La sentenza di divisione non è di per sé idonea ad escludere la costituzione della servitù di passaggio per destinazione del padre di famiglia

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|23 febbraio 2024| n. 4805.

La sentenza di divisione non è di per sé idonea ad escludere la costituzione della servitù di passaggio per destinazione del padre di famiglia

La sentenza di divisione non è di per sé idonea ad escludere la costituzione della servitù di passaggio per destinazione del padre di famiglia, qualora essa non abbia specificatamente valutato la sussistenza o meno dei presupposti richiesti dall’art. 1062 c.c. e non consti dell’eventuale adozione – da parte del giudice – di statuizioni contrarie o incompatibili con la tale costituzione. In assenza, pertanto, delle predette condizioni essa opera non come provvedimento costitutivo delle eventuali servitù, bensì come fatto giuridico che, in correlazione con la situazione obbiettiva dei luoghi, determina il sorgere della servitù secondo lo schema della costituzione per destinazione del padre di famiglia.

 

Ordinanza|23 febbraio 2024| n. 4805. La sentenza di divisione non è di per sé idonea ad escludere la costituzione della servitù di passaggio per destinazione del padre di famiglia

Data udienza 25 settembre 2023

Integrale

Tag/parola chiave: Divisione – Divisione giudiziale – In genere sentenza di divisione – Idoneità ad escludere la costituzione della servitù di passaggio per destinazione del buon padre di famiglia – Esclusione – Condizioni – Conseguenze.

REPUBBLICA ITALIANA

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

composta dagli Ill.mi Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere Rel.

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere

Dott. ROLFI Federico – Consigliere

ha pronunciato la seguente
ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 29700/2018 R.G. proposto da

Mo.Ma., rappresentata e difesa dagli avv.ti Fr. Ca. e Ma. Gu., con domicilio in Roma, Via (…), presso l’avv. Mi. Li.

– RICORRENTE –

contro

Mo.Gi., Mo.St., rappresentati e difesi dagli avv.ti Sa. Ub. e Gi. Ca., con domicilio in Roma, ala Via (…).

– CONTRORICORRENTI-

avverso la sentenza della Corte d’appello di Venezia n. 1903/2018, pubblicata in data 3.7.2018.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 25.9.2023 dal Consigliere Giuseppe Fortunato.

La sentenza di divisione non è di per sé idonea ad escludere la costituzione della servitù di passaggio per destinazione del padre di famiglia

FATTI DI CAUSA

1. Mo.Gi. ha adito il Tribunale di Verona, esponendo di esser proprietario di due porzioni immobiliari, in catasto part. nn. (Omissis) del n. (Omissis), ubicate del Comune di N, in virtù della sentenza di divisione n. 1918/2001 del Tribunale di Verona, passata in giudicato, porzioni detenute sine titulo da Mo.Ma., di cui ha chiesto la condanna al rilascio. La convenuta ha resistito, chiamando in causa Mo.St. ed il notaio Fa., che aveva allibrato il frazionamento e trascritto la sentenza di divisione, nonché Gi.Ma., madre dell’attore (deceduta in corso di causa), instando in via riconvenzionale per l’accertamento dell’avvenuta costituzione di una servitù di passaggio per destinazione del padre di famiglia sugli immobili assegnati all’attore.

Il Tribunale, espletata c.t.u., ha ordinato il rilascio delle porzioni rivendicate dall’attore, respingendo ogni altra richiesta. La sentenza è stata confermata in appello.

Dichiarata l’ammissibilità del gravame ai sensi dell’art. 342 c.p.c., la Corte di merito ha ritenuto non più contestabili le statuizioni della sentenza di divisione passata in giudicato, ritenendo precluse le doglianze volte ad evidenziare errori nell’attribuzione dei terreni e nella quantificazione dei conguagli, sostenendo che l’accatastamento del progetto divisionale e le iscrizioni ipotecarie non richiedevano il consenso di tutti i comproprietari, posto che l’individuazione dei beni di spettanza di ciascun condividente derivava direttamente dalla pronuncia di divisione, cui era conforme il frazionamento eseguito da Mo.Gi.. Ha respinto la domanda riconvenzionale di accertamento della servitù di passaggio, poiché non prevista dal titolo e incompatibile con le statuizioni della pronuncia di divisione, affermando che a Mo.Gi. spettavano le autorizzazioni DOC sui vigneti impiantati sulla porzione assegnatagli, essendo trasmissibili per successione mortis causa.

Per la cassazione della sentenza Mo.Ma. propone ricorso in cinque motivi.

Mo.Gi. e Mo.St., in proprio e quali eredi di Gi.Ma., resistono con controricorso e con ricorso incidentale condizionato affidato ad un unico motivo.

La ricorrente ha depositato controricorso in replica al ricorso incidentale.

In prossimità dell’adunanza camerale le parti hanno depositato memorie illustrative.

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RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo denuncia la violazione dell’art. 5 L. 679/1996, del D.P.R. 139/1998, della Circolare del Ministero delle finanze 49/ST/96 e degli artt. 101, 102 e 107 c.p.c., lamentando che la Corte di merito abbia confuso la domanda di frazionamento e quella di divisione, negando che le operazioni di frazionamento richiedessero la partecipazione di tutti i condividenti a pena di nullità, e per aver ritenuto sufficiente che la conformità del frazionamento alle statuizioni adottate con la sentenza di divisione fosse stata accertata dal c.t.u., le cui indagini non erano state svolte con la partecipazione di tutti gli aventi titolo. Il motivo è infondato.

Mo.Gi. ha chiesto il rilascio della porzione, indicata in atti, detenuta dalla convenuta, rivendicandone la proprietà sulla scorta di un frazionamento che, sebbene predisposto unilateralmente prima del giudizio, era funzionale alla corretta identificazione delle particelle assegnategli in sede di divisione. L’accertamento svolto dal Tribunale ha riguardato la corrispondenza oggettiva tra le porzioni rivendicate dall’attore e quelle assegnategli con la pronuncia di divisione in base alle complessive risultanze di causa, non essendo decisivo stabilire la validità di quel frazionamento elaborato prima del giudizio.

La domanda non era neppure finalizzata alla predisposizione di un “tipo di frazionamento”, cioè di un documento tecnico indicante in planimetria le particelle catastali frazionate con le rispettive superfici che serve al fine preminente della voltura catastale (cfr. Cass. 1044/1981, Cass. 1385/1981), volendo l’attore ottenere il rilascio sul presupposto della corrispondenza tra la porzione contesa e quella individuata nel titolo giudiziale, cui occorreva far esclusivo riferimento (Cass. 663/1967).

La pronuncia di divisione era inoltre passata in giudicato, con conseguente acquisto della piena proprietà da parte degli assegnatari, con facoltà di esercitare tutte le azioni, compresa quella diretta ad ottenere il rilascio della parte detenuta da altro condividente, che, in conseguenza della compiuta divisione, non aveva più nessun titolo giuridico atto ad utilizzarla (Cass. 28697/2013; Cass. 20961/2018; Cass. n. 1015/1955; Cass. 24730/2023).

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2. Il secondo motivo denuncia l’omesso esame di fatto decisivo, e l’omessa insufficiente e contraddittoria motivazione per aver la sentenza recepito acriticamente le conclusioni della c.t.u., omettendo l’esame di fatti decisivi.

Denuncia la ricorrente che il c.t.u. avrebbe ritenuto che le modalità di redazione del frazionamento fossero consentite dal punto C) della Circolare n. 49/ST/1996 del Ministro delle finanze, sebbene il caso in esame rientrasse nella diversa ipotesi regolata dal punto B) della circolare, derivandone la necessità che il frazionamento fosse sottoscritto da tutti gli interessati, non essendo già in essere un pregresso contenzioso.

La sentenza non avrebbe dato risposta ai rilievi formulati dall’appellante riguardo al fatto che il c.t.u., omettendo di esaminare lo stato dei luoghi: a) aveva tenuto conto di altra relazione svolta dall’ing. Pi., nonostante il divieto del giudice di utilizzarla, e non aveva allegato la corrispondenza intercorsa con il difensore nel corso delle operazioni, sebbene sollecitato in tal senso; c) aveva ritenuto corretto il frazionamento disapplicando il DM. 701/1994, la L. 679/1969 e il D.P.R. 139/1998; d) aveva ritenuto graficamente conformi alla sentenza di divisione le linee tracciate nel frazionamento senza considerare la presenza di una carreggiata ben definita destinata all’esercizio del passaggio, di taluni varchi con pilastri, di colture ed altri manufatti; e) non aveva replicato ai rilievi del c.t.p. con cui era stata dedotta l’impossibilità pratica di creare un mappale sub 8), destinato a strada con larghezza di mt. 8 per accedere alla corte comune, data la più ridotta ampiezza di un varco con cancello con pilastri esistenti in loco dal 1818 e la presenza a confine verso valle, lungo un primo tratto in salita, di una via pubblica che impediva ogni allargamento, nonché, a monte, di un muro in sassi e di filari piantati a ridosso del muro medesimo, ed infine per la presenza, fin dal 1957, nel secondo tratto di strada a nord, di un muro a secco con funzione di sostegno della carreggiata esistente nel tratto che costeggiava taluni vigneti; f) non avrebbe tenuto conto che il tracciato della strada non era segnato sul frazionamento, né dell’erronea quantificazione delle superfici da frazionare dovute alla circostanza che in quelle indicate nel frazionamento doveva ricomprendersi anche la quota spettante alla moglie Gi.Ma., con una non corretta individuazione dell’estensione delle superfici. Nessuna risposta avrebbe poi dato il c.t.u. riguardo alla non conformità della situazione dell’impianto a vigneto di cui al mappale 317 e non avrebbe considerato la presenza di una capezzagna carraia sull’area scoperta del mappale 426, omettendo di menzionare la presenza, su detta area scoperta, di manufatti non aventi le caratteristiche di costruzioni autonome, in merito alla mancata attribuzione delle porzioni nn. 134 e 15 e alla mancata rilevazione dell’invasione di una porzione del portico su un’area comune.

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Il motivo è fondato.

Con l’atto di appello il ricorrente aveva sollevato plurime censure alla pronuncia di primo grado, negando la ritenuta corrispondenza tra il frazionamento eseguito dal Mo. prima del giudizio e le statuizioni adottate con la sentenza di divisione, con particolare riguardo alla corretta ricognizione dello stato dei luoghi e all’individuazione ed esatta delimitazione delle porzioni oggetto di assegnazione ai singoli condividenti.

Su tali aspetti la Corte di merito si è dichiarata convinta della correttezza della decisione di primo grado senza minimamente render conto delle conclusioni assunte, ciò in particolare con riferimento al secondo e terzo motivo di appello, con cui erano stati sollevati rilievi critici puntuali alla c.t.u., ponendo in rilievo molteplici incongruenze tra la delimitazione delle porzioni e la situazione dei luoghi, venendo travolta non solo la correttezza del frazionamento, ma soprattutto l’individuazione delle porzioni, ritenuta acriticamente conforme alla pronuncia di divisione passata in giudicato.

Nessuna replica si rinviene nella sentenza alle critiche, puntuali e specifiche, mosse dall’appellante, risultando la pronuncia del tutto carente di motivazione quanto alla dichiarata infondatezza dei motivi di gravame sollevati, in proposito, dai ricorrenti.

3. Il terzo motivo denuncia la violazione degli art. 112 e 324 c.p.c. e 2909 c.c., sostenendo che il passaggio in giudicato della sentenza di divisione non impediva la costituzione della servitù di passaggio per destinazione del padre di famiglia a favore delle porzioni assegnate ai ricorrenti, esistendo opere visibili destinate al transito per effetto dell’asservimento di fatto posto in essere dall’originario titolare.

Il motivo è fondato.

La pronuncia di divisione non poteva considerarsi pregiudizialmente ostativa alla costituzione della servitù di passaggio per destinazione del padre di famiglia, senza specificamente valutare la sussistenza dei presupposti richiesti dall’art. 1062 c.c. e l’eventuale adozione -da parte del giudice – di statuizioni contrarie o incompatibili con la costituzione del diritto di passaggio (Cass. 18909/2020). La norma dispone che la destinazione del padre di famiglia ha luogo quando consta, mediante qualunque genere di prova, che due fondi, attualmente divisi, siano stati posseduti dallo stesso proprietario, e che questi abbia posto o lasciato le cose nello stato dal quale risultava la servitù.

Se i due fondi cessarono di appartenere allo stesso proprietario senza alcuna disposizione relativa alla servitù, questa si intende stabilita attivamente e passivamente a favore e sopra ciascuno dei fondi separati.

Tali condizioni possono realizzarsi anche quando la divisione sia stata disposta con sentenza (Cass. 18909/2020): in tal caso la pronuncia non viene in considerazione come statuizione costitutiva delle eventuali servitù, bensì come fatto giuridico che, in correlazione con la situazione obbiettiva dei luoghi, determina il sorgere della servitù secondo lo schema della costituzione per destinazione del padre di famiglia (Cass. 3916/1977; Cass. 12950/2000).

Occorre tuttavia che la pronuncia di divisione non contenga disposizioni contrarie alla costituzione del diritto di passaggio: ha precisato questa Corte che “la natura dichiarativa della divisione, sia essa giudiziale che negoziale, attiene esclusivamente all’effetto finale – e cioè all’attuazione della titolarità esclusiva delle porzioni o dei singoli beni attribuiti in concreto ai singoli condividenti e che si considerano, a ciascuno, spettanti sin dall’origine della comunione -ma non riguarda anche l’estrinsecazione dei poteri, processuali o negoziali necessari allo scopo. Come le parti possono, con il contratto di divisione, manifestare una volontà contraria al sorgere della servitù per destinazione del padre di famiglia a favore e, rispettivamente, a carico dei singoli cespiti componenti il compendio comune e che vengono a ciascuna assegnati, analogo potere è esercitabile dal giudice, nel processo di divisione (anche attraverso la conferma di un progetto di consulente tecnico), purché nei limiti dell’oggetto, e cioè con riguardo ai beni effettivamente in divisione†(Cass. 7840/1986).

4. Il quarto motivo denuncia la violazione del Reg. UE 1308/2013 e del decreto del Ministero delle Politiche agricole 15.12.2015, prot. N. 12272 e del 25.10.2016, prot. 5852, nonché della Circolare Gea 1.2.2016, sostenendo che, il giudice di merito non poteva disporre il trasferimento per successione anche delle qualificazioni e dei diritti DOC (denominazione origine controllata), unitamente ai terreni ove erano impiantati i vigneti, trattandosi di riconoscimento fondato su un provvedimento amministrativo su cui non poteva incidere la sentenza.

Il motivo è assorbito, essendo la censura strettamente connessa alla corretta della individuazione delle porzioni, conformemente alla sentenza di divisione, oggetto dei rilievi tecnici di parte che la Corte di merito non ha esaminato e che verranno vagliati dal giudice del rinvio.

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5. Il quinto motivo deduce la violazione degli artt. 10, 15, 91 e 92 c.p.c. e del D.M. 55/2014, per aver la Corte di merito regolato

le spese dei due gradi di merito ritenendo la causa di valore indeterminabile, senza tener conto che la c.t.u. svolta nel giudizio di divisione erano stati accertati i valori catastali, avendo il criterio utilizzato carattere solo residuale.

Il motivo è assorbito, dovendo il giudice del rinvio riesaminare i fatti di causa e liquidare nuovamente, all’esito, le spese di entrambi i gradi.

6. Con l’unico motivo del ricorso incidentale si deduce l’impossibilità di costituire a favore dei fondi assegnati agli altri condividenti una servitù di passaggio per destinazione del padre di famiglia, poiché quanto statuito con la sentenza di divisione aveva superato le pregresse modalità di utilizzo dei fondi paterni, rendendo illegittimo l’esercizio del transito sulle porzioni assegnate a Mo.Gi. e Mo.St..

Il ricorso è inammissibile, poiché nessun accertamento ha svolto la Corte di merito e nulla ha statuito riguardo alla concreta possibilità di dichiarare la costituzione della servitù ai sensi dell’art. 1062 c.c. in relazione alla situazione dei luoghi e alle modalità, pregresse ed attuali, di esercizio del transito, essendosi limitata a ritenere preclusivo, per la costituzione del diritto, il fatto che nessuna statuizione era stata adottata in proposito con la sentenza di divisione passata in giudicato.

Va ricordato che, in tema di giudizio di cassazione, è inammissibile per carenza di interesse il ricorso incidentale condizionato allorché proponga censure che non sono dirette contro una statuizione della sentenza di merito bensì a questioni su cui il giudice di appello non si è pronunciato, atteso che in relazione a tali questioni manca la soccombenza che costituisce il presupposto dell’impugnazione, salva la facoltà di riproporre le questioni medesime al giudice del rinvio, in caso di annullamento della sentenza (Cass. 4130/2014; Cass. 22095/2017; Cass. 11270/2020).

Sono, per tali ragioni, accolti i motivi secondo e terzo del ricorso principale, con rigetto del primo e con assorbimento dei motivi quarto e quinto, mentre è dichiarato inammissibile il ricorso incidentale.

La sentenza è cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio della causa alla Corte d’appello di Venezia, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese di legittimità. Si dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti incidentali, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.

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P.Q.M.

accoglie il secondo e il terzo motivo del ricorso principale, respinge il primo, dichiara assorbiti i motivi quarto e quinto e dichiara inammissibile il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa alla Corte d’appello di Venezia, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese di legittimità.

Dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti incidentali, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.

Così deciso in Roma il 25 settembre 2023.

Depositata in Cancelleria il 23 febbraio 2024.

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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