Corte di Cassazione, sezione lavoro civile, Ordinanza 4 maggio 2020, n. 8443.
La massima estrapolata:
L’art. 4 del d.lgs. n. 368 del 2001, “ratione temporis” applicabile, non impone la forma scritta per la proroga del contratto a tempo determinato, fermo, in ogni caso, l’onere per il datore di lavoro di provare le ragioni obiettive che giustifichino la proroga. Tale previsione non risulta in contrasto con la clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato del 18 marzo 1999, allegato alla direttiva 1999/70/CE, che, come affermato dalla Corte di Giustizia (sentenza del 26 gennaio 2012 in causa C-586/10), mira a limitare il ricorso a una successione di contratti o rapporti a tempo determinato attraverso l’imposizione agli Stati membri dell’adozione anche soltanto di una delle misure in essa enunciate.
Ordinanza 4 maggio 2020, n. 8443
Data udienza 19 dicembre 2019
Tag – parola chiave: Lavoro – Pubblico impiego – Proroga del contratto a termine – Forma scritta – Obbligo – Esclusione
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TORRICE Amelia – Presidente
Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere
Dott. TRICOMI Irene – Consigliere
Dott. SPENA Francesca – rel. Consigliere
Dott. BELLE’ Roberto – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 16169/2014 proposto da:
PROVINCIA AUTONOMA TRENTO, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1/2014 della CORTE D’APPELLO di TRENTO, depositata il 14/02/2014, R.G.N. 30/2013.
RILEVATO
che:
1. con sentenza in data 16 gennaio – 14 febbraio 2014 nr. 1 la Corte d’appello di Trento confermava le sentenze (non definitiva e definitiva) del Tribunale della stessa sede nella parte in cui avevano accolto la domanda proposta da (OMISSIS), dipendente a termine della provincia autonoma di Trento nel periodo dal 24 marzo 2004 al 10 ottobre 2011, per la dichiarazione di nullita’ della proroga del termine disposta in data 8 marzo 2005 e condannato la Provincia al risarcimento del danno; le riformava in punto di quantificazione del danno, riducendone l’ammontare.
2. La Corte territoriale in via preliminare confermava il rigetto della eccezione di decadenza L. n. 183 del 2010, ex articolo 32, per tardivita’ della dalla impugnazione stragiudiziale. Esponeva che la Provincia non contestava di avere ricevuto una raccomandata in data 12 dicembre 2011 – spedita nei sessanta giorni di legge – ma lamentava: che la copia del documento di ricevimento della raccomandata prodotta dalla lavoratrice era illeggibile e che non risultava il nome del mittente; che non vi erano elementi per collegarla alla nota stragiudiziale di impugnazione; che il Tribunale non avrebbe dovuto autorizzare la produzione tardiva del documento originale.
3. Il motivo era infondato, in quanto la produzione dell’originale era tempestiva rispetto alla eccezione della Provincia, che riguardava non la tempestivita’ della impugnazione ma un aspetto formale.
4. La eccezione, peraltro, era infondata anche nel merito, in quanto spettava al destinatario l’onere di provare che la raccomandata non conteneva alcuna comunicazione o che, comunque, conteneva una comunicazione diversa.
5. Del pari era infondato il motivo d’appello riguardante l’accertamento della nullita’ della proroga del termine disposta con atto dell’8 marzo 2005. La nullita’ era stata dichiarata dal Tribunale non solo per la mancata indicazione della ragione oggettiva della proroga ma anche perche’ non vi era prova che la nota del dirigente della Provincia del 22 febbraio 2005, che indicava le ragioni delle proroga, fosse stata portata a conoscenza della lavoratrice. Pertanto tale nota non colmava la omessa indicazione della ragione oggettiva della proroga, che la Provincia aveva l’onere di provare, applicandosi il Decreto Legislativo n. 368 del 2001 (per quanto disposto dall’articolo 35, comma 9, contratto collettivo di lavoro per il personale delle autonomie locali, non derogato dalla L.P. n. 10 del 2006).
6. La provincia appellava, inoltre, il capo della sentenza con cui era stata condannata a risarcire il danno, liquidato nella misura del 20% delle retribuzioni percepite dalla prima scadenza del termine alla cessazione del rapporto, oltre accessori; assumeva che il danno risarcibile era unicamente quello relativo al cd. interesse negativo, il cui onere della prova era a carico del lavoratore. Anche tale ragione di impugnazione era infondata: la prova gravante sulla lavoratrice sarebbe stata eccessivamente difficile, cosi’ da non garantire una adeguata tutela avverso l’abuso del contratto a termine.
7. Ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza la PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO, articolato in tre motivi, cui ha resistito con controricorso (OMISSIS).
8. La PROVINCIA ha depositato memoria.
CONSIDERATO
che:
1. Con il primo motivo la PROVINCIA ricorrente ha dedotto violazione e/o falsa applicazione degli articoli 414 e 416 c.p.c. e della L. n. 183 del 2010, articolo 32, comma 4, in relazione al rigetto della eccezione di decadenza dalla impugnazione del termine.
2. Ha esposto di avere eccepito che dalla documentazione prodotta dalla lavoratrice si evinceva unicamente la ricezione in data 12 dicembre 2011 di una raccomandata, che era stata consegnata all’ufficio postale il 9 dicembre 2011 mentre mancava ogni indicazione del mittente e del contenuto della raccomandata, elementi necessari a provare che la raccomandata conteneva la nota di impugnazione stragiudiziale.
3. Ha assunto che nessuna efficacia sanante poteva assumere la produzione tardiva dell’originale dell’avviso di ricevimento (“prova di consegna”) della raccomandata, in quanto la ricorrente avrebbe dovuto provvedere alla produzione sin dal deposito del ricorso di primo grado.
4. Ha in ogni caso dedotto che il termine di impugnazione stragiudiziale doveva essere computato in ragione della data di ricevimento della raccomandata da parte del datore di lavoro; la decadenza era dunque comunque maturata, essendo decorsi a tale data i sessanta giorni previsti dalla L. n. 183 del 2010, articolo 32.
5. Il motivo e’ infondato.
6. Correttamente la Corte territoriale ha ritenuto tempestiva la produzione del documento che provava il rispetto del termine di decadenza.
7. Questa Corte ha chiarito,infatti, che la decadenza di cui alla L. n. 183 del 2010, articolo 32, e’ rilevabile soltanto su eccezione di parte, trattandosi di diritto disponibile (Cfr. Cass., sez. lav., 23 settembre 2011, n. 19406; Cass., sez. lav., 29 luglio 2002, n. 11180; Cass. sez. VI, 10 gennaio 2017, n. 349). Ne consegue che soltanto dal momento della costituzione della PROVINCIA e per effetto della proposizione della relativa eccezione (e non sin dal momento del deposito del ricorso introduttivo) sorgeva l’onere della lavoratrice ricorrente di documentare la spedizione tempestiva della raccomandata di impugnazione stragiudiziale del termine. Resta, dunque, priva di rilievo la circostanza che la copia dell’avviso di ricevimento prodotta con il ricorso introduttivo fosse illeggibile quanto al mittente.
8. Correttamente la Corte territoriale ha inoltre affermato che l’onere di provare che la raccomandata non conteneva la nota di impugnazione stragiudiziale del termine cadeva a carico della PROVINCIA; trova, infatti, applicazione il principio, piu’ volte enunciato da questa Corte, di presunzione della coincidenza di contenuto tra l’atto prodotto dalla parte e quello ricevuto dalla controparte a mezzo raccomandata (salva la prova da parte del destinatario del contenuto diverso di quanto ricevuto; ex plurimis: Cassazione civile sez. VI, 03/10/2018, n. 24149; Cass. civ. sez. I, 28/09/2017 n. 22687; Cass. n. 10630 del 22/05/2015; Cass. 23920/2013 e 15762/2013).
9. Da ultimo, la statuizione impugnata e’ conforme a diritto anche laddove ha affermato che il momento rilevante ai fini dell’impedimento della decadenza di cui alla L. n. 183 del 2010, articolo 32, e’ la spedizione della raccomandata di impugnazione stragiudiziale (cfr. Cass. civ. sez. Unite 14 aprile 2010 n. 8830; Cassazione civile sez. lav., 20/03/2015, n. 5717) sicche’ e’ alla data di spedizione che occorre fare riferimento per verificare il rispetto del termine di sessanta giorni fissato dalla norma.
10. Con il secondo motivo la PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO ha dedotto violazione e/o falsa applicazione del Decreto Legislativo n. 368 del 2001, articolo 4, L.P. n. 10 del 2006, articolo 1, comma 5, L.P. n. 7 del 1997, articolo 37, comma 5-bis, L.P. n. 4 del 2009, articolo 23, comma 15.
11. E’ oggetto di censura la statuizione di nullita’ della proroga del termine.
12. La PROVINCIA ha dedotto che il Decreto Legislativo n. 165 del 2001, articolo 4, non richiede per la proroga del termine l’atto scritto a pena di nullita’, limitandosi a gravare il datore di lavoro della prova in giudizio della esistenza delle ragioni che la giustificano; pertanto non sussiste alcun onere di formalizzare per iscritto la ragione oggettiva della proroga. Per le stesse ragioni la Provincia non era tenuta a dimostrare che la nota del 22 febbraio 2005, con la quale il dirigente aveva chiesto la proroga indicandone per iscritto le ragioni, fosse stata portata a conoscenza del lavoratore.
13. La Provincia ha altresi’ dedotto la legittimita’ delle proroghe successive – ai sensi della L.P. n. 10 del 2006 (articolo 1, commi 5 e 6) – e del periodo di durata complessiva – ai sensi dalla L.P. n. 7 del 1997, articolo 37, comma 5 bis – questioni rimaste assorbite nella sentenza impugnata a seguito della dichiarazione di illegittimita’ della prima proroga.
14. La censura e’ inammissibile nella parte in cui si introducono in questa sede le questioni non esaminate nella sentenza impugnata perche’ assorbite.
15. Il motivo, nella parte in cui contesta la statuizione resa sulla prima proroga del termine, e’ invece fondato.
16. Questa Corte ha infatti chiarito (Cassazione civile sez. lav., 21/01/2016, n. 1058) che il Decreto Legislativo n. 368 del 2001, articolo 4, “ratione temporis” applicabile, non impone la forma scritta per la proroga del contratto a tempo determinato, fermo, in ogni caso, l’onere per il datore di lavoro di provare le ragioni obiettive che giustifichino la proroga.
17. Il meccanismo previsto non risulta in contrasto con la clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, che, come affermato dalla Corte di Giustizia (sentenza 26 gennaio 2012, C-586/10), mira a limitare il ricorso a una successione di contratti o rapporti a tempo determinato attraverso l’imposizione agli Stati membri dell’adozione anche soltanto di una delle misure in essa enunciate.
18. La Corte territoriale avendo reputato la illegittimita’ della proroga dell’8 marzo 2005 per mancata indicazione in forma scritta delle ragioni della proroga non si e’ conformata al principio innanzi esposto; ha altresi’ confuso il requisito formale (come si e’ detto non richiesto dal legislatore) con il diverso onere di allegare e di provare, all’interno del processo, la sussistenza di ragioni obiettive giustificative della proroga del termine.
19. La sentenza impugnata va pertanto cassata in accoglimento del secondo motivo di ricorso, respinto il primo. Resta assorbito il terzo motivo, con il quale si censura sotto il profilo della violazione di legge e del vizio di motivazione, il capo della sentenza relativo al risarcimento del danno. La causa va rinviata alla Corte di Appello di Trento in diversa composizione affinche’ provveda ad un nuovo esame della dedotta illegittimita’ della proroga alla luce del principio di diritto qui ribadito.
20. Il giudice del rinvio provvedera’, altresi’, alla liquidazione delle spese del presente grado.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, rigetta il primo; dichiara assorbito il terzo. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia – anche per le spese – alla Corte d’appello di Trento in diversa composizione.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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