L’attore non è legittimato a impugnare per incompetenza la pronuncia del giudice da lui adito ancorché sfavorevole nel merito

Corte di Cassazione, civile, Sentenza|4 giugno 2024| n. 15563.

L’attore non è legittimato a impugnare per incompetenza la pronuncia del giudice da lui adito ancorché sfavorevole nel merito

L’attore non è legittimato a impugnare per incompetenza la pronuncia del giudice da lui adito, ancorché sfavorevole nel merito, poiché il riconoscimento della competenza, desumibile dalla proposizione della domanda, esclude la sua soccombenza sul punto.

Sentenza|4 giugno 2024| n. 15563. L’attore non è legittimato a impugnare per incompetenza la pronuncia del giudice da lui adito ancorché sfavorevole nel merito

Data udienza 23 maggio 2024

Integrale

Tag/parola chiave: Impugnazioni civili – Impugnazioni in generale – Interesse all’impugnazione attore – Impugnazione per incompetenza del giudice adito – Ammissibilità – Esclusione – Anche in caso di pronuncia sfavorevole nel merito – Fondamento.

REPUBBLICA ITALIANA

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta da:

Dott. MANNA Felice – Presidente
Dott. CAVALLINO Linalisa – Consigliere rel.

Dott. PICARO Vincenzo – Consigliere

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere

ha pronunciato la seguente
SENTENZA

sul ricorso n. 6816/2023 R.G. proposto da:

Lo.Pi., (Omissis), in proprio ex art. 86 cod. proc. civ. e anche rappresentato e difeso dall’avv. La.To., elettivamente domiciliato in Roma nel suo (…)

ricorrente

contro

Ro. Srl in liquidazione, c.f. (Omissis), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Gi.La.,

con indirizzo pec (…)

controricorrente

nonché contro Pi.Im. Srl,

intimata

avverso l’ordinanza del Tribunale di Frosinone R.G. 886/2020 depositata il 21-3-2023 R.G. rep. 661/2023,

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 23-52024 dal consigliere Linalisa Cavallino,

udito il Pubblico Ministero nella persona del Sostituto Procuratore Generale Fulvio Troncone, il quale ha concluso per la dichiarazione di inammissibilità del ricorso

L’attore non è legittimato a impugnare per incompetenza la pronuncia del giudice da lui adito ancorché sfavorevole nel merito

FATTI DI CAUSA

1.L’avv. Lo.Pi. propose il 20-3-2020 ricorso avanti il Tribunale di Frosinone, deducendo che Pi.Im. Srl gli aveva conferito, in Roma nel suo studio professionale, incarico di redigere e depositare atto di citazione avanti il Tribunale di Frosinone, al fine di sentire dichiarare la nullità della clausola relativa alla pattuizione di interessi usurari in contratto di locazione finanziaria immobiliare stipulato per importo di Euro 980.000,00; dichiarò che la domanda era stata rigettata con sentenza n.69/2020 e chiese la condanna della convenuta al pagamento dei compensi maturati per l’attività professionale prestata pari a Euro 41.309,00.

Si costituì Pi.Im. Srl, deducendo che il rapporto con l’avvocato si era costituito esclusivamente a seguito della stipula tra la società e SDL Centrostudi Srl di contratto, il quale aveva previsto l’affidamento di incarico a SDL Centrostudi Srl per la redazione di perizia per la valutazione dell’esistenza di vizi nel contratto bancario e, a seguito della redazione della perizia, l’impegno di Pi.Im. Srl di rivolgersi a professionista scelto da SDL Centrostudi Srl per l’introduzione del giudizio di merito, applicando a vantaggio del cliente “onorari di particolarissimo favore”; dichiarò che in esecuzione di tale contratto si era rivolta all’avv. Lo.Pi., al quale aveva già pagato Euro 3.817,58 a seguito di invio di regolare parcella. Chiese perciò in via preliminare di essere autorizzata a chiamare ai fini della manleva SDL Centrostudi Srl, nel merito di rigettare la domanda, in quanto al professionista erano state interamente pagate le spettanze e di condannare il professionista al risarcimento del danno ex art. 96 cod. proc. civ.; in via subordinata, per il caso di accoglimento anche parziale della domanda proposta, chiese di dichiarare non dovute le somme richieste dall’avv. Lo.Pi. e, dato atto del pagamento già avvenuto a suo favore, di ridurre la pretesa nei limiti del contratto concluso con SDL Centro Studi Srl

Il Tribunale autorizzò la chiamata in garanzia chiesta dalla società convenuta, per cui si costituì anche SDL Centrostudi Srl negando l’esistenza di qualsiasi obbligo di manleva a suo carico, in quanto a seguito del conferimento dell’incarico da parte di Pi.Im. Srl al professionista era insorto un rapporto solo tra tali soggetti; la terza chiamata propose domanda nei confronti dell’avv. Lo.Pi. chiedendo che lo stesso fosse condannato al pagamento di penale di Euro 15.000,00 in quanto lo stesso, con la pretesa avanzata nei confronti di Pi.Im. Srl, aveva violato l’art. 3 lett. c) dell’accordo da lui concluso con SDL Centrostudi Srl, secondo il quale l’avvocato non avrebbe potuto richiedere “dall’assistito, cui egli viene segnalato, somme maggiori e/o emolumenti diversi da quanto stabilito”, con la previsione all’art. 3 lett. m) di penale di Euro 15.000,00 per tale violazione.

Con ordinanza depositata il 21-3-2023 il Tribunale di Frosinone in composizione collegiale ha rigettato la domanda proposta dall’avv. Lo.Pi., ha accolto la domanda riconvenzionale proposta da SDL Centro Studi Srl nei confronti del ricorrente e ha condannato l’avv. Lo.Pi. a pagare a questa società Euro 15.000,00; ha condannato l’avv. Lo.Pi. alla rifusione delle spese di lite a favore sia di Pi.Im. Srl sia di SDL Centro Studi Srl e ha altresì condannato l’avv. Lo.Pi. a pagare a Pi.Im. Srl la somma di Euro 5.000,00 ex art. 96 co. 3 cod. proc. civ.

Per quanto ancora interessa, l’ordinanza ha rigettato l’eccezione di incompetenza sollevata dalla società terza chiamata, in quanto l’art. 15 della convenzione sottoscritta dall’avv. Lo.Pi. e SDL Centro Studi Srl che individuava quale foro competente esclusivo il Tribunale di Brescia trovava applicazione solo tra le parti che avevano concluso quel contratto, mentre il giudizio era stato introdotto con ricorso ex art. 14 D.Lgs. 150/2011 dall’avvocato nei confronti della cliente Pi.Im. Srl che non aveva sottoscritto quell’accordo; ha dichiarato che la competenza sulla domanda di garanzia rimaneva radicata avanti il giudice adito, in quanto la terza chiamata non ne aveva eccepito l’incompetenza in base a tutti i criteri di cui agli artt. 18 e 19 cod. proc. civ. Ha rigettato l’eccezione sollevata dal ricorrente di inammissibilità della chiamata in causa del terzo e nel merito ha ritenuto dimostrato che le parti avevano concordato per iscritto l’ammontare del compenso spettante all’avvocato nella misura di Euro 3.817,00, che era già stato pagato. Ha altresì dichiarato che l’avvocato, chiedendo il pagamento di maggiori importi, aveva violato l’art. 3 lett. c) del contratto concluso con SDL Centro Studi Srl e perciò era obbligato a corrispondere la penale di cui all’art. 3 lett. m).

2.Con atto denominato “istanza di regolamento di competenza” notificato il 27-3-2023 l’avv. Lo.Pi. ha proposto tempestivo ricorso avverso l’ordinanza affidato a dieci motivi.

Ha resistito con controricorso Ro. Srl in liquidazione, dichiarandosi ‘già Centrostudi Srl in liquidazione’ e non si è costituita Pi.Im. Srl, in relazione alla quale il ricorrente non ha depositato la ricevuta di consegna della notificazione eseguita a mezzo pec, ma solo la ricevuta di accettazione della notificazione.

Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ex art. 380bis.1 cod. proc. civ. e il Procuratore Generale in data 14-6-2023 ha depositato conclusioni scritte, chiedendo che il ricorso fosse dichiarato inammissibile.

In prossimità dell’adunanza in camera di consiglio entrambe le parti costituite hanno depositato memorie illustrative e nella sua memoria il ricorrente ha eccepito l’inammissibilità del controricorso di Ro. Srl in liquidazione con p.i./c.f. (Omissis) e sede in Roma, in quanto la stessa non era parte in causa, essendo soggetto distinto da SDL Centro Studi in liquidazione con p.i./c.f. (Omissis) e sede in Mazzano.

All’esito della camera di consiglio del giorno 7-9-2023 è stata pronunciata ordinanza interlocutoria n. 30128/2023, dando termine perentorio al ricorrente per la rinnovazione della notificazione a Pi.Im. Srl, disponendo l’acquisizione del fascicolo d’ufficio del giudizio avanti il Tribunale di Frosinone e la rimessione della causa alla pubblica udienza con riferimento alla questione del regime di impugnazione avverso il capo dell’ordinanza emessa ex art. 14 D.Lgs. 150/2011 nella formulazione precedente al D.Lgs. 149/2002 che avesse deciso la domanda riconvenzionale.

Il ricorrente ha depositato la notificazione ritualmente eseguita a mezzo pec a Pi.Im. Srl all’indirizzo del difensore avvcristiana.sordipecavvocatifrosinone.it il 31-10-2023 e nel termine di cui all’art. 378 cod. proc. civ. per l’udienza pubblica del 23-5-2024 entrambe le parti hanno depositato memoria illustrativa, unitamente alla quale la controricorrente ha depositato anche la propria visura camerale.

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RAGIONI DELLA DECISIONE

1.Preliminarmente deve essere dichiarata l’inammissibilità del controricorso di Ro. Srl in liquidazione.

A fronte dell’eccezione sollevata dal ricorrente, che ha effettivamente evidenziato la mancanza di elementi indicanti la legittimazione di Ro. Srl, la società ha depositato la propria visura camerale, necessaria a dimostrare la successione della stessa a SDL Centrostudi Srl in liquidazione, solo il 13-5-2024 e perciò allorché era decorso il termine di quindici giorni prima dell’udienza posto per il deposito di documenti relativi all’ammissibilità di ricorso e controricorso dall’art. 372 co.2 cod. proc. civ. come modificato dal D.Lgs. 149/2022, che si applica alla fattispecie in quanto il ricorso è stato notificato dopo il I-1-2023 (sulla perentorietà di detto termine cfr. Cass. Sez. 3 27-10-2023 n. 29933 Rv. 669743-01).

2.Con il primo motivo, “incompetenza territoriale del Tribunale di Frosinone per essere competente il Tribunale di Brescia”, il ricorrente censura l’ordinanza impugnata per avere ritenuto sussistente la competenza del Tribunale di Frosinone nonostante l’operatività del foro convenzionale. Rileva che il contratto prodotto dalla società resistente al fine di giustificare la richiesta chiamata in causa conteneva all’art. 15 la clausola che individuava nel Tribunale di Brescia il foro deputato in via esclusiva alla risoluzione delle controversie relative all’esecuzione del contratto. Aggiunge che anche la convenzione asseritamente stipulata dall’avv. Lo.Pi. con la società SDL Centrostudi individuava nel Tribunale di Brescia il foro competente in via esclusiva.

3.Con il secondo motivo, “incompetenza funzionale del Tribunale di Frosinone a decidere in composizione collegiale le domande riconvenzionali di responsabilità professionale e di chiamata del terzo e di risarcimento danni nei confronti del ricorrente. Eliminazione del grado di appello con violazione dell’art. 24 Cost.”, il ricorrente sostiene che le domande riconvenzionali fossero improponibili, spettando alla competenza del Tribunale in composizione monocratica.

4.Con il terzo motivo, “incompetenza del Tribunale di Frosinone per essere competente il Tribunale di Civitavecchia in ragione del foro del consumatore. Violazione di legge: art. 33 comma 2 lett. u) del D.Lgs.

n. 206 del 2005”, il ricorrente sostiene che erroneamente il Tribunale non abbia considerato che la società resistente aveva sede a Fiumicino e nella causa dell’avvocato contro il cliente per il pagamento dei compensi professionali prevale il foro del consumatore, con conseguente competenza del Tribunale di Civitavecchia, avendo la società resistente sede a Fiumicino.

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5.Con il quarto motivo, “nullità assoluta per incompetenza funzionale del Giudice monocratico di prime cure dinanzi al quale si è svolta l’intera attività di udienza. Violazione di legge: art. 702bis c.p.c. Violazione di legge: art. 24 Cost.”, il ricorrente evidenzia che la causa era stata incardinata davanti al giudice monocratico, dinanzi al quale erano state svolte tutte le udienze, per cui l’ordinanza era stata assunta dal Tribunale in composizione collegiale con un mutamento della composizione del giudicante avvenuta dopo la riserva assunta dal giudice monocratico.

6.Con il quinto motivo, “violazione di legge: art. 702bis c.p.c. Violazione di legge: art. 14 D.Lgs. n. 150/2011. Violazione di legge: art. 28 legge 794/1942. Nullità assoluta per modifica del ricorso introduttivo”, il ricorrente sostiene che erroneamente l’ordinanza abbia dichiarato che il procedimento era stato incardinato sulla base del rito ex artt. 28 legge 794/1942 e 14 D.Lgs. 150/2011, perché il ricorso era stato proposto ex art. 702-bis cod. proc. civ. e perciò illegittimamente il Tribunale aveva trasformato il giudizio di cognizione sommaria ex art. 702-bis cod. proc. civ.

7.Con il sesto motivo, “violazione di legge: art. 14 D.Lgs. N. 150/2011. Violazione di legge: art. 702 bis ss. c.p.c.”, il ricorrente sostiene che erroneamente il giudice di primo grado non abbia considerato che lo speciale procedimento di cui all’art. 14 D.Lgs. 150/2011 non trovi applicazione allorché, anche a seguito delle eccezioni del cliente convenuto in giudizio, si verifichi ampliamento del thema decidendum.

8.Con il settimo motivo, “violazione di legge: art. 14 D.Lgs. N. 150/2011”, il ricorrente sostiene che erroneamente il giudice non abbia considerato che, allorché il convenuto proponga domanda riconvenzionale esorbitante dal rito di cui all’art. 14, si impone di disporre la separazione delle domande, per procedere alla trattazione della domanda riconvenzionale con il rito per la stessa previsto.

9.Con l’ottavo motivo, “violazione di legge: art.702ter c.p.c.”, il ricorrente lamenta che il giudice non abbia applicato l’art. 702-ter cod. proc. civ., laddove prevede che, se il giudice rileva che la domanda non rientra tra quelle indicate nell’art. 702-bis cod. proc. civ., la dichiara inammissibile.

10.Con il nono motivo, “violazione di legge: art. 702ter comma 4 c.p.c.”, il ricorrente sostiene che erroneamente il giudice non abbia considerato che le domande proposte sia dal convenuto che dal terzo chiamato non potevano essere legittimamente trattate con il rito sommario, in quanto richiedevano attività istruttoria non sommaria.

11.Con il decimo motivo, “violazione di legge: art. 14 D.Lgs. N. 150/2011”, il ricorrente sostiene che erroneamente l’ordinanza impugnata non ha dichiarato l’inammissibilità delle domande riconvenzionali della convenuta e della terza chiamata, evidenziando l’estraneità della terza chiamata al rapporto oggetto del giudizio.

12.Devono essere esaminati in primo luogo il primo e il terzo motivo, con i quali il ricorrente pone le questioni di competenza territoriale con riguardo al rapporto tra il professionista e le sue controparti contrattuali.

L’attore non è legittimato a impugnare per incompetenza la pronuncia del giudice da lui adito ancorché sfavorevole nel merito

I motivi sono inammissibili, in applicazione del principio secondo il quale l’attore non è legittimato a impugnare per incompetenza la pronuncia emessa dal giudice adito, tenuto conto che l’avvenuto riconoscimento della competenza del giudice adito (desumibile dalla proposizione stessa della domanda) vale a escludere che la relativa affermazione formale, da parte del giudice, possa entrare in contrasto con il relativo interesse processuale (Cass. Sez. 6-3 12-3-2018 n. 5873 Rv. 648349-01). In altri termini, anche nel caso in cui la pronuncia sia sfavorevole nel merito all’attore, non è configurabile una soccombenza in punto competenza dell’attore, il quale aveva adito quel giudice (Cass. Sez. 6-L 24-10-2017 n. 25235 Rv. 645821-01, Cass. Sez. 1 279-2002 n. 14006 Rv. 557657-01).

13.Gli altri motivi, che non hanno a oggetto questioni di competenza, devono essere esaminati come motivi di ricorso per cassazione, essendo osservati i termini per la proposizione del ricorso e gli altri requisiti di forma (cfr. Cass. Sez. 6-3 24-3-2017 n. 7706 Rv. 643821-01, Cass. Sez. 1 14-11-1973 n. 3026 Rv. 366741-01 sulla conversione del regolamento di competenza in ricorso per cassazione).

14.Il secondo motivo, con il quale si deduce l’improponibilità della domanda riconvenzionale di responsabilità professionale e di risarcimento dei danni nei confronti dell’avvocato nel giudizio proposto ex art. 14 D.Lgs. 150/2011 previgente, è infondato.

Deve essere condiviso il principio di diritto enunciato da Cass. Sez. U 23-2-2018 n. 4485 Rv. 647316-02, secondo il quale la controversia di cui all’art. 28 legge 794/1942 introdotta sia ai sensi dell’art. 702-bis cod. proc. civ. -come nella fattispecie- sia in via monitoria avente a oggetto la domanda di condanna del cliente al pagamento delle spettanze per le prestazioni giudiziali dell’avvocato resta soggetta al rito sommario di cognizione di cui all’art. 14 D.Lgs. 150/2011 -nella formulazione previgente al D.Lgs. 10 ottobre 2022 n. 149- anche quando il cliente sollevi contestazioni relative all’an debeatur; qualora il convenuto ampli l’oggetto del giudizio con la proposizione di domanda riconvenzionale, di compensazione o di accertamento pregiudiziale non esorbitante la competenza del giudice adito ex art. 14, la trattazione di quest’ultima domanda deve avvenire, ove si presti a istruttoria sommaria, con il rito sommario congiuntamente a quella proposta ex art. 14 dal professionista e, in caso contrario, con il rito ordinario a cognizione piena, o con rito speciale a cognizione piena, previa separazione delle domande. Le Sezioni Unite sono giunte a questa conclusione rilevando che, qualora la difesa del convenuto si sia concretata nell’allargamento dell’oggetto del giudizio con la proposizione di una domanda (pag. 38 della sentenza) “viene in gioco il quarto comma dell’art. 702-ter cod. proc. civ., il quale è applicabile al procedimento di cui allo stesso art. 14”, “la disciplina di detto quarto comma impedisce di prospettare l’applicazione di quella dell’art. 40, terzo e quarto comma (che si era ipotizzata nel vecchio regime) e la strada è obbligata”; quindi, ai sensi dell’art. 702-ter cod. proc. civ. vigente ratione temporis, qualora la causa relativa alla domanda riconvenzionale richieda istruzione non sommaria, il giudice ne dispone la separazione. Analogamente, poiché l’art. 14 rinvia alla regolamentazione del rito sommario di cognizione ove non diversamente disposto e l’art. 14 non esclude né regolamenta la chiamata in causa del terzo, nel caso in cui il convenuto abbia chiesto di chiamare in causa un terzo, come nella fattispecie, si applica l’art. 702-bis ult. co. cod. proc. civ. vigente ratione temporis, che disciplina la chiamata in causa del terzo.

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Non si pone la questione, prospettata dal ricorrente, di violazione del diritto di difesa in ragione dell’eliminazione del grado di appello sulle domande riconvenzionali proposte dal convenuto e dal terzo chiamato nei confronti del ricorrente, perché è già stato statuito e si deve dare continuità al principio secondo il quale la decisione sulla domanda riconvenzionale avvenuta nel procedimento ex art. 14 D.Lgs. 150/2011 deve essere impugnata con l’appello e non con il ricorso immediato per cassazione (Cass. Sez. 2 25-2-2022 n. 6321 Rv. 664049-01; cfr. nello stesso senso, Cass. Sez. 2 24-4-2023 n. 10864 Rv. 667688, in motivazione).

Tale soluzione è congruente ai principi posti da Cass. Sez. U 4485/2018 e già richiamati, in ordine alla trattazione congiunta di domanda principale e domanda riconvenzionale e alla separazione della domanda riconvenzionale che non si presti a istruzione sommaria. Infatti in via generale, ricorrendo le condizioni di cui agli artt. 35 e 36 c.p.c., spetta al giudice di merito, competente per entrambe le domande, scegliere se separare o meno le cause, secondo un apprezzamento discrezionale non sindacabile in cassazione (cfr. Cass. Sez. 3 28-3-2003 n. 4700 Rv. 561549-01 e Cass. Sez. 2 13-7-1994 n. 6572 Rv. 487377-01); posto questo dato, la decisione sulla domanda riconvenzionale rimane assoggettata al regime d’impugnazione suo proprio, e non a quello valevole per la decisione sulla domanda principale. Attribuito al giudice di merito, per ragioni di economia e celerità processuale, l’esercizio del potere di separare le cause non può incidere sull’appellabilità della decisione resa sulla domanda riconvenzionale, poiché le impugnazioni sono disciplinate dalla legge su base formale, e non già giudiziale. Nessuna disposizione di segno diverso è ricavabile dalle previsioni dell’art.14 di cui si discute, perché la disposizione del quarto comma relativa all’inappellabilità dell’ordinanza che definisce il giudizio è posta con riguardo alla domanda di cui al primo comma, e cioè per la domanda proposta dall’avvocato; quindi, per le altre domande pure trattate nel medesimo processo rimane valida la regola dell’art. 702-quater cod. proc. civ. vigente ratione temporis, il quale prevede l’assoggettamento all’appello dell’ordinanza emessa a definizione del procedimento sommario.

Del resto, la possibilità del simultaneus processus e l’assoggettamento della decisione al diverso regime di impugnazione previsto per ciascuna domanda è meccanismo conosciuto dal sistema processuale, laddove è acquisito, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, che l’impugnazione della sentenza che abbia deciso un’opposizione in parte riferibile a opposizione all’esecuzione e in parte a opposizione agli atti esecutivi deve seguire il diverso regime previsto per i due distinti tipi di opposizione (Cass. Sez. 3 31-5-2010 n. 13203 Rv. 613198-01, Cass. Sez. 3 27-8-2014 n. 18312 Rv. 632102-01, Cass. Sez. 6-3 11-2-2020 n. 3166 Rv. 656752-01, per tutte). In senso analogo e in diversa materia, è stato statuito che il provvedimento di revoca dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, seppure pronunciato all’interno del provvedimento di merito, rimane soggetto al suo regime di impugnazione ex art. 170 d.P.R. 115/2002 e non al regime di impugnazione del provvedimento di merito che lo contiene (Cass. Sez. 1 28-7-2020 n. 16117 Rv. 658601-01, Cass. Sez. 3 8-22018 n. 3028 Rv. 647941-01, Cass. Sez. 2 6-12-2017 n. 29228 Rv. 646597, per tutte). In effetti, il principio secondo il quale il regime di impugnazione della decisione su distinte domande proposte nel medesimo processo e decise unitariamente resta quello proprio di ciascuna domanda è applicabile in linea generale (Cass. Sez. 3 12-22024 n. 3793 Rv. 670111-02, in relazione alla proposizione nel medesimo processo di domande ordinarie unitamente a opposizioni esecutive) e nulla autorizza a ritenerlo inoperante nel caso di specie.

L’attore non è legittimato a impugnare per incompetenza la pronuncia del giudice da lui adito ancorché sfavorevole nel merito

Non, in particolare, il principio dell’apparenza, invocato dal ricorrente nella memoria illustrativa, che è stato elaborato (dalla dottrina e) dalla giurisprudenza di questa Corte per rendere indifferente, ai fini dell’impugnazione, l’eventuale errore in cui sia incorso il giudice nel qualificare la domanda e adottare il rito conseguente (cfr. Cass. Sez. U 11-1-2011 n. 390, Rv. 615406-01, resa proprio in tema di procedimento di liquidazione degli onorari di avvocato).

Non, ancora, la circostanza che l’ordinanza sia stata emessa dal Tribunale in composizione collegiale, poiché ciò conferma la scelta consapevole del rito ex art. 14 D.Lgs. n. 150/11 (che in allora prevedeva, appunto, la trattazione collegiale), ma nulla predica sul regime d’impugnazione cui soggiace la pronuncia resa sulla domanda riconvenzionale, che per le superiori considerazioni svolte dipende dalla legge e non da un mero accidente, quale la scelta discrezionale del giudice di non separare le due cause.

15.Dalle ragioni esposte consegue che è infondato anche il quinto motivo di ricorso, con il quale si lamenta che l’ordinanza abbia dichiarato che il ricorso era stato proposto ex art. 14 D.Lgs. 150/2011, per il fatto che il ricorso era stato proposto ex art. 702-bis cod. proc. civ. Poiché, come esposto, l’art. 14 D.Lgs. 150/2011 nella formulazione vigente al momento dell’instaurazione del giudizio disponeva che le controversie di cui all’art. 28 legge 13 giugno 1942 n. 794 erano regolate dal rito sommario di cognizione ed erano trattate dal Tribunale in composizione collegiale avanti il quale l’avvocato aveva prestato la sua opera e poiché la domanda dell’avvocato aveva a oggetto il pagamento delle competenze professionali per la causa svolta davanti al Tribunale di Frosinone, non vi era spazio per eseguire una qualificazione della domanda diversa da quella eseguita dal Tribunale.

16.Dai principi posti da Cass. Sez. U 4485/2018 e già esposti consegue che è infondato anche il sesto motivo, con il quale si sostiene che il procedimento ex art. 14 D.Lgs. 150/2011 non si applichi quando a seguito delle eccezioni del convenuto si verifichi un ampliamento del thema decidendum.

17.Invece, i motivi dal settimo al decimo, in quanto pongono questioni relative alle domande riconvenzionali proposte nei confronti dell’avvocato, sono inammissibili, facendo applicazione dei principi sopra esposti: poiché nel procedimento speciale di liquidazione degli onorari di avvocato per prestazioni civili ex art. 14 D.Lgs. 150/2011 la decisione sulla domanda riconvenzionale deve essere impugnata con l’appello, è inammissibile il ricorso per cassazione.

18.E’ fondato nei termini di seguito esposti il quarto motivo di ricorso, con il quale il ricorrente rileva la nullità riferita alla costituzione del giudice, per essere avvenuta la trattazione della causa avanti il giudice monocratico del Tribunale.

Dai verbali della causa avanti il Tribunale di Frosinone risulta che la trattazione dell’intero procedimento è avvenuta avanti il giudice monocratico, il quale ha rimesso la causa al Collegio solo per la decisione. Sotto questo profilo l’ordinanza è affetta da nullità, limitatamente ai capi nei quali ha pronunciato in ordine alla domanda di liquidazione dei compensi per prestazioni giudiziali proposta dall’avvocato Lo.Pi. nei confronti della sua cliente Pi.Im. Srl

Deve essere data continuità al principio secondo il quale le controversie assoggettate al rito di cui all’art. 14 D.Lgs. 150/2011 nella formulazione previgente sono non solo decise, ma anche trattate dal Tribunale in composizione collegiale, salva la delega al singolo giudice per l’espletamento degli incombenti istruttori, per cui, ove la decisione sia deliberata in camera di consiglio da collegio composto da giudici che non hanno assistito alla discussione della causa, si configura la violazione dell’art. 276 c.p.c., con conseguente nullità dell’ordinanza (cfr. Cass. Sez. 2 3-5-2022 n.13856 Rv. 664625, Cass. Sez. 6-2 2012-2022 n. 37292, Cass. Sez. 2 27-10-2023 n. 29929, Cass. Sez. 2 59-2023 n. 25882, Cass. Sez. 2 11-12-2023 n. 34467, Cass. Sez. 2 65-2024 n. 12093, per tutte); nella fattispecie tale nullità sussiste e deve essere rilevata, come già esposto, limitatamente ai capi relativi alla decisione della domanda del professionista nei confronti del cliente, in quanto è soltanto con riferimento a tale decisione che è esaminato il ricorso per cassazione, dichiarato inammissibile con riguardo a tutti i capi dell’ordinanza che hanno deciso sulle domande riconvenzionali. Sulla scia di Cass. Sez. U 20-7-2012 n. 12609 (Rv. 623299-01) è già stato evidenziato che l’art. 3 co.2 D.Lgs. 150/2011 nella formulazione previgente prevede, oltre alla designazione del giudice relatore, la sola delega da parte del presidente a uno dei componenti del collegio per l’assunzione dei mezzi istruttori, con la conseguenza che le restanti attività, in particolare la discussione e la precisazione delle conclusioni, devono svolgersi davanti al collegio (le Sezioni Unite 12609/2012 sottolineano come, anche alla luce della relazione di accompagnamento al D.Lgs. 150/2011, i processi in materia di liquidazione degli onorari degli avvocati “devono essere trattati in composizione collegiale”). Trova pertanto applicazione l’art. 276 co.1 cod. proc. civ., secondo il quale alla deliberazione della decisione possono partecipare solo i giudici che hanno assistito alla discussione, nel senso che nella fattispecie i giudici che deliberano la sentenza devono essere gli stessi dinanzi ai quali è stata trattata la causa.

19.Ne consegue che, in accoglimento del quarto motivo di ricorso, l’ordinanza impugnata deve essere cassata limitatamente ai capi con i quali è stata decisa la domanda proposta dall’avv. Lo.Pi. nei confronti della sua cliente Pi.Im. Srl e ai capi consequenziali relativi alla statuizione sulle spese di lite tra queste due parti e sulla responsabilità ex art. 96 cod. proc. civ. del professionista nei confronti della cliente; si dispone il rinvio al Tribunale di Frosinone in diversa composizione, perché provveda alla decisione della domanda dell’avvocato secondo il procedimento di cui all’art. 14 D.Lgs. 150/2011 previgente, statuendo anche sulle spese del giudizio di cassazione nel rapporto tra queste due parti.

A seguito della dichiarazione di inammissibilità dei motivi relativi alla proposizione della domanda riconvenzionale della terza chiamata

e a fronte della dichiarazione di inammissibilità del controricorso di Ro. Srl, si compensano le spese del giudizio di cassazione tra queste due parti.

L’attore non è legittimato a impugnare per incompetenza la pronuncia del giudice da lui adito ancorché sfavorevole nel merito

P.Q.M.

La Corte accoglie il quarto motivo di ricorso, dichiara inammissibili il primo, terzo, settimo, ottavo, nono e decimo motivo, rigetta il secondo, quinto e sesto motivo; cassa l’ordinanza impugnata in relazione al quarto motivo accolto e rinvia al Tribunale di Frosinone in diversa composizione anche per la statuizione sulle spese del giudizio di legittimità tra il ricorrente e l’intimata Pi.Im. Srl; compensa le spese del giudizio di legittimità tra il ricorrente e la controricorrente.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione civile della Corte suprema di cassazione il 23 maggio 2024

Depositato in Cancelleria il 4 giugno 2024.

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