Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|| n. 18435.
La legitimatio ad causam attiva e passiva
La legitimatio ad causam, attiva e passiva, consiste nella titolarità del potere e del dovere di promuovere o subire un giudizio in ordine al rapporto sostanziale dedotto in causa, mediante la deduzione di fatti in astratto idonei a fondare il diritto azionato, secondo la prospettazione dell’attore, prescindendo dall’effettiva titolarità del rapporto dedotto in causa, con conseguente dovere del giudice di verificarne l’esistenza in ogni stato e grado del procedimento. Da essa va tenuta distinta la titolarità della situazione giuridica sostanziale, attiva e passiva, per la quale non è consentito alcun esame d’ufficio, poiché la contestazione della titolarità del rapporto controverso si configura come una questione che attiene al merito della lite e rientra nel potere dispositivo e nell’onere deduttivo e probatorio della parte interessata. In tale prospettiva, l’effettiva titolarità passiva del rapporto giuridico controverso, poiché attiene al merito della controversia, rientra nel potere dispositivo e nell’onere deduttivo e probatorio della parte interessata.
Ordinanza|| n. 18435. La legitimatio ad causam attiva e passiva
Data udienza 20 gennaio 2023
Integrale
Tag/parola chiave: Domanda giudiziale – Titolarità della posizione soggettiva – Elemento costitutivo della domanda – Attinenza al merito della decisione – Allegazione e prova – Onere dell’attore – Contestazioni da parte del convenuto – Titolarità del rapporto controverso dedotte dall’attore – Natura di mere difese – Eventuale contumacia o tardiva costituzione – Valore di non contestazione o alterazione della ripartizione degli oneri probatori – Esclusione
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ORILIA Lorenzo – Presidente
Dott. FALASCHI Milena – rel. Consigliere
Dott. PAPA Patrizia – Consigliere
Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere
Dott. TRAPUZZANO Cesare – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10942/2018 R.G. proposto da:
(OMISSIS) s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, e (OMISSIS) in proprio, rappresentati e difesi dall’avv. (OMISSIS) del foro di (OMISSIS), con domicilio eletto in (OMISSIS), presso lo studio dell’avv. (OMISSIS);
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS), nella qualita’ di titolare dell’omonima ditta, rappresentato e difeso dall’avv. (OMISSIS) del foro di (OMISSIS), con domicilio eletto in (OMISSIS), presso lo studio dell’avv. (OMISSIS);
– controricorrente-
avverso la sentenza della Corte di appello di Lecce n. 166 depositata il 7 febbraio 2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20 gennaio 2023 dal Consigliere Milena Falaschi.
La legitimatio ad causam attiva e passiva
Osserva in fatto e in diritto
Ritenuto che:
– il Tribunale di Lecce – Sezione distaccata di Maglie, con sentenza n. 136 del 2013, in accoglimento della domanda attorea proposta dalla Ditta (OMISSIS) nei confronti della (OMISSIS) s.r.l. e di (OMISSIS), in qualita’ di committenti dei lavori elettrici nella struttura turistica “(OMISSIS)”, in parte indicati nel preventivo del 17.06.2003 e in parte commissionati in corso d’opera, li condannava in solido al pagamento del residuo corrispettivo di Euro 17.018,45, oltre iva, interessi e rivalutazione, rigettata la domanda riconvenzionale di risoluzione contrattuale e di risarcimento dei danni con la quale i convenuti avevano dedotto l’incompiutezza delle opere di allaccio televisivo e telefonico, oltre ai vizi dell’impianto esterno di illuminazione;
– sul gravame interposto dalla (OMISSIS) e dal (OMISSIS), la Corte di appello di Lecce, nella resistenza dell’appellato, con sentenza n. 166 del 2018, rigettava l’appello e, per l’effetto, confermava la sentenza del giudice di prime cure, liquidando le spese processuali del grado secondo soccombenza.
Per quanto ancora di rilievo in questa sede, la Corte distrettuale evidenziava che dalle conclusioni del c.t.u., ing. (OMISSIS), nominato nel giudizio ex articolo 696 c.p.c. instaurato dal (OMISSIS), emergeva che la ditta non aveva completato taluni dei lavori previsti in preventivo, come l’impianto elettrico presso il corpo B dell’edificio Hotel, oltre ad essere il numero delle apparecchiature di comando e protezione montate presso l’intero complesso inferiore a quello concordato, per cui l’importo dei lavori eseguiti ammontava ad Euro 28.911,00. Inoltre, verificava che la ditta aveva eseguito lavori di impianto elettrico non previsti in contratto ammontanti ad Euro 23.107,45. A fronte della esecuzione dei lavori per l’importo complessivo di Euro 52.018,00, tenuto conto dell’acconto versato di Euro 42.000,00, residuava un saldo di Euro 17.018,45, superiore ad un terzo del corrispettivo maturato e cio’ costituiva inadempimento piu’ grave rispetto a quello contestato alla ditta attrice. Aggiungeva che i pretesi vizi successivamente contestati non erano mai stati formalmente posti dagli appellanti a fondamento del rifiuto di pagamento del saldo dei lavori gia’ per lo piu’ eseguiti. Infondata anche l’eccezione di difetto di legittimazione passiva del (OMISSIS) formulata in modo tale da rappresentare una questione di merito, per essere stata dimostrata attraverso la documentazione prodotta, non contestata dall’interessato, in particolare dell’assegno emesso dallo stesso originario convenuto in favore del (OMISSIS), oltre ad atti dai quali risultava indicato quale committente dei lavori da eseguire (preventivo della ditta (OMISSIS), n. 3 piantine di variante del giugno 2002, copia piantina per variante in corso d’opera del gennaio 2005); – per la cassazione della sentenza della Corte di appello di Lecce ricorrono la (OMISSIS) ed il (OMISSIS), sulla base di due motivi, cui resiste il (OMISSIS), nella qualita’ di titolare dell’omonima ditta, con controricorso.
La legitimatio ad causam attiva e passiva
Considerato che:
– con il primo motivo i ricorrenti denunciano, ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la violazione degli articoli 132, comma 2 c.p.c. e 118, comma 1 disp. att. c.p.c. per avere la Corte di merito ritenuto assorbito il motivo di appello relativo al risarcimento dei danni a seguito del rigetto dei primi due motivi sull’an della domanda riconvenzionale di risoluzione del contratto, formulando una valutazione palesemente errata. Ad avviso dei ricorrenti la sentenza non terrebbe conto del fatto che il risarcimento dei danni era stato richiesto sulla scorta di due differenti inadempimenti: il primo, oggetto del giudizio di comparazione compiuto dalla Corte distrettuale ai fini della richiesta di risoluzione, era rappresentato dal mancato completamento delle opere commissionate; il secondo, escluso dal giudizio di comparazione, era rappresentato da una serie di vizi e difetti accertati dal c.t.u. in seno al giudizio ex articolo 696 bis c.p.c. e riguardanti, in particolare, l’impianto di illuminazione esterna, risultato del tutto inadeguato e da inibire all’uso. La domanda di risarcimento relativa a tali difetti avrebbe dovuto essere considerata dal Giudice del gravame.
Il motivo e’ infondato.
Innanzitutto, come ricorda lo stesso ricorso, la riformulazione dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, articolo 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’articolo 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimita’ sulla motivazione. Pertanto, e’ denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in se’, purche’ il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (cfr. tra le tante, SSUU n. 8053/2014).
Quanto al vizio di motivazione apparente, la giurisprudenza di questa Corte ritiene che esso ricorre quando la motivazione, benche’ graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perche’ recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le piu’ varie, ipotetiche congetture (v. tra le tante, Sez. U, Sentenza n. 22232 del 03/11/2016 Rv. 641526; Sez. U, Sentenza n. 16599 del 2016; Sez. 6 1, Ordinanza n. 6758 del 01/03/2022 Rv. 664061; Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 13977 del 23/05/2019 Rv. 654145).
Nel caso in esame si e’ fuori da tali gravi anomalie motivazionali.
La doglianza in esame riguarda infatti il tema della configurabilita’ di un giudizio di responsabilita’ nell’ipotesi di denuncia di reciproco inadempimento, tema che la Corte di appello ha esaminato nel merito, al pari del giudice di prime cure, come emerge dalla sintesi delle argomentazioni gia’ esposta (nella illustrazione in fatto), giungendo alla fine alla formulazione di un giudizio di prevalenza della gravita’ degli inadempimenti dei committenti, ma non avendo l’appaltatore chiesto la risoluzione del vincolo negoziale, ha riconosciuto allo stesso il diritto ad avere il saldo per i lavori eseguiti.
L’intangibilita’ di tale aspetto, per altro, non consente di accedere a qualsiasi pretesa risarcitoria ricollegata all’inadempimento della controparte, posto che, si condivida o meno la statuizione fondata sull’accertamento dell’inadempimento della parte committente, la formazione del giudicato sul punto della responsabilita’ e’ ostativa all’accoglimento della domanda di risarcimento formulata dalla medesima parte inadempiente, in quanto anche ai fini risarcitori costituisce elemento fondante del giudizio di responsabilita’ l’inadempimento colpevole, escluso nella specie per la ditta appaltatrice (v. Cass. n. 18932 del 2016 che seppure ha enunciato il principio per il caso di giudicato formatosi sulla pari gravita’ degli inadempimenti, si tratta di criterio che ben puo’ essere esteso all’ipotesi in cui sia individuato il comportamento colpevole prevalente, addebitando la responsabilita’ esclusivamente ad uno dei contraenti, c.d. inadempimento preponderante, che ha con la sua condotta alterato il nesso di reciprocita’ che lega le obbligazioni assunte con il contratto; anche, Cass. n. 14648 del 2013; Cass. n. 25847 del 2008; Cass. n. 27 del 2002).
La legitimatio ad causam attiva e passiva
Il motivo va dunque respinto;
– con il secondo motivo il ricorrente lamenta, ex articolo 360 comma 1, n. 4 c.p.c., la violazione degli articoli 115, 132, comma 2 c.p.c. e 118, comma 1 disp. att. c.p.c. per essere erronea la pronuncia impugnata laddove ha ritenuto che vi fosse stata mancata contestazione della documentazione prodotta dal (OMISSIS) da parte del (OMISSIS) circa gli elementi idonei a dimostrare la diretta responsabilita’ dello stesso nel rapporto de quo. Ad avviso del (OMISSIS) i giudici del merito non avrebbero valutato che egli era il legale rappresentante della (OMISSIS) per cui era legittimo che in siffatto ruolo effettuasse i pagamenti, peraltro le fatture per i pagamenti ricevuti sono sempre state rilasciate alla medesima societa’. La decisione si fonderebbe evidentemente su un’errata ricostruzione del principio di non contestazione che attiene alle allegazioni e non ai documenti prodotti, nella specie non risulterebbe compiuta alcuna valutazione.
Il motivo e’ fondato.
La corte di appello ha rigettato l’eccezione proposta dall’appellante in relazione alla “titolarita’ del contratto” in capo al (OMISSIS) sul rilievo che quest’ultimo non aveva contestato la produzione documentale, in particolare di assegno da lui stesso emesso e di altri atti dai quali risultava indicato quale committente dei lavori de quibus.
Ora, non v’e’ dubbio che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, (vedi, tra le varie, Cass. n. 14468 del 2008; Cass. n. 11284 del 2010; Cass. n. 14177 del 2011; Cass. n. 17092 del 2016; Cass. n. 20721 del 2018; Cass. n. 42035 del 2021) la legitimatio ad causam, attiva e passiva, consiste nella titolarita’ del potere e del dovere di promuovere o subire un giudizio in ordine al rapporto sostanziale dedotto in causa, mediante la deduzione di fatti in astratto idonei a fondare il diritto azionato, secondo la prospettazione dell’attore, prescindendo dall’effettiva titolarita’ del rapporto dedotto in causa, con conseguente dovere del giudice di verificarne l’esistenza in ogni stato e grado del procedimento. Da essa va tenuta distinta la titolarita’ della situazione giuridica sostanziale, attiva e passiva, per la quale non e’ consentito alcun esame d’ufficio, poiche’ la contestazione della titolarita’ del rapporto controverso si configura come una questione che attiene al merito della lite e rientra nel potere dispositivo e nell’onere deduttivo e probatorio della parte interessata.
In tale prospettiva, l’effettiva titolarita’ passiva del rapporto giuridico controverso, poiche’ attiene al merito della controversia, rientra nel potere dispositivo e nell’onere deduttivo e probatorio della parte interessata.
Nella specie il Giudice di appello si e’ limitato a confermare la sussistenza della legittimazione passiva del (OMISSIS), quale contitolare del rapporto sostanziale obbligatorio dedotto in giudizio, solo in virtu’ della ritenuta non contestazione della documentazione acquisita agli atti, omettendo di individuare la specifica manifestazione di volonta’ dello stesso alla conclusione dell’accordo e in relazione all’assunzione di specifici obblighi gravanti sul medesimo, la cui omissione era in rapporto di causalita’ con la posizione debitoria.
In tal modo si e’ pero’ discostata dai principi di diritto sanciti da questa Corte, a Sezioni Unite, con la sentenza n. 2951 del 2016, in base ai quali “la titolarita’ della posizione soggettiva, attiva o passiva, vantata in giudizio e’ un elemento costitutivo della domanda ed attiene al merito della decisione, sicche’ spetta all’attore allegarla e provarla, salvo il riconoscimento, o lo svolgimento di difese incompatibili con la negazione, da parte del convenuto; le contestazioni, da parte del convenuto, della titolarita’ del rapporto controverso dedotte dall’attore hanno natura di mere difese, proponibili in ogni fase del giudizio, senza che l’eventuale contumacia o tardiva costituzione assuma valore di non contestazione o alteri la ripartizione degli oneri probatori, ferme le eventuali preclusioni maturate per l’allegazione e la prova di fatti impeditivi, modificativi od estintivi della titolarita’ del diritto non rilevabili dagli atti; la carenza di titolarita’, attiva o passiva, del rapporto controverso e’ rilevabile di ufficio dal giudice se risultante dagli atti di causa”.
Conclusivamente, va accolto il secondo motivo di ricorso, rigettato il primo e la sentenza impugnata va, pertanto, cassata in relazione al motivo accolto con rinvio alla Corte di appello Lecce, in diversa composizione, affinche’ possa procedersi all’accertamento omesso dal giudice del merito in ordine alla effettiva titolarita’ da parte del convenuto (OMISSIS) del rapporto obbligatorio dedotto in giudizio, e quindi della effettiva sussistenza della sua responsabilita’ debitoria, in applicazione dei principi di diritto gia’ affermati sul punto da questa Corte.
Il giudice del rinvio procedera’ anche alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimita’.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, rigettato il primo;
cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di appello di Lecce, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimita’.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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