Consiglio di Stato, sezione quinta, Sentenza 6 dicembre 2019, n. 8345
La massima estrapolata:
La parte che abbia adito la giurisdizione amministrativa non è legittimata a sollevare l’eccezione di difetto di giurisdizione in sede di appello.
Sentenza 6 dicembre 2019, n. 8345
Data udienza 29 ottobre 2019
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quinta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 10609 del 2010, proposto da
Ga. Fr., rappresentato e difeso dagli avvocati Go. Ma. Ba., Lu. Ga. e Si. No., con domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, via (…);
contro
Comune di (omissis), in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Re. Gr., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Gi. Ci. in Roma, via (…);
Gu. Ro., non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana Sezione Seconda n. 1538/2010, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello ed i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di (omissis);
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 29 ottobre 2019 il Cons. Valerio Perotti ed uditi per le parti gli avvocati Go. Ma. Ba. e Pi. Vo., in dichiarata delega di Re. Gr.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con ricorso al Tribunale amministrativo della Toscana, il dott. Ga. Fr. esponeva di avere partecipato, nel maggio 2004, ad un concorso pubblico per esami per il conferimento di un posto di dirigente dell’Area servizi finanziari ed amministrativi indetto dal Comune di (omissis), classificandosi al secondo posto in graduatoria.
Il primo classificato, con cui il Comune stipulava regolarmente il relativo contratto, cessava però dall’incarico il 12 dicembre 2006, dopo essersi trasferito per mobilità volontaria presso il Comune di Livorno.
Il ricorrente evidenziava che il Comune di (omissis) decideva di non utilizzare la graduatoria precedente, valida fino al 31 dicembre 2007, per ricoprire il posto rimasto vacante, ma preferiva avviare una complessa procedura che vedeva la convocazione – in data 8 gennaio 2008 – per un colloquio di coloro che negli anni 2005-2006 avevano presentato domanda di trasferimento per mobilità esterna. Il medesimo Comune provvedeva a tal fine ad approvare la deliberazione di Giunta n. 6 dell’11 gennaio 2007, modificativa dei precedenti criteri relativi all’utilizzo della mobilità esterna, ritenendo procedibili – a differenza di quanto previsto con i criteri approvati nel 2003 – anche le domande presentate da quanti rivestivano una posizione economica superiore rispetto a quella corrispondente al posto vacante.
Pervenute le relative domande (tra l’altro, proprio da soggetti che rivestivano le caratteristiche ora evidenziate), in data 13 gennaio 2007 si svolgevano i relativi colloqui ed era infine scelto il dott. Gu. Ro., al quale veniva conferito l’incarico.
Nel frattempo, il precedente dirigente, già trasferitosi per mobilità presso il Comune di Livorno, era comandato presso il Comune di (omissis) per il periodo 5 gennaio-28 febbraio 2007 per due giorni alla settimana, ma veniva individuato come Dirigente dell’Area 2 solo con provvedimento sindacale del 26 gennaio 2007.
Con il proposto gravame il ricorrente lamentava i seguenti vizi di legittimità, in ordine ai provvedimenti impugnati:
1) Violazione e/o applicazione dell’art. 15, comma, 7 D.P.R. 9 maggio 1994 n. 487. Violazione e/o falsa applicazione art. 1, comma 100, l. 30 dicembre 2004, n. 311. Violazione e/o falsa applicazione art. 1, comma 557, l. 27 dicembre 2006, n. 296. Violazione dei principi generali dell’azione amministrativa espressi dall’art. 1 l.n. 241/1990 e art. 97 Cost. Violazione dei principi di economicità, efficacia, efficienza e celerità dell’azione amministrativa. Violazione e/o falsa applicazione art. 3 l.n. 241/1990. Eccesso di potere per assoluta carenza di motivazione e di istruttoria e per violazione del giusto procedimento. Disparità di trattamento e manifesta ingiustizia.
2) Eccesso di potere per assoluta carenza di motivazione e di istruttoria e per violazione del giusto procedimento sotto altro profilo.
3) Violazione e/ falsa applicazione art. 30 d.l.vo 30 marzo 2001, n. 165. Violazione e/o falsa applicazione artt. 1,3 e 7 l. n. 241/1990. Eccesso di potere per violazione del giusto procedimento, mancanza dei presupposti e motivazione erronea, carenza di istruttoria. Violazione del principio di imparzialità dell’azione amministrativa ex art. 97 Cost. per inidonea predeterminazione dei criteri di valutazione. Disparità di trattamento, sviamento dell’azione amministrativa che non ha operato al fine di scegliere il candidato migliore. Eccesso di potere per contraddittorietà, irrazionalità ed irragionevolezza.
4) Eccesso di potere per motivazione erronea e carenza di istruttoria. Contraddittorietà tra atti. Manifesta irrazionalità e inidonea predeterminazione dei criteri di valutazione sotto altro profilo.
5) Eccesso di potere per errore nel procedimento seguito, difetto di istruttoria e motivazione sotto ulteriore e altro profilo. Violazione della procedura di concertazione sindacale ex art. 8, comma 2, lett. d), del C.C.N.L. del comparto Regioni-Autonomie locali del 2/04/1999, come sostituito dall’art. 6 del C.C.N.L. 22/01/2004. Contraddittorietà tra atti.
6) Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 39 della l. n. 449/1997. Eccesso di potere per errore nel procedimento seguito, mancanza di atto presupposto, motivazione erronea. Eccesso di potere per sviamento della funzione tipica. Eccesso di potere per incompetenza dell’organo emanante.
7) Eccesso di potere per errore nel procedimento seguito, difetto di istruttoria e motivazione sotto ulteriore profilo. Eccesso di potere per nullità e/o inesistenza degli atti impugnati per incompetenza – straripamento.
8) Eccesso di potere per errore nel procedimento seguito. Difetto di istruttoria e motivazione sotto ulteriore ed ennesimo profilo. Eccesso di potere per nullità e/o inesistenza degli atti impugnati per incompetenza – straripamento – contraddittorietà tra atti. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 22, comma 4, C.C.N.L. dell’area della dirigenza del comparto Regione – Autonomie locali sottoscritti in data 10 aprile 2006. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 36, comma 4, del Regolamento per l’ordinamento degli uffici e dei servizi del Comune di (omissis).
Il ricorrente concludeva ribadendo l’illegittimità della complessa procedura seguita, che a suo avviso avrebbe ignorato la più lineare applicazione dello scorrimento della graduatoria, nonché la giurisdizione del giudice amministrativo, come evincibile anche in casi analoghi nei quali era stata invocata una posizione di interesse legittimo per mancato ricorso a tale scorrimento; chiedeva inoltre il risarcimento dei danni sia per retribuzioni non percepite che per perdita di chance.
Si costituiva in giudizio il Comune di (omissis), deducendo l’inammissibilità e, comunque, l’infondatezza del ricorso, come meglio specificato in una successiva memoria depositata per la camera di consiglio, in prossimità della quale anche il ricorrente depositava un ulteriore scritto difensivo a sostegno delle proprie tesi.
Con sentenza 14 ottobre 2009, n. 1538, il giudice adito dichiarava il ricorso in parte inammissibile ed in parte irricevibile, per l’effetto respingendo la richiesta di risarcimento danni.
Avverso tale decisione il dott. Ga. interponeva appello, deducendo in primo luogo la sussistenza della giurisdizione, in materia, del giudice amministrativo e riproponendo quindi, nel merito, i motivi di impugnazione già articolati nel precedente grado di giudizio.
Costituitosi in giudizio, il Comune di (omissis) eccepiva in primo luogo l’inammissibilità del gravame per difetto di interesse e, comunque, per mera pedissequa riproposizione dei motivi di doglianza di primo grado, nonché la sua infondatezza, chiedendone conseguentemente il rigetto.
Successivamente le parti ulteriormente precisavano, con apposite memorie, le rispettive tesi difensive ed all’udienza del 29 ottobre 2019, dopo la rituale discussione, la causa veniva trattenuta in decisione.
Con il primo motivo di gravame l’appellante deduce – ex novo rispetto a quanto fatto nel precedente grado di giudizio – il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo in favore di quello ordinario.
Il motivo è evidentemente inammissibile già solo per difetto di interesse, in quanto proposto dalla stessa parte che ha adito in primo grado il giudice ora ritenuto privo di giurisdizione, laddove analoga eccezione era stata invece proposta dal resistente Comune di (omissis): poiché nel precedente grado di giudizio il dott. Ga., benché risultato alla fine soccombente nel merito delle sue richieste, era però risultato vincitore proprio sulla questione della giurisdizione del giudice dallo stesso adito, il medesimo non può ritenersi, allo stato, legittimato ad impugnare tale specifico punto della sentenza, per carenza di interesse.
Va dunque ribadito che “la parte che abbia adito la giurisdizione amministrativa non è legittimata a sollevare l’eccezione di difetto di giurisdizione in sede di appello” (Cons. Stato, V, 28 maggio 2019, n. 3500; in precedenza già Cass. civ. Sez. un., 20 ottobre 2016, n. 21260).
Con il secondo motivo di appello (riproduttivo del primo motivo di gravame del precedente grado di giudizio) viene invece affrontato il tema centrale della vicenda controversa, ossia la possibilità o meno per l’amministrazione – ed in quali termini – di non procedere a scorrimento della precedente graduatoria di concorso per ricoprire il medesimo posto di impiego, ricorrendo piuttosto ad una procedura di mobilità esterna.
Neppure questo motivo può essere accolto.
Invero, anche a prescindere dai profili di inammissibilità dello stesso (puntualmente rilevati dal Comune appellato), in ragione della pedissequa riproposizione delle doglianze già dedotte innanzi al primo giudice (ex multis, Cons. Stato, III, 1° luglio 2019, n. 4512) senza piuttosto contestarne l’excursus logico-giuridico, la censura risulta infondata.
Invero, va condiviso il principio secondo cui la scelta per la copertura di posti vacanti tramite mobilità costituisce un obbligo, con conseguente illegittimità degli atti che indicono il concorso (Cass. Sez. lavoro 18 maggio 2017, n. 2559).
Più nello specifico, è costante l’orientamento per cui “la mobilità intercompartimentale – come il legislatore ha espressamente previsto (cfr., ad. esempio, la L. n. 311 del 2004, art. 1, commi 47-49 in materia di mobilità dei segretari comunali) – deve ritenersi estranea ai blocchi delle assunzioni nella pubblica amministrazione in quanto all’esito della sua realizzazione non vi è un vero e proprio aggravio di spesa per la pubblica amministrazione globalmente considerata, posto che – pur variata l’amministrazione di appartenenza – il numero complessivo dei soggetti impiegati rimane lo stesso, trattandosi di strumento di gestione funzionale all’organizzazione complessiva della pubblica amministrazione.
Ne resta confermato un quadro normativo di assoluto favore per il passaggio di personale tra amministrazioni rispetto all’assunzione di nuovo personale, che non può non riverberarsi anche sul rapporto tra ricerca di personale mediante mobilità volontaria e scorrimento delle graduatorie; anche in quest’ultimo caso, infatti, pur trattandosi di procedure già espletate, rileva comunque la provvista “aggiuntiva” di nuove risorse umane, al contrario dell’altra modalità in cui la copertura dei posti si consegue attraverso un’ottimale redistribuzione di personale pubblico già in servizio” (Cass. civ. Sez. lavoro, 18 maggio 2017, n. 12559).
Di recente questa Sezione ha avuto modo di ribadire che è legittimo il provvedimento con il quale un Comune, ai fini della copertura di un posto di pubblico impiego, nonostante l’esistenza di una graduatoria concorsuale ancora valida ed efficace, ha stabilito di avviare apposita procedura di mobilità esterna.
Ciò in quanto “[…] la fondamentale esigenza di contenimento della spesa pubblica osta a che possa ritenersi superato il primato dell’art. 30, comma I, d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, secondo cui: “Le amministrazioni possono ricoprire posti vacanti in organico mediante passaggio diretto di dipendenti di cui all’articolo 2, comma 2, appartenenti a una qualifica corrispondente in servizio presso altre amministrazioni, che facciano domanda di trasferimento, previo assenso dell’amministrazione di appartenenza” […]” (Cons. Stato, V, 23 agosto 2016 n. 3677).
Ed anche:
“E’ legittima la delibera con la quale un Ente pubblico ha indetto una procedura di mobilità regionale ed interregionale, per titoli e colloquio, per il reclutamento di dipendenti pubblici pur in presenza di una graduatoria ancora valida ed efficace di un concorso indetto per la copertura di posti di pari qualifica. Infatti, l’esistenza di una graduatoria di concorso ancora valida, se limita (o in ipotesi addirittura esclude) la libertà di indire un nuovo concorso, non incide sulla libertà di avviare una procedura di mobilità ” (Cons. Stato, III, 19 giugno 2018, n. 3750).
Con il terzo motivo di appello la sentenza impugnata viene censurata nella parte in cui ha ritenuto tardivi il terzo, quarto e quinto motivo di ricorso, diretti a censurare le delibere di Giunta comunale nn. 6 e 7 del 2007; rileva il primo giudice, in particolare, che il dies a quo per l’impugnazione sarebbe decorso dal giorno della pubblicazione delle delibere nell’albo pretorio (avvenuta tra il 14 febbraio 2007 al 1° marzo 2007), con la conseguenza che eventuali ricorsi giurisdizionali avverso le medesime avrebbero dovuto essere notificati entro il termine di decadenza del 2 maggio 2007.
Ad avviso dell’appellante, invece, il ricorrente avrebbe avuto diritto a ricevere la comunicazione di avvio del procedimento a lui sfavorevole (in quanto titolare di una legittima aspettativa allo scorrimento della graduatoria in corso di validità ), di talché in mancanza di tale comunicazione il dies a quo avrebbe dovuto coincidere con il 4 maggio 2007, data in cui il dott. Ga. aveva presentato istanza di accesso ai documenti ex l. n. 241 del 1990.
Neppure questo motivo è fondato.
Va infatti confermato il consolidato principio (da ultimo, Cons. Stato, V, 8 luglio 2019, n. 4774) – dal quale non vi è ragione di discostarsi, nel caso di specie – per cui il termine per la proposizione del ricorso decorre “per gli atti di cui non sia richiesta la notifica individuale, dal giorno in cui sia scaduto il termine della pubblicazione, se questa sia prevista da disposizioni di legge o di regolamento” (ex art. 21 l. n. 1034 del 1971 ratione temporis applicabile; oggi art. 41, comma 2, Cod. proc. amm.). L’art. 124 d.lgs. n. 267 del 2000 stabilisce a sua volta che tutte le deliberazioni comunali siano pubblicate all’albo pretorio, nella sede dell’ente, per quindici giorni consecutivi (all’epoca dei fatti su cui si verte, anteriormente all’ingresso in vigore dell’art. 9, comma 5-bis, d.l. n. 179 del 2012, detta pubblicazione era prevista “mediante affissione”).
Il principio in questione, di carattere generale, non patisce le eccezioni teorizzate dall’appellante, quali l’obbligo della comunicazione ad personam quale condizione per la decorrenza del termine. La sola ipotesi in cui per atti soggetti per legge a pubblicazione è richiesta anche la comunicazione individuale riguarda i soggetti espressamente contemplati nel provvedimento e nei confronti dei quali l’atto medesimo produce una lesione immediata e diretta (da ultimo in questo senso: Cons. Stato, VI, 11 novembre 2019, n. 7695). I descritti presupposti non ricorrono nel caso di specie, poiché l’odierno appellante vantava non più di una mera aspettativa allo scorrimento della graduatoria concorsuale in cui era collocato non tutelata giuridicamente, ma rimessa alle valutazioni discrezionali dell’amministrazione comunale e comunque subordinata all’obbligo per essa di fare prioritariamente ricorso alla mobilità, come precisato nell’esaminare il precedente motivo.
La reiezione di questo ulteriore motivo di appello, essendo relativa ad una pregiudiziale questione di carattere processuale concernente l’ammissibilità stessa delle censure nei confronti delle delibere di Giunta n. 6 e 7 del 2007, è in re ipsa assorbente delle censure di seguito riproposte dall’appellante in ordine al contenuto di merito delle delibere medesime (sub-motivi da III a V).
Del pari infondato risulta il sub-motivo n. VI, relativo al provvedimento sindacale n. 3 del 6 febbraio 2007, con il quale l’appellante deduce che la motivazione di quest’ultimo sarebbe da considerarsi incongrua, illogica, generica e non pertinente: il Comune invero, avrebbe proceduto all’assunzione di un funzionario di Categoria D3 – sostanzialmente – “non per avvalersi delle prestazioni e delle mansioni che le declaratorie contrattuali riconducono a tale figura professionale, ma per converso con l’evidente intento di procedere in via immediata a conferire allo stesso Funzionario neoassunto l’incarico di Dirigente dell’Area 2”.
Al riguardo, ritiene il Collegio di dover confermare i rilievi già svolti dal primo giudice, secondo cui il provvedimento in esame appare corredato di adeguata motivazione, in particolare laddove – nel replicare alla pretesa del dott. Ga. di essere nominato nel posto di dirigente di Area 2 dopo il trasferimento del dott. Pa. mediante scorrimento della graduatoria – viene chiarito che “[…] per non pregiudicare azioni di riorganizzazione della dotazione organica si preferisce al momento non procedere alla sostituzione del Dr. Pa. mediante selezione pubblica per il posto vacante in P.O. di Dirigente dell’Area 2 […]”.
L’amministrazione precisava inoltre che il nominato dott. Gu. “[…] ha acquisito una esperienza professionale in posizione di direzione, presso altri enti del comparto, tale da garantire la corretta capacità di svolgere l’incarico che si va ad affidare”, chiarimento del tutto coerente con il principio (in precedenza ricordato) che accorda preferenza per la mobilità in luogo dello scorrimento di graduatoria.
Va inoltre rilevato, come già il primo giudice, che l’incarico su cui si verte era attribuito a titolo di sostituzione di un dirigente precedentemente trasferitosi, non trattandosi di una nuova istituzione (nelle premesse del provvedimento viene infatti specificato che tale conferimento, a carattere temporaneo nei limiti massimi della durata del mandato elettivo del Sindaco, era disposto in tal guisa proprio per non pregiudicare le azioni di riorganizzazione della dotazione organica, di competenza dell’organo collegiale esecutivo), né al riguardo compete al giudice amministrativo sindacare una prospettiva futura di organizzazione inerente alla gestione delle risorse legate all’individuazione di personale dirigenziale comunale.
Va infine confermata l’inammissibilità per carenza di interesse (e, comunque, per mancata notifica al controinteressato dott. Pa., a nulla rilevando quella nei confronti del dott. Gu., estraneo al provvedimento sindacale del 26 gennaio 2007) del VII ed VIII sub-motivo.
Con il primo motivo (il n. VII), infatti, si contesta la legittimità del parere di regolarità tecnica e contabile relativo alla deliberazione n. 6 del 2007, adottato proprio dal dott. Pa. in data 8 gennaio 2007, ossia in data apparentemente anteriore al provvedimento sindacale n. 2 del 26 gennaio 2007 (con cui lo stesso era stato nominato responsabile dell’Area 2) e in periodo successivo a quello di interruzione del precedente rapporto dirigenziale iniziato il 31 dicembre 2006: ad avviso dell’appellante, dunque, “tutti gli atti e provvedimenti” adottati dal dott. Pa. tra il 5 e il 25 gennaio 2007 avrebbero dovuto considerarsi “nulli, inesistenti o quantomeno illegittimi”.
Da qui il ruolo di contraddittore necessario del funzionario, erroneamente non evocato in giudizio.
Solo per completezza va comunque detto che il Direttore generale del Comune di
Livorno, con disposizione n. 19 del 3 gennaio 2007, aveva comandato il dott. Pa. presso il Comune di (omissis), per due giorni alla settimana, dal 5 gennaio 2007 al 28 febbraio 2007, per cui il provvedimento sindacale n. 2 del 26 gennaio 2007 di individuazione del dirigente responsabile dell’Area 2 era meramente ricognitivo di una situazione già preesistente. Su tale circostanza, puntualmente evidenziata nella sentenza gravata, l’appellante non sembra prendere specifica posizione.
Con il secondo sub-motivo (il n. VIII), invece, viene direttamente censurata la nomina del dott. Pa. con il provvedimento sindacale n. 2 del 26 gennaio 2007, poiché “disposta oltre la data del 28 febbraio 2007, termine ultimo di comando dal Comune di Livorno, fino al 31 dicembre 2007”.
Anche in questo caso la censura è inammissibile, per non essere stato a suo tempo esteso il contraddittorio al diretto controinteressato.
Né la replica dell’appellante, sul punto, risulta pertinente e decisiva, limitandosi questi alla generica considerazione per cui “Invero, anche in tal caso, la illegittima nomina del Dott. Pa. viene presa a riferimento solo per la conseguente illegittimità della procedura di mobilità volontaria su cui si è già riferito”.
Del pari inammissibile, per difetto di interesse, risulta essere il conclusivo rilievo (non articolato in uno specifico motivo di appello) per cui la sentenza impugnata avrebbe pure omesso “di pronunciarsi in merito alla dedotta illegittimità e conseguente invalidità della nota protocollo n. 629 dell’8 gennaio 2007, emessa dal Comune di (omissis), Area 2 Servizi Amministrativi e Finanziari ed indirizzata ai Sigg.ri Or. De Gi. ed altri, con la quale i predetti sono stati convocati ad un colloquio teso alla individuazione del soggetto maggiormente idoneo a ricoprire il posto vacante di Categoria D3 nell’Area Economico-Finanziaria”.
Conclusivamente, alla luce dei rilievi che precedono l’appello va respinto.
La particolarità delle circostanze giustifica peraltro, ad avviso del Collegio, la compensazione tra le parti delle spese di lite del grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Compensa tra le parti le spese di lite del grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 29 ottobre 2019 con l’intervento dei magistrati:
Fabio Franconiero – Presidente FF
Valerio Perotti – Consigliere, Estensore
Federico Di Matteo – Consigliere
Alberto Urso – Consigliere
Giuseppina Luciana Barreca – Consigliere
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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