Le spese sostenute dal professionista per ottenere il parere del consiglio dell’ordine

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|13 settembre 2024| n. 24640.

Le spese sostenute dal professionista per ottenere il parere del consiglio dell’ordine

In tema di richiesta compenso legale mediante procedimento monitorio, le spese sostenute dal professionista per ottenere il parere del consiglio dell’ordine devono restare a carico del ricorrente ove tale parere sia dedotto a sostegno di pretesa giudicata infondata o allorquando il decreto sia stato comunque revocato e la controversia venga decisa all’esito del giudizio di opposizione, con il parziale accoglimento della pretesa del difensore.

Ordinanza|13 settembre 2024| n. 24640. Le spese sostenute dal professionista per ottenere il parere del consiglio dell’ordine

Data udienza 2 luglio 2024

Integrale

Tag/parola chiave: Avvocato e procuratore – Onorari – Parere del consiglio dell’ordine spese sostenute per ottenere il parere del consiglio dell’ordine degli avvocati – Addebito al professionista – Condizioni.

REPUBBLICA ITALIANA

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

composta dagli Ill.mi Magistrati

Dott. MANNA Felice – Presidente

Dott. PAPA Patrizia – Consigliere

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Relatore

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere

ha pronunciato la seguente
ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 35328/2019 R.G. proposto da

Bu.Ma., rappresentata e difesa dagli avv.ti Ma.Gi. e Da.Pa., con domicilio in Roma, alla Via Ti.N., presso l’avv. Gi.Sm..

-RICORRENTI-

contro

Gi.Lo., rappresentato e difeso in proprio, con domicilio eletto in Roma, Via Em.Fà., presso l’avv. Ma.Ci..

– CONTRORICORRENTE-

e

Da.Na. e Gi.Ni., rappresentati e difesi dall’avv. Si.Cu., con domicilio in Roma, Via Fa.Ma., presso l’avv. Cl.Sa..

-RESISTENTI-

avverso l’ordinanza del Tribunale di Verona pubblicata in data 15.4.2019.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 2.7.2024 dal Consigliere Giuseppe Fortunato.

Le spese sostenute dal professionista per ottenere il parere del consiglio dell’ordine

FATTI DI CAUSA

1. Bu.Ma. ha proposto opposizione al decreto ingiuntivo n. 2669/2017 emesso in favore dell’avv. Gi.Lo. per il pagamento di Euro 21639,44 a titolo di compensi per la difesa in due giudizi, svoltisi dinanzi al Tribunale di Verona e alla Corte d’Appello di Venezia.

In contraddittorio con l’opposto, il Tribunale ha revocato il decreto ingiuntivo e ha condannato l’opponente al pagamento di Euro, 7050,00 per onorario, al netto degli acconti, ed Euro 2700,00 per esborsi, oltre accessori di legge, sostenendo che sia il compenso per il giudizio di appello che quello richiesto per il primo grado erano congrui perché conformi ai valori medi per le cause di valore indeterminabile di media complessità, con esclusione di quanto preteso per la trattazione del processo dinanzi al Tribunale, essendo intervenuta la revoca del mandato prima che fosse svolta attività istruttoria. Ha liquidato il compenso per la mediazione in applicazione dei parametri per l’attività stragiudiziale, ordinando il rimborso delle spese vive, ritenendo pacifici l’effettuazione degli esborsi.

Per la cassazione dell’ordinanza Bu.Ma. ha proposto ricorso in sei motivi, cui ha replicato con controricorso l’avv. Gi.Lo.

A seguito del decesso del controricorrente sono intervenuti in giudizio i successori Da.Na. e Gi.Ni., depositando memoria di costituzione.

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RAGIONI DELLA DECISIONE

1. L’intervenuto decesso del resistente non ha effetti sul presente giudizio, non applicandosi in cassazione il regime dell’interruzione.

2. Il primo motivo denuncia la violazione degli artt. 115, 132 n. 4 c.p.c., del DM 55/2014, sostenendo, con riferimento alla difesa dinanzi alla Corte d’Appello di Venezia, che il Tribunale abbia riconosciuto un importo maggiore di quello oggetto della proposta conciliativa formulata dal giudice, lamentando l’erronea applicazione dello scaglione per le cause di valore indeterminabile medio, in luogo di quello per causa di bassa complessità, nonostante la semplicità del giudizio ed il limitato impegno profuso dal difensore. Si assume che l’importo liquidato corrisponde a quello cui era stata condannata la parte a titolo di spese processuali per l’intero giudizio mentre il difensore non aveva svolto attività per la fase decisionale.

Con riguardo alle somme liquidate per la difesa dinanzi al Tribunale di Verona, occorreva considerare, secondo la ricorrente, che la causa non aveva ad oggetto lo scioglimento di una comunione ereditaria, ma l’esecuzione di una transizione divisoria, di valore indeterminabile basso, e che per la mediazione obbligatoria il compenso doveva essere calcolato in base alla tariffa allegata al D.M. 180/2010.

Il motivo è infondato.

Il giudice ha dato conto logicamente della ragioni della ritenuta applicabilità dello scaglione per le cause di valore indeterminabile di media complessità sulla base del numero e la tipologia delle questioni, evidenziando che tale parametro erra stato già adottato dalla sentenza di appello in cui il resistente aveva esercitato la difesa, non derivando alcun vincolo dal contenuto della proposta di mediazione, che può prevedere somme anche inferiori a quella dovute in applicazione dei parametri legali o riconosciuta al termine della causa, avendo tale proposta lo scopo di favorire la definizione della lite mediante una regolazione suscettibile di essere condivisa dalle parti in lite.

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A norma dell’art. 5 comma sesto, DM 55/2014, nel testo all’epoca in vigore, l’individuazione dello scaglione può variare proprio in considerazione dell’oggetto e della complessità della controversia e, qualora la causa di valore indeterminabile risulti di particolare importanza per lo specifico oggetto, il numero e la complessità delle questioni giuridiche trattate, in base all’apprezzamento del giudice di merito, insindacabile in cassazione se correttamente motivato.

Riguardo ai compensi per la mediazione, il comma 1 bis dell’art. 20 del D.M. 55/2014, introdotto dall’art. 5 DM 37/2018 – con previsione non retroattiva – prevede attualmente che l’attività svolta dall’avvocato è di regola liquidata in base ai parametri numerici di cui alla tabella n. 25 bis, che contempla le fasi di attivazione, negoziazione e conciliazione.

In carenza – nel regime previgente – di un’apposita disposizione, trovavano applicazione i parametri di cui al DM 55/2014 per l’attività stragiudiziale, essendo tale anche quella svolta in fase di mediazione obbligatoria ove la causa sia stata definita nel corso della procedura senza l’instaurazione del giudizio (in tal senso, in tema di gratuito patrocinio, Cass. 12123/2020; Cass. 7974/2024, sulla scia di Corte cost. 10/2022 che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale degli artt. 74, co. II, e 75, co. I, D.P.R. 115/2002, nella parte in cui escludono che il patrocinio a spese dello Stato è applicabile all’attività difensiva svolta nell’ambito dei procedimenti di mediazione di cui all’art. 5, co. 1 bis, D.Lgs. 28/2010, quando nel corso degli stessi è stato raggiunto un accordo fra le parti, nonché dell’art. 83, co. II del medesimo D.P.R. 115/2002, nella parte in cui non prevede che, in tali fattispecie, alla liquidazione in favore del difensore provveda l’autorità giudiziaria che sarebbe stata competente a decidere la controversia).

D’altronde, ammessa anche per le attività esauritesi prima dell’entrata in vigore del DM 37/2018, la possibilità di liquidare le spese processuali a carico dello Stato per l’attività di mediazione, ne discende che, a norma dell’art. 82 TUGS, la quantificazione del compenso deve aver luogo in applicazione dei criteri previsti l’attività del difensori, che è oggettivamente diversa da quella del mediatore.

Quest’ultimo pone in essere, in posizione imparziale, attività finalizzata ad assistere due o più soggetti sia nella ricerca di un accordo amichevole per la composizione di una controversia, sia nella formulazione di una proposta per la sua risoluzione (art. 1, lettere c) e d) del DM 180/2010).

Le spese sostenute dal professionista per ottenere il parere del consiglio dell’ordine

Egli non può “assumere diritti od obblighi connessi con gli affari trattati, né percepire compensi direttamente dalle parti (comma 1) ed è obbligato a sottoscrivere, per ciascuna controversia, un’apposita “dichiarazione di imparzialità” e a informare l’organismo di mediazione e le parti delle eventuali ragioni che possano minare la sua neutralità (comma 2, lettere a e b).

La descritta posizione di imparzialità è tratto ineliminabile della figura del mediatore che lo distingue dal ruolo dell’avvocato, il quale opera ed agisce ad esclusiva a tutela della parte patrocinata nella procedura di cui si discute (cfr. Corte cost. 97/2019), non giustificandosi – neanche sotto tale profilo – la generalizzata applicazione delle disposizioni in tema di spese del procedimento contenute nel D.M. 180/2010, modellate sulla specifica attività svolta dal mediatore, come conferma il fatto che la tabella di cui all’allegato al D.M. 180/2010 disciplina l’onorario liquidabile – ai sensi dell’art. 16, comma decimo – per l’intero procedimento, indipendentemente dal numero di incontri svolti, importi che – a differenza di quelli per l’attività stragiudiziale dell’avvocato – restano fissi anche nel caso di mutamento del mediatore nel corso del procedimento ovvero di nomina di un collegio di mediatori, di nomina di uno o più mediatori ausiliari, ovvero di nomina di un diverso mediatore per la formulazione della proposta.

3. Il secondo motivo denuncia la violazione dell’art. 115 c.p.c. e del DM 55/2014, asserendo che il giudice sarebbe incorso in un errore di percezione del contenuto delle prove, avendo liquidato l’importo di Euro 2700,00 per rimborso, anticipazione e domiciliazione in base ad una nota pro-forma insufficiente a dimostrare l’effettuazione dei pagamenti.

Il motivo è inammissibile.

Il Tribunale ha affermato che le somme richieste in restituzione era state pacificamente sostenute dal difensore, ossia non erano contestate, situazione nella quale non veniva in considerazione il criterio dell’onere della prova, potendo il giudice ritenere gli esborsi non bisognevoli di dimostrazione, senza necessità di istruttoria (Cass. s.u. 5191/2008; Cass. 28381/2005; Cass. 5407/2013; Cass. 22787/2013, Cass. 19709/2015; Cass. 20998/2019; Cass. 32403/2019; Cass. 15339/2020; Cass. 40756/2021; Cass. 19481/2022).

Le spese sostenute dal professionista per ottenere il parere del consiglio dell’ordine

Tale convincimento, non oggetto di censura, rende non conferenti – e perciò inammissibili – le deduzioni formulate in ricorso circa la mancanza di prova documentale delle spese chieste in restituzione.

4. Il terzo motivo deduce la violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. e 1227 c.c., assumendo che il Tribunale non poteva disporre il rimborso delle spese di opinamento per il parere di congruità finalizzata all’emissione del decreto ingiuntivo poiché l’ingiunzione era stata revocata all’esito del giudizio di opposizione.

Il motivo è fondato.

L’acquisizione del parere dell’ordine professionale è obbligatoria nel procedimento d’ingiunzione, secondo quanto prescritto dall’art. 636, primo comma, cod. proc. civ., quando l’ammontare del relativo credito non sia determinato in base a tariffe fisse. Al di fuori del predetto ambito, la necessità del parere non è in funzione del procedimento giudiziale adottato, camerale o a cognizione piena, né dipende dal fatto che il credito sia azionato dal professionista stesso o dai suoi eredi, ma è dettata dalla tipologia del corrispettivo, nel senso che è indispensabile soltanto se esso non possa essere determinato in base a tariffe, ovvero queste, pur esistenti, non siano vincolanti (Cass. 236/2011; Cass. 10428/2005).

Hanno poi chiarito le SU che anche a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 9, comma 5, L. n. 27/2012, l’abrogazione delle tariffe professionali ha mantenuto in vigore l’art. 636 c.p.c., per cui l’avvocato che intende agire per la richiesta dei compensi per prestazioni professionali può avvalersi del procedimento per ingiunzione regolato dagli artt. 633 e 636 c.p.c., ponendo a base del ricorso la parcella delle spese e prestazioni, munita della sottoscrizione del ricorrente e corredata dal parere della competente associazione professionale, rilasciato sulla base dei parametri per compensi professionali di cui alla L. 31 dicembre 2012, n. 247 e di cui ai relativi decreti ministeriali attuativi (Cass. s.u. 19427/2021).

Essendo rimasta immutata la previsione dell’art. 636 c.p.c., non vi è ragione per superare il precedente orientamento di questa Corte secondo cui le spese sostenute dal professionista per ottenere il parere del consiglio dell’ordine devono restare a carico dello ricorrente ove tale parere sia dedotto a sostegno di pretesa giudicata infondata (Cass. n. 705 del 1983) o allorquando il decreto sia stato comunque revocato e la controversia venga decisa all’esito del giudizio di opposizione, come nel caso di specie, con il parziale accoglimento della pretesa del difensore (Cass. 12681/2017; Cass. 24481/2021).

Le spese sostenute dal professionista per ottenere il parere del consiglio dell’ordine

3. Il quarto motivo deduce la violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., sostenendo che la ricorrente non poteva esser condannata al pagamento delle spese processuali, non essendo soccombente, poiché l’opposizione ex art. 645 c.p.c. era stata accolta ed era stata riconosciuta una somma non significativamente diversa da quello offerto con la proposta di mediazione, configurandosi un’ipotesi di reciproca soccombenza.

Il motivo è infondato.

È innegabile che la ricorrente fosse soccombente nonostante il parziale accoglimento dell’opposizione, occorrendo regolare le spese non per ciascuna fase dell’unitario procedimento ex art. 633 e ss. c.p.c. ma secondo l’esito finale della lite e le statuizioni adottate con la pronuncia sull’opposizione con la quale l’opponente era stata condannata a versare l’importo di Euro 7050,00.

Neppure è invocabile il primo comma dell’art. 91 c.p.c. che ammette la condanna alle spese della parte vittoriosa in caso di liquidazione di un importo non superiore alla proposta di mediazione ingiustamente rifiutata, avendo l’opposta ottenuto una somma maggiore di Euro 6000,00 oggetto della proposta dal giudice.

L’accoglimento della domanda fondata su un unico capo per un importo anche significativamente inferiore a quello preteso non dà luogo a soccombenza dell’attore e può giustificare solo la compensazione delle spese secondo una valutazione rimessa al giudice di merito, insindacabile in cassazione (Cass. s.u. 32061/2022).

È conclusivamente accolto il terzo motivo di ricorso, sono respinti gli altri, la pronuncia è cassata in relazione al motivo accolto e, non essendovi accertamenti da compiere, la causa può essere decisa nel merito, eliminando la condanna al rimborso di Euro. 574,35 per spese di opinamento, con conferma nel resto della pronuncia impugnata.

In considerazione della prevalente soccombenza, le spese di legittimità, liquidate in dispositivo, sono poste a carico della ricorrente, con compensazione in misura di 1/5.

Le spese sostenute dal professionista per ottenere il parere del consiglio dell’ordine

P.Q.M.

accoglie il terzo motivo di ricorso, rigetta gli altri, cassa l’ordinanza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, elimina la condanna della ricorrente al rimborso di Euro 574,35 a titolo di spese per il parere emesso dal Consiglio dell’ordine degli avvocati, confermando nel resto la pronuncia oggetto di ricorso;

condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali di legittimità che, previa compensazione in misura di 1/5, liquida in Euro 2000,00 per esborsi ed Euro 200,00 per esborsi, oltre ad iva, c.p.a. e rimborso forfettario delle spese generali in misura del 15

Così deciso in Roma il 2 luglio 2024.

Depositato in Cancelleria il 13 settembre 2024.

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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