Le condanne per i reati ricompresi nella previsione dell’art. 380 c.p.p. sono indicative ex lege di pericolosità sociale del cittadino straniero

Consiglio di Stato, sezione terza, Sentenza 6 dicembre 2019, n. 8343

La massima estrapolata:

Ai sensi dell’art. 4 del D.Lgs. n. 286 del 1998 le condanne per i reati ricompresi nella previsione dell’art. 380 c.p.p. sono indicative ex lege di pericolosità sociale del cittadino straniero e, dunque, sono ostative al rilascio o al rinnovo del permesso di soggiorno.

Sentenza 6 dicembre 2019, n. 8343

Data udienza 21 novembre 2019

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Terza
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ai sensi degli artt. 38 e 60 c.p.a.
sul ricorso numero di registro generale 8757 del 2019, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’Avvocato An. Ce., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e con domicilio eletto presso il suo studio in Bergamo, via (…);
contro
Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, e Questura di Brescia, in persona del Questore pro tempore, entrambi rappresentati e difesi ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici sono domiciliati in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza -OMISSIS- del 19 aprile 2019 del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sezione staccata di Brescia, sez. I, resa tra le parti, concernente il diniego del rinnovo del permesso di soggiorno per attesa occupazione richiesto dall’odierno appellante.
visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno e della Questura di Brescia;
visti tutti gli atti della causa;
relatore nella camera di consiglio del giorno 21 novembre 2019 il Consigliere Massimiliano Noccelli e udito per le pubbliche amministrazioni appellate l’Avvocato dello Stato At. Ba.;
sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 c.p.a.;
1. L’odierno appellante, cittadino -OMISSIS-, ha impugnato avanti al Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sezione staccata di Brescia, il decreto del Questore di Brescia del 26 novembre 2014, notificatogli il 2 novembre 2015, che ha respinto la domanda di rinnovo del permesso di soggiorno per attesa occupazione, permesso originariamente ottenuto per motivi di lavoro autonomo.
1.1. Il provvedimento questorile si fonda sulla condanna, divenuta irrevocabile, per associazione a delinquere ed esercizio di una casa di prostituzione in concorso e sull’insufficienza dei redditi conseguiti negli anni precedenti e nell’attualità .
1.2. Il ricorrente in prime cure, nel dedurre la violazione dell’art. 4, comma 3, del d.lgs. n. 286 del 1998 e l’eccesso di potere per carenza di motivazione e difetto di istruttoria, ha chiesto, l’annullamento, previa sospensione, del provvedimento questorile.
1.3. Si è costituita nel primo grado del giudizio la Questura di Brescia per chiedere la reiezione del ricorso.
1.4. Il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sezione staccata di Brescia, con il decreto presidenziale -OMISSIS- del 15 gennaio 2016, ha disposto accertamenti istruttori.
1.5. Successivamente, con l’ordinanza -OMISSIS- del 27 gennaio 2016, lo stesso Tribunale ha respinto la domanda cautelare.
1.6. Infine, con la sentenza -OMISSIS- del 19 aprile 2019, il primo giudice ha respinto il ricorso e ha condannato lo straniero a rifondere le spese di lite nei confronti del Ministero dell’Interno.
2. Avverso tale sentenza ha proposto appello -OMISSIS- e ne ha chiesto, previa sospensione dell’esecutività anche inaudita altera parte, la riforma, con il conseguente accoglimento del ricorso proposto in primo grado.
2.1. Con il decreto presidenziale -OMISSIS- del 28 ottobre 2019 è stata respinta l’istanza cautelare di tutela provvisoria proposta dall’appellante ed è stata fissata per l’esame collegiale la camera di consiglio del 21 novembre 2019.
2.2. Si è costituito il Ministero dell’Interno, odierno appellato, per resistere al ricorso.
2.3. Nella camera di consiglio del 21 novembre 2019, fissata per l’esame della domanda sospensiva proposta dall’appellante ai sensi dell’art. 98 c.p.a., il Collegio, ritenuto di poter decidere la controversia nel merito e sentita la sola Avvocatura Generale dello Stato presente, l’ha trattenuta in decisione.
3. L’appello è infondato.
4. Il Collegio deve anzitutto osservare che il riferimento del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sezione staccata di Brescia, al giudicato formatosi sulle argomentazioni contenute nell’ordinanza cautelare non può intendersi come vincolo cogente per le successive statuizioni nel merito, perché le motivazioni poste a fondamento di tale ordinanza, quando pure non impugnata o confermata in sede di appello cautelare, sono il frutto di una delibazione sommaria per sua natura provvisoria e rivedibile, emessa rebus sic stantibus, sicché nemmeno il valore della maggiore prevedibilità possibile delle decisioni giurisdizionali potrebbe trasformare nell’autorità di cosa giudicata una statuizione comunque interinale, seppure dotata di tendenziale, temporanea stabilità .
5. Ciò premesso in punto di diritto, e venendo all’esame della vicenda concreta, bene ha rilevato il primo giudice che la commissione di delitti particolarmente gravi, come quelli di cui si è reso protagonista l’odierno appellante, costituisce circostanza ostativa al rilascio del permesso di soggiorno ai sensi dell’art. 4, comma 3, del d.lgs. n. 286 del 1998, secondo una valutazione del legislatore che è frutto, nell’esercizio della sua discrezionalità in materia, di un ragionevole bilanciamento dei valori costituzionali in gioco.
5.1. Tale discrezionalità si è espressa, con riferimento a questa materia, nell’individuazione di reati gravi, espressi di particolare disvalore sociale, che sono stati ritenuti dal legislatore indici di pericolosità tale da imporre il rifiuto del permesso di soggiornare sul territorio nazionale.
5.2. Sulla legittimità costituzionale delle disposizioni che prevedono l’automatica ostatività al rilascio del permesso di soggiorno in presenza di condanne per alcuni reati è già intervenuta, come la Sezione ha più volte rilevato (v., ex plurimis, Cons. St., sez. III, 29 marzo 2019, n. 2083), la Corte costituzionale con la sentenza n. 148 del 2008.
5.3. La Corte in tale sentenza, richiamando la propria giurisprudenza secondo cui “la regolamentazione dell’ingresso e del soggiorno dello straniero nel territorio nazionale è collegata alla ponderazione di svariati interessi pubblici, quali, ad esempio, la sicurezza e la sanità pubblica, l’ordine pubblico, i vincoli di carattere internazionale e la politica nazionale in tema di immigrazione e tale ponderazione spetta in via primaria al legislatore ordinario, il quale possiede in materia un’ampia discrezionalità, limitata, sotto il profilo della conformità a Costituzione, soltanto dal vincolo che le sue scelte non risultino manifestamente irragionevoli”, ha affermato la non manifesta irragionevolezza della disciplina che condiziona l’ingresso e la permanenza dello straniero nel territorio nazionale alla circostanza della mancata commissione di reati di non scarso rilievo.
5.4. Secondo la Corte, infatti, la condanna per un delitto punito con la pena detentiva, la cui configurazione è diretta a tutelare beni giuridici di rilevante valore sociale – quali sono le fattispecie incriminatrici prese in considerazione dalla normativa in materia – non può, di per sé, essere considerata circostanza ininfluente ai fini di cui trattasi, al punto di far ritenere manifestamente irragionevole la disciplina legislativa che siffatta condanna assume come circostanza ostativa all’accettazione dello straniero nel territorio dello Stato.
5.5. Si deve in questo senso osservare che il rifiuto del rilascio o rinnovo del permesso di soggiorno, previsto dalle disposizioni in oggetto, non costituisce sanzione penale, sicché il legislatore ben può stabilirlo per fatti che, sotto il profilo penale, hanno una diversa gravità, valutandolo misura idonea alla realizzazione dell’interesse pubblico alla sicurezza e tranquillità, anche se ai fini penali i fatti stessi hanno ricevuto una diversa valutazione.
5.6. Ai sensi dell’art. 4 del d.lgs. n. 286 del 1998, dunque, le condanne per i reati ricompresi nella previsione dell’art. 380 c.p.p. sono indicative ex lege di pericolosità sociale del cittadino straniero e, dunque, sono ostative al rilascio o al rinnovo del permesso di soggiorno.
5.7. Secondo la costante giurisprudenza della Sezione – in caso di reati ostativi – la valutazione sulla pericolosità sociale è stata già compiuta dal legislatore e non compete, quindi, al Questore alcun obbligo di valutazione sul punto, se non vi è prova, come nel caso di specie, dell’esistenza di vincoli familiari (cfr., ex plurimis, Cons. St., sez. III, 16 luglio 2019, n. 5007; Cons. St., sez. III, 5 marzo 2013, n. 1339; Cons. St., sez. III, 31 ottobre 2011, n. 5825).
6. E tanto è accaduto nel caso di specie, ove l’odierno appellante è stato condannato per associazione a delinquere ed esercizio di una casa di prostituzione con sentenza penale ormai divenuta irrevocabile.
6.1. L’intervenuta condanna per simili delitti è elemento necessario e sufficiente ad impedire il rilascio del permesso di soggiorno, come hanno ritenuto la Questura di Brescia e il primo giudice, con valutazione che va esente da censura, né rileva in senso contrario il fatto che l’odierno appellante abbia intrapreso un percorso espiativo e abbia beneficiato dell’affidamento in prova ai servizi sociali.
6.2. La sufficienza dell’intervenuta condanna per i gravi fatti menzionati, idonea da sola a sorreggere la statuizione qui contestata, esime il Collegio dall’esame dell’ulteriore requisito reddituale, peraltro e comunque mancante.
6.3. Quanto alla invocata esistenza di legami familiari, come pure ha rilevato la sentenza impugnata, l’appellante non ha dimostrato che la figlia, ormai maggiorenne, abbia un significativo legame con il padre, sicché non basta addurre l’esistenza di simile rapporto di consanguineità, pur astrattamente rilevante, ove in concreto esso sia privo di quella effettività che disveli l’esistenza di un reale legame affettivo, effettività che l’appellante è ben lungi dall’avere dimostrato, anche solo con l’allegazione di semplici elementi presuntivi o un principio di prova (convivenza, necessità di provvedere al mantenimento di questa, ecc.).
7. Ne discende per tali assorbenti ragioni la reiezione dell’appello, con la conseguente conferma della sentenza qui impugnata.
8. Le spese del presente grado del giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza dell’odierno appellante.
8.1. Rimane a suo definitivo carico anche il contributo unificato richiesto per la proposizione dell’appello.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Terza, definitivamente pronunciando sull’appello, proposto da -OMISSIS-, lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata.
Condanna -OMISSIS- a rifondere in favore del Ministero dell’Interno le spese del presente grado del giudizio, che liquida nell’importo di Euro 2.000,00, oltre gli accessori come per legge.
Pone definitivamente a carico di -OMISSIS- il contributo unificato richiesto per la proposizione dell’appello.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art. 52, commi 1 e 2, del d.lgs. n. 196 del 2003 (e degli artt. 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità di -OMISSIS-.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 21 novembre 2019, con l’intervento dei magistrati:
Marco Lipari – Presidente
Giulio Veltri – Consigliere
Massimiliano Noccelli – Consigliere, Estensore
Stefania Santoleri – Consigliere
Ezio Fedullo – Consigliere

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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