Qualificazione “a esaurimento” al fine di contrastare il fenomeno del lavoro precario nella scuola

Consiglio di Stato, sezione sesta, Sentenza 16 aprile 2019, n. 2473.

La massima estrapolata:

Se la qualificazione “a esaurimento” comporta, al fine di contrastare il fenomeno del lavoro precario nella scuola, una chiusura all’inserimento di nuovi soggetti non inseriti in precedenza nelle graduatorie permanenti, la qualifica di “nuovo inserimento” non si concilia con la posizione del docente a suo tempo già inserito ma poi depennato e che domandi di essere reinserito nella graduatoria, divenuta a esaurimento, in una situazione nella quale il depennamento definitivo, lungi dal comportare una stabilizzazione lavorativa preclude, invece, la possibilità di un’occupazione, ancorché precaria.

Sentenza 16 aprile 2019, n. 2473

Data udienza 12 luglio 2018

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5950 del 2016, proposto dai signori -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS- e -OMISSIS-, tutti rappresentati e difesi dall’avvocato Di. Ca., presso il cui studio sono elettivamente domiciliati in Roma, via (…);
contro
il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, presso la cui sede domicilia per legge in Roma, via (…); ;
nei confronti
la signora -OMISSIS-, non costituito nel presente grado di giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo per il Lazio, sede di Roma, Sez. III-bis, 27 ottobre 2016 n. 10677, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero appellato ed i documenti prodotti;
Esaminate le ulteriori memorie;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 12 luglio 2018 il Cons. Stefano Toschei e udito per la parte pubblica l’avvocato dello Stato Pi. Gi. Ma.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. – Gli appellanti, come meglio indicati in epigrafe, chiedono a questo Consiglio la riforma, con conseguente accoglimento del ricorso proposto in primo grado, della sentenza del Tribunale amministrativo per il Lazio, sede di Roma, Sez. III-bis, 27 ottobre 2016 n. 10677 con la quale il giudice di prime cure ha respinto il ricorso dagli stessi proposto contro il Ministero dell’istruzione, università e ricerca (di seguito “MIUR”) al fine di ottenere l’annullamento del D.M. 22 giugno 2016 n. 495 con il quale il predetto Ministero ha disposto l’aggiornamento delle graduatorie ad esaurimento per il personale docente ed educativo della scuola, per il triennio 2014-2017, nella parte in cui non consente loro, pur essendo in possesso dell’abilitazione all’insegnamento, l’inserimento in graduatoria ad esaurimento ancorché già inclusi nelle GAE nel periodo antecedente alla pubblicazione della l. n. 296/2006, da cui venivano cancellati per non avere presentato domanda di aggiornamento.
2. – La sentenza del Tribunale, in sintesi, ha respinto il ricorso sulla base delle seguenti argomentazioni:
– la questione è identica ad altre già decise (ad esempio con sentenza 14 luglio 2016 n. 8308) conformemente dalla Sezione (del Tribunale amministrativo) e rispetto a tali decisioni appare corretto uniformarsi anche in occasione del presente contenzioso;
– nello stesso tempo va sottolineato come non sia condivisibile l’isolato orientamento di segno opposto, assunto con alcune decisioni semplificate assunte dalla medesima Sezione del Tribunale (ex multis,n. 9822/2016), con cui è stata annullatala disposizione di cui all’art. 5, comma 1, del D.M. n. 495 del 2016, “nella parte in cui prevede l’applicazione delle disposizioni di cui al DM n. 235 del 2014 e, tra queste, di quella contenuta nell’art. 1, comma 1, lettera b), ultimo periodo (a norma del quale “La mancata presentazione della domanda comporta la cancellazione definitiva dalla graduatoria”), sulla considerazione che “con la legge n. 296 del 2006 non sono cambiate le regole per il loro aggiornamento e non è venuta meno la possibilità di reinserimenti a domanda” (..) e “L’art. 1, comma 1-bis, d.l. n. 97/2004, nel disciplinare l’onere di presentazione della domanda di aggiornamento della posizione in graduatoria, costituisce norma speciale rispetto alla norma generale che stabilisce il carattere ad esaurimento delle graduatorie: la mancata presentazione di tale domanda comporta la propria cancellazione dalla graduatoria ma non pregiudica il diritto di ottenere – a seguito di nuova domanda tempestivamente presentata – il reinserimento nelle graduatorie successive” (così, testualmente, nella sentenza qui fatta oggetto di appello);
– a ciò va aggiunto che “già l’art. 1, comma 2, del D.M. 42/09 – nel prevedere l’integrazione e l’aggiornamento delle graduatorie ad esaurimento del personale docente ed educativo per gli anni scolastici 2009/2010 e 2010/2011 – al comma 2, prescriveva che “…a norma dell’art. 1 comma 1 bis della legge 143/04, la permanenza, a pieno titolo o con riserva, nella graduatoria di cui al precedente comma 1, avviene su domanda dell’interessato, da presentarsi entro il termine indicato al successivo art. 11” e che “La mancata presentazione della domanda comporta la cancellazione definitiva dalla graduatoria..” (così, testualmente, sempre nella sentenza qui fatta oggetto di appello);
– quindi “tale disposizione costituiva attuazione dell’art. 1 del d.l. 7 aprile 2004, n. 97, recante “Disposizioni urgenti per assicurare l’ordinato avvio dell’anno scolastico 2004-2005, nonché in materia di esami di Stato e di Università ” (ancora, testualmente, nella sentenza qui fatta oggetto di appello);
– ne deriva che pur se il D.M. n. 44/2009 sia stato annullato nella parte in cui non ha previsto l’obbligo per gli Uffici scolastici provinciali di comunicare ai docenti già iscritti nelle GAE, e che hanno omesso di presentare la domanda di esservi confermati, gli effetti della l. 143/2004, avvertendoli dell’onere di presentare detta domanda di conferma entro un termine prefissato, pena la cancellazione da quest’ultima, tuttavia “a seguito della modifica normativa operata per effetto della legge n. 296, del 27/12/2006, ed in particolare dell’art. 1, comma 605, lettera c) (che ha trasformato le graduatorie permanenti in graduatorie ad esaurimento) tale interpretazione non appare più sostenibile, tanto che l’amministrazione con il successivo decreto ministeriale n. 44 del 12 maggio 2011, all’art. 1 comma 1, ha ritenuto che anche i docenti già in passato inseriti nelle graduatorie “permanenti” dovessero reiterare espressamente la manifestazione di volontà di permanere nelle graduatorie ora divenute “ad esaurimento” statuendo che “a norma dell’art. 1, comma 1-bis della legge 143/2004, la permanenza, a pieno titolo o con riserva, nelle graduatorie a esaurimento avviene su domanda dell’interessato, da presentarsi entro il termine indicato al successivo art. 9. La mancata presentazione della domanda comporta la cancellazione definitiva dalla graduatoria” (ancora una volta, testualmente, nella sentenza qui fatta oggetto di appello);
– la definitiva cancellazione dalle GAE, su cui si appunta l’interesse dei ricorrenti e determinatasi per effetto della mancata manifestazione di interesse alla permanenza di cui all’art. 1 del D.M. 44/2011, deriva da provvedimenti amministrativi divenuti ormai inoppugnabili, e quindi, la pretesa di inserimento in occasione dell’emanazione del decreto triennale di aggiornamento dei punteggi per il biennio 2014/2016, deve essere interpretata come domanda di “nuovo inserimento”, preclusa dalle disposizioni normative frattanto sopravvenute e, segnatamente, dall’art. 1, co. 605, lett. c), della l. 296/2006;
– in conclusione “il principio del divieto dei nuovi inserimenti in GAE – al quale, ad avviso del Collegio, va equiparata la posizione dei “depennati”, ovvero dei soggetti “definitivamente” cancellati dalle graduatorie – deve ritenersi assodato”, sicché “la differente ratio delle graduatorie ad esaurimento rispetto a quelle permanenti (la cui natura è ben evidenziata nella sentenza del Tar Lazio n. 2799/2001) destinate all’esaurimento nella parte in cui consentivano il reclutamento del 50% dei docenti al di fuori del canale del pubblico concorso, verrebbe snaturata ove venisse consentito a qualsiasi docente che sia stato depennato, per non aver manifestato il proprio interesse ai sensi del D.M. 44/2011, di esservi nuovamente incluso “in ogni tempo”, in occasione dei decreti triennali di mero aggiornamento del punteggio” (ciò sempre, testualmente, nella sentenza qui fatta oggetto di appello).
3. – L’appello nei confronti della suddetta sentenza del giudice di primo grado è affidato alle seguenti censure:
a) Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1, comma 1-bis, l. 143/2004 in combinata lettura con l’art. 10- bis l. 25 febbraio 2016, n. 21 di conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 30 dicembre 2015, n. 210 – violazione e/o falsa applicazione della l. 124/1999 – violazione artt. 3, 4 e 97 Cost. – violazione dei principi generali del giusto procedimento e della correttezza dell’attività amministrativa di cui alla l. 241/1990 -eccesso di potere per erronea valutazione dei presupposti;
b) Eccesso di potere per disparità di trattamento, violazione degli artt. 3, 4 e 51 Cost. sotto altro profilo – illogicità ed ingiustizia manifesta – violazione del principio di buon andamento della pubblica amministrazione sotto altro profilo – violazione del Trattato di Amsterdam e dei principi comunitari di non discriminazione.
Ad avviso di parte, in sostanza (tenendo conto di quanto emerge dalla lettura dell’atto introduttivo dell’appello qui in esame):
A) la sentenza impugnata sarebbe errata laddove non consente il reinserimento nelle graduatorie ad esaurimento dei docenti già ivi inseriti e presenti anche successivamente alla l. 296/2006 (e tanto più in applicazione dell’art. 1, comma 1-bis della l. 143/04), ma depennati per mancata presentazione della domanda di aggiornamento secondo quanto previsto dai decreti ministeriali di aggiornamento e ciò anche in rispetto del superiore principio, di rango costituzionale e comunitario, di non discriminazione;
B) a tal proposito, nonostante le graduatorie siano divenute ad esaurimento a seguito dell’emanazione della l. n. 296/2006, non sarebbero cambiate le regole per il loro aggiornamento e non sarebbe venuta meno la possibilità di reinserimento a domanda. Al più, la mancata presentazione della domanda comporterebbe la cancellazione dalla graduatoria, ma non pregiudicherebbe il diritto di ottenere, a seguito di nuova domanda tempestivamente presentata, il reinserimento nelle graduatorie per gli anni successivi, con conservazione del punteggio già posseduto al momento della cancellazione;
C) peraltro, con il D.M. 53/2012, il Ministero ha addirittura costituito una fascia aggiuntiva rispetto alle tre già esistenti, al fine di consentire ulteriori nuovi inserimenti di aspiranti per nulla contemplati dalla l. 296/2006. Ne deriva che il Ministero si è spinto ben oltre le previsioni di cui alla l. 296/2006 consentendo nuovi inserimenti in graduatorie “ad esaurimento” quindi teoricamente chiuse a nuovi ingressi. È evidente però la disparità di trattamento che si è venuta così a determinare nei confronti della cospicua categoria dei docenti già in possesso di un titolo abilitante e già presenti in GAE ma cancellati ed ai quali è sempre stato precluso il reinserimento in graduatoria, a fonte di altri aspiranti che, sebbene abilitati parecchi anni dopo ed in costanza di “chiusura” delle GAE, ai quali è stato consentito l’inserimento, creando addirittura una apposita fascia aggiuntiva alle tre già esistenti;
D) quindi, diversamente da quanto rilevato dal Tribunale amministrativo regionale, non si tratterebbe di snaturare le graduatorie consentendo a qualsiasi docente che sia stato depennato di esservi nuovamente incluso in ogni tempo, bensì di riconoscere l’impossibilità di nuovi ingressi a far data dall’1 gennaio 2007, anno di trasformazione delle stesse graduatorie permanenti in GAE, fermo restando il diritto al reinserimento dei docenti già ivi inclusi a quella data in cui le graduatorie sono state cristallizzate;
E) sotto altro versante va poi puntualizzato che secondo una lettura conforme al diritto comunitario e costituzionalmente orientata della l. 296/2006, deve reputarsi che la cd. chiusura della GAE non può in alcun modo costituire un ostacolo al riconoscimento del diritto al reinserimento in graduatoria dei docenti già presenti in applicazione dell’art. 1, comma 1-bis, l.143/2004 e ciò anche in rispetto del superiore principio, di rango costituzionale e comunitario, di non discriminazione;
F) da ciò consegue che la decisione (assunta anche nel caso qui oggetto di contenzioso) di negare la possibilità di reinserimento in graduatoria dei docenti abilitati e già inseriti in seno alle graduatorie anche successivamente alla loro trasformazione, da graduatorie permanenti in graduatorie ad esaurimento, perpetra una condotta illegittima e discriminatoria in danno degli stessi, che si pone in insanabile contrasto sia con il principio di uguaglianza di cui all’art. 3 Cost., sia con il principio di non discriminazione di matrice comunitaria.
4. – Si è costituito in giudizio il Ministero appellato confermando la correttezza della decisione alla quale è giunto nella specie il giudice di primo grado, chiedendo quindi la reiezione dell’appello.
5. – Ad una attenta valutazione delle questioni sottoposte alla delibazione del Collegio e tenendo conto di altri precedenti in materia già espressi dalla Sezione, che stanno formando un orientamento in via di consolidamento (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 23 luglio 2018 n. 4500 e 29 maggio 2018 n. 3198, che attengono alla impugnazione proprio del D.M. 495/2016, e 15 novembre 2017 n. 5281, 5 luglio 2017 nn. 3324 e 3323 e 3324, le cui argomentazioni, per quanto riferite in maniera precipua alla impugnazione del D.M. n. 235/2014, trovano applicazione anche per la risoluzione della presente controversia), l’appello proposto può qui trovare accoglimento in virtù delle considerazioni che seguono.
La questione in esame attiene alla possibilità, per il docente iscritto nelle graduatorie permanenti di cui all’art. 401 d.lgs. 16 aprile 1994, n. 297, trasformate in GAE con l’art. 1, comma 605, lett. c), l. 27 dicembre 2006, n. 296 e depennato da queste ultime graduatorie per non avere presentato la domanda di permanenza in occasione degli aggiornamenti periodici, di essere reinserito nelle graduatorie medesime in occasione di aggiornamenti successivi a quello in cui è intervenuta la cancellazione.
In proposito va rimarcato che, contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale amministrativo regionale nella sentenza qui fatta oggetto di appello, nessuna inammissibilità può discendere dalla omessa impugnazione, nel termine decadenziale, decorrente dalla pubblicazione, del D.M. 1 aprile 2014 n. 235 e del D.M. 3 giugno 2015 n. 325, contestati dai ricorrenti e appellanti odierni soltanto in occasione della impugnazione del D.M. 22 giugno 2016 n. 495.
E’ decisivo osservare che non vi era in capo ai ricorrenti alcun onere di impugnare i decreti su citati del 2014 e del 2015 dal momento che, come puntualmente rilevato nell’atto di appello, il D.M. n. 235/2014 era stato già annullato con efficacia erga omnes, trattandosi di un atto generale avente effetti inscindibili dalla sentenza del TAR Lazio, Sez. III-bis, 5 giugno 2015 n. 7975 (oltre che, di recente, in occasione di un contenzioso ana a quello odierno, dalla sentenza di questa Sezione del Consiglio di Stato, n. 3323 del 2017, cit.), proprio nella parte in cui, all’art. 1, comma 1, lett. b), si stabiliva che “la mancata presentazione della domanda comporta la cancellazione definitiva dalle graduatorie”.
Inoltre, il giudicato di annullamento anzidetto ha spiegato i suoi effetti anche nei confronti del D.M. n. 325/2015, il cui art. 5 prevedeva che “per quanto non previsto dal presente decreto trovano applicazione le disposizioni contenute nelle norme citate in premessa ed in particolare quelle contenute nel D.M. 235 del 1 aprile 2014, di cui il presente provvedimento è parte integrante”.
Non pare inutile aggiungere che non può farsi derivare alcuna preclusione processuale per effetto della omessa impugnazione dei decreti ministeriali n. 42/2009, peraltro a sua volta già annullato in parte qua da questa Sezione con la sentenza n. 3658 del 2014, come si rammenta anche nell’atto di appello e n. 44/2011, posto che la lesione della posizione soggettiva dei ricorrenti è divenuta concreta e attuale soltanto al momento dell’adozione dei criteri di aggiornamento delle GAE (in senso ana, si veda la sentenza Cons. Stato, Sez. VI, n. 5281/2017, cit., alla quale si fa rinvio anche ai sensi degli articoli 60, 74 e 88, co. 2, lett. d), c.p.a.).
6. – Come viene rilevato nella esposizione in fatto, secondo la sentenza qui oggetto di appello, la domanda di reinserimento nelle GAE da parte degli aspiranti docenti “depennati” dalle graduatorie stesse per non avere fatto domanda di permanenza/aggiornamento, dovrebbe essere qualificata come domanda di “nuovo inserimento”, come tale preclusa dall’art. 1, comma 605, lett. c), l. 296/2006, disposizione con la quale le graduatorie permanenti sono state trasformate in GAE.
Sennonché, come già osservato da questa Sezione (cfr. sentenze nn. 5281 e 3323 del 2017, cit., cui pure si rinvia), non è corretto ritenere che dalla trasformazione delle graduatorie permanenti in GAE discenda la preclusione del reinserimento nelle stesse di coloro i quali, già iscritti in passato, ne sono stati cancellati a causa della mancata presentazione della domanda di permanenza in occasione di un aggiornamento precedente a quello per cui viene presentata istanza di reinserimento.
La domanda di reinserimento è fatta espressamente salva dall’art. 1, co. 1-bis, della l. 4 giugno 2004, n. 143, in base al quale “dall’anno scolastico 2005-2006, la permanenza dei docenti nelle graduatorie permanenti di cui all’articolo 401 del testo unico avviene su domanda dell’interessato, da presentarsi entro il termine fissato per l’aggiornamento della graduatoria con apposito decreto del Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della ricerca. La mancata presentazione della domanda comporta la cancellazione dalla graduatoria per gli anni scolastici successivi. A domanda dell’interessato, da presentarsi entro il medesimo termine, è consentito il reinserimento nella graduatoria, con il recupero del punteggio maturato all’atto della cancellazione”, sempreché ovviamente la presentazione della istanza di reinserimento sia tempestiva (aspetto che in questa sede non viene in discussione).
È vero che la mancata presentazione della domanda di permanenza in occasione degli aggiornamenti delle graduatorie per il personale docente comporta, testualmente, sulla base di ciò che dispone il citato art 1, comma 1-bis, del d.l. 7 aprile 2004, n. 97, la cancellazione dalle GAE, nondimeno tale conseguenza deve ritenersi non assoluta bensì temperata dalla riconosciuta possibilità di domandare il reinserimento, in occasione degli aggiornamenti successivi a quello in cui è stato disposto il depennamento ed entro il termine previsto per l’aggiornamento stesso.
Non a caso il soggetto interessato, una volta reinserito, recupera il “punteggio conseguito all’atto della cancellazione”.
E’ corretto e va quindi condiviso il rilievo degli appellanti, secondo cui nella specie si fa questione non di un inserimento ex novo quanto, invece, del ripristino di una situazione già esistente.
Esula, cioè, dalla norma, qualsiasi intento di esclusione in via definitiva dalle GAE quale conseguenza derivante dalla mancata presentazione della domanda di aggiornamento/permanenza. L’esclusione in discorso – che, tra l’altro, viene fatta derivare non da una manifestazione di volontà acquisita in via diretta, ma soltanto da un comportamento inerte degli interessati – non può considerarsi assoluta.
7. – Tale impostazione interpretativa, fatta propria, come detto, da questa Sezione, in altre occasioni, non contrasta con la qualificazione “a esaurimento” delle stesse GAE, dal momento che il reingresso in graduatoria è consentito soltanto a coloro i quali già facevano parte delle graduatorie medesime, pur essendone stati cancellati in occasione di un aggiornamento pregresso, e non anche a coloro che non hanno mai fatto parte di tale graduatoria, atteso che gli inserimenti ex novo sono da ritenersi ammessi solo nei casi particolari previsti dalla legge (e che qui non assumono rilievo).
Se infatti la qualificazione “a esaurimento” comporta, al fine di contrastare il fenomeno del lavoro precario nella scuola, una chiusura all’inserimento di nuovi soggetti non inseriti in precedenza nelle graduatorie permanenti, la qualifica di “nuovo inserimento” non si concilia con la posizione del docente a suo tempo già inserito ma poi depennato e che domandi di essere reinserito nella graduatoria, divenuta a esaurimento, in una situazione nella quale il depennamento definitivo, lungi dal comportare una stabilizzazione lavorativa preclude, invece, la possibilità di un’occupazione, ancorché precaria (cfr., pressoché testualmente, Cons. Stato, Sez. VI, n. 3198 del 2018, cit.).
8. – Per le ragioni che precedono, l’appello è fondato, va accolto e, per l’effetto, in riforma della decisione impugnata, vanno annullati in parte qua gli atti impugnati in primo grado. Esula dall’ambito del potere di questo giudice e quindi sarà poi compito dell’amministrazione farsi carico dell’aspettativa della parte appellante, alla luce del testo coordinato d.l. 30 dicembre 2015, n. 210, convertito, con modificazioni, nella l. 25 febbraio 2016, n. 21, il cui art. 1, comma 10-bis, ha stabilito tra l’altro che: “Il termine per l’aggiornamento delle graduatorie ad esaurimento di cui all’art. 1, comma 605, lettera c), della legge 27 dicembre 2006, n. 296, già aggiornate per il triennio 2014/2017, è prorogato all’anno scolastico 2018/2019 per il triennio successivo”.
Tenuto conto dell’esito complessivo della lite e degli orientamenti giurisprudenziali in materia che solo di recente si vanno consolidando, il Collegio stima che sussistano i presupposti di cui all’art. 92 c.p.c., per come espressamente richiamato dall’art. 26, comma 1, c.p.a., per compensare integralmente tra le parti in giudizio le spese del doppio grado.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Sesta, definitivamente pronunciando sull’appello (n. R.g. 3748/2017), come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla la impugnata sentenza di primo grado (Tribunale amministrativo per il Lazio, sede di Roma, Sez. III-bis, 27 ottobre 2016 n. 10677) ed accoglie il ricorso (n. R.g. 9488/2016) in quella sede proposto annullando gli atti con esso impugnati.
Spese del doppio grado di giudizio compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nelle Camere di consiglio del 12 luglio 2018, 29 novembre 2018 e dell’11 aprile 2019 con l’intervento dei magistrati:
Sergio Santoro – Presidente
Bernhard Lageder – Consigliere
Francesco Mele – Consigliere
Giordano Lamberti – Consigliere
Stefano Toschei – Consigliere, Estensore

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