Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|13 settembre 2024| n. 24677.
La rinuncia alla prescrizione integra un’eccezione in senso lato
La rinuncia alla prescrizione, integrando un’eccezione in senso lato, non è soggetta all’onere di riproposizione ex art. 346 c.p.c. e può essere rilevata d’ufficio, anche in appello, purché i fatti su cui essa si fonda, benché non allegati dalle parti, siano stati ritualmente acquisiti al processo, sempre che la stessa non sia stata respinta in primo grado con pronuncia espressa o implicita, essendo in tal caso necessario proporre appello, eventualmente in via incidentale, onde evitare la formazione del giudicato interno che ne preclude ogni riesame, anche officioso.
Ordinanza|13 settembre 2024| n. 24677. La rinuncia alla prescrizione integra un’eccezione in senso lato
Data udienza 29 giugno 2024
Integrale
Tag/parola chiave: Mutuo – Restituzione di somma – Mancata fissazione del termine per la restituzione – Prescrizione del diritto del mutuante – Decorrenza dalla data stessa della stipula – Facoltà di richiedere la fissazione del termine di adempimento ex art. 1817 cod. civ. – Rinuncia alla prescrizione – Eccezione in senso lato – Rilevabilità anche d’ufficio – Presupposti – Fatti ritualmente acquisiti al processo e assenza di rigetto in primo grado con pronuncia espressa o implicita – Onere di appello incidentale a pena di giudicato interno
REPUBBLICA ITALIANA
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi sigg. Magistrati:
Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente
Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere
Dott. PAPA Patrizia – Consigliere
Dott. TRAPUZZANO Cesare – Consigliere
Dott. GRAZIANO Francesco – Consigliere Rel./Est.
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso (iscritto al n. 18245/2019 R.G.) proposto da:
Al.Zi., nata a B il Omissis (VI) e residente in Pederobba (TV), Via Omissis (Codice Fiscale: Omissis), elettivamente domiciliata in Montebelluna (TV), al Corso Gi.Ma., presso lo studio dell’avv. Al.Da. del foro di Treviso che la rappresenta e difende, giusta procura speciale in calce alla comparsa di intervento di nuovo difensore depositata in Cancelleria, con modalità telematica, in data 27 marzo 2024 (indirizzo p.e.c.: “Al.Pe.”), in sostituzione del precedente difensore avv. Gi.Za. (procura speciale in calce al ricorso introduttivo del presente giudizio di legittimità);
– ricorrente –
contro
Al.Zi. (Codice Fiscale: Omissis), residente in Fonte (TV), frazione Omissis, alla Via Omissis, elettivamente domiciliato in Roma, alla Via Ri.Gr., presso lo studio dell’avv. Su.Ch., unitamente all’avv. Gi.Ma. del foro di Torino che lo rappresenta e difende, giusta procura speciale allegata al controricorso notificato in data 16 luglio 2019 (indirizzo p.e.c. del difensore: “Av.Ni.”; indirizzo p.e.c. della domiciliatala: “Su.Or.”) ;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’Appello di Venezia n. 1404/2019, pubblicata il 2 aprile 2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 29 maggio 2024 dal Consigliere relatore Francesco Graziano;
letta la memoria illustrativa depositata nell’interesse della ricorrente, ai sensi dell’art. 380-bis.1. c.p.c.;
La rinuncia alla prescrizione integra un’eccezione in senso lato
FATTI DI CAUSA
1.- Con ricorso depositato in Cancelleria in data 3 agosto 2011, la sig.ra Al.Zi. chiedeva al Tribunale di Treviso, di ingiungere al sig. Al.Zi., il pagamento della somma di Euro. 20.658,28 (euro ventimilaseicentocinquantotto/28), oltre interessi, a titolo di restituzione del mutuo concesso nel novembre – dicembre 1992. In data 6 agosto 2011, il suddetto ufficio giudiziario accoglieva la domanda monitoria.
Sull’opposizione proposta dal sig. Al.Zi., che eccepiva la prescrizione dell’azione, il Tribunale affermava che, non essendo stato pattuito un termine di restituzione, “la prestazione per il creditore non è mai stata esigibile né è mai stato possibile far valere il diritto da parte sua”, onde non sarebbe potuto decorrere il termine per la prescrizione, quanto al capitale, mentre perveniva a differente conclusione con riguardo agli interessi in ordine ai quali riteneva essere maturato il termine di prescrizione di cui all’art. 2948 c.c. sino alla costituzione in mora risalente al 15 novembre 2010, onde soltanto a partire da tale data riconosceva dovuti gli interessi al tasso legale. In particolare, il giudice di prime cure affermava che “nel caso che ci occupa, non è stato pattuito un termine di restituzione, rimanendo inteso fra le parti che le somme sarebbero state restituite compatibilmente con le possibilità economiche del mutuatario (cfr. deposizione del teste Co.); in tal caso quindi non vi è data certa dalla quale far decorrere il termine prescrizionale. È pacifica la volontà del legislatore di ritenere inammissibile un termine incerto… (nel caso di specie “il più presto possibile, compatibilmente con le mie possibilità economiche’); in tal caso il termine, a mente dell’art. 1817 cc, deve essere stabilito dal giudice. La giurisprudenza prevalente inoltre ritiene che il mutuante non sia tenuto a chiedere la fissazione del termine della restituzione tutte le volte in cui sia passato un congruo termine senza che il debitore-mutuatario abbia adempiuto sicché, avuto riguardo anche alle circostanze, può ragionevolmente presumersi che egli non intenda adempiere, o, più modestamente, voglia adottare una tattica meramente dilatoria (Cass. Civ. 27.11.79, n. 6228). Nel caso che ci occupa quindi può essere giudizialmente stabilito detto termine, considerato che peraltro, proprio perché non stabilito un termine di restituzione-scadenza, la prestazione per il creditore non è mai stata esigibile, né è mai stato possibile far valere il diritto da parte sua. Ciò è tuttavia avvenuto con la richiesta di emissione del decreto ingiuntivo, nel quale il termine di pagamento-restituzione è stato fissato dal giudice. Sono documentali le richieste di restituzione rivolte con missive del 15/11/10 (cfr. doc. 4 fase monitorio) e diffida legale del 20/1/11 (cfr. doc. 5 fasc. monitorio) precedute da svariate e precedenti richieste verbali di restituzione, come confermato dal teste Co. Marcello” (cfr. il ricorso introduttivo del presente procedimento, alle pagine quarta e quinta, laddove riporta, tra virgolette, tale stralcio della motivazione della sentenza di primo grado).
2.- Avverso tale sentenza proponeva appello il sig. Al.Zi., sulla base di due motivi (diretti avverso la statuizione di rigetto dell’eccezione di prescrizione sollevata in primo grado), chiedendo il rigetto della domanda di pagamento avanzata dalla sig.ra Al.Zi.
La rinuncia alla prescrizione integra un’eccezione in senso lato
Quest’ultima si costituiva nel giudizio di secondo grado, opponendosi all’accoglimento dell’appello e proponendo, a sua volta, appello incidentale, diretto al riconoscimento degli interessi ex art. 1 L. n. 24 del 2001 fino al 20 aprile 2004 e nella misura pattizia fino al saldo.
La Corte d’Appello di Venezia, con la sentenza di cui in epigrafe, accoglieva l’appello principale e rigettava quello incidentale; in accoglimento dell’opposizione, revocava il decreto ingiuntivo emesso a carico dell’appellante sig. Al.Zi. e condannava l’appellata sig.ra Al.Zi. al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio.
A sostegno dell’adottata pronuncia la Corte di merito rilevava, per quanto di interesse in questa sede: a) che era pacifica la mancata previsione di un termine di adempimento con riguardo al contratto di mutuo tra le parti, essendo state utilizzate espressioni talmente vaghe e generiche, da non risultare, in alcun modo, valevoli a indicare un termine minimamente certo; b) che, diversamente da quanto ritenuto dall’appellata, in tale situazione di mancanza di un termine, il creditore avrebbe dovuto adire l’autorità giudiziaria per ottenerne la fissazione tale inerzia, protrattasi per oltre un decennio, evidenziava il maturare del termine prescrizionale al momento della prima formulazione dell’atto di costituzione in mora del 2010; d) che priva di pregio era da ritenersi la distinzione tra prescrizione del diritto di credito e prescrizione dell’azione ex art. 1817 c.c., prospettata dall’appellata sig.ra Al.Zi. nel tentativo di sostenere che Al.Zi. avrebbe eccepito la prima e non la seconda, in quanto “la prescrizione del diritto di credito deve ritenersi indipendente da quella attinente alla fissazione del termine, tanto che ben avrebbe potuto la Al.Zi. interrompere il decorso del termine mediante atti di costituzione in mora e non necessariamente adendo il giudice” (cfr., all’uopo, la sentenza impugnata, alla pag. 3, paragrafo 6.); f) che, dunque, la possibilità di esercitare il diritto di credito andava individuata con riferimento alla possibilità di conseguire la fissazione del termine da parte del giudice, cosicché, una volta che il creditore poteva adire il giudice per conseguire la fissazione del termine, era giocoforza ritenere sussistente la decorrenza del termine prescrizionale ex art. 2935 c.c.; g) che, quindi, la permanente inerzia nell’adire il giudice per la fissazione del termine valeva a evidenziare la possibilità di far valere il diritto di credito e il decorso del termine di prescrizione di quest’ultimo; h) che, in conclusione, doveva ritenersi che, non essendo stato previsto dalle parti un termine per la restituzione delle somme date a mutuo, la prescrizione del diritto aveva iniziato a decorrere dal momento della conclusione del mutuo stesso, poiché da tale momento il creditore poteva esercitare il suo diritto – nella specie attraverso il ricorso al giudice per la fissazione del termine – cosicché l’inerzia dell’appellata, con la mancata proposizione del ricorso giudiziale (ovvero anche mediante atti di diffida), valeva a determinare l’inizio del decorso del termine prescrizionale fin dal momento in cui il diritto era sorto; i) che, essendo ampiamente decorso il termine ordinario di prescrizione ex art. 2946 c.c. dalla conclusione del mutuo (anno 1992) al primo atto di invocata costituzione in mora (anni 2010-2011), il diritto dell’appellata doveva ritenersi estinto per prescrizione; l) che tale conclusione risultava valevole ad assorbire ogni altra questione e a comportare altresì il rigetto dell’appello incidentale diretto esclusivamente al riconoscimento di ulteriori interessi; m) che la questione relativa alla rinuncia alla prescrizione, da parte del debitore sig. Al.Zi., risultava essere stata introdotta dall’appellata Al.Zi. soltando in sede di comparsa conclusionale, non essendo stata nemmeno “adombrata” in comparsa di risposta; n) che tale questione, non avendo formato oggetto di puntuale riproposizione ex art. 346 c.p.c., doveva ritenersi preclusa in sede d’appello.
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3.- Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso per cassazione, affidato a sette motivi, la sig.ra Al.Zi.
Ha resistito, con controricorso, il sig. Al.Zi.
4.- Solo la ricorrente ha depositato memoria illustrativa, ai sensi dell’art. 380-bis.1. c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.- Con il primo motivo, la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 1375 c.c.
Al riguardo, la ricorrente afferma di non aver fatto ricorso immediatamente all’autorità giudiziaria perché aveva fatto affidamento nella buona fede del debitore, con il quale intercorrevano rapporti di amicizia.
Deduce, all’uopo, di aver invano confidato nello spontaneo adempimento da parte del sig. Al.Zi. e di aver creduto, sulla base del rapporto di amicizia, alle rassicurazioni di quest’ultimo, provvedendo autonomamente per anni a sollecitare il pagamento delle somme di cui risultava creditrice. Tuttavia, solo nell’anno 2011, avendo compreso che da parte debitrice mancava totalmente la volontà di adempiere l’obbligazione, ella si era rivolta al giudice per ottenere, tramite emissione di un decreto ingiuntivo, la fissazione di un termine certo di adempimento, come stabilito puntualmente dall’art. 1817 c.c. In particolare, la creditrice si era rivolta al Giudice solo dopo aver più volte sollecitato invano l’adempimento del debitore, dal quale era solita ricevere pronte rassicurazioni, come confermato anche dal testimone sig. Co., escusso, nel giudizio di primo grado, all’udienza del 4 novembre 2013, sui capitoli di prova articolati e richiesti, dalla difesa dell’odierna ricorrente, mediante la memoria ex art. 183, comma 6, n. 2), c.p.c.
La rinuncia alla prescrizione integra un’eccezione in senso lato
Afferma, ancora, la ricorrente che la buona fede del debitore nell’esecuzione del contratto sulla quale ella aveva fatto affidamento decidendo di adire l’autorità giudiziaria solo in un momento successivo, è esplicitamente prescritta dall’art. 1375 c.c., norma che risulterebbe dunque violata poiché la Corte d’Appello, alla stregua della prospettazione della ricorrente, avrebbe dovuto prendere in considerazione i motivi che avevano indotto quest’ultima a non rivolgersi immediatamente al giudice per la fissazione di un termine certo di adempimento e, quindi, avrebbe dovuto considerare avvenuta la fissazione giudiziale del termine contestualmente all’emissione del decreto ingiuntivo, con conseguente insussistenza della prescrizione del credito vantato dalla ricorrente medesima.
2.- Con il secondo motivo, la ricorrente denuncia, sempre ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 1817 c.c.
In particolare, dopo aver ribadito quanto già evidenziato nel precedente motivo, la ricorrente evidenzia che, a mente dell’art. 1817, comma 1, c.c., ove il giudice sia chiamato a fissare un termine di adempimento, deve farlo “avuto riguardo alle circostanze”, ovvero valutando le particolarità del caso concreto e non prescindendo da esse.
Deduce, quindi, che la corte territoriale del tutto avrebbe riformato quanto disposto dal giudice di prime cure che, avuto riguardo alle circostanze, aveva ritenuto corretto fissare un termine certo di adempimento Co.stualmente all’emissione del decreto ingiuntivo.
La Corte d’Appello, infatti e secondo la prospettazione della ricorrente, avrebbe dovuto decidere avendo riguardo alle circostanze del caso in questione, ossia rilevando la presenza di un legame di amicizia che esisteva tra le parti del contratto e che aveva portato la creditrice a rivolgersi al giudice per la fissazione di un termine certo dopo molti anni dalla stipulazione del mutuo, per aver confidato nell’adempimento spontaneo e ispirato a buona fede da parte del sig. Al.Zi., in considerazione anche delle varie rassicurazioni che il debitore aveva fornito in risposta ai numerosi solleciti provenienti da parte creditrice.
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3.- Con il terzo motivo, la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c., la falsa applicazione dell’art. 2935 c.c.
In particolare, la ricorrente evidenzia che, facendo applicazione dell’art. 2935 C.C. al caso in questione, il credito doveva considerarsi, in un primo momento, inesigibile, poiché nel contratto di mutuo non era stato fissato un termine certo di adempimento. Le parti intenzionalmente non avevano fissato un termine certo poiché la creditrice ed odierna ricorrente, conoscendo la reale situazione economica del debitore, a lei legato da rapporti di amicizia, si era impegnata a non esigere immediatamente la prestazione dal sig. Al.Zi., confidando nella sua lealtà e buona fede.
Inoltre, la ricorrente ribadisce di essersi rivolta al giudice solo dopo aver più volte sollecitato invano l’adempimento del debitore, dal quale era solita ricevere pronte rassicurazioni, come confermato anche dal testimone sig. Co., escusso, nel giudizio di primo grado, all’udienza del 4 novembre 2013, sui capitoli di prova articolati e richiesti, dalla difesa dell’odierna ricorrente, mediante la memoria ex art. 183, comma 6, n. 2), c.p.c.
Il termine di adempimento, dunque, era stato fissato dall’autorità giudiziaria Co.stualmente alla concessione del decreto ingiuntivo a carico del sig. Al.Zi., cosicché solo da tale data era iniziato il decorso del termine di prescrizione del diritto e non già dalla conclusione del contratto di mutuo, come sostenuto dalla corte distrettuale.
4.- Le censure sollevate con i predetti motivi, senz’altro suscettibili di disamina congiunta, sono inammissibili e, comunque, infondate.
Ed invero, questa Corte ha più volte affermato che “Le espressioni violazione o falsa applicazione di legge, di cui all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., descrivono i due momenti in cui si articola il giudizio di diritto: a) quello concernente la ricerca e l’interpretazione della norma ritenuta regolatrice del caso concreto; b) quello afferente l’applicazione della norma stessa una volta correttamente individuata ed interpretata. Il vizio di violazione di legge investe immediatamente la regola di diritto, risolvendosi nella negazione o affermazione erronea della esistenza o inesistenza di una norma, ovvero nell’attribuzione ad essa di un contenuto che non possiede, avuto riguardo alla fattispecie in essa delineata; il vizio di falsa applicazione di legge consiste, o nell’assumere la fattispecie concreta giudicata sotto una norma che non le si addice, perché la fattispecie astratta da essa prevista – pur rettamente individuata e interpretata – non è idonea a regolarla, o nel trarre dalla norma, in relazione alla fattispecie concreta, conseguenze giuridiche contraddicano la pur corretta sua interpretazione. Non rientra nell’ambito applicativo dell’art. 360, comma 1, n. 3, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa che è, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta perciò al sindacato di legittimità.” (Cass., Sez. 1, ordinanza n. 640 del 14 gennaio 2019, Rv. 652398-01; conf. Cass., Sez. 3, sentenza n. 7187 del 4 marzo 2022, Rv. 664394-01).
La rinuncia alla prescrizione integra un’eccezione in senso lato
Orbene, non è chi non veda come i motivi in esame, in quanto si concentrano sull’accertamento delle circostanze di fatto valevoli ad integrare le ragioni giustificative per cui la ricorrente aveva lasciato trascorrere molti anni senza rivolgersi al giudice ai fini della fissazione di un termine di adempimento relativo all’obbligazione restitutoria (legame di amicizia ed affidamento), così come previsto ex art. 1817 c.c., finiscono con il risolversi nella prospettazione di una ricostruzione alternativa della vicenda fattuale e, dunque, nella richiesta di una nuova valutazione del compendio istruttorio, notoriamente preclusa in sede di giudizio di legittimità (cfr., al riguardo, Cass., Sez. 2, ordinanza n. 10927 del 23 aprile 2024, Rv. 670888-01, secondo cui “In tema di ricorso per cassazione, deve ritenersi inammissibile il motivo di impugnazione con cui la parte ricorrente sostenga un’alternativa ricostruzione della vicenda fattuale, pur ove risultino allegati al ricorso gli atti processuali sui quali fonda la propria diversa interpretazione, essendo precluso nel giudizio di legittimità un vaglio che riporti a un nuovo apprezzamento del complesso istruttorio nel suo insieme.”).
A ciò aggiungasi come le suddette censure risultino, in ogni caso, destituite di fondamento poiché in aperto contrasto con il consolidato orientamento di questa Corte regolatrice, secondo cui “La prescrizione del credito decorre anche quando il relativo diritto non sia ancora esigibile per la mancata fissazione del tempo dell’adempimento, da stabilirsi per accordo delle parti, potendo in tal caso il creditore comunque ricorrere al giudice per la fissazione del termine, ai sensi dell’art. 1183, comma terzo, cod. civ., con la conseguenza che in tal caso è impossibile configurare un impedimento giuridico all’esercizio del diritto, il quale soltanto impedisce il decorso della prescrizione. (In applicazione del principio anzidetto la S.C. ha ritenuto che, stipulato un contratto di mutuo senza fissazione del termine per la restituzione, la prescrizione del diritto del mutuante decorreva dalla data stessa dalla stipula, perché a partire da tale data il mutuante aveva la facoltà di richiedere la fissazione del termine di adempimento con la speciale azione di cui all’art. 1817 cod. civ.).” (Cass., Sez. 3, sentenza n. 14345 del 19 giugno 2009, Rv. 608529-01; cfr., altresì, Cass., Sez. 2, sentenza n. 8640 del 7 maggio 2020, Rv. 65769501, secondo la quale “Condizione necessaria e sufficiente perché la prescrizione decorra è che il titolare del diritto, pur potendo esercitarlo, si astenga da tale esercizio; sicché, anche quando il termine acceda al diritto di credito da far valere, la prescrizione decorre anche quando il diritto non sia esigibile per la mancata fissazione del tempo dell’adempimento, potendo il creditore ricorrere al giudice per la fissazione di un termine, ai sensi dell’art. 1183, comma 2, c.c.”).
A tale orientamento, la corte territoriale si è senz’altro attenuta, avendo, del tutto correttamente, individuato l’exordium praescriptionis nello stesso momento di conclusione del contratto di mutuo, cosicché la sentenza appellata si sottrae alle censure finora esaminate.
5.- Con i motivi dal quarto al settimo, la ricorrente denuncia: a) ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 2937, comma 3, c.c. e 346 c.p.c.; b) ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5), c.p.c., l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio – cioè la rinuncia alla prescrizione da parte del sig. Al.Zi. – che è stato oggetto di discussione tra le parti; c) ai sensi degli artt. 360, comma 1, n. 4) e 112, c.p.c., la nullità della sentenza impugnata, per omessa pronuncia in merito all’eccezione, rilevabile d’ufficio, relativa alla rinuncia alla prescrizione da parte dell’odierno controricorrente.
La rinuncia alla prescrizione integra un’eccezione in senso lato
In particolare, la ricorrente deduce l’erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui la corte territoriale ha affermato che la questione attinente alla rinuncia alla prescrizione da parte del sig. Al.Zi. doveva ritenersi preclusa in sede d’appello, essendo stata introdotta soltanto in comparsa conclusionale e non avendo formato, quindi, oggetto di puntuale riproposizione ai sensi dell’art. 346 c.p.c.
Al riguardo, la ricorrente sostiene che la rinuncia alla prescrizione, integrando un’eccezione in senso lato, può essere rilevata anche d’ufficio e che la preclusione ex art. 346 c.p.c. delle questioni non riproposte, opera unicamente qualora tali questioni siano già state trattate. In particolare, la ricorrente evidenzia che la questione della rinuncia alla prescrizione non risulta essere mai stata trattata in primo grado, né negli atti di parte, né in sentenza.
In definitiva, la sentenza impugnata avrebbe violato gli artt. 2937, comma 3, c.c. e 346 c.p.c., poiché la Corte d’Appello avrebbe dovuto rilevare d’ufficio l’intervenuta rinuncia alla prescrizione da parte del sig. Al.Zi., con ogni conseguenza di legge ai fini sostanziali e processuali e, dunque, con conseguente rigetto dell’impugnazione proposta dal predetto, in ragione dell’infondatezza dell’eccezione di prescrizione sollevata dal medesimo.
Inoltre, secondo la prospettazione della ricorrente, la corte distrettuale del tutto illegittimamente avrebbe omesso l’esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti (nelle pagg 1 -3 della comparsa conclusionale in appello, nelle pagg. 4 – 5 della memoria conclusionale di replica in appello dell’odierna ricorrente, nonché nelle pagg. 1 – 2 della memoria conclusionale di replica in appello dell’odierno controricorrente) e, cioè, la rinuncia alla prescrizione da parte del sig. Al.Zi.. Se lo avesse invece esaminato, avrebbe rilevato d’ufficio l’intervenuta rinuncia alla prescrizione da parte del sig. Al.Zi., con conseguente rigetto dell’appello principale, stante l’infondatezza dell’eccezione di prescrizione.
Infine, sempre secondo la prospettazione della ricorrente, la corte distrettuale, del tutto illegittimamente, avrebbe omesso di pronunciarsi in merito all’eccezione rilevabile d’ufficio relativa alla rinuncia alla prescrizione da parte del sig. Al.Zi.
L’esame di tale questione suscettibile di rilievo officioso avrebbe infatti determinato il rigetto dell’appello principale, stante l’infondatezza dell’eccezione di prescrizione.
6.- Le censure di cui ai motivi dal quarto al sesto sono fondate e meritano, pertanto, di trovare accoglimento.
La rinuncia alla prescrizione integra un’eccezione in senso lato
Costituiscono, invero, iura recepta, i principi secondo cui: 1) “La rinuncia alla prescrizione, integrando un’eccezione in senso lato, può essere rilevata anche d’ufficio, purché i fatti su cui essa si fonda, anche se non allegati dalle parti, siano stati ritualmente acquisiti al processo. (Cass., Sez. 6-1, ordinanza n. 24113 del 25 novembre 2015,Rv. 637816- 01); 2) “Nel giudizio di appello, il principio previsto dall’art. 346 c.p.c., secondo cui le eccezioni non accolte nella sentenza di primo grado si intendono rinunciate se non sono espressamente riproposte, si riferisce alle sole questioni rilevabili ad istanza di parte, ma non anche a quelle rilevabili d’ufficio, stante il potere (dovere) del giudice del gravame di rilevarle in via officiosa ai sensi dell’art. 345, comma 2, c.p.c., quand’anche non espressamente riproposte, a meno che le stesse non siano state respinte in primo grado con pronuncia espressa o implicita, essendo in tal caso necessario proporre appello incidentale al fine di evitare la formazione del giudicato interno, che ne preclude ogni riesame, anche officioso.” (Cass., Sez. 2, ordinanza n. 9844 del 28 marzo 2022, Rv. 664325-01); 3) ” L’onere della riproposizione posto dall’art. 346 c.p.c. di certo non opera per le questioni rilevabili d’ufficio dal giudice in sede di gravame, ove non oggetto di esame e decisione in primo grado.” (cfr. Cass., Sez. U, sentenza n. 7940 del 21 marzo 2019, Rv. 653280-01, in motivazione, alla pag. 11).
Orbene, con espresso riguardo alla fattispecie in esame, non può non evidenziarsi come la questione relativa alla rinuncia alla prescrizione da parte del sig. Al.Zi. non avesse formato oggetto di alcuna decisione mediante la sentenza di primo grado, come può agevolmente desumersi sia dalla motivazione di quest’ultima, trascritta nelle pagine quarta e quinta del ricorso introduttivo del presente giudizio di legittimità e che ha ritenuto non maturata la prescrizione alla stregua del diverso dies a quo individuato dal giudice di prime cure rispetto alla corte territoriale. Aggiungasi, infine, che, come del resto riconosciuto dallo stesso sig. Al.Zi. a pag. 15 del controricorso, gli elementi circostanziali da cui sarebbe derivata la rinuncia di quest’ultimo ad avvalersi della prescrizione, risultano essere stati già acquisiti al processo di primo grado, in quanto “espressamente indicati all’interno dei capitoli di prova” ammessi in favore della sig.ra Al.Zi. (cfr., all’uopo, sempre la pag. 15 del controricorso notificato il 16 luglio 2019, nonché i capitoli di prova trascritti nel quarto motivo del ricorso introduttivo del presente giudizio di legittimità).
A fronte di tali elementi, dunque, ha errato la corte di merito nel non uniformarsi ai principi già sopra enucleati, ritenendo che la questione relativa alla rinuncia alla prescrizione necessitasse di specifica riproposizione ex art. 346 c.p.c. ed omettendo, conseguentemente, di procedere alla disamina della stessa in ragione del fatto che l’odierna ricorrente sig.ra Al.Zi. non aveva assolto all’onere previsto da tale disposizione normativa.
Peraltro, anche con riguardo al vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 5), c.p.c., non è chi non veda come lo stesso risulti senz’altro integrato dall’omesso esame della rinuncia alla prescrizione, trattandosi di fatto che – sebbene suscettibile di rilievo officioso, nei sensi già sopra ampiamente chiariti – era valevole ad impedire l’operatività dell’eccezione di prescrizione sollevata dal sig. Al.Zi., con conseguente decisività dello stesso, nel senso che esso, ove esaminato, avrebbe potuto determinare un diverso esito della controversia.
La rinuncia alla prescrizione integra un’eccezione in senso lato
Del resto, come chiarito da questa Corte regolatrice, “L’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., riformulato dall’art. 54 del D.L. n. 83 del 2012, conv. in L. n. 134 del 2012, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia); pertanto, l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie.” (Cass., Sez. 2, ordinanza n. 17005 del 20 giugno 2024, Rv. 671706-01). Nella specie, infatti, l’omessa disamina degli elementi istruttori dai quali sarebbe stato possibile desumere l’esistenza di una rinuncia alla prescrizione è derivata proprio dalla scelta della corte di merito di non prendere in considerazione tale rinuncia, in ragione dell’asserito mancato assolvimento, da parte della sig.ra Al.Zi., all’onere di cui all’art. 346 c.p.c.
7.- Alla stregua delle considerazioni finora sviluppate, i motivi di ricorso dal quarto al sesto devono essere accolti, nei sensi di cui in motivazione, restando assorbito il settimo mezzo, mentre i restanti vanno rigettati.
La sentenza impugnata deve essere, dunque, cassata, con rinvio della causa alla Corte d’Appello di Venezia, in diversa composizione, che deciderà procedendo alla disamina della questione relativa alla rinuncia alla prescrizione, tenendo conto del seguente principio di diritto, e provvedendo altresì a statuire sulle spese del presente giudizio di legittimità.
“La rinuncia alla prescrizione, integrando un’eccezione in senso lato, non è soggetta all’onere di riproposizione ex art. 346 c.p.c. e può essere rilevata d’ufficio, anche in appello, purché i fatti su cui essa si fonda, benché non allegati dalle parti, siano stati ritualmente acquisiti al processo, sempre che la stessa non sia stata respinta in primo grado con pronuncia espressa o implicita, essendo in tal caso necessario proporre appello (eventualmente, in via incidentale), onde evitare la formazione del giudicato interno, che ne preclude ogni riesame, anche officioso.”.
La rinuncia alla prescrizione integra un’eccezione in senso lato
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione
Accoglie i motivi di ricorso dal quarto al sesto, assorbito il settimo mezzo, e rigetta i restanti; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa alla Corte d’Appello di Venezia, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione civile, in data 29 maggio 2024.
Depositata in Cancelleria il 13 settembre 2024.
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