La deduzione dell’avvenuto pagamento al creditore apparente

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|14 febbraio 2023| n. 4589.

La deduzione dell’avvenuto pagamento al creditore apparente

La deduzione dell’avvenuto pagamento al creditore apparente ex art. 1189 c.c., necessitando di un’idonea allegazione da parte del debitore delle circostanze univoche idonee a sorreggerla e della sua buona fede, integra un’eccezione in senso stretto; come tale, l’allegazione del fatto estintivo del diritto fatto valere dal creditore è soggetta alle preclusioni previste dal codice di rito e non è rilevabile d’ufficio dal giudice.

Ordinanza|14 febbraio 2023| n. 4589. La deduzione dell’avvenuto pagamento al creditore apparente

Data udienza 13 dicembre 2022

Integrale

Tag/parola chiave: Mutuo – Pagamento al creditore apparente ex art. 1189 cod. civ. – Natura di eccezione in senso stretto – Rilevabilità d’ufficio – Esclusione

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente

Dott. ZULIANI Andrea – Consigliere

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere

Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere

Dott. FIDANZIA Andrea – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 20309-2018 R.G. proposto da:
(OMISSIS) SPA, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente principale-
nei confronti di
(OMISSIS) SPA, domiciliata ex lege in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);
-controricorrente-
AGENZIA DEL DEMANIO, AGENZIA NAZIONALE BENI SEQUESTRATI E CONFISCATI, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato;
-controricorrenti nonche’ ricorrenti incidentali-
e
BANCA (OMISSIS);
– intimata –
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di PALERMO n. 1240/2017, depositata il 26/06/2017.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13/12/2022 dal Consigliere ANDREA FIDANZIA.

La deduzione dell’avvenuto pagamento al creditore apparente

FATTI DI CAUSA

Con contratto del 28.7.2000 la banca (OMISSIS) ha concesso un mutuo ipotecario alla (OMISSIS) s.r.l. in persona del legale rappresentante (OMISSIS), terzo datore di ipoteca. Il bene concesso in garanzia veniva locato dallo (OMISSIS) a (OMISSIS) s.p.a. Nello stesso atto, a garanzia dei crediti della Banca, lo (OMISSIS) cedeva alla banca (OMISSIS) “il credito relativo ai canoni di locazione, a partire dal canone da pagarsi nel mese di agosto dell’anno 2001 relativo alla locazione del locale in (OMISSIS) di proprieta’ del cedente nella via (OMISSIS)….”. La cessione veniva notificata a (OMISSIS) in data (OMISSIS).
(OMISSIS), dopo aver pagato alla Banca (OMISSIS) i canoni di locazione fino al luglio 2002, a partire dalla rata con scadenza agosto 2002 ha cessato di pagare il canone alla (OMISSIS) e con lettera del (OMISSIS) comunicava di aver pagato i canoni di locazione all’Amministratore Giudiziario nominato dal Tribunale di Palermo il 22 ottobre 2001, in quanto i beni dello (OMISSIS) erano stati sottoposti a sequestro per misure di prevenzione ai sensi delle L. 575/65 e 646/92. Visto il persistente inadempimento di (OMISSIS), la (OMISSIS) ha chiesto ed ottenuto l’emissione di un decreto ingiuntivo nei suoi confronti per l’importo di Euro 283.095,24.
A seguito dell’opposizione proposta da (OMISSIS), che aveva affermato che il credito ceduto era stato oggetto di sequestro per misure di prevenzione e che quindi i canoni di locazione erano stati correttamente pagati all’Amministratore Giudiziario, veniva instaurato un giudizio presso il Tribunale di Palermo (nel quale interveniva l’Agenzia del Demanio succeduta all’Amministratore Giudiziario nella gestione e titolarita’ dei beni), che si concludeva con la sentenza n. 2503-2010, con la quale l’opposizione e’ stata rigettata, sul rilievo che trattavasi di credito oggetto di una cessione ex articolo 1264 c.c. pro solvendo perfezionatasi anteriormente all’applicazione della misura di prevenzione.
La Corte di Appello di Palermo, con sentenza n. 1240-2017, ha accolto l’impugnazione proposta da (OMISSIS) s.p.a..

La deduzione dell’avvenuto pagamento al creditore apparente

La Corte territoriale ha condiviso l’impostazione del giudice di primo grado secondo cui il sequestro in prevenzione dei beni dello (OMISSIS) non avesse effetti sulla cessione di credito e che l’amministratore giudiziario non fosse legittimato a riscuotere i canoni di locazione, ma ha ritenuto che il debitore (OMISSIS) avesse eseguito un pagamento di canoni di locazione liberatorio, in quanto effettuato “in buona fede” a favore di un soggetto, l’amministrazione giudiziaria, che appariva legittimato a riceverlo sulla base di circostanze univoche.
Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione (OMISSIS) – s.p.a., nella qualita’ di procuratrice con rappresentanza del (OMISSIS), successore ex articolo 111 cod. proc. civ. della Banca (OMISSIS), affidandolo a quattro motivi.
(OMISSIS) s.p.a. ha resistito in giudizio con controricorso.
L’Agenzia del Demanio e l’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalita’ organizzata hanno parimenti resistito in giudizio, proponendo, altresi’, ricorso incidentale.
La ricorrente ha depositato la memoria ex articolo 380 bis.1 c.p.c..

La deduzione dell’avvenuto pagamento al creditore apparente

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo del ricorso incidentale, la cui trattazione ha natura pregiudiziale rispetto ai motivi del ricorso principale, l’Agenzia del Demanio ha dedotto la violazione e falsa applicazione della L. n. 5757-1975, articolo 2 ter e ss., come modificata dal Decreto Legislativo n. 159 del 2011 e del Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 52.
Lamenta la ricorrente incidentale l’erroneita’ della sentenza impugnata nella parte in cui ha escluso la qualita’ di creditore in capo all’Amministrazione a seguito del sequestro in prevenzione.
Deduce, in particolare, l’Amministrazione che l’articolo 52 legge cit. fa salve le garanzie dei crediti anteriori al sequestro a condizione che il credito non sia strumentale all’attivita’ illecita o a quella che ne costituisce il frutto o il rimpiego sempre che il creditore dimostri la buona fede e l’inconsapevole affidamento.
Nel caso di specie, ad avviso dell’Agenzia del Demanio, e’ stato accertato che i fondi ottenuti dalla societa’ riconducibile allo (OMISSIS) dalla Banca (OMISSIS) a titolo di mutuo non erano serviti per alcun finanziamento, atteso che tali somme, dopo essere state registrate in entrata in contabilita’ societaria, erano uscite per pagamenti a favore dello stesso (OMISSIS). In sostanza, il mutuo era stato concesso senza una sottostante operazione commerciale.
2. Con il secondo motivo del ricorso incidentale e’ stata dedotta la violazione dell’articolo 132 nn 4 e 5 c.p.c. per motivazione apparente della sentenza.
3. Entrambi i motivi, da esaminare unitariamente, avendo ad oggetto questioni connesse, presentano profili di infondatezza e inammissibilita’.
Va preliminarmente osservato che il Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 52 prevede che la confisca disposta ai sensi della predetta legge non pregiudica i diritti di credito dei terzi che risultano da atti aventi data certa anteriore al sequestro, nonche’ i diritti reali di garanzia costituiti in epoca anteriore al sequestro, ove ricorrano le seguenti condizioni:
a) che ricorra una situazione di indisponibilita’ di altri beni sui quali esercitare la garanzia patrimoniale idonea al soddisfacimento del credito, salvo che per i crediti assistiti da cause legittime di prelazione su beni sequestrati;
b) che il credito non sia strumentale all’attivita’ illecita o a quella che ne costituisce il frutto o il reimpiego, sempre che il creditore dimostri la buona fede e l’inconsapevole affidamento.
La Corte d’Appello, nel ritenere il sequestro penale (disposto con decreto del 25 ottobre 2001) sui beni dello (OMISSIS) non opponibile alla Banca ricorrente principale – cui era stato ceduto in garanzia il credito a titolo di canoni di locazione vantati dallo (OMISSIS) verso (OMISSIS) s.p.a. in data (OMISSIS)) – ha fatto una corretta applicazione della predetta normativa speciale, avendo evidenziato, con una motivazione che soddisfa il requisito del “minimo costituzionale”, secondo i criteri di cui alle Sezioni Unite n. 8053-2014, che il Tribunale di Palermo, sezione misure di prevenzione, con decreto del 12 febbraio 2014, ha confermato la buona fede della Banca (OMISSIS) in relazione alle attivita’ delittuose dello (OMISSIS), cosi’ implicitamente riconoscendo che il credito in oggetto non era assoggettato al sequestro.

La deduzione dell’avvenuto pagamento al creditore apparente

D’altra parte, le censure svolte dall’Amministrazione si appalesano come di merito, essendo finalizzate solo a sollecitare una diversa ricostruzione dei fatti ed una diversa valutazione degli elementi di prova rispetto a quella operata dalla Corte d’Appello.
4. Con il primo motivo del ricorso principale e’ stata dedotta la violazione e falsa applicazione degli articoli 1189 c.c., 112, 166, 167 e 645 c.p.c.
Deduce la Banca ricorrente che la Corte d’Appello ha errato nel ritenere ammissibile l’eccezione di pagamento al creditore apparente, nonostante che questa fosse stata sollevata soltanto nella memoria ex articolo 183 n. 2 cod. proc. In particolare, sul rilievo che la deduzione da parte del convenuto del pagamento al creditore apparente come fatto estintivo costituisce un’eccezione in senso stretto, tale eccezione, che normalmente deve essere sollevata (a seguito della riforma del 2005 introdotta con Decreto Legge n. 35 del 2005) con la comparsa di risposta, in caso di opposizione a decreto ingiuntivo, data la natura di convenuto in senso sostanziale della parte opponente, avrebbe dovuto essere sollevata nel primo atto difensivo, ovvero con l’atto di opposizione a decreto ingiuntivo.
5. Il motivo e’ fondato.
Va osservato che, secondo il costante orientamento di questa Corte (vedi Cass. S.U. n. 1099/1998, S.U. 15661/2005, S.U. 10531/2013), a partire dalle S.U. n. 1099/1998, la deduzione dei fatti impeditivi, modificativi ed estintivi del diritto vantato dall’attore da’ normalmente luogo ad un’eccezione in senso lato, rilevabile d’ufficio, purche’ risulti dagli atti del processo. Proprio perche’ la rilevabilita’ d’ufficio corrisponde al regime normale delle eccezioni (vedi anche Cass. 12677/2014), sono state progressivamente ricondotte all’eccezione in senso lato alcune eccezioni di grande rilievo (eccezione di giudicato, controeccezione di interruzione della prescrizione, eccezione di accettazione beneficiata dell’eredita’).
Il fatto integratore dell’eccezione in senso stretto deve essere, invece, previsto espressamente dalla legge (come l’eccezione di prescrizione o l’eccezione di compensazione) o corrispondere all’esercizio di un diritto potestativo azionabile in giudizio dal titolare o ad altra situazione in cui la manifestazione della volonta’ della parte sia prevista strutturalmente come elemento integrativo della fattispecie difensiva.
Questa Corte ha quindi ritenuto, anche recentemente, appartenere alla categoria delle eccezioni in senso stretto, oltre alle eccezioni corrispondenti alla titolarita’ di un’azione costitutiva (ad es., eccezione di annullamento, risoluzione, rescissione, etc), anche quella di cui all’articolo 2901 comma 3 c.c., ovvero l’esenzione dell’azione revocatoria ordinaria prevista per l’adempimento di un debito scaduto (vedi Cass. n. 16793-2015; Cass. n. 5806-2019), avendo in tale fattispecie osservato che “l’esenzione in parola deve essere allegata e provata, nella sua esistenza, dall’acquirente convenuto in revocatoria; non gia’ nella sua inesistenza dall’attore (Cass. n. 11764/02; Cass. n. 14420/13). Il che, del resto, ben si comprende in ragione sia della natura impeditiva della fattispecie di esenzione, sia del principio di vicinanza della prova; potendo risultare, per il creditore che agisca per la revoca, estremamente difficile, se non del tutto impossibile, fornire la prova della non-destinazione del prezzo al pagamento di debiti scaduti del disponente…”.
Ad avviso di questo Collegio, deve ritenersi che anche la fattispecie del pagamento al creditore apparente ex articolo 1189 c.c. – che e’ caratterizzata dalla necessaria concorrenza dell’elemento delle “circostanze univoche” determinanti una situazione di apparenza del diritto in ordine alla sussistenza della legittimazione in capo all’accipiens (che necessitano di un’idonea allegazione da parte del debitore) e dalla buona fede del debitore, la quale, come richiesto espressamente dall’articolo 1189 c.c., deve essere provata da quest’ultimo – integri un’eccezione in senso stretto. Non vi e’ dubbio, infatti, che la manifestazione di volonta’ della parte, che deve allegare “le circostanze univoche” ed invocare e provare la propria buona fede, costituisca strutturalmente un elemento integrativo di tale fattispecie.

La deduzione dell’avvenuto pagamento al creditore apparente

Ne consegue che tale fatto estintivo del diritto fatto valere dal creditore, richiedendo necessariamente l’allegazione (e la prova) di elementi che appartengono alla sfera soggettiva del debitore, non possono essere rilevati d’ufficio dal giudice.
Alle stesse conclusioni deve, peraltro, pervenirsi anche esaminando la fattispecie di cui all’articolo 43, comma 2 legge assegni – che disciplina la responsabilita’ della banca che ha pagato l’assegno non trasferibile ad un soggetto diverso dal legittimo prenditore – la quale si pone in rapporto di specialita’ rispetto alla norma di diritto comune di cui all’articolo 1189, 1 comma c.c..
In tale materia, le Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza n. 12477/2018, hanno affermato che la natura contrattuale della responsabilita’ della banca ex articolo 43 legge citata (gia’ affermata dalle S.U. nella sentenza n. 14712 del 2007) renda non piu’ sostenibile la tesi, gia’ sostenuta in alcune pronunce di legittimita’, secondo cui la banca risponde comunque, anche a prescindere dalla sussistenza dell’elemento della colpa nell’errore sulla identificazione del prenditore, essendo l’istituto ammesso a provare che l’inadempimento non gli e’ imputabile, per avere assolto alla propria obbligazione con la diligenza richiesta dall’articolo 1176, comma 2 c.c..
Orbene, anche in tale fattispecie, non vi e’ dubbio che l’eccezione, sul punto, sollevata dall’istituto di credito, avente la funzione di paralizzare la pretesa creditoria del legittimo prenditore del titolo, si configuri come un’eccezione in senso stretto, richiedendo strutturalmente, come elemento integrativo della fattispecie, la manifestazione di volonta’ della banca, che si articola nella precisa allegazione della non imputabilita’ a se’ dell’inadempimento e nella prova, da parte dello stesso istituto, di aver assolto alla propria obbligazione con la diligenza richiesta dall’articolo 1176, comma 2 c.c..
Una tale eccezione non e’ di certo rilevabile d’ufficio dal giudice.
L’inquadramento giuridico e la riconduzione della fattispecie di cui all’articolo 1189, comma 1 cod. cv. alla categoria delle eccezioni in senso stretto comporta che l’allegazione del fatto estintivo del diritto fatto valere dal creditore sia soggetta alle preclusioni previste dal codice di rito.
In particolare, se normalmente l’eccezione in senso stretto deve essere sollevata dalla parte convenuta, a pena di decadenza, nella comparsa di risposta, a norma dell’articolo 167, comma 2 c.c. in caso di giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, nel quale la parte opponente riveste la qualita’ di convenuto sostanziale in conseguenza dell’intervenuta proposizione della domanda con il ricorso monitorio, l’eccezione in senso stretto deve essere sollevata da tale parte nello stesso atto di citazione in opposizione.
Ne consegue che erroneamente la Corte d’Appello ha ritenuto che l’eccezione ex articolo 1189 c.c. sia stata tempestivamente sollevata da (OMISSIS) con la memoria ex articolo 183 n. 2 c.p.c..
In proposito il comma 5 e le memorie del comma 6 dell’articolo 183 c.p.c. vietano la proposizione di nuove eccezioni in senso stretto e permettono esclusivamente un’attivita’ di chiarimento e puntualizzazione dei fatti modificativi, impeditivi od estintivi gia’ asseriti e dedotti dalle parti negli atti introduttivi, fatte salve le eccezioni che sono conseguenza della domanda riconvenzionale o delle eccezioni proposte dal convenuto (comma 5) o le eccezioni che sono conseguenza delle eccezioni precisate dalla controparte nella memoria ex articolo 183 n. 1 c.p.c..
5. L’accoglimento del primo motivo del ricorso principale determina l’assorbimento dei successivi motivi con cui e’ stata rispettivamente dedotta la violazione e falsa applicazione degli articoli 1188, 1189, 1218 e 1260 c.c. (primo motivo), nonche’ l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio in ordine alla buona fede del debitore, tenuto conto anche delle numerose richieste di pagamento inviate dalla (OMISSIS) a (OMISSIS) s.p.a. (secondo e terzo motivo).
La sentenza impugnata deve essere quindi cassata con rinvio alla Corte d’Appello di Palermo per nuovo esame.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso incidentale.
Accoglie il primo motivo del ricorso principale, assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Palermo, in diversa composizione, per nuovo esame.

 

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