La mediazione va tenuta distinta dal conferimento di un mandato

Corte di Cassazione, sezione seconda civile, Sentenza 6 maggio 2019, n. 11776.

La massima estrapolata:

La mediazione va tenuta distinta dal conferimento di un mandato poiché, nell’incarico alla mediazione, perché sorga il diritto alla provvigione è necessario verificare, giusta disposto dell’art. 1755 cod. civ., se “l’affare si è concluso”, bastando a tal fine che la conclusione dell’affare sia in rapporto causale con l’opera svolta, ancorché quest’ultima consista nella semplice attività di reperimento e nell’indicazione dell’altro contraente, o nella segnalazione dell’affare, sempre che l’attività costituisca il risultato utile di una ricerca fatta dal mediatore, poi valorizzata dalle parti. Ne consegue che anche nel caso di mediazione negoziale atipica (cd. mediazione unilaterale), se dopo la scadenza dell’incarico il mediatore reperisce l’altro contraente, una volta che l’affare si concluda, egli avrà diritto alla provvigione. Per contro non sussiste il diritto al compenso quando, dopo una prima fase di trattative avviate con l’intervento del mediatore senza risultato positivo, le parti siano successivamente pervenute alla conclusione dell’affare per effetto d’iniziative nuove, in nessun modo ricollegabili con le precedenti o da queste condizionate. Qualora detta assoluta autonomia della seconda attività di mediazione non sussista e l’affare sia concluso per l’intervento di più mediatori, (congiunto o distinto, contemporaneo o successivo, concordato o autonomo, in base allo stesso incarico o a più incarichi) a norma dell’art. 1758 cod. civ. ciascuno di essi ha diritto ad una quota di provvigione

Sentenza 6 maggio 2019, n. 11776

Data udienza 29 novembre 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORILIA Lorenzo – Presidente

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere

Dott. GRASSO Giuseppe – rel. Consigliere

Dott. SABATO Raffaele – Consigliere

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 7833-2014 proposto da:
(OMISSIS) SA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) rappresentata e difesa dagl8i avvocati (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) LLP, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
(OMISSIS) SAS, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 4650/2013 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 19/12/2013;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 29/11/2018 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE GRASSO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PEPE ALESSANDRO, che ha concluso per l’accoglimento del primo e secondo motivo, assorbiti il terzo e quarto motivo e per il rigetto del quinto motivo del ricorso;
uditi gli Avvocati (OMISSIS), difensori del ricorrente che si riportano agli atti depositati;
udito l’avv. (OMISSIS), difensore del resistente, che ha chiesto rigetto del ricorso.

FATTI DI CAUSA

Il Tribunale di Milano rigetto’ la domanda con la quale la s.a.s. (OMISSIS). aveva chiesto condannarsi la societa’ (OMISSIS) sa al pagamento della somma di Euro 65.100,00, quale compenso per l’opera di mediazione prestata in favore della convenuta, resasi locataria di un immobile di proprieta’ della societa’ (OMISSIS) Gmbh, la quale, a sua volta, aveva affidato mandato di mediazione alla societa’ (OMISSIS).
La Corte d’appello di Milano, con la sentenza di cui in rubrica, accolta l’impugnazione della (OMISSIS), condanno’ la (OMISSIS) al pagamento del chiesto compenso e al rimborso delle spese dei due gradi in favore della (OMISSIS) e della terza chiamata (OMISSIS).
L’opposto opinare dei due Giudici del merito consiglia, sia pure in estrema sintesi, di riprendere la vicenda fattuale, per quel che qui puo’ assumere rilievo, siccome riportata dalla sentenza gravata.
L’istruttoria aveva consentito di appurare che (OMISSIS), legale rappresentante della (OMISSIS) aveva comunicato a (OMISSIS), con il quale la societa’ rappresentata intratteneva rapporti d’affari, la necessita’ di reperire un locale da adibire a sede della (OMISSIS), che all’epoca agiva quale soggetto bancario. Tramite l’interpellato era stata compulsata la (OMISSIS), in persona del socio (OMISSIS). Quest’ultimo aveva, a sua volta, interpellato, nella persona dell’associato (OMISSIS), la (OMISSIS), che gli aveva consegnato una brochure illustrativa delle caratteristiche dell’immobile della (OMISSIS). Il Gabbato aveva, indi, dato la brochure, recante il logo della (OMISSIS), al (OMISSIS) (la sentenza afferma non essere certo che allo stampato fosse stato allegato biglietto da visita della (OMISSIS)) e quest’ultimo lo aveva fatto avere all’ (OMISSIS). All’incontro fissato per verificare la possibilita’ di concludere il contratto di locazione (il (OMISSIS) aveva telefonato al (OMISSIS) al fine), al quale avevano partecipato i rappresentanti delle parti e il (OMISSIS), era stato presente anche il (OMISSIS), mantenendo “un comportamento inizialmente inattivo”; dovendosi, inoltre, soggiungere che la (OMISSIS) era intervenuta nell’esclusivo interesse della (OMISSIS), nel mentre “la presenza del (OMISSIS) era in favore di (OMISSIS)”.
Avverso la decisione d’appello la (OMISSIS) ricorre sulla base di cinque motivi.
Resistono con distinti controricorsi la (OMISSIS) e la (OMISSIS). La (OMISSIS) e la (OMISSIS) hanno depositato memorie illustrative.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo viene dedotta violazione e falsa applicazione dell’articolo 2697 c.c., in relaziona all’articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 4.
Questi, in sintesi gli assunti impugnatori:
– il Giudice dell’appello, affermando che la ricorrente “dovesse necessariamente rendersi conto che (OMISSIS) stava interessandosi del suo problema, che interveniva nella veste di mediatore immobiliare e che quindi si imponesse un immediato chiarimento sul valore della sua prestazione” aveva invertito l’onere della prova;
– come precisato reiteratamente dalla Cassazione non basta la sola oggettiva messa in relazione tra le parti contraenti, occorrendo, altresi’ che l’attivita’ del mediatore sia riconoscibile, sicche’ la parte venga posta in grado di valutare l’opportunita’ o meno di avvalersi dell’opera del medesimo, il quale, in difetto, non puo’ pretendere di porre a carico della parte, che ne ignori il ruolo, la provvigione, non potendosi premiare la cd. “mediazione occulta o a sorpresa”;
– da cio’ consegue che avrebbe dovuto essere il (OMISSIS) a dare la prova del ruolo di mediatore svolto per conto della (OMISSIS) ed, invece, aveva mantenuto condotta inattiva.
2. Con il secondo motivo il ricorso denunzia violazione e falsa applicazione degli articoli 1754 e 1755 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c..
Questi, in sintesi, gli assunti impugnatori:
– in correlazione con il precedente motivo, sulla base della vicenda accaduta, giammai si sarebbe potuto affermare la sussistenza del vantato titolo;
– era evidente l’errore di sussunzione, “poiche’ proprio i fatti accertati in concreto dallo stesso Giudice erano nel senso che non e’ stato segnalato l’affare e non e’ stato procurato l’incontro direttamente dal (OMISSIS)”;
– di conseguenza, l’attivita’ posta in essere dal preteso mediatore difettava di “causalita’ e completezza”;
3. Con il terzo motivo la societa’ ricorrente lamenta omesso esame di un fatto controverso e decisivo, nonche’ omessa motivazione (articolo 132 c.p.c.), in relazione con l’articolo 360 c.p.c., nn. 4 e 5.
Questi, in sintesi, glia assunti impugnatori:
– il punto del ruolo svolto dal preteso mediatore non era stato effettivamente esaminato e la motivazione spesa doveva ritenersi apparente, stante che la sentenza giungeva all’epilogo avversato con il ricorso, nonostante avesse accertato non essere rimasto provato che l’iniziativa fosse stata presa dal (OMISSIS) e che quest’ultimo non si era presentato quale mediatore della locataria.
4. I primi tre motivi, tra loro osmotici, sono infondati per una convergente pluralita’ di ragioni.
4.1. La ricorrente prende le mosse dai principi affermati in materia da questa Corte, giungendo, tuttavia, a conclusioni non giustificate dalla vicenda processuale.
Costituisce approdo fermo l’affermazione secondo la quale il rapporto di mediazione non puo’ configurarsi – e non sorge quindi il diritto alla provvigione – qualora le parti, pur avendo concluso l’affare grazie all’attivita’ del mediatore, non siano state messe in grado di conoscere (ed abbiano pertanto potuto ignorare incolpevolmente) l’opera di intermediazione svolta dal predetto, e non siano percio’ messe in condizione di valutare l’opportunita’ o meno di avvalersi della relativa prestazione e di soggiacere ai conseguenti oneri, come nel caso in cui il mediatore abbia, con il suo comportamento, potuto ingenerare nelle parti una falsa rappresentazione della qualita’ attraverso la quale egli si e’ ingerito nelle trattative che hanno condotto alla conclusione dell’affare. La prova della menzionata conoscenza incombe, ai sensi dell’articolo 2697 c.c., al mediatore che voglia far valere in giudizio il diritto alla provvigione (Sez. 3, n. 6004, 15/3/2007, Rv. 595568; conf., Sez. 3, n. 12390/2011).
Si e’ ulteriormente chiarito che la mediazione va tenuta distinta dal conferimento di un mandato poiche’, nell’incarico alla mediazione, perche’ sorga il diritto alla provvigione e’ necessario verificare, giusta disposto dell’articolo 1755 c.c., se “l’affare si e’ concluso”, bastando a tal fine che la conclusione dell’affare sia in rapporto causale con l’opera svolta, ancorche’ quest’ultima consista nella semplice attivita’ di reperimento e nell’indicazione dell’altro contraente, o nella segnalazione dell’affare, sempre che l’attivita’ costituisca il risultato utile di una ricerca fatta dal mediatore, poi valorizzata dalle parti. Ne consegue che anche nel caso di mediazione negoziale atipica (cd. mediazione unilaterale), se dopo la scadenza dell’incarico il mediatore reperisce l’altro contraente, una volta che l’affare si concluda, egli avra’ diritto alla provvigione. Per contro non sussiste il diritto al compenso quando, dopo una prima fase di trattative avviate con l’intervento del mediatore senza risultato positivo, le parti siano successivamente pervenute alla conclusione dell’affare per effetto d’iniziative nuove, in nessun modo ricollegabili con le precedenti o da queste condizionate. Qualora detta assoluta autonomia della seconda attivita’ di mediazione non sussista e l’affare sia concluso per l’intervento di piu’ mediatori, (congiunto o distinto, contemporaneo o successivo, concordato o autonomo, in base allo stesso incarico o a piu’ incarichi) a norma dell’articolo 1758 c.c., ciascuno di essi ha diritto ad una quota di provvigione (Sez. 3, n. 5952, 18/3/2005, Rv. 580839).
4.2. La Corte d’appello ha accertato, come nella narrativa si e’ ripreso, che il legale rappresentante della (OMISSIS) aveva manifestato a (OMISSIS), che con la societa’ rappresentata dal primo intratteneva rapporti d’affari, d’essere alla ricerca di un locale da adibire a sede piu’ idonea della banca. Il (OMISSIS), adempiendo alla richiesta, si era rivolto al mediatore immobiliare (OMISSIS), in persona del socio responsabile (OMISSIS) e quest’ultimo, di conseguenza, interpellando (OMISSIS), associato della (OMISSIS) (societa’ di mediazione anch’essa) aveva procurato il contatto con la (OMISSIS), la quale, a sua volta, aveva dato mandato alla (OMISSIS) al fine di reperire un locatore per l’immobile sito in (OMISSIS). Inoltre, e’ certo che dopo le informazioni e i contatti iniziali, il (OMISSIS) chiese al (OMISSIS) di concordare un appuntamento sul posto; cosa che venne fatta. Infine, all’incontro del 27/5/2004, al quale parteciparono per la futura parte locataria l’ (OMISSIS) e (OMISSIS) (collaboratrice del primo) e il (OMISSIS) per la futura locatrice, fu presente il (OMISSIS). Quest’ultimo lascio’ che l’ (OMISSIS) e il (OMISSIS) si scambiassero le impressioni in lingua francese, ma, secondo l’apprezzamento della prova testimoniale, ” (OMISSIS) interveniva soltanto nell’interesse di (OMISSIS) e (…) la presenza di (OMISSIS) era in favore di (OMISSIS)”.
4.3. Sulla base di quanto incontrovertibilmente accertato in fatto deve escludersi versarsi in ipotesi di mediazione inconsapevole. Lungi dal trovarsi in una tale situazione di giustificata ignoranza la (OMISSIS) si avvantaggio’ dell’opera di utile ricerca, prima, e di fattiva messa in contatto, poi, della (OMISSIS) e alla presenza del (OMISSIS) all’incontro decisivo non potrebbe giammai assegnarsi avverso significato, per il fatto che quest’ultimo lascio’ il campo agli altri soggetti; ma, esattamente al contrario, la sua presenza, altrimenti non razionalmente spiegabile, manifesto’, appalesandolo inequivocamente, l’interessamento all’affare.
In una situazione di tal fatta la (OMISSIS), piuttosto che avvantaggiarsi dell’opera della (OMISSIS), avrebbe dovuto pretendere, ove non si fosse resa conto dell’opera di mediazione di quest’ultima, peraltro evidente, le precisazioni del caso a riguardo dell’interessamento e della presenza del (OMISSIS), che, a questo punto, avrebbe assunto il carattere d’una indebita intrusione.
Non e’ corretta la nuda affermazione della Corte di Milano, secondo la quale sussisteva un onere della prova a carico della (OMISSIS), errore che in questa sede deve correggersi, ai sensi dell’articolo 384 c.p.c., u.c., essendo esatto tuttavia il risultato al quale giunge la sentenza impugnata. Invero, non e’ conforme a diritto predicare, senza il corredo dei necessari chiarimenti e distinguo, che spetti all’incolpevolmente ignaro contraente dare la prova di non avere inteso avvalersi dell’opera del mediatore (cfr., ex multis, in merito alla cd. mediazione inconsapevole, Sez. 3, nn. 6004/2007, 12390/2011). Qui, ben diversamente, data la dimostrazione di un concatenarsi di circostanze fattuali di significato univoco, attravers0 le quali il Giudice del merito era stato posto in condizione di ritenere adesione per fatti concludenti, la ricorrente non assume la veste di chi non sa dell’opera del mediatore, ma, in opposto senso, del mandante del contratto di mediazione e, con tale precisazione l’affermazione diviene corretta.
Infine, e’ appena il caso di soggiungere che la denunzia di violazioni di legge non determina, per cio’ stesso, nel giudizio di legittimita’ lo scrutinio della questione astrattamente evidenziata sul presupposto che l’accertamento fattuale operato dal giudice di merito giustifichi il rivendicato inquadramento normativo, essendo, all’evidenza, occorrente che l’accertamento fattuale, derivante dal vaglio probatorio, sia tale da doversene inferire la sussunzione nel senso auspicato dal ricorrente.
4.4. L’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformulato dal Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, articolo 54 conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia); conseguendone che, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e articolo 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisivita’”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per se’, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorche’ la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (S.U. n. 8053, 7/4/2014, Rv. 629831); il ricorso, invece, lungi dal delineare una omissione di tal fatta, s’impegna in una critica, peraltro sommaria, delle risultanze della CTU, con la pretesa di ottenere un nuovo ed inammissibile vaglio di merito; senza contare che sarebbe occorso dimostrare la decisivita’ della concreta omissione (sulla necessita’ del requisito cfr, ex multis, Sez. 1, n. 5133, 5/3/2014, Rv. 629647; Sez. 1, n. 7983, 4/4/2014, Rv. 630720; Sez. 3, n. 23940, 12/10/2017, Rv. 645828; Sez. 6-5, n. 23238, 4/10/2017, Rv. 646308).
Non e’ censurabile in questa sede, in presenza di motivazione tutt’altro che apparente (la Corte d’appello, come si e’ visto, spiega le fonti del proprio convincimento, sulla base del vaglio probatorio), contestare la scelta insindacabile del giudice, vantando la maggior valenza della proposta ricostruzione fattuale alternativa.
5. Con il quarto motivo, oltre alla denunzia di omessa motivazione (articolo 132 c.p.c.) in ordine al quantum debeatur, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 4, viene prospettata violazione e falsa applicazione dell’articolo 1755 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3.
Questi, in sintesi, gli assunti impugnatori:
– senza spendita di motivazione alcuna la sentenza, in assenza di espressa pattuizione fra le parti, aveva determinato il compenso esattamente nella misura della richiesta.
6. La doglianza e’ fondata.
La sentenza d’appello sul punto si limita ad enunciare, senza il supporto di spiegazione alcuna, che la somma dovuta alla societa’ di mediazione era di Euro 65.100,00. Non e’ in alcun modo dato sapere attraverso quale percorso la statuizione sia giunta ad una tale quantificazione. Deve, quindi, constatarsi la totale assenza di giustificazione motivazionale, nel senso che le ragioni del decidere risultano inconoscibili.
La ricorrente era risultata totalmente vincitrice in primo grado e, pertanto, sulla stessa non poteva gravare l’onere di riproporre le difese in appello (articolo 346 c.p.c., a contrario). Per contro, la Corte d’appello, che riformata la sentenza del Tribunale, ha ritenuto sussistere il contratto di mediazione, avrebbe dovuto spiegare la quantificazione del compenso.
7. Con il quinto motivo la (OMISSIS) deduce violazione e falsa applicazione dell’articolo 92 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 4, omessa motivazione (articolo 132 c.p.c.), in relazione all’articolo 360 c.p.c., nn. 4 e 5.
Questi, in sintesi, gli assunti impugnatori:
– la Corte locale aveva condannato la ricorrente a rifondere le spese legali anche a favore della (OMISSIS), nonostante che la (OMISSIS) avesse rinunciato in appello alla manleva verso la predetta;
– la (OMISSIS) aveva volontariamente affrontato le spese dell’appello, nonostante la (OMISSIS) non avesse piu’ riproposto domanda nei confronti della stessa;
– la sentenza d’appello non aveva in alcun modo spiegato il suo diverso opinare rispetto al Tribunale, il quale aveva motivatamente disposto la compensazione, tenendo conto del quadro d’incertezza, del quale era stata concausa la chiamata (OMISSIS), quadro che viene, peraltro, riconosciuto dalla stessa sentenza impugnata.
8. L’epilogo importa l’assorbimento della doglianza.
9. In conclusione la sentenza deve essere cassata con rinvio in relazione al motivo accolto, onerando il Giudice del rinvio di regolare le spese del giudizio di legittimita’.

P.Q.M.

accoglie il quarto motivo del ricorso e dichiara assorbito il quinto, rigetta nel resto; cassa e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte d’appello di Milano, altra sezione.

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