La liquidazione dell’indennizzo per la riparazione dell’ingiusta detenzione e’ svincolata da criteri rigidi, e si deve basare su una valutazione equitativa che tenga globalmente conto non solo della durata della custodia cautelare, ma anche, e non marginalmente, delle conseguenze personali e familiari scaturite dalla privazione della liberta’, e cio’ sia per effetto dell’applicabilita’, in tale materia, della disposizione di cui all’articolo 643 c.p.p., comma 1, che commisura la riparazione dell’errore giudiziario alla durata dell’eventuale espiazione della pena ed alle conseguenze personali e familiari derivanti dalla condanna, sia in considerazione del valore “dinamico” che l’ordinamento costituzionale attribuisce alla liberta’ di ciascuno, dal quale deriva la doverosita’ di una valutazione equitativamente differenziata caso per caso degli effetti dell’ingiusta detenzione. Ne consegue che l’entita’ dell’indennita’ puo’ tener conto di specifiche voci idonee a correlare il ristoro ai concreti pregiudizi personali e familiari patiti dalla persona ingiustamente sottoposta a custodia cautelare

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Suprema Corte di Cassazione

sezione III
sentenza 27 aprile 2016, n. 17192

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ROSI Elisabetta – Presidente
Dott. MANZON Enrico – Consigliere
Dott. ACETO Aldo – Consigliere
Dott. GENTILI Andrea – Consigliere
Dott. DI STASI Antonella – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS), nato ad (OMISSIS) il (OMISSIS);

avverso l’ordinanza del 12/06/2014 della Corte di appello di Ancona;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal consigliere Dott.ssa Antonella Di Stasi;

lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale dott. Giuseppe Corasaniti che ha chiesto la declaratoria di inammissibilita’ del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. (OMISSIS), per il tramite del difensore di fiducia, ha proposto ricorso avverso l’ordinanza con cui la Corte d’Appello di Ancona, quale giudice di rinvio a seguito di sentenza di annullamento di questa Corte in data 11/12/2013, ha accolto la domanda di riparazione per ingiusta detenzione subita.

Articola il motivo di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’articolo 173 disp. att. c.p.p., comma 1: mancanza, contraddittorieta’ e manifesta illogicita’ della motivazione ex articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e).

Il ricorrente contesta la congruita’ dell’entita’ del danno liquidato dalla Corte territoriale, che ometteva di considerare la giovane eta’ del soggetto, la gravita’ dell’imputazione, l’ambiente sociale e cittadino ove occorse il fatto, l’ampio e reiterato interessamento mediatico della vicenda, l’enorme discreto derivato; aggiunge che in motivazione di dava atto che nessun danno patrimoniale era stato dimostrato senza considerare la documentazione prodotta riguardante il rifiuto all’assunzione lavorativa da parte di un’azienda privata proprio in forza del discreto personale collegato alla vicenda processuale.

2. Ha presentato memoria l’Avvocatura dello Stato per il Ministero dell’Economia e delle Finanze costituitosi in giudizio, chiedendo il rigetto del ricorso, argomentando che il ricorrente non abbia assunto l’onere probatorio a suo carico fissato dall’articolo 2967 c.c., ed abbia dedotto pregiudizi derivanti non dalla detenzione ma dalla pendenza giudiziaria.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ infondato.

2. Va premesso che questa Corte ha piu’ volte ricordato che la riparazione per l’ingiusta detenzione non presenta carattere risarcitorio, bensi’ solo restitutorio dei pregiudizi strettamente ed inscindibilmente collegati alla privazione della liberta’ personale e che il canone base per la liquidazione del danno, e’ costituito dal rapporto tra la somma massima posta a disposizione dal legislatore, la durata massima della custodia cautelare e la durata dell’ingiusta detenzione patita (ex plurimis Sez. 4, n. 23119 del 13/05/2008, Rv.240302) e). La somma che deriva da tale computo (euro 235,82 circa per ciascun giorno di detenzione in carcere) puo’ essere ragionevolmente dimezzata (Euro 117,91) nel caso di detenzione domiciliare, attesa la sua minore afflittivita’. Tale criterio aritmetico di calcolo costituisce, pero’, solo una base utile per sottrarre la determinazione dell’indennizzo ad un’eccesiva discrezionalita’ del giudice e garantire in modo razionale una uniformita’ di giudizio. I parametri indicati, pertanto, costituiscono uno standard che fa riferimento all’indennizzo in un’astratta situazione in cui i diversi fattori di danno derivanti dall’ingiusta detenzione si siano concretizzati in modo medio ed ordinario. Pertanto il parametro di calcolo indicato, puo’ subire variazioni verso l’alto o verso il basso in ragione di specifiche contingenze proprie del caso concreto, ferma pur sempre restando la natura indennitaria e non risarcitoria della corresponsione della somma liquidata. Ne consegue che al giudice si’ chiede una valutazione equitativa, discrezionale, sebbene non arbitraria. Egli, infatti, e’ tenuto ad offrire una motivazione che dia conto, alla luce del materiale probatorio acquisito, delle ragioni per le quali si’ e’ distaccato dai parametri standard, con l’unico limite che il frutto della sua ponderazione non puo’ condurre allo “sfondamento del tetto, pure normativamente fissato, dell’entita’ massima della liquidazione” (cfr. S.U. 9 maggio 2001, Caridi, rv. 218975).

Quanto al rapporto tra i criteri di valutazione dell’indennita’ previsti dagli articoli 315 e 643 c.p.p., premesso che per la riparazione dell’errore giudiziario il giudice non e’ vincolato dalla fissazione di un tetto massimo per di indennizzo (Sez. 4, n. 2050 del 25/11/2003, dep. 22/01/2004, Barilla’, Rv. 227673), va ricordato che le Sezioni Unite di questa Corte hanno stabilito che la liquidazione dell’indennizzo per la riparazione dell’ingiusta detenzione e’ svincolata da criteri rigidi, e si deve basare su una valutazione equitativa che tenga globalmente conto non solo della durata della custodia cautelare, ma anche, e non marginalmente, delle conseguenze personali e familiari scaturite dalla privazione della liberta’, e cio’ sia per effetto dell’applicabilita’, in tale materia, della disposizione di cui all’articolo 643 c.p.p., comma 1, che commisura la riparazione dell’errore giudiziario alla durata dell’eventuale espiazione della pena ed alle conseguenze personali e familiari derivanti dalla condanna, sia in considerazione del valore “dinamico” che l’ordinamento costituzionale attribuisce alla liberta’ di ciascuno, dal quale deriva la doverosita’ di una valutazione equitativamente differenziata caso per caso degli effetti dell’ingiusta detenzione (Sez. U, n. 1 del 13/01/1995, Castellani, Rv. 201035). Ne consegue che l’entita’ dell’indennita’ puo’ tener conto di specifiche voci idonee a correlare il ristoro ai concreti pregiudizi personali e familiari patiti dalla persona ingiustamente sottoposta a custodia.

In particolare, e’ stato osservato che l’articolo 314 c.p.p., con il richiamo alla custodia cautelare subita, intende anzitutto garantire l’indennizzo per il danno derivante dalla mera privazione della liberta’ personale e dalle dirette conseguenze di questa privazione sul piano delle attivita’ e dei rapporti personali; il parametro giornaliero va dunque ad esse commisurato. Le ulteriori conseguenze vanno invece separatamente considerate e indennizzate nel limite del tetto massimo previsto (Sez.4,n. 10690 del 25/02/2010, Rv.246425).

3. Nel caso di specie, la Corte territoriale ha esercitato la sua discrezionalita’ con un’adeguata motivazione, conformando la decisione impugnata ai principi suesposti.

Invero, dopo aver individuato il parametro matematico di base adottato, ha puntualmente precisato i criteri di riferimento, che inducevano ad implementare la liquidazione nummaria, che ammontava ad Euro 34.075,99 riconoscendo l’ulteriore somma di Euro 3.407,59 per le conseguenze di carattere non patrimoniali connesse al discredito sociale cagionato dal provvedimento restrittivo ed alle ripercussioni nella sfera della vita di relazione del soggetto.

La motivazione, correttamente impostata ponendo a base del calcolo il parametro giornaliero standard, risulta congrua e priva di vizi logici; pertanto, la determinazione quantitativa resta sottratta al controllo di legittimita’.

Va ricordato che in tema di ingiusta detenzione, il controllo sulla congruita’ della somma liquidata a titolo di riparazione e’ sottratto al giudice di legittimita’, che puo’ soltanto verificare se il giudice di merito abbia logicamente motivato il suo convincimento e non sindacare la sufficienza o insufficienza dell’indennita’ liquidata, a meno che, discostandosi sensibilmente dai criteri usualmente seguiti, lo stesso giudice non abbia adottato criteri manifestamente arbitrari o immotivati ovvero abbia liquidato in modo simbolico la somma dovuta (Sez. 4, n. 25901 del 21/04/2009, Rv. 244226; Sez. 4, n. 10690 del 25/02/2010, Rv. 246424; Sez. 4, n. 24225 del 04/03/2015, Rv. 263721).

4. Consegue il rigetto del ricorso e, ai sensi dell’articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali; il ricorrente va, altresi’, condannato alla rifusione delle spese legali in favore del costituito Ministero dell’Economia e delle Finanze. nella misura stimata congrua di cui al dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali nonche’ alla rifusione in favore del Ministero delle Finanze delle spese del presente giudizio che liquida in complessivi Euro 1.000,00.

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