Corte di Cassazione, penale, Sentenza|2 settembre 2021| n. 32775.
La ricettazione di un assegno bancario con clausola di non trasferibilità oggetto di falsificazione conserva rilevanza penale anche dopo la depenalizzazione, ad opera del d.lgs. 15 gennaio 2016, n. 7, del presupposto reato di falso in scrittura privata, atteso che nella ricettazione la provenienza da delitto dell’oggetto materiale del reato è elemento definito da norma esterna alla fattispecie incriminatrice, per cui l’eventuale abrogazione di tale norma non assume rilievo ai sensi dell’art. 2 cod. pen., dovendo la rilevanza penale del fatto essere valutata con esclusivo riferimento al momento in cui ha avuto luogo la condotta tipica di ricezione della cosa.
Sentenza|2 settembre 2021| n. 32775. La ricettazione di un assegno bancario con clausola di non trasferibilità
Data udienza 30 giugno 2021
Integrale
Tag – parola: Falsità in testamento olografo, cambiale o titoli di credito – Art. 491 c.p. – Ricettazione – Art. 648 c.p. – Riqualificazione del fatto – Art. 485 c.p. – Cass. Pen. Sez. Un. n. 40256/2018 – Assegno bancario – Clausola di non trasferibilità – Illecito civile – Depenalizzazione
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DIOTALLEVI Giovann – Presidente
Dott. MANTOVANO Alfredo – Consigliere
Dott. MESSINI D’AGOSTINI Piero – Consigliere
Dott. BELTRANI S. – rel. Consigliere
Dott. COSCIONI Giusepp – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza emessa in data 10/01/2020 dalla CORTE di APPELLO di NAPOLI;
Esaminati gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere BELTRANI SERGIO;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del sostituto Procuratore Generale TRONCONE FULVIO, che ha chiesto l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata limitatamente al reato di cui al capo B), con rigetto nel resto del ricorso;
udito, per il ricorrente, l’avv. (OMISSIS), che ha chiesto l’accoglimento dei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Napoli ha confermato integralmente la sentenza emessa dal Tribunale di Napoli in data 30/05/2016, che aveva dichiarato l’imputato (OMISSIS) colpevole dei reati di cui agli articoli 648 e 491 c.p., condannandolo alla pena ritenuta di giustizia.
Contro questa decisione l’imputato ricorre deducendo violazione degli articoli 491 e 648 c.p. (il reato di falso, da qualificare ex articolo 485 c.p., sarebbe depenalizzato) e mancanza di motivazione quanto al diniego del beneficio della non menzione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso e’ fondato limitatamente al primo motivo, ed e’, nel resto, inammissibile.
1. Questa Corte (Sez. U, sentenza n. 40256 del 19/07/2018, F., Rv. 273936 – 01) ha gia’ chiarito che, in tema di falso in scrittura privata, a seguito dell’abrogazione dell’articolo 485 c.p. e della nuova formulazione dell’articolo 491 c.p. ad opera del Decreto Legislativo 15 gennaio 2016, n. 7, la condotta di falsificazione dell’assegno bancario avente (come quello di cui all’odierna contestazione: cfr. capo 1) clausola di non trasferibilita’ non rientra piu’ tra quelle soggette a sanzione penale ed integra un illecito civile, mentre permane la rilevanza penale dei falsi in titoli di credito trasmissibili per girata.
1.1. La sentenza impugnata va, quindi, annullata senza rinvio limitatamente al capo B), perche’ il fatto contestato, che va qualificato ai sensi dell’articolo 485 c.p., non e’ previsto dalla legge come reato; va, di conseguenza, eliminato l’aumento di pena operato a titolo di continuazione ex articolo 81 c.p., comma 2 e la pena va rideterminata in mesi sei di reclusione ed Euro seicento di multa.
2. Non appare inopportuno precisare che, come gia’ ritenuto da questa Corte (Sez. 7, ordinanza n. 20644 del 16/02/2016, Rv. 267132 – 01; Sez. 2, sentenza n. 18710 del 15/12/2016, dep. 2017, Rv. 270220 – 01) per la ricettazione di bene proveniente dal reato presupposto di appropriazione di cosa smarrita di cui all’articolo 647 c.p. a seguito della depenalizzazione di quest’ultimo ad opera del Decreto Legislativo 15 gennaio 2016, n. 7, la ricettazione di un assegno bancario avente clausola di non trasferibilita’ (articolo 485 c.p.) conserva rilevanza penale anche dopo la depenalizzazione, ad opera del Decreto Legislativo 15 gennaio 2016, n. 7, del reato presupposto, atteso che nella ricettazione la provenienza da delitto dell’oggetto materiale del reato e’ elemento definito da una norma esterna alla fattispecie incriminatrice, e cio’ comporta che l’eventuale abrogazione di tale norma non assume rilievo ai sensi dell’articolo 2 c.p., dovendo la rilevanza penale del fatto essere valutata con esclusivo riferimento al momento in cui ha avuto luogo la condotta tipica di ricezione della cosa.
2.1. Ai fini della configurabilita’ della ricettazione, la provenienza da delitto dell’oggetto materiale del reato costituisce pacificamente elemento definito da norma esterna alla fattispecie incriminatrice, ovvero un c.d. “elemento normativo della fattispecie” (Sez. 2, n. 36281 del 04/07/2003, Rv. 228412; Sez. 3, n. 30591 del 03/06/2014, Rv. 259957).
Autorevole dottrina ha, in proposito, condivisibilmente chiarito che, “poiche’ l’abolitio criminis viene radicata dall’articolo 2, comma 2, su una successione di leggi penali, di cui una attributiva e l’altra eliminativa dell’illiceita’ di tipi (serie, classi) di condotte, essa non si verifica nel caso di successione di leggi soltanto richiamate da elementi normativi della fattispecie. La soluzione che respinge qui l’operativita’ dell’articolo 2, comma 2 e’ nel sistema vigente da preferire, in quanto la nuova legge non introduce alcuna differente valutazione in relazione alla fattispecie legale astratta di cui ad una norma incriminatrice e al suo significato di disvalore, ma toglie dall’ordinamento o modifica disposizioni (penali o) extrapenali che si limitano ad influire nel singolo caso sulla concreta applicazione della norma incriminatrice stessa”.
Proprio in ossequio a tale assunto, pur non esplicitamente enunciato, la giurisprudenza, anche se in riferimento a fenomeni successoti diversi da quello de quo, ha gia’ avuto univocamente modo di osservare che l’eventuale abrogazione o le modifiche delle norme esterne alla fattispecie incriminatrice di cui all’articolo 648 c.p., che definiscono la “provenienza da delitto dell’oggetto materiale del reato” non assumono rilevanza ai sensi dell’articolo 2 c.p., e che la rilevanza del fatto, sotto il profilo in questione, deve essere valutata con esclusivo riferimento al momento in cui e’ intervenuta la condotta tipica di ricezione della cosa od intromissione affinche’ altri la ricevano (Sez. 2, n. 36281 del 2003 cit. che, in applicazione del principio, ha ritenuto la non revocabilita’, ai sensi dell’articolo 673 c.p.p., di una sentenza di condanna per il delitto di ricettazione, sebbene il reato nella specie presupposto, e cioe’ l’emissione di assegno senza autorizzazione della banca trattaria, fosse stato depenalizzato successivamente al passaggio in giudicato della sentenza stessa; conforme, Sez. III, n. 30591 del 2014 cit., che, in applicazione del principio, ha ritenuto la non revocabilita’ di una sentenza di condanna per il delitto di ricettazione, sebbene il reato presupposto relativo alla detenzione di supporti privi del contrassegno SIAE fosse stato successivamente ritenuto incompatibile con la normativa comunitaria).
2.2. In applicazione del medesimo principio di diritto, con riferimento all’odierno fenomeno successorio, ne consegue che la depenalizzazione dell’articolo 485 c.p., norma penale che definisce la provenienza da delitto dell’oggetto materiale del reato in concreto configurato, non assume rilievo ai sensi dell’articolo 2 c.p., dovendo la rilevanza penale del fatto di ricettazione contestato essere valutata con esclusivo riferimento al momento in cui ha avuto luogo la condotta tipica di ricezione della cosa proveniente da delitto.
3. Il secondo motivo non e’ consentito: in appello, il corrispondente motivo era stato formulato in modo meramente assertivo (cioe’ attraverso la semplice richiesta di riconoscerlo, non corredata da alcuna argomentazione), il che rendeva in parte qua l’appello inammissibile per difetto della necessaria specificita’; detta causa di inammissibilita’ parziale dell’atto di appello e’ rilevabile anche di ufficio in ogni stato e grado del procedimento, ex articolo 591 c.p.p., comma 4.
P.Q.M.
annulla senza rinvio la sentenza impugnata, perche’ il fatto di cui al capo B), qualificato ai sensi dell’articolo 485 c.p., non e’ previsto dalla legge come reato e per l’effetto riduce la pena a mesi sei di reclusione ed Euro seicento di multa. Dichiara inammissibile nel resto il ricorso.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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