La prova mediante documenti delle condizioni dell’azione

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|13 marzo 2024| n. 6660.

La prova mediante documenti delle condizioni dell’azione

La prova mediante documenti delle condizioni dell’azione, nonostante queste, in caso di controversia sulle relative circostanze, siano verificabili fino al momento della decisione, da non limitarsi restrittivamente a quella di primo grado, è soggetta alle regole preclusive proprie di ciascun grado di giudizio; di conseguenza, essendo inammissibile, ex articolo 372 cod. proc. civ., nella sede di legittimità, qualsiasi attività istruttoria, sia pure documentale, sono irricevibili i documenti volti a provare la condizione dell’azione esercitata (Nel caso di specie, la Suprema Corte, nel richiamare l’enunciato principio, ha ritenuto incensurabile la decisione impugnata con la quale la corte distrettuale, aderendo alle valutazioni compiute dal primo giudice, aveva ritenuto tardiva la produzione del titolo di proprietà da parte dell’odierno ricorrente effettuata soltanto in uno alla comparsa conclusionale in prime cure). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile I, sentenza 1° marzo 2010, n. 4863).

Ordinanza|13 marzo 2024| n. 6660. La prova mediante documenti delle condizioni dell’azione

Data udienza 25 gennaio 2024

Integrale

Tag/parola chiave: Procedimento civile – Domanda giudiziale – Condizioni dell’azione – Prova mediante documenti – Preclusioni del grado di giudizio – Sussistenza. ( Cc, articolo 2697; Cpc, articoli 99, 183 e 372)

REPUBBLICA ITALIANA

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRASSO Giuseppe – Presidente

Dott. PICARO Vincenzo – Consigliere

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere

Dott. AMATO Cristina – Consigliere

Dott. POLETTI Dianora – Consigliere-Rel.

ha pronunciato la seguente
ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 15868/2021 R.G. proposto da:

Ta.Sa., elettivamente domiciliato in ROMA, (…), presso lo studio dell’avvocato SA. AR., rappresentato e difeso dall’avvocato TA. MA. VI. (omissis), giusta procura speciale in atti;

-ricorrente-

contro

(…) Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato BE. GE. (omissis), giusta procura speciale in atti;

-controricorrente-

nonché contro

(…) S.P.A (già (…) Spa), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA (…), presso lo studio STUDIO LEGALE BA., rappresentata e difesa dall’avvocato BI. GI. (omissis), giusta procura speciale in atti;

-controricorrente-

nonché contro

(…) Spa;

-intimata-

avverso la SENTENZA della CORTE DI APPELLO DI CATANZARO n. 271/2020 depositata il 25/02/2020;

udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 25/01/2024 dal Consigliere DIANORA POLETTI.

La prova mediante documenti delle condizioni dell’azione

FATTI DI CAUSA

1. Nell’anno 2005 Ta.Sa. citava in giudizio innanzi al Tribunale di Vibo Valentia la (…) Spa e la (…) Spa. Asserendo che le convenute avevano installato abusivamente su un terreno di sua proprietà sito in S una stazione radio base (…), che ricadeva per 55 mq sul terreno di sua proprietà e per 12 mq sul terreno confinante, chiedevano la condanna la rimozione della stessa e il ripristino dello stato dei luoghi o, in subordine, la condanna al pagamento di un canone annuo a titolo di concessione e locazione del terreno.

2. (…) Spa si costituiva in giudizio eccependo innanzitutto la carenza di responsabilità della medesima e deducendo la mancata dimostrazione da parte dell’attore del titolo di proprietà. (…) Spa si costituiva successivamente per dedurre la nullità della notifica dell’atto di citazione.

3. Con sentenza n. 63/2012 il Tribunale di Vibo Valentia rigettava la domanda.

4. Avverso tale sentenza ha proposto appello Ta.Sa. Si sono costituite in giudizio entrambe le società appellate.

5. Con sentenza n. 271/2020 la Corte di Appello di Catanzaro ha rigettato l’appello confermando la sentenza di primo grado, e, più precisamente:

-ha accolto, solo in punto di diritto, il primo motivo di gravame, affermando che la fattispecie in esame non può che ricadere nell’ambito di applicazione dell’art. 936 c.c. e non già nell’art. 938 c.c., posto che l’opera che si ritiene abusivamente installata non è riconducibile alla nozione di edificio, ossia di struttura muraria complessa idonea alla permanenza al suo interno di persone e cose;

-ha rigettato il secondo motivo di gravame con il quale si contestava che tutte le domande proposte da parte attrice presupponevano l’accertamento del diritto di proprietà dell’attore sul terreno di causa, ritenendo che nel caso di specie tale prova non fosse stata data poiché i documenti allegati sono insufficienti e tardivamente prodotti in giudizio a tal fine e comunque permanevano indimostrate l’esistenza e l’estensione dello sconfinamento denunciato, non apparendo le perizie allegate dall’appellante idonee a sufficienti allo scopo;

-ha rigettato anche il terzo motivo volto ad ottenere il pagamento dei canoni per la concessione in locazione del terreno, visto il rigetto della precedente doglianza in considerazione della mancata prova dello sconfinamento.

6. Avverso tale decisione Ta.Sa. ha proposto ricorso per cassazione articolato in tre motivi.

7. Hanno resistito con separati controricorsi (…) Spa. (già (…) Spa) e (…) Spa.

8. A seguito di proposta di definizione accelerata formulata dal Consigliere delegato per inammissibilità/infondatezza del ricorso, il ricorrente ha chiesto la decisione del giudizio ex art. 380 bis c.p.c.

9. In prossimità dell’adunanza camerale hanno depositato memorie il ricorrente e la controricorrente (…) Spa.

La prova mediante documenti delle condizioni dell’azione

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- Con il primo motivo Ta.Sa. deduce la violazione e falsa applicazione, ex art. 360 comma 1, n. 3 c.p.c., degli artt. 936, 2697 e 2729 c.c. per non avere ritenuto provata la qualità di proprietario, la quale costituisce non un presupposto processuale ma una condizione dell’azione, in ordine alla quale non vi era alcun ostacolo processuale nel fornire la prova anche tardiva. Nel caso di specie ciò che viene in rilievo è l’occupazione in sé, con contestuale richiesta di rimozione e ripristino dello stato dei luoghi, senza che vi sia stata contestazione sui titoli di proprietà del Ta.Sa.

2.- Con il secondo motivo il ricorrente deduce la violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 comma 1 n. 3 e n. 5 c.p.c., con riferimento agli artt. 2729, 2967 c.c. e 116 c.p.c. Il ricorrente lamenta che la Corte di Appello di Catanzaro avrebbe erroneamente valutato il materiale istruttorio e accertato la mancata prova da parte del ricorrente dello sconfinamento dell’opera realizzata, asserendo che le perizie private da lui prodotte sono insufficienti a provare l’occupazione.

3.- Con il terzo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 comma 1, n. 3 e n. 5 c.p.c., la violazione degli artt. 2729, 2967 c.c. e degli artt. 61 e 116 c.p.c. in ordine alla richiesta CTU e all’omesso esame di un fatto decisivo dedotto in giudizio, con riguardo alla necessità di accertamenti tecnici circa i confini delle porzioni di terreno interessate, da compiere mediante apposita consulenza tecnica di ufficio, dolendosi della mancata ammissione della consulenza tecnica di ufficio, richiesta sin dal primo grado di giudizio.

La prova mediante documenti delle condizioni dell’azione

4. – Il primo motivo è infondato e non merita accoglimento.

Secondo la Corte di Appello di Catanzaro l’odierno ricorrente non

ha dimostrato né la proprietà dell’area oggetto di causa, né l’estensione e lo sconfinamento dell’opera realizzata.

Sotto il primo profilo, la Corte distrettuale ha concordato con le valutazioni compiute dal giudice di prime cure, che ha considerato tardiva la produzione del titolo di proprietà (transazione del 17.5.2021) soltanto in uno alla comparsa conclusionale in prime cure. L’attuale ricorrente non ha contestato la circostanza, ma ha richiamato l’orientamento di questa Corte, secondo cui la condizione di proprietario dell’area oggetto di rivendicazione, costituendo condizione dell’azione, deve sussistere al momento della decisione.

Tuttavia, questo non esime, comunque, la parte dall’onere di rispettare le preclusioni processuali in tema di prova, considerando per un verso che la domanda era fondata – come si legge nella sentenza impugnata – sull’occupazione “del fondo identificato al fg. (omissis9 part.lla (omissis) Comune di S loc. (omissis) di proprietà del dott. Ta.Sa.” e, per l’altro verso, la contestazione della mancata prova della proprietà del Ta.Sa. da parte della convenuta (…).

Poiché nella specie il documento asseritamente attestante la proprietà dell’area controversa era stato prodotto solo con la memoria conclusionale, e dunque oltre i termini di cui all’art. 183, sesto comma, c.p.c., il giudice di merito ha correttamente rilevato la tardività della produzione e non ne ha tenuto conto ai fini della decisione.

Questo Giudice ha avuto modo di precisare al riguardo che “La prova mediante documenti delle condizioni dell’azione, nonostante queste, in caso di controversia sulle relative circostanze, siano verificabili fino al momento della decisione, da non limitarsi restrittivamente a quella di primo grado, è soggetta alle regole preclusive proprie di ciascun grado di giudizio; di conseguenza, essendo inammissibile, ex art. 372 cod. proc. civ., nella sede di legittimità, qualsiasi attività istruttoria, sia pure documentale, sono irricevibili i documenti volti a provare la condizione dell’azione esercitata” (Cass. n. 4863/2010).

La prova mediante documenti delle condizioni dell’azione

5.- In ragione del rigetto del primo motivo di ricorso, il secondo e il terzo motivo perdono di immediata rilevanza decisoria che ne rende vana la trattazione e devono essere dichiarati assorbiti.

La prova mediante documenti delle condizioni dell’azione

6.- In conclusione, va rigettato il primo motivo di ricorso e vanno dichiarati assorbiti il secondo e il terzo motivo.

In ragione dell’esito, parte ricorrente deve essere condannata al rimborso delle spese di lite, liquidate come in dispositivo, in forza del principio della soccombenza.

Essendo la decisione resa in tema di procedimento per la definizione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati, di cui all’art. 380 bis c.p.c. novellato dal D.Lgs. n. 149 del 2022, con formulazione di istanza di decisione ai sensi dell’ultimo comma della norma citata, e giudizio definito in conformità alla proposta, parte ricorrente deve essere inoltre condannata al pagamento delle ulteriori somme ex art. 96 commi 3 e 4 c.p.c., sempre come liquidate in dispositivo (sulla doverosità del pagamento della somma di cui all’art. 96, comma 4, c.p.c. in favore della Cassa delle Ammende: Cass. S.U. 27195/2023).

7.- Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.

La prova mediante documenti delle condizioni dell’azione

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento in favore della parte controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida:

– in favore di parte controricorrente (…) in Euro 2.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge. Condanna altresì parte ricorrente, ai sensi dell’art. 96 comma 3 c.p.c., al pagamento a favore della stessa parte controricorrente di una somma ulteriore di Euro 1.000,00 equitativamente determinata, nonché – ai sensi dell’art. 96 comma 4 c.p.c. – al pagamento della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

– in favore di parte controricorrente (…) Spa in Euro 2.800,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge, con distrazione in favore del difensore Avv. Ge. Be. che ne ha fatto richiesta in memoria ex art. 380 bis.1 c.p.c.

Condanna altresì parte ricorrente, ai sensi dell’art. 96 comma 3 c.p.c., al pagamento a favore della stessa parte controricorrente di una somma ulteriore di Euro 1.200,00 equitativamente determinata, nonché – ai sensi dell’art. 96 comma 4 c.p.c. – al pagamento della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Seconda Civile il giorno 25 gennaio 2024.

Depositata in Cancelleria il 13 marzo 2024.

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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