La Cassazione non può correggere errori materiali contenuti nella sentenza del giudice di merito al quale va rivolta l’istanza di correzione anche dopo la presentazione del ricorso per cassazione

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|9 settembre 2024| n. 24088.

La Cassazione non può correggere errori materiali contenuti nella sentenza del giudice di merito al quale va rivolta l’istanza di correzione anche dopo la presentazione del ricorso per cassazione

La speciale disciplina, dettata dagli articoli 287 e seguenti del Cpc, per la correzione degli errori materiali incidenti sulla sentenza, la quale attribuisce la competenza all’emanazione del provvedimento correttivo allo stesso giudice che ha emesso la decisione da correggere, mentre non è applicabile quando contro la decisione stessa sia già stato proposto appello dinanzi al giudice del merito, in quanto l’impugnazione assorbe anche la correzione di errori, è invece da osservarsi rispetto alle decisioni impugnate con ricorso per cassazione, atteso che il giudizio relativo a tale ultima impugnazione è di mera legittimità e la Corte di cassazione non può correggere errori materiali contenuti nella sentenza del giudice di merito, al quale va, pertanto, rivolta l’istanza di correzione, anche dopo la presentazione del ricorso per cassazione.

Ordinanza|9 settembre 2024| n. 24088. La Cassazione non può correggere errori materiali contenuti nella sentenza del giudice di merito al quale va rivolta l’istanza di correzione anche dopo la presentazione del ricorso per cassazione

Data udienza 19 giugno 2024

Integrale

Tag/parola chiave: SENTENZA CIVILE – Correzione degli errori materiali – Impugnazione della decisione dinanzi al giudice d’appello – Inapplicabilità della disciplina – Sussiste – Eccezione in caso di giudizio di legittimità. (Cpc, articolo 287)

REPUBBLICA ITALIANA

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Dott ABETE.Luigi – Presidente

Dott. VAROTTI Luciano – Consigliere

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere-Relatore

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere

Dott. REGGIANI Eleonora – Consigliere

Ha pronunciato la seguente
ORDINANZA

sul ricorso 12917/18 proposto da:

(…) Srl, in persona del legale rappres. p.t., elett.te domic. in Roma, via (…), presso l’avv. An.Ma. dal quale è rappres. e difesa per procura speciale in atti;

-ricorrente –

-contro-

(…) Spa, in persona del legale rappres. p.t., elett.te domic. presso gli avv.ti Lu.Gi. e Au.Mo., che la rappres. e difendono per procura speciale in atti;

-controricorrente-

-nonché sul ricorso incidentale proposto da

(…) Spa, in persona del legale rappres. p.t., elett.te domic. presso gli avv.ti Lu.Gi. e Au.Mo., che la rappres. e difendono, per procura speciale in atti;

-ricorrente incidentale-

-contro-

(…) Srl, in persona del legale rappres. p.t., elett.te domic. in Roma, via (…), presso l’avv. An.Ma. dal quale è rappres. e difesa, per procura speciale in atti;

-controricorrente incidentale-

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 19/06/2024 dal Cons. rel., dott. ROSARIO CAIAZZO.

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RILEVATO CHE

Con ordinanza del 23.3.18 la Corte d’Appello di Milano, a seguito d’opposizione all’indennità definitiva d’esproprio promossa dall’ente espropriante, (…) Spa, nei confronti della (…) Srl, rideterminava l’indennità d’esproprio spettante a quest’ultima società, per i beni oggetto di due decreti emessi nel 2015, per la somma complessiva di Euro 1.295.444,69, nonché l’indennità di occupazione temporanea nella somma di Euro 170.925,00.

Al riguardo, la Cote d’appello osservava che: era infondata l’eccezione d’inammissibilità del ricorso perché tardivo e per la mancata indicazione dei motivi d’impugnazione; il C.T.U. aveva chiarito che alla data dell’apposizione del vincolo preordinato all’esproprio le aree occupate in parte non erano soggette a trasformazione urbanistica, in quanto quelle ricadenti nell’ambito 12 del PGT del Comune di Bollate erano comprese nell’ambito di trasformazione a vocazione industriale, artigianale e commerciale, aventi pertanto potenzialità edificatorie, mentre quelle nel Comune di N erano aree a standard; il C.T.U. aveva stimato le aree non idonee alla trasformazione a fini edificatori in base ai valori di mercato dei suoli agricoli, quelle edificabili in base al valore venale con il metodo della trasformazione, come differenza tra il valore dell’immobile e i costi, oneri, utili e passività necessari per l’intervento, mentre per le aree a standard era stato utilizzato il valore unitario di 75,00 mq tenendo conto della delibera del Comune (che per tali aree fissava valori fino a 100,00 Euro mq); l’indennità d’occupazione era stata determinata per 3 anni e 8 mesi. Il collegio condivideva le conclusioni del C.T.U., in quanto, in particolare: le aree non soggette a trasformazione urbanistica erano state correttamente valutate secondo il valore agricolo, non inferiore a quello di mercato (come desumibile dai due contratti di compravendita utilizzati); il calcolo del costo di costruzione del complesso immobiliare programmato non era affetto da errore materiale; era stata determinata l’indennità legittima d’occupazione, per un anno e 7 mesi, calcolata dal 15.4.14 (giorno dal quale era stata disposta l’occupazione anticipata delle aree) al 12.11.15 (data del decreto d’esproprio), ritenendo erroneo il criterio indicato dal C.T.U. il quale l’aveva calcolata sino al novembre 2017 (data di consegna dell’elaborato peritale). La (…) Srl ricorre in cassazione avverso l’ordinanza della Corte d’Appello con due motivi. (…) Srl resiste con controricorso, proponendo ricorso incidentale affidato a tre motivi. Entrambe le parti depositano memoria.

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RITENUTO CHE

Il primo motivo del ricorso principale denunzia, circa le aree non soggette a trasformazione urbanistica, violazione dell’art. 40, c. 2, D.P.R. n. 327/01, come risultante a seguito di Corte Cost. n. 181/2011, in conformità dei principi CEDU, per aver la Corte d’Appello, in adesione alla C.T.U., ritenuto di applicare il valore delle aree agricole, mentre esse non erano vincolate al mero uso agricolo, comprendendo le aree per la viabilità del Comune di B, anche alla luce dell’art. 26 NTA del piano delle regole dello stesso Comune, essendo esse utilizzabili per interventi aventi finalità pubbliche correlati alle attività sportive, alla riqualificazione paesaggistica, alla connessione ciclopedonale o ad altri servizi pubblici ritenuti idonei dall’amministrazione. Pertanto, la ricorrente lamentava che la stima del valore delle aree in questione non fosse stata effettuata attraverso la cd. monetizzazione degli standard, ovvero commisurata al costo che il privato sarebbe tenuto a versare al Comune nel caso di necessità di acquisire da terzi aree deputate alla realizzazione di servizi pubblici o destinate alla viabilità.

Circa le aree edificabili, la ricorrente si duole che la Corte territoriale abbia stimato il valore venale delle aree espropriate con il metodo della trasformazione, discostandosi dal prezzo di acquisto delle aree comprese nel piano attuativo dell’ambito 12 del P.G.T., connessa all’iniziativa edilizia promossa dalla Centri Commerciali retail – CCR per realizzare una grande struttura di vendita, come emerso dalla libera contrattazione, prezzo che s’attestava su un valore notevolmente superiore a quello stimato dal C.T.U.

Il secondo motivo del ricorso principale denunzia violazione dell’art. 22-bis, c. 5, D.P.R. n. 327/01, e dell’art. 12 preleggi, per aver la Corte d’Appello determinato l’indennità di occupazione legittima senza tener conto del periodo successivo al decreto d’esproprio, in quanto l’indennità era diretta a ristorare il proprietario per la perdita di possesso del bene nel periodo intercorrente tra lo spossessamento dell’immobile e l’emissione del decreto, derogando alla lettera della legge che prevede chiaramente che il termine finale per determinare l’indennità in questione coincideva con la corresponsione dell’indennità d’esproprio.

Il primo motivo del ricorso incidentale denunzia violazione dell’art. 32, c. 1, D.P.R. n. 327/01, per aver la Corte d’Appello considerato le caratteristiche delle aree alla data del decreto d’esproprio, sulla base dei vincoli non aventi natura espropriativa e senza altresì considerare gli effetti del vincolo preordinato all’esproprio, assumendo che le aree non soggette a trasformazione urbanistica non erano edificabili in quanto destinate ad uso agricolo, e che la stessa Corte di merito non aveva utilizzato una media corretta tra le valorizzazioni prese a paragone (essendo stata presa come riferimento un’area prossima ad aree in via di sviluppo rispetto ad aree contigue a strade di alto transito, come quella oggetto d’esproprio).

Al riguardo, la ricorrente incidentale lamenta, in particolare, che: la Corte d’Appello non ha tenuto conto dei vincoli apposti ai terreni prima del vincolo finalizzato all’esproprio, desumendosi dai certificati di destinazione urbanistica la collocazione in fascia di rispetto stradale e di viabilità, nonché di salvaguardia urbanistica relativa al progetto di potenziamento SP 46, caratterizzate da vincolo d’inedificabilità assoluta; anche per le aree con potenzialità edificatoria, occorreva determinarne il valore venale sulla base della relativa destinazione urbanistica prima dell’apposizione del vincolo preordinato all’esproprio per realizzare l’opera pubblica, parimenti fondate su fasce di rispetto stradale per infrastrutture stradali esistenti e per viabilità di previsione; anche per le aree a destinazione standard il valore venale doveva tener conto della destinazione urbanistica prima del vincolo preordinato all’esproprio, atteso che tali aree erano inserite nel P.G.T. vigente al 29.1.14, ricadenti in ambito verde, della mobilità e di salvaguardia urbanistica.

In ordine a tali aree, la ricorrente assume che il valore sarebbe da determinare partendo dai valori venali di riferimento per il pagamento dell’Imu.

Il secondo motivo del ricorso incidentale denunzia violazione dell’art. 132 c.p.c., per omessa motivazione, per non aver la Corte d’Appello valutato le difese svolte in relazione alla C.T.U., le cui conclusioni erano state acriticamente recepite, trascurando ogni valutazione sulle eccezioni svolte sulla violazione del contraddittorio seguita al recepimento, da parte del C.T.U., di documentazione della controparte (atti di compravendita di terreni agricoli), peraltro non necessaria ai fini dell’incarico, trattandosi di valori attribuiti ad un fondo in sede di autonomia privata

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Il terzo motivo del ricorso incidentale denunzia violazione dell’art. 22-bis, c.1, D.P.R. 327/01, per aver la Corte d’Appello fatto decorrere il calcolo dell’indennità di occupazione legittima dal 15.4.14 anziché dal 9.4.14, giorno in cui era stata disposta l’occupazione. Il primo motivo del ricorso principale, che s’articola in varie critiche, va rigettato.

La prima parte della critica è inammissibile nella parte in cui non coglie la ratio decidendi, sviluppando una questione non pertinente ai criteri di determinazione dell’indennità d’esproprio, quale la cd. monetizzazione degli standard in ordine ai costi necessari per acquisire da terzi aree per la realizzazione di servizi pubblici. La Corte d’Appello ha ritenuto che in base all’art 26 NTA i terreni in questione non erano edificabili, rilevando che secondo il C.T.U. essi non sono edificabili e non si può applicare il valore aree standard.

Né è stata chiaramente introdotta la questione dell’uso intermedio del bene espropriato (tra l’edificatorio e l’agricolo, con riferimento alla citata sentenza n. 185 della Corte Cost.).

Il motivo, comunque, per tutti i profili di doglianza addotti, si risolve nella veicolazione di censure tendenzialmente afferenti al “merito” e già proposte e scrutinate in sede di merito. Il secondo motivo del ricorso principale è infondato. In materia di espropriazione per pubblica utilità, l’indennità di occupazione d’urgenza, essendo volta a compensare il proprietario per la mancata disponibilità del bene, in relazione a quanto avrebbe percepito periodicamente da esso, va calcolata sino alla data dell’effettivo deposito dell’indennità di esproprio, momento che conclude la fattispecie complessa da cui deriva l’effetto dell’acquisizione della proprietà del bene anzidetto da parte della Pubblica Amministrazione o dei soggetti ad essa equiparati (Cass., n. 32415/19).

Nel quadro del citato orientamento deve, nella specie, reputarsi congrua la decisione di non riconoscere l’indennità d’occupazione nel periodo successivo al decreto d’esproprio. Al riguardo, giova rilevare che la ricorrente principale non ha indicato in modo specifico e puntuale che il deposito dell’indennità di esproprio fosse avvenuto dopo l’emissione, in data 12.11.15, del decreto di esproprio, limitandosi a dire, a pag. 3 del ricorso, che non consta il deposito, prima dei decreti di esproprio, dell’indennità provvisoria, con una prospettazione del tutto generica e, come tale, inammissibile.

Il primo motivo del ricorso incidentale è inammissibile, nella parte in cui è stata criticata l’ordinanza impugnata per non aver considerato le caratteristiche delle aree alla data del decreto d’esproprio, assumendo che le aree non soggette a trasformazione urbanistica non erano edificabili in quanto destinate ad uso agricolo.

Al riguardo, in primo luogo, va osservato che tale critica è fondata su una questione non allegata nel procedimento innanzi alla Corte d’appello relativa ai vari vincoli d’inedificabilità anteriori all’apposizione del vincolo preordinato all’esproprio; infatti, la Corte territoriale ha stimato le varie aree ablate, senza far in alcun modo riferimento ai vincoli delle fasce di rispetto stradale o di viabilità, né emerge che la C.T.U. sia stata criticata sotto questo profilo.

Tale doglianza – per i profili non allegati ex novo – è comunque inammissibile perché diretta al riesame dei “fatti”, in ordine alla questione della determinazione dell’indennità d’esproprio secondo il valore di mercato dei suoli agricoli, sulla premessa della non edificabilità delle aree occupate. La ricorrente, al riguardo, sollecita anche il riesame di elementi istruttori (tavole p.g.t.); in sostanza, la censura si risolve nella riproposizione di doglianze tendenzialmente di “merito” già nel complesso vagliate dalla Corte d’Appello. Il secondo motivo del ricorso incidentale è infondato. La ricorrente denunzia la violazione dell’art. 132 c.p.c., per omessa motivazione, per aver la Corte territoriale aderito alle conclusioni del C.T.U. acriticamente.

La Cassazione non può correggere errori materiali contenuti nella sentenza del giudice di merito al quale va rivolta l’istanza di correzione anche dopo la presentazione del ricorso per cassazione

In tema di ricorso per cassazione, per infirmare, sotto il profilo della insufficienza argomentativa, la motivazione della sentenza che recepisca le conclusioni di una relazione di consulenza tecnica d’ufficio di cui il giudice dichiari di condividere il merito, è necessario che la parte alleghi di avere rivolto critiche alla consulenza stessa già dinanzi al giudice “a quo”, e ne trascriva, poi, per autosufficienza, almeno i punti salienti onde consentirne la valutazione in termini di decisività e di rilevanza, atteso che, diversamente, una mera disamina dei vari passaggi dell’elaborato peritale, corredata da notazioni critiche, si risolverebbe nella prospettazione di un sindacato di merito inammissibile in sede di legittimità (Cass., n. 11482/16; n. 19427/17).

Nel caso concreto, la corte ha ripreso – pag. 5 – le repliche del C.T.U. ai rilievi delle parti ed ha esaurito il suo compito motivazionale (Cass. n. 282/2009; Cass. n. 1815/2015).

Inoltre, è infondata la parte della critica afferente alla violazione del contraddittorio nell’acquisizione dei documenti da parte del C.T.U. In materia di consulenza tecnica d’ufficio, il consulente nominato dal giudice, nei limiti delle indagini commessegli e nell’osservanza del contraddittorio delle parti, può acquisire, anche prescindendo dall’attività di allegazione delle parti – non applicandosi alle attività del consulente le preclusioni istruttorie vigenti a loro carico – tutti i documenti necessari al fine di rispondere ai quesiti sottopostigli, a condizione che non siano diretti a provare i fatti principali dedotti a fondamento della domanda e delle eccezioni che è onere delle parti provare e salvo, quanto a queste ultime, che non si tratti di documenti diretti a provare fatti principali rilevabili d’ufficio (Cass. SU, n. 3086/22).

Nella specie, non è emerso, né è stato eccepito, che i documenti acquisiti dal C.T.U. non fossero diretti a provare i fatti principali dedotti a fondamento della domanda e delle eccezioni.

L’ultimo motivo del ricorso incidentale è inammissibile, non avendo la ricorrente incidentale allegato o trascritto i documenti dai quali si desuma l’effettiva data in cui fu disposta l’occupazione d’urgenza. Inoltre, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, la speciale disciplina, dettata dagli artt. 287 e seguenti c.p.c., per la correzione degli errori materiali incidenti sulla sentenza, la quale attribuisce la competenza all’emanazione del provvedimento correttivo allo stesso giudice che ha emesso la decisione da correggere, mentre non è applicabile quando contro la decisione stessa sia già stato proposto appello dinanzi al giudice del merito, in quanto l’impugnazione assorbe

anche la correzione di errori, è invece da osservarsi rispetto alle decisioni impugnate con ricorso per cassazione, atteso che il giudizio relativo a tale ultima impugnazione è di mera legittimità e la Corte di cassazione non può correggere errori materiali contenuti nella sentenza del giudice di merito, al quale va, pertanto, rivolta l’istanza di correzione, anche dopo la presentazione del ricorso per cassazione (Cass., n. 13629/21; n. 10289/01).

Per quanto esposto, entrambi i ricorsi vanno rigettati, con integrale compensazione delle spese tra le parti.

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P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso principale, rigetta il ricorso incidentale, compensando interamente le spese tra le parti.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115/02, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte di entrambi i ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, ove dovuto.

Così deciso nella camera di consiglio del 19 giugno 2024.

Depositato in Cancelleria il 9 settembre 2024.

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

Le sentenze sono di pubblico dominio.

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