo sul piano materiale.

OSSERVA IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ infondato e va respinto.
1.1. Con riguardo al primo motivo, va evidenziato come tutte le censure dedotte si sviluppino sul piano del fatto e siano tese a sovrapporre un’interpretazione delle risultanze probatorie diversa da quella recepita dai decidenti di merito, piu’ che a rilevare un vizio rientrante nel catalogo di quelli delineati dall’articolo 606 c.p.p.. Cio’, pertanto, esula dal perimetro del sindacato rimesso a questo giudice di legittimita’. Secondo la linea interpretativa da tempo tracciata da questa Corte regolatrice, l’epilogo decisorio non puo’ difatti essere invalidato da prospettazioni alternative che si risolvano in una “lettura diversa” degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, ovvero nell’autonoma assunzione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, da preferirsi a quelli adottati dal giudice del merito, perche’ illustrati come maggiormente plausibili, o perche’ assertivamente dotati di una migliore capacita’ esplicativa nel contesto in cui la condotta delittuosa si e’ in concreto realizzata (Cass. Sez. 6, n. 22256 del 26/04/2006, Rv. 234148; Sez. 1, n. 42369 del 16/11/2006, Rv. 235507).
In questa logica si e’ anche ribadito, recentemente, che sono precluse al giudice di legittimita’ la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacita’ esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, Musso, Rv. 265482).
Non condivisibile, poi, e’ l’affermazione secondo cui nella specie non ci si trovi al cospetto di una cd. doppia conforme.
Infatti, pur con le dovute diverse ricostruzioni in fatto, anche all’esito della rinnovata attivita’ istruttoria, l’epilogo decisorio non risulta essere mutato e non si sono registrate divergenze sulle conclusioni che hanno indotto le due affermazioni di penale responsabilita’, rimaste essenzialmente sovrapponibili sui due nuclei essenziali della attribuzione penale che afferiscono al titolo di imputazione e all’elemento negativo dell’assenza dell’invocata esimente di tipo obiettivo.
Le divergenze tra le due sentenze sui segmenti ricostruttivi, dunque, non implicano affatto automaticamente la conclusione che si pretende di inferire a discarico, ne’ che non si versi al cospetto di una doppia decisione conforme. Cio’ perche’ la sentenza della Corte d’assise d’appello risulta aver essenzialmente ritenuto maggiormente plausibili taluni rilievi difensivi che aveva stimato come aderenti al quadro probatorio. Cio’ nonostante si e’ confermata, come anticipato, l’assenza della causa di giustificazione invocata della legittima difesa e l’azione di sparo da parte del (OMISSIS), odierno imputato.
Cio’ posto deve osservarsi che l’intero motivo e’ sviluppato in fatto e chiama, in sostanza, la Corte di legittimita’ ad una rivalutazione del risultato di prova, proponendone una lettura che si ritiene preferibile rispetto a quella, contrariamente, operata dal giudice di merito.
Cio’ vale per la questione sulla presenza o meno di un gruppo di ultras che, in relazione all’aggressione al (OMISSIS), si assume avrebbe preceduto quella visibile nel video (OMISSIS). La ripresa indicata documentava l’incipit dell’azione portata avanti dal gruppo capeggiato da (OMISSIS).
La sentenza impugnata ha escluso l’esistenza di una prima schiera di tifosi (N. 23 e 24) e cio’ ha fatto, contrariamente a quanto dedotto, non solo valorizzando il mancato rinvenimento di sassi, biglie e bulloni (o utilizzando il solo argomento che si trattasse di un armamentario necessario), ma soffermandosi su ben altre coordinate valutative.
La decisione, infatti, ha indubbiamente richiamato quel profilo oggettivo, ma lo ha abbinato e interpretato alla luce delle deposizioni testimoniali e, innanzitutto, della durata del video stesso (durata di poco superiore a sette secondi).
Procedendo nell’ordine, la Corte d’assise d’appello ha chiarito che l’ipotesi di una tifoseria che avesse preceduto l’azione condotta da (OMISSIS) e che avesse gia’ realizzato un’aggressione verso il (OMISSIS) era smentita gia’ sul piano logico.
Del resto, il mancato rinvenimento dell’oggettistica indicata con finalita’ siffatta che, per massima di esperienza, si sarebbe dovuta rinvenire risulta aver orientato la ricostruzione giudiziale in una certa direzione.
Questo elemento aveva indotto, secondo un passaggio immune da censure, ad escludere l’esistenza di gruppi aggiuntivi, che rispettivamente spalleggiassero il (OMISSIS) e supportassero l’ (OMISSIS) e che lo avessero anche preceduto sul luogo del fatto.
La Corte territoriale risulta essersi soffermata adeguatamente anche sulla deposizione del (OMISSIS) e ha spiegato in che termini quel contributo dichiarativo dovesse essere inteso. Il dichiarante era ad una distanza di almeno cento metri dall’epicentro, su un cavalcavia, condizione che anche ad un buon osservatore non garantiva assoluta e perfetta prospettiva di visione. La sentenza impugnata spiega la ragione per la quale il gruppo osservato non potesse essere affatto quello capeggiato da (OMISSIS). Si era, invero, ricostruito che allorquando costui e i suoi erano transitati per (OMISSIS) il (OMISSIS) non aveva ancora posto in essere la sua bravata. Allora, da un lato, il video (OMISSIS) e la sua durata e, dall’altro, le dichiarazioni testimoniali di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) davano conto che non vi fossero stati prima accessi da parte di gruppi napoletani alla stradina.
Solo dopo il ferimento dell’ (OMISSIS) si era generata una dura reazione di altri tifosi napoletani che erano intervenuti per punire il (OMISSIS).
Questo si e’, coerentemente e logicamente, ritenuto fosse il gruppo che aveva visto il (OMISSIS) e la ricostruzione non era affatto smentita da (OMISSIS). La sua dichiarazione, ha osservato la Corte territoriale, aveva lo scopo di allontanare da se’ ogni accusa che gli sarebbe stata mossa per le lesioni procurate al (OMISSIS), avendo interesse ad attribuire ad altri le responsabilita’.
Ne’ sulle dichiarazioni del (OMISSIS), richiamate a confutazione, il ricorso risulta autosufficiente, sicche’ la critica avanzata va ritenuta inammissibile, secondo quanto ha avuto modo di affermare, piu’ volte, questa Corte di legittimita’: “e’ inammissibile il ricorso per cassazione che deduca il vizio di manifesta illogicita’ della motivazione e, pur richiamando atti specificamente indicati, non contenga la loro integrale trascrizione o allegazione, cosi’ da rendere lo stesso autosufficiente con riferimento alle relative doglianze” (Sez. 2, n. 26725 del 01/03/2013, Natale, Rv. 256723; Sez. 3, n. 43322 del 02/07/2014, Sisti, Rv. 260994).
Ne’ si rilevano i denunciati vizi di legittimita’ neppure assumendo che l’ (OMISSIS) fosse stato valorizzato nella parte dichiarativa in cui aveva asserito che a sparare fosse stato (OMISSIS). A parte il generale principio di frazionabilita’ e la non decisivita’ sul punto della dichiarazione va evidenziato che la Corte, ai fini che qui rilevano, nella comparazione tra le dichiarazioni testimoniali ha dato conto delle motivazioni che avevano indotto a ritenere attendibili gli altri testi sulla questione indicata e sulla insussistenza di un gruppo napoletano che avesse preceduto (OMISSIS). Piu’ volte si e’ avuto modo, del resto, di affermare il principio di frazionabilita’ della dichiarazione della fonte testimoniale o del chiamante in correita’ o in reita’ (Sez. 4, n. 21886 del / 19/04/2018, Cataldo, Rv. 272752; Sez. 3, n. 24979 del 22/12/2017 Ud. (dep. 05/06/2018) Rv. 273530). Deve pertanto ritenersi legittima una valutazione frazionata delle dichiarazioni della parte offesa, in quanto un eventuale giudizio di inattendibilita’ su alcune circostanze non necessariamente inficia la credibilita’ delle altre parti del racconto, non essendo sempre e necessariamente ravvisabile, in tale ipotesi, un’interferenza fattuale e logica tra le diverse parti del prodotto narrativo, unica a poter condizionare e pregiudicare l’intera attendibilita’ della fonte.
Le parti dichiarative intrinsecamente attendibili e adeguatamente riscontrate restano, pertanto, tali. Cio’ a condizione che non sussista un contrasto tra la parte del narrato ritenuta non genuina e quelle residue e sempre che non si tratti di inattendibilita’ talmente macroscopica, per conclamato contrasto con altre sicure emergenze probatorie, da compromettere la stessa credibilita’ del dichiarante. Il principio vale viepiu’ la’ dove sia stata data dal giudice una spiegazione alla parte della narrazione risultata smentita o non attendibile, in modo che possa, comunque, formularsi un giudizio positivo sull’attendibilita’ soggettiva del dichiarante (in senso analogo anche: Sez. 6, n. 25266 del 03/04/2017 Ud. (dep. 19/05/2017) Polimeni, Rv. 270153).
1.2. Il secondo motivo e’, al pari, inammissibile.
Si deduce l’illogicita’ della sentenza impugnata che non aveva adeguatamente spiegato perche’ la pistola che (OMISSIS) impugnava, prima di essere colpito, fosse sporca del suo sangue. Ne’ sarebbe stata convincente la spiegazione data sulla ragione per la quale anche sul cappellino della vittima vi fosse il sangue dell’imputato.
Anche con il motivo di ricorso in esame si tende, in definitiva, a proporre una soluzione alternativa a quella data dalla Corte territoriale ritenuta preferibile da parte del ricorrente. Cio’ in assenza di un vero vizio di motivazione che caratterizza la sentenza. Il tutto con lo scopo di prospettare alla Corte di legittimita’ una diversa e possibile chiave di lettura degli eventi, riprendendo la valutazione in fatto della prova scrutinata nonostante un ragionamento immune da ogni censura.
Ha, infatti, chiarito la decisione impugnata che il (OMISSIS) fu inizialmente colpito dall’ (OMISSIS) e che questo fu il dato e l’elemento determinante che genero’ la perdita di sangue e le tracce ematiche sull’arma e sul cappellino della vittima.
Si tratta di una spiegazione logica, non affetta da vizi, ne’ confutata o seriamente smentita attraverso quanto aveva affermato il ricorrente.
La stessa Corte d’assise d’appello ha premesso alla spiegazione data l’esclusione, in primo luogo, dell’ipotesi che il (OMISSIS) fosse stato aggredito da un altro gruppo di tifosi precedentemente intervenuto, diverso dal gruppetto di cui era parte. Non vi era spazio, si e’ spiegato (alla luce di quanto gia’ esaminato) per ritenere che il (OMISSIS) fosse stato gia’ colpito dai fendenti ai glutei, colpi che, al contrario, gli erano stati sferrati nella fase successiva della vicenda e dopo gli spari contro l’ (OMISSIS) e i tifosi napoletani che lo seguivano. Il (OMISSIS), allora, aveva ricevuto un primo colpo (verosimilmente un pugno) che aveva determinato la fuoriuscita di sangue, con la conseguenza che le tracce ematiche si imprimevano sul cappellino della vittima e sulla pistola usata per l’esplosione dei colpi d’arma da fuoco. Si trattava del sangue colato dalla ferita ricevuta, gesto che alcuni testi avevano definito “placcaggio”, la’ dove si era trattato di un pugno sferrato dall’ (OMISSIS) all’anzidetto (OMISSIS).
1.3. Il terzo motivo si incentra sulla possibile esistenza di un errore medico e sulla sua rilevanza causale in ordine al decesso verificatosi.
La doglianza e’ inammissibile per due ordini di motivi.
Il primo e’ che essa non risulta essere stata dedotta in maniera specifica in appello e viene introdotta per la prima volta nel giudizio di cassazione.
Il secondo e’ che l’ipotesi adombrata, al di la’ della genericita’ che ne caratterizza la prospettazione, e’ formulata in termini privi di autosufficienza e risulta essenzialmente congetturale. Alcun elemento collega il fatto verificatosi nel suo decorso eziologico ad errori od omissioni da parte dei sanitari che ebbero in cura l’ (OMISSIS) presso il nosocomio, ne’ si evidenziano aspetti che possano fungere da fattori eccezionali o cause cdd. atipiche determinanti nella produzione dell’exitus con forza propria, tale da annullare ogni precedente concausa gia’ idonea a fondare il rapporto causale, secondo il principio dell’equivalenza condizionalistica.
Si e’, pertanto, al cospetto di una doglianza nuova, strutturalmente aspecifica e tendenzialmente perplessa, che ne impone l’anzidetta conclusione d’irricevibilita’.
1.4. Con il quarto motivo la difesa ha dedotto il vizio di motivazione in ordine alla valutazione della consulenza medico legale, circa il meccanismo di produzione della frattura alla gamba destra del (OMISSIS).
Si osserva che la Corte d’assise d’appello ha collegato la frattura, da un lato, alle dichiarazioni del (OMISSIS) e dall’altro alla stessa tesi esposta dal C.T. del P.M. Ciallella, valorizzando, tuttavia, il dato relativo alla caduta e la deposizione del teste (OMISSIS). Costui aveva, infatti, descritto la torsione dell’arto e la caduta in un momento successivo a quello in cui il (OMISSIS) cerco’ di chiudere invano il cancello. Non vi erano, pertanto, aspetti di manifesta illogicita’ nella motivazione, ma ancora una volta la comparazione tra ipotesi tutte egualmente plausibili e rispetto alle quali si suggerisce alla Corte di legittimita’ di prendere una posizione su quella preferibile, sviluppando un ragionamento di fatto assolutamente precluso in questa sede. Del resto la valorizzazione della dichiarazione del (OMISSIS) sulla torsione che costui aveva visto e che si era prodotta prima della caduta era un elemento che correttamente i giudici di merito hanno inteso valorizzare incentrando la ricostruzione e la scaturigine della frattura di esso.
Il ricorso sulla questione (per tutte, Sez. 4, n. 15497 del 22/02/2002, Palma, Rv. 221693; Sez. 6, n. 34521 del 27/06/2013, Ninivaggi, Rv. 256133) e’ anche privo di specificita’ e ripropone le censure dedotte come motivi di appello, senza prendere in considerazione, per confutarle, le argomentazioni in virtu’ delle quali i motivi di appello non siano stati accolti. Si e’ osservato (Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, Leonardo, Rv. 254584) che “La funzione tipica dell’impugnazione e’ quella della critica argomentata avverso il provvedimento cui si riferisce. Tale critica argomentata si realizza attraverso la presentazione di motivi che, a pena di inammissibilita’ (articoli 581 e 591 c.p.p.), debbono indicare specificamente le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta. Contenuto essenziale dell’atto di impugnazione e’, pertanto, innanzitutto e indefettibilmente il confronto puntuale (cioe’ con specifica indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che fondano il dissenso) con le argomentazioni del provvedimento il cui dispositivo si contesta.
Il motivo di ricorso in cassazione, in particolare, e’ caratterizzato da una “duplice specificita’”: “Deve essere si’ anch’esso conforme all’articolo 581 c.p.p., lettera c), (e quindi contenere l’indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta presentata al giudice dell’impugnazione); ma, quando attacca le ragioni che sorreggono la decisione, deve altresi’ contemporaneamente enucleare in modo specifico il vizio denunciato, in modo che esso sia chiaramente sussumibile fra i tre, soli, previsti dall’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), deducendo poi, altrettanto specificamente, le ragioni della sua decisivita’ rispetto al percorso logico seguito dal giudice del merito per giungere alla deliberazione impugnata, si’ da condurre a decisione differente” (Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, Leonardo, Rv. 254584, cit.).
La sentenza impugnata ha spiegato che il (OMISSIS) effettivamente tento’ di chiudersi alle spalle il cancello e che si tratto’ del primo cancello e non del secondo (quello, cioe’, che immetteva nel (OMISSIS)). Ha escluso l’ipotesi che il (OMISSIS) stesso avesse esploso i colpi d’arma da fuoco, dopo essere stato accoltellato dai tifosi napoletani e ha ribadito la conclusione anche spiegando le ragioni per le quali non condivideva le conclusioni della perizia (OMISSIS) che aveva valorizzato una macchia di sangue da cd stazionamento, indicativa di una permanenza del corpo in sede per un certo tempo. Cio’ perche’ la tesi si basava sull’assunto che ad aggredire il (OMISSIS) non fossero stati i tifosi napoletani del gruppo dell’ (OMISSIS), ma altri soggetti che erano intervenuti precedentemente. Escluso, tuttavia, che vi fosse stato un intervento di altro gruppo si rivedevano nella decisione le conclusioni anche sulle modalita’ di produzione della frattura e si escludeva che la reazione del (OMISSIS) di esplodere i colpi d’arma da fuoco fosse seguita all’azione di accoltellamento subita.
Il quarto motivo va, dunque, respinto.
1.5. Con il quinto motivo si lamenta la violazione degli articoli 52, 55 e 59 c.p., oltre al vizio di motivazione sul mancato riconoscimento della legittima difesa anche nella forma putativa, con possibile e relativo eccesso colposo.
Il motivo e’ infondato e va res (OMISSIS).
La sentenza impugnata esclude l’applicabilita’ dell’istituto della legittima difesa sulla scorta di due aspetti determinanti. Da un lato, il (OMISSIS) aveva provocato la situazione di pericolo; dall’altro aveva assunto una reazione non proporzionata all’offesa. Pur potendo puntare l’arma o sparare in aria, non lo aveva fatto e risulta aver esploso i colpi ad altezza d’uomo (cinque in rapida successione) dei quali quattro andarono a segno.
E’, indubbiamente, corretta l’osservazione contenuta in ricorso secondo cui ai fini del giudizio sulla sussistenza della legittima difesa e di un possibile eccesso colposo, non si possa valorizzare il porto e la disponibilita’ dell’arma in capo all’imputato. Non basterebbe questo dato, invero, a far inferire ex se una condizione dolosa che risalirebbe a un segmento temporale precedente l’azione dello sparo posta in essere. E’, contrariamente, doveroso affermare che l’atteggiamento psicologico e la spinta al delitto si valutano al momento di commissione della condotta, tenendo conto di tutte le circostanze concrete.
Possono indubbiamente gli elementi pregressi essere validi indicatori del profilo volitivo dell’agente, ma non risolvono, ne’ si sovrappongono al nucleo essenziale del giudizio da esprimere che va rapportato al momento dell’azione.
Nella specie, la detenzione di un’arma da parte del (OMISSIS) era indubbiamente indicativa della disponibilita’ a farne uso, pur precisando che detta disponibilita’ non si sostituisce ai giudizio da esprimere sul tratto volitivo nel momento centrale della condotta.
Corretta e’ stata, pertanto, la valutazione da parte della Corte territoriale di escludere l’operativita’ dell’esimente. Cio’, non per eventuali richiami al cd. dolo generale, categoria neppure evocata dal giudice a quo, ma per la indicata volontaria determinazione del pericolo da parte dell’agente stesso.
Ne’ puo’ ritenersi risolutivo l’argomento secondo cui la legittima difesa non richiamerebbe l’anzidetta condizione strutturale di operativita’ della scriminante, richiesta per il solo stato di necessita’.
L’articolo 52 c.p., diversamente da quanto accade nell’articolo 54 c.p., non richiede effettivamente tra i requisiti della legittima difesa che il pericolo non sia stato volontariamente causato dall’agente. Si era ritenuto in giurisprudenza che la causa di giustificazione non fosse esclusa dalla volontaria accettazione di una situazione di pericolo, ma dalla prevista necessita’ di dover fronteggiare quella situazione mediante la commissione di un reato. Il caso tipico era quello dell’accettazione della sfida, comportando essa sfida la necessaria e inevitabile situazione di minaccia per la propria incolumita’, realta’ fronteggiabile con la sola lesione dell’altrui incolumita’ (Sez. 1, n. 37289 del 21/06/2018, Fantini, Rv. 273861; Sez. 1, n. 4874 del 27/11/2012 Ud. (dep. 31/01/2013), Spano, Rv. 254697).
Non si verificherebbero le condizioni ostative, al contrario, la’ dove il soggetto si fosse solo limitato ad esporsi a possibili (non assolutamente certe) iniziative aggressive altrui, senza essere a propria volta animato da alcun intento aggressivo (Cass. 2/3/2004 n. 9606). In questa logica e’ stata, pertanto, esclusa la possibilita’ di configurare la legittima difesa in tutti i casi in cui l’aggredito oltre che a difendersi abbia mirato ad offendere, contribuendo cosi’ a creare consapevolmente una situazione di fatto che generava pericolo attuale per se’ (Cass. 30/1/1995 n. 1009). Ancora e recentemente si e’ osservato che la volontaria determinazione dello stato di pericolo esclude la configurabilita’ della legittima difesa non per la mancanza del requisito dell’ingiustizia dell’offesa ma per difetto del requisito della necessita’ della difesa, sicche’ l’esimente non sarebbe applicabile a chi agisce nella ragionevole previsione di determinare una reazione aggressiva accettando volontariamente la situazione di pericolo da lui determinata (Cass. 2/5/2006 n. 15025; Sez. 1, n. 12740, del 20/12/2011 Cc. (dep. 04/04/2012), EI Farnouchi, Rv. 252352 – 01).
Si crea cosi’ un presupposto tacito per l’operativita’ della scriminante che deriva dalla sua ratio e che trova appiglio testuale nella descrizione dell’esimente stessa. Si postula, in altri termini, l’involontarieta’ della situazione di pericolo come aspetto strutturale necessario. La norma fa, infatti, espressamente riferimento ad esso (per esservi stato costretto dalla necessita’…). La situazione di costrizione va valutata nella complessita’ della situazione di fatto in cui maturano gli eventi; costrizione in senso giuridico non puo’ esservi, allora, a favore di colui il quale abbia intenzionalmente provocato o colpevolmente accettato o non evitato il pericolo stesso, per contrastare il quale intende opporre l’esimente obiettiva (Cass. 18-12008, n. 2911; 29-7-2008, n. 31633).
La sentenza di merito fa corretta applicazione dei principi indicati. Ricostruisce la dinamica della condotta posta in essere, fondandosi sul video (OMISSIS) e sugli altri elementi di prova rilevanti. Richiamato il contatto fisico tra il (OMISSIS) e l’ (OMISSIS) ricostruisce il particolare che il primo fu raggiunto e colpito, probabilmente con un pugno, dall’ (OMISSIS), colpo che provoco’ nel (OMISSIS) una rotazione facendolo finire a terra. La scena descritta dal teste (OMISSIS) confermava che in quella specifica congiuntura il medesimo (OMISSIS) si era procurato la frattura alla gamba.
In questa sequenza di eventi si e’ escluso che egli avesse sparato dopo essere stato ripetutamente accoltellato dai tifosi napoletani.
Si e’, in altri termini, ridimensionato il significato della macchia di sangue da stazionamento (come indicato in consulenza (OMISSIS) e in quella elaborata nell’interesse della difesa) perche’ si trattava di approfondimenti scientifici che si basavano su un’ipotesi smentita dalla ricostruzione operata secondo cui l’aggressione al (OMISSIS) era stata preceduta da altro intervento di un diverso gruppo di tifosi partenopei che, al contrario, non v’era stato e che, soprattutto, non aveva attuato inizialmente alcuna aggressione.
Immuni da vizi logici sono le considerazioni svolte dal giudice di merito che ha valorizzato la ripresa cd. (OMISSIS). Essa documentava un inizio dell’inseguimento da parte di (OMISSIS) e un segmento di durata, che precedeva gli spari, di appena sette secondi. E’ irrilevante, pertanto, che non si vedesse nella ripresa video il momento in cui era stata intrapresa la fuga da parte del (OMISSIS), poiche’ costui era, in ogni caso sul vialetto che portava al (OMISSIS) e, stando alle deposizioni, si era appena allontanato. Si e’, pertanto, correttamente ritenuto che egli avesse gia’ impugnato l’arma nel momento in cui, colpito da (OMISSIS), cadeva al suolo.
Non vi sarebbe stato, infatti, tempo sufficiente per ipotizzare altre dinamiche o sequenze alternative.
In questa successione di eventi, pertanto, si e’ esclusa la possibilita’ che si potesse ritenere l’operativita’ della causa di giustificazione della legittima difesa.
(OMISSIS), infatti, si trovava a fronteggiare un gruppetto sparuto di tifosi disarmati e a mani nude, la’ dove egli era, al contrario, l’unico ad avere la disponibilita’ di una pistola.
L’imputato, ancora, aveva posto in essere le condizioni obiettive che portavano allo scontro. Aveva provocato una situazione di pericolo, scagliando oggetti contro il pullmann dei tifosi napoletani, mettendo in conto una possibile reazione e creando cosi’ una condizione obiettiva di pericolo. Da cio’, dopo l’azione dimostrativa, la fuga posta in essere. In questa logica non vi fu, in fatto, alcuna cesura tra l’azione dell’imputato e l’inseguimento da parte dell’ (OMISSIS) e degli altri soggetti, iniziativa che fu immediata e in continuita’ con il gesto posto in essere.
Ne da’ conto proprio il video (OMISSIS) che, pur non documentando la presenza e il momento di allontanamento dell’imputato dalla scena, riprendeva il gesto dell’ (OMISSIS) stesso che scavalcava il guard-rail e si lanciava all’inseguimento dell’imputato. Cio’ accadeva, chiaramente, per aver la vittima visto la scena della provocazione e del lancio dei petardi, realizzatasi immediatamente prima.
L’ (OMISSIS), dunque, cede ad un impulso di difesa, in funzione del.sostegno da assicurare alla tifoseria napoletana e si porta verso il (OMISSIS).
Non v’e’, allora, cessazione della situazione di pericolo innescato dal gesto precedente, ma la naturale e consequenziale progressione dello sviluppo di un’azione che mantiene il suo carattere di unitarieta’. In essa azione, invero, persistono, da un lato, il finalismo obiettivo degli atti in successione (che trae scaturigine dalla causa originaria) e, dall’altro, soprattutto, la contestualita’ degli stessi atti, in ragione della congiuntura storico-fattuale generatasi.
L’uso dell’arma, pertanto, fu posto in essere deliberatamente.
Il ricorrente non si servi’ della pistola per dissuadere i soggetti che si avvicinavano. Ne’ la mostro’ o sparo’ in aria nell’esclusivo tentativo di intimorirli. Sparo’ cinque volte; ripetutamente e ad altezza d’uomo. Da quanto premesso si e’ ritratta la conclusione dell’insussistenza della scriminante e dell’impossibilita’ di configurare un eccesso colposo rispetto ad essa. Non sussistendo l’esimente non si sarebbe potuto configurare un eccesso colposo dei limiti che la caratterizzano. Quanto all’erronea supposizione si e’ escluso che la le circostanze di fatto potessero richiamare un errore nella percezione della situazione reale che potesse indurre a ritenere esistente l’ipotesi della scriminante putativa, trattandosi di circostanze volontariamente provocate dallo stesso sparatore.
1.6. Con il sesto motivo lamenta il ricorrente la violazione dell’articolo 62 c.p., n. 5. L’attenuante, si osserva, dovrebbe trovare applicazione ogni volta in cui il fatto doloso dell’offeso sia tale che se non vi fosse stato non si sarebbe verificato l’evento nella sua forma e gravita’.
Il motivo di ricorso e’ infondato e va respinto.
Gli argomenti sviluppati, infatti, operano una critica all’impostazione giurisprudenziale e ai principi su cui essa si fonda senza confrontarsi in maniera compiuta con la motivazione della decisione.
La circostanza attenuante del concorso del fatto doloso della persona offesa richiede, ai fini della sua sussistenza, l’integrazione di un elemento materiale, quale e’ l’inserimento del comportamento della persona offesa nella serie delle cause determinatrici dell’evento e di un elemento psichico, consistente nella volonta’ di concorrere a determinare lo stesso evento (Sez. 2, n. 25915 del 02/03/2018 Ud. Rv. 272945).
Del resto, contrariamente a quanto dedotto in ricorso, e’ orientamento ormai consolidato della giurisprudenza di questa Corte (Sez. 5, sentenza n. 7570 del 22/04/1999, Rv. 213639; Sez. 1, sentenza n. 13764 del 11/03/2008, Rv. 239798; Sez. 1, sentenza n. 29938 del 14/07/2010, Rv. 248021; Sez. 1, sentenza n. 14802 del 07/03/2012, Rv. 252265) che il collegio condivide e ribadisce, che la circostanza attenuante prevista dall’articolo 62 c.p., n. 5, e’ configurabile quando la condotta della persona offesa non soltanto si inserisce nella serie causale di produzione dell’evento, ma si collega anche sul piano della causalita’ psicologica a quella del soggetto attivo. Non e’, quindi, sufficiente che la persona offesa abbia contribuito, con la sua condotta, alla causazione dell’evento, ma e’ necessario, sul piano psicologico, che l’offeso abbia voluto lo stesso evento avuto di mira dall’agente. D’altro canto, l’attenuante, nel richiedere la sussistenza del fatto doloso della persona offesa, rinvia, per la definizione della nozione di dolo, al precedente articolo 43 c.p. e presuppone, quindi, che la persona offesa preveda e voglia l’evento dannoso come conseguenza della propria cooperazione attiva o passiva al fatto delittuoso dell’agente.
La sentenza impugnata fa applicazione dei principi enunciati e, sulla scorta di quanto premesso, ha escluso, per quanto qui rileva, che l’ (OMISSIS) potesse aver voluto il concorso nella propria morte, aspetto che ha correttamente indotto la reiezione del motivo d’appello, finalizzato al riconoscimento dell’attenuante in esame.
2. Alla luce di quanto premesso il ricorso va respinto con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Segue, altresi’, la condanna dell’imputato al pagamento delle spese sopportate nel grado dalle parti civili, spese che si stima equo liquidare in favore di (OMISSIS) in Euro quattromila, in favore di (OMISSIS), (OMISSIS) ed (OMISSIS) in Euro quattromilaottocento, in favore di (OMISSIS) in Euro quattromila, oltre per tutti spese generali IVA e CPA come per legge e per (OMISSIS) ammesso al gratuito patrocinio a spese dell’Erario si dispone che il pagamento avvenga in favore dello Stato.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di quelle sopportate nel grado dalle parti civili che liquida in favore di (OMISSIS) in Euro quattromila, in favore di (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) in Euro quattromilaottocento, in favore di (OMISSIS) in Euro quattromila, oltre per tutti spese generali IVA e CPA come per legge e per (OMISSIS) ammesso al gratuito patrocinio a spese dell’Erario dispone che il pagamento avvenga in favore dello Stato.

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