Corte di Cassazione, sezione sesta penale, Sentenza 10 maggio 2018, n. 20837.
Le massime estrapolate:
La mancata assunzione di una prova decisiva – quale motivo di impugnazione per cassazione – puo’ essere dedotta solo in relazione ai mezzi di prova di cui sia stata chiesta l’ammissione a norma dell’articolo 495 c.p.p., comma 2, sicche’ il motivo non potra’ essere validamente invocato nel caso in cui il mezzo di prova sia stato sollecitato dalla parte attraverso l’invito al giudice di merito ad avvalersi dei poteri discrezionali di integrazione probatoria di cui all’articolo 507 c.p.p., e da questi sia stato ritenuto non necessario ai fini della decisione.
E’ sufficiente che la Corte d’appello, qualora intenda respingere la richiesta di rinnovazione del dibattimento, dia conto dell’assenza di decisivita’ degli incombenti proposti e cioe’ della loro inidoneita’ ad eliminare contraddizioni nei dati gia’ raccolti, o ad inficiarne la valenza.
Sentenza 10 maggio 2018, n. 20837
Data udienza 26 aprile 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ROTUNDO Vincenzo – Presidente
Dott. GIORDANO Emilia Anna – Consigliere
Dott. CALVANESE Ersilia – Consigliere
Dott. DE AMICIS Gaetano – Consigliere
Dott. COSTANTINI Antonio – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
avverso la sentenza del 06/02/2017 della CORTE APPELLO di FIRENZE;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. COSTANTINI Antonio;
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PERELLI Simone, che ha concluso per l’annullamento senza rinvio limitatamente all’ipotesi di danneggiamento.
Inammissibilita’ nel resto.
Udito l’avvocato (OMISSIS) del foro di Grosseto, difensore di (OMISSIS), che si riporta ai motivi di ricorso e insiste per l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
1. (OMISSIS), per il tramite del proprio difensore, ricorre avverso la sentenza della Corte d’appello di Firenze di cui in epigrafe che ha confermato la decisione del Tribunale di Grosseto del 25 giugno 2015 che aveva condannato l’imputato, escluso il delitto di cui all’articolo 610 c.p., e ravvisato un unico abituale reato di maltrattamenti, esclusa l’aggravante di cui all’articolo 625 c.p., n. 7, in relazione al danneggiamento, e ritenuta la continuazione tra il delitto di cui all’articolo 572 c.p., e quello di danneggiamento semplice ex articolo 635 c.p., alla pena di anni due e mesi quattro di reclusione in relazione al delitto maltrattamenti ai danni della convivente (OMISSIS) che veniva ingiuriata, minacciata e percossa, non provvedendo al mantenimento del figlio minore (OMISSIS) alla presenza venivano poste in essere tali condotte, in (OMISSIS).
2. Il ricorrente deduce i motivi di cui appresso.
2.1. Violazione degli articoli 603, 192 e 546 c.p.p. e articolo 133 c.p., ed articolo 111 Cost., comma 4, e vizi della motivazione.
2.1.1. La Corte territoriale non ha accolto la censura in ordine all’omessa escussione ex articolo 507 c.p.p., di due testi ritenuti indispensabili ai fini della decisione essendo la circostanza emersa nel corso del giudizio e dopo lo scadere dei termini per il deposito della lista.
Si osserva al riguardo che l’escussione di (OMISSIS) e (OMISSIS) era essenziale ai fini del giudizio in quanto idonee i fini della attendibilita’ della persona offesa sulle cui dichiarazioni, unitamente a quelle della zia e madre della stessa, era stata fondata la responsabilita’ dell’imputato.
La lettera del (OMISSIS), sottoposta all’attenzione del giudice di primo grado, rende evidente la personalita’ della parte offesa, con conseguente necessita’ della ammissione dei testi per come richiesti ex articolo 507 c.p.p..
2.1.2. Anche la richiesta di rinnovazione dibattimentale ex articolo 603 c.p.p., e’ stata rigettata ritenendo illogicamente che non sussistessero i presupposti dovendo i testi essere sentiti su circostanze non rilevanti ai fini della decisione, violando l’interpretazione dell’istituto che deve poter consentire l’acquisizione di “materiale conoscitivo diversificato”, con conseguente necessita’ di sentire i testi (OMISSIS) e (OMISSIS).
2.2. Violazione dell’articolo 572 c.p. e articoli 192 e 546 c.p.p., e vizi di motivazione.
La Corte distrettuale ha confermato la sentenza di primo grado dando esclusivo credito alle dichiarazioni della parte offesa, ritenendo che le stesse non necessitassero di riscontri alla luce del vaglio oggettivo e soggettivo di attendibilita’ effettuato anche attraverso le testimonianze della madre e della zia che sono state completamente travisate, omettendo di effettuare, nel caso in cui la parte offesa sia portatrice di un interesse, il controllo di attendibilita’ necessario.
La ricostruzione della vicenda effettuata dai testimoni e dal maresciallo dei carabinieri hanno fatto apprezzare solo quanto sostenuto dalla (OMISSIS) e non quanto realmente verificatosi, non avendo assistito personalmente alle aggressioni del (OMISSIS).
2.3. Violazione dell’articolo 572 c.p. e articolo 546 c.p.p., e vizi della motivazione.
Non e’ stata considerata dalla Corte territoriale l’effettiva posizione soggettiva della persona offesa che doveva essere adeguatamente valutata per mezzo delle lettere di (OMISSIS) e (OMISSIS), non essendosi avveduta delle dichiarazioni del teste (OMISSIS), travisando le dichiarazioni alla base della ricostruzione dei fatti.
La stessa teste (OMISSIS), pur avendo affermato di aver sentito delle urla provenire dalla vicina abitazione non ha mai parlato di aggressioni fisiche e morali. Il teste (OMISSIS), che per un periodo coabitava con la coppia, aveva anche affermato che il (OMISSIS) non era mai stato aggressivo o violento, riferendo di un episodio in cui la (OMISSIS) ebbe a picchiare una ragazza che si era avvicinata tropo al (OMISSIS).
Gli episodi asseritamente violenti ricostruiti dalla Corte distrettuale non erano idonei a far ritenere sussistente una loro consapevole, abituale reiterazione, idonea ad imporre un regime di vita vessatorio, avendo i giudici di merito fatto esclusivo riferimento, sulla base di quanto affermato dalla teste, di continui sms dai quali scaturiva il timore di incontrarlo, ricostruzione incompatibile con il reato di maltrattamenti in famiglia.
E’ illogica la ricostruzione della Corte territoriale dell’episodio che ha visto la (OMISSIS) recarsi a casa del (OMISSIS), che ha condotto la Corte a giustificare illogicamente la parte offesa e non, piuttosto, come sostenuto dal ricorrente, la prova che non ci fosse alcun timore nella (OMISSIS) essendo la sua credibilita’ fortemente scemata e non sufficiente per l’accusa contestata.
La sentenza impugnata non ha fornito prova e/o motivazione in ordine al convincimento che la ha condotta alla conferma della sentenza di primo grado, poiche’, anche alla luce di quanto dichiarato dai testi (OMISSIS) e (OMISSIS), non vi sia stata alcuna prevaricazione da parte del (OMISSIS) nei confronti della (OMISSIS).
2.4. Violazione degli articoli 2 e 635 c.p., articolo 546 c.p.p., e vizi di motivazione in quanto la Corte d’appello di Firenze, nonostante fosse stata esclusa la sussistenza dell’aggravante di cui all’articolo 625 c.p., n. 7, dal primo giudice, a fronte del danneggiamento che a seguito della riforma dell’articolo 635 c.p., operata per mezzo del Decreto Legislativo 15 gennaio 2016, n. 7, articolo 2, comma 1, lettera l), non prevede quale reato il danneggiamento gia’ previsto nella precedente stesura dell’articolo 635 c.p., comma 1, non ha provveduto ad effettuare la dichiarazione che non e’ piu’ previsto dalla legge come reato.
Ha durante le fasi processuali sempre negato il fatto addebitatogli evidenziando come la foto che avrebbe dovuto provare il danneggiamento riproduce situazioni incompatibili con quanto emerso nella fase dibattimentale anche a seguito di escussione del teste di PG.
3. Ad integrazione dei motivi il ricorrente ha depositato la sentenza di patteggiamento passata in giudicato con cui (OMISSIS), padre della persona offesa, e’ stato condannato alla pena di un mese e giorni dieci di reclusione e tanto a riprova dell’interesse della persona offesa che proprio quando viene sentita come teste all’udienza del 5 giugno 2014 era a conoscenza del procedimento in corso per minacce aggravate a carico del padre come emerge dalla sommarie informazioni in quel procedimento nel quale si e’ avvalsa della facolta’ di non rispondere.
Vengono, inoltre esposti i principali passaggi dell’istruttoria dibattimentale dai quali si desume che la (OMISSIS) potrebbe aver reso nel procedimento delle dichiarazioni non veritiere, anche per l’assenza di referti medici nonostante si fosse fatto riferimento ad un “occhio nero” asseritamente procurato dal ricorrente.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I motivi connessi al capo della sentenza inerente all’articolo 572 c.p., sono inammissibili poiche’ meramente ripropositivi di identiche censure effettuate in sede di gravame a cui la Corte ha fornito adeguata risposta. L’ultimo motivo in ordine alla intervenuta abrogatio criminis dell’articolo 635 c.p., inerente all’ipotesi di danneggiamento semplice, e’ fondato, dovendosi annullare il relativo capo della sentenza con elisione della relativa sanzione penale.
2. Quanto al motivo con cui si deduce l’omessa citazione dei testi indicati dal ricorrente in primo grado ex articolo 507 c.p.p., avendo il tribunale motivato affermando la sua non necessita’ ai fini della decisione, deve farsi rinvio al condiviso principio di diritto secondo cui la mancata assunzione di una prova decisiva – quale motivo di impugnazione per cassazione – puo’ essere dedotta solo in relazione ai mezzi di prova di cui sia stata chiesta l’ammissione a norma dell’articolo 495 c.p.p., comma 2, sicche’ il motivo non potra’ essere validamente invocato nel caso in cui il mezzo di prova sia stato sollecitato dalla parte attraverso l’invito al giudice di merito ad avvalersi dei poteri discrezionali di integrazione probatoria di cui all’articolo 507 c.p.p., e da questi sia stato ritenuto non necessario ai fini della decisione (Sez. 5, n. 4672 del 24/11/2016, dep. 31/01/2017, Fiaschetti e altro, Rv. 269270; Sez. 1, n. 16772 del 15/04/2010, Z., Rv. 246932).
2.1. Essendo state le prove indicate dopo la fase della loro ammissione ex articoli 468 e 493 c.p.p., a tanto la Corte ha fatto specifico rinvio, evidenziando come il Tribunale avesse ritenuto non necessario ascoltare i testi indicati poiche’ le circostanze erano state ritenute superflue, evenienza che ha fatto ritenere anche alla Corte distrettuale parimenti non utile la rinnovazione dell’istruttoria ex articolo 603 c.p.p., comma 1, in tal modo condividendone le ragioni e fornendo ampia motivazione circa la loro non necessita’.
2.2. Conforme ai principi di questa Corte e’ quanto enunciato in sentenza dai giudici di merito, secondo cui e’ sufficiente che la Corte d’appello, qualora intenda respingere la richiesta di rinnovazione del dibattimento, dia conto dell’assenza di decisivita’ degli incombenti proposti e cioe’ della loro inidoneita’ ad eliminare contraddizioni nei dati gia’ raccolti, o ad inficiarne la valenza (Sez. 2, n. 19929 del 23/02/2017, Iuliano, Rv. 270313).
2.3. Deve anche osservarsi, in verita’, che la rilevanza dell’esame dei testi non e’ neppure indicata nel ricorso che, indistintamente, piu’ che evidenziare quanto avrebbero potuto affermare al fine di poter minare la credibilita’ della parte offesa, paiono essere meri latori di lettere la cui acquisizione e’ soggetta a difforme disciplina processuale a tutela dei diritti della difesa che in questa sede si assumono violati.
3. Motivi generici e non ammessi risultano essere quelli enunciati sub 2.2. e 2.3 “del ritenuto in fatto”.
3.1. Attraverso la asserita illogica credibilita’ assegnata al teste principale in uno con la lettura delle altre testimonianza comprovanti l’interesse del teste nella ricostruzione della vicenda, si propone una lettura alternativa delle evenienze istruttorie per come valutate in maniera logica e completa dai giudici di merito, dovendosi rinviare al riguardo, quanto a genericita’ dei motivi al principio secondo cui e’ inammissibile il ricorso per cassazione i cui motivi si limitino genericamente a lamentare l’omessa valutazione di una tesi alternativa a quella accolta dalla sentenza di condanna impugnata, senza indicare precise carenze od omissioni argomentative ovvero illogicita’ della motivazione di questa, idonee ad incidere negativamente sulla capacita’ dimostrativa del compendio indiziario posto a fondamento della decisione di merito (Sez. 2, n. 30918 del 07/05/2015, Falbo e altro, Rv. 264441).
3.2. Motivi tra l’altro gia’ dedotti in sede di gravame (pag. 2) ed a cui la Corte ha fornito ampia, logica e precisa risposta andandosi a saldare con il giudizio di credibilita’ gia’ effettuato dal primo giudice (pag. 3, 4 e 5) tra l’altro evidenziando la iniziale ritrosia da parte della donna nel denunciare il marito, circostanza confermata con l’omessa refertazione circa la lesione riportata all’occhio, oltre che con l’aver tergiversato al momento della sottoscrizione della querela, spiegandosi tale atteggiamento con la sudditanza dovuta al forte sentimento ancora nutrito per il ricorrente.
3.3. Tali circostanze in uno con quanto affermato dalla zia, che aveva riferito di urla provenire dall’appartamento vicino in cui vivevano i due, da quanto accertato dai militari intervenuti in occasione una occasione dalla quale era scaturito l’arresto, da quanto affermato in altra occasione da altro teste circa l’aggressione ai danni della parte offesa senza apparente ragione, hanno consentito, al di la’ di alternative letture non consentite in questa sede, di ritenere assolutamente credibile la parte offesa sentita quale teste in ordine ai reiterati fatti di maltrattamenti anche posti in essere in presenza del figlio in tenera eta’.
3.4. Anche in ordine all’asserita mancanza di abituale reiterazione dei fatti per come invece ricostruiti, la censura si rivela identica a quanto dedotto in appello.
La Corte, in proposito, ha fornito adeguata e logica motivazione circa la reiterazione delle condotte poste in essere dal (OMISSIS) per come anche ricostruite dalla donna che ha reso dichiarazioni circa la ripetitivita’ e non occasionalita’ delle stesse idonee a creare un clima di paura e tensione anche a mezzo di invii di numerosi “sms” dai quali scaturiva il timore di poterlo incontrare.
3.5. Anche sulla vicenda connessa al tentativo della (OMISSIS) di incontrare il (OMISSIS), la Corte ha fornito logica motivazione sul perche’ tanto non minasse in alcun modo la credibilita’ della donna che, durante il periodo di esecuzione della misura cautelare ex articolo 282 ter c.p.p., aveva inteso raggiungere l’uomo, essendo certamente eccentrico ritenere che tanto potesse influire sulla credibilita’ della teste.
3.6. Egualmente ininfluente, ai fini della credibilita’ della teste, e’ la allegata decisione ex articolo 444 c.p.p., per il reato di minacce aggravate a carico del padre della parte offesa che evidenzia profili in fatto, tra l’altro gia’ noti allo stesso ricorrente al momento del giudizio e non fatti valere in quella sede, il cui esame e’ inammissibile in sede di legittimita’.
4. Fondato e’, invece, l’ultimo motivo che pone cesure sulla omessa assoluzione per il delitto di danneggiamento semplice ex articolo 635 c.p., gia’ contenuto nell’articolo 635 c.p., comma 1, che, a seguito del Decreto Legislativo 15 gennaio 2016, n. 7, articolo 2, comma 1, lettera l), non e’ piu’ previsto dalla legge come reato.
5. A mente di quanto disposto dall’articolo 620 c.p.p., lettera l), puo’ effettuarsi la elisione di mesi due, corrispondente all’aumento i continuazione effettuato dai giudici di merito per il delitto di danneggiamento, rideterminando la pena in anni due e mesi due di reclusione.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al reato di danneggiamento perche’ non previsto dalla legge come reato ed elimina la relativa pena di mesi due di reclusione.
Dichiara inammissibile nel resto il ricorso.
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