Corte di Cassazione, penale, Sentenza|20 gennaio 2021| n. 2302.
Integra il delitto di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina la condotta di chi, dietro corrispettivo in denaro, contragga matrimonio con un cittadino di uno Stato non appartenente all’Unione europea al fine di fargli conseguire un titolo per l’accesso o la permanenza nel territorio italiano, senza che rilevi in senso contrario la sopravvenuta pronuncia di divorzio, quand’anche antecedente all’effettivo ingresso dello straniero in Italia, avendo comunque questi ottenuto, sul presupposto del simulato matrimonio, il permesso di ingresso e soggiorno nel territorio dello Stato.
Sentenza|20 gennaio 2021| n. 2302
Data udienza 13 novembre 2020
Integrale
Tag – parola chiave: Procurato ingresso illegale di stranieri – Matrimonio simulato – Favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione – Dichiarazioni della persona offesa – Attendibilità – Congruità della pena irrogata – Rigetto
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BONI Monica – Presidente
Dott. BINENTI Roberto – Consigliere
Dott. CENTOFANTI Francesco – rel. Consigliere
Dott. DI GIURO Gaetano – Consigliere
Dott. ALIFFI Francesco – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nata in (OMISSIS);
avverso la sentenza del 18/02/2019 della Corte di appello di Brescia;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere CENTOFANTI Francesco;
udito il Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale ZACCO Franca, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso;
udito, per la ricorrente, l’avvocato (OMISSIS), che ha chiesto accogliersi il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Brescia confermava, in punto di affermazione della penale responsabilita’, la decisione emanata il 21 giugno 2018 dal G.u.p. del locale Tribunale, a seguito di rito abbreviato, a carico di (OMISSIS), in relazione:
a) al delitto di procurato ingresso illegale nel territorio nazionale della cittadina marocchina (OMISSIS), avvenuto il 1 giugno 2013, aggravato dall’impiego di documenti illecitamente ottenuti (articolo 12, commi 1, e 3, lettera d), Testo Unico imm.);
b) al delitto coevo di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione della medesima cittadina marocchina, aggravato dall’uso di minaccia (L. n. 75 del 1958, articolo 3 e articolo 4, n. 1,).
Quanto al reato sub a), la Corte di appello riteneva provato – sulla base del narrato di (OMISSIS), ritenuto attendibile e riscontrato – che l’imputata fosse concorsa nell’ideazione e organizzazione del simulato matrimonio, avvenuto in Marocco tra la stessa (OMISSIS) e (OMISSIS) (coimputato, non ricorrente in questa sede), sul cui presupposto la prima aveva indebitamente ottenuto il permesso di ingresso e soggiorno in Italia.
Quanto al reato sub b), la Corte di appello riteneva, alla stessa stregua, provate le condotte di favoreggiamento e sfruttamento del meretricio, essendosi l’imputata attivata per procurare alla vittima alloggio e per procacciarle clienti, ed essendosi ella appropriata, sotto la minaccia di svelare all’Autorita’ di pubblica sicurezza l’inganno sotteso all’ingresso in Italia, di parte dei guadagni.
La Corte di appello concedeva all’imputata le attenuanti generiche equivalenti e riduceva la pena alla misura di tre anni di reclusione e 9.000 Euro di multa.
2. L’imputata ricorre per cassazione, con il ministero del difensore di fiducia, sulla base di sei motivi.
2.1. Con il primo motivo, la ricorrente deduce violazione di legge e vizio della motivazione.
La sentenza impugnata, quanto al capo a) della rubrica, non avrebbe considerato la decisiva circostanza del sopraggiunto divorzio, che avrebbe preceduto l’ingresso di (OMISSIS) in Italia. Per effetto del divorzio, sarebbe venuta meno l’idoneita’ del matrimonio ad inserirsi, in maniera causalmente efficiente, nella sequela procedimentale culminata nel rilascio del permesso di ingresso e soggiorno. Il fatto di reato sarebbe in tal modo divenuto non piu’ punibile.
La sentenza impugnata, sotto altro aspetto, sarebbe carente nell’individuazione del preciso ruolo concorsuale che la ricorrente avrebbe rivestito, quanto alla condotta sub a); ruolo che la ricorrente per se stessa nega, sia sotto il profilo materiale che morale.
2.2. Con il secondo motivo, la ricorrente deduce vizio della motivazione.
Il giudizio di attendibilita’ del narrato della persona offesa sarebbe, in parte qua, assertivo e disancorato dal contesto. Si tratterebbe di una petizione di principio, elusiva dei temi posti dalla difesa nell’atto di appello, in ricorso nuovamente evocati, ad iniziare dalla tardiva indicazione dell’imputata quale concorrente nell’ideazione e organizzazione del simulato matrimonio.
Mancherebbe ogni esterno riscontro alla chiamata di reita’ della stessa persona offesa.
2.3. Con il terzo motivo, la ricorrente deduce vizio della motivazione.
Anche rispetto al delitto di favoreggiamento, e sfruttamento, della prostituzione, l’unica prova a carico sarebbe costituita dal narrato – inattendibile – della persona offesa.
La sentenza impugnata traviserebbe, inoltre, il contenuto di una importante deposizione testimoniale.
L’imputata non potrebbe rispondere di lenocinio, essendo lei stessa persona dedita al meretricio.
2.4. Con il quarto motivo, la ricorrente deduce l’assenza totale di motivazione in ordine alla ritenuta aggravante della minaccia, ai sensi della L. n. 75 del 1958, articolo 4, n. 1).
2.5. Con il quinto motivo, la ricorrente deduce vizio della motivazione in ordine alla ritenuta aggravante relativa al reato di immigrazione clandestina.
L’insussistenza di un valido matrimonio, all’atto dell’ingresso di (OMISSIS) in Italia, precluderebbe la possibilita’ di contestare l’aggravante medesima.
2.6. Con il sesto motivo, la ricorrente deduce vizio della motivazione in ordine alla dosimetria della pena.
Quest’ultima – una volta concesse le attenuanti generiche equivalenti sarebbe stata determinata in misura eccedente la media edittale, in difetto di idonea argomentazione al riguardo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I motivi primo e quinto del ricorso, tra loro connessi e congiuntamente esaminabili, sono manifestamente infondati.
Da un lato, infatti, la sentenza impugnata e’, in tutta evidenza, precisa nell’individuazione del ruolo concorsuale svolto dall’imputata in rapporto alla consumazione del reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, avendo ravvisato il relativo contributo causale nel fatto di avere (OMISSIS) agevolato i contatti tra (OMISSIS) e (OMISSIS), avendo accompagnato l’uomo in (OMISSIS) in vista dell’organizzazione del simulato matrimonio, avendo qui propiziato la dazione della prima rata (pari a 13.000 Euro) del compenso illecitamente pattuito (dazione avvenuta presso l’abitazione della medesima imputata) e istruito la connazionale sulla documentazione per il matrimonio occorrente, avendola quindi accolta al suo arrivo in Italia, nonche’ in prosieguo anche minacciata di rivelare l’accaduto alle Autorita’ del nostro Paese.
Sotto altro aspetto, l’intervenuto divorzio, ancorche’ antecedente l’ingresso di (OMISSIS) in Italia, non costituisce elemento eziologicamente rilevante nella dinamica criminosa, perche’ comunque sul presupposto del simulato matrimonio la cittadina marocchina ottenne indebitamente il permesso di ingresso e soggiorno sul territorio nazionale, e la giurisprudenza di questa Corte ha gia’ affermato come integri il delitto di favoreggiamento dell’immigrazione illegale degli stranieri anche il fatto di contrarre, verso corrispettivo in danaro, matrimonio con cittadino non appartenente all’Unione Europea, al fine di fargli conseguire un titolo di accesso e permanenza in Italia (Sez. 1, n. 34993 del 22/09/2010, Ascione, Rv. 248277-01; Sez. 1, n. 2285 del 15/12/2009, dep. 2010, Shi, Rv. 245964).
Pacifica e’; infine, in relazione, la sussistenza dell’aggravante ex articolo 12, comma 3, lettera d), Testo Unico imm., per essere l’ingresso, propiziato dall’espediente del matrimonio simulato, in realta’ stato procurato per il tramite di documenti ideologicamente alterati e comunque illegalmente ottenuti.
2. I motivi secondo e terzo, tra loro parimenti connessi e congiuntamente esaminabili, sono infondati.
Se e’ vero che l’affermazione di penale responsabilita’ ruota, principalmente, nel presente processo, sul narrato di (OMISSIS), occorre qui ribadire che le dichiarazioni della persona offesa – cui non si applicano le regole dettate dall’articolo 192 c.p.p., comma 3, – possono essere legittimamente poste, anche da sole, a fondamento dell’affermazione di penale responsabilita’ dell’imputato, previa verifica, piu’ penetrante e rigorosa rispetto a quella cui vengono sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone e corredata da idonea motivazione, della credibilita’ soggettiva del dichiarante e dell’attendibilita’ intrinseca del suo racconto (ex multis, Sez. 5, n. 21135 del 26/03/2019, S., Rv. 275312-01, e Sez. 2, n. 43278 del 24/09/2015, Manzini, Rv. 265104-01).
Alla luce di tali principi appare senz’altro immune da censure l’odierna decisione di merito che, all’esito di approfondita valutazione, ha ritenuto veritiere le dichiarazioni della vittima, peraltro nella specie adeguatamente corroborate da ulteriori risultanze, testimoniali e documentali, inerenti le formalita’ del celebrato matrimonio, la concomitante relazione sentimentale tra (OMISSIS) e (OMISSIS), le successive relazioni tra l’imputata e la connazionale, la vendita di monili d’oro cui quest’ultima era stata indotta per pagare il debito illecitamente contratto, il meretricio cui la medesima era stata obiettivamente destinata e la compartecipazione dell’imputata ai suoi proventi (che, di per se’, integra la condotta di sfruttamento: Sez. 3, n. 741 del 24/10/2018, dep. 2019, C., Rv. 274762-02).
Le argomentazioni, oggetto dei motivi in scrutinio, prospettano, in relazione alla valutazione del compendio probatorio, profili di contraddizione su aspetti gia’ adeguatamente confutati dalla sentenza impugnata, e reiterano censure dalla medesima gia’ esaminate, e ineccepibilmente disattese, mentre la censura di travisamento istruttorio manca totalmente di autosufficienza (cfr. da ultimo, Sez. 2, n. 35164 del 08/05/2019, Talamanca, Rv. 276432-01).
La sentenza in verifica supera, per l’effetto, il vaglio di questa Corte, chiamata ad esercitare un sindacato sulla effettivita’ e logicita’ della motivazione, che non puo’ sconfinare nel merito (cfr. Sez. 2, n. 29480 del 07/02/2017, Cammarata, Rv. 270519-01).
3. Il quarto motivo e’ precluso, perche’ l’esistenza dell’aggravante di cui alla L. n. 75 del 1958, articolo 4, comma 1, n. 1), non risulta contestata nei motivi di appello.
4. Il sesto, e ultimo, motivo e’ manifestamente infondato.
La censura in esso svolta oblitera il principio, secondo cui, in tema di determinazione della misura della pena, il giudice del merito esercita la discrezionalita’ che al riguardo la legge gli conferisce, attraverso l’enunciazione, anche sintetica, della eseguita valutazione di uno (o piu’) dei criteri indicati nell’articolo 133 c.p., (Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, Mastro, Rv. 27124301; Sez. 3, n. 6877 del 26/10/2016, dep. 2017, S., Rv. 269196-01; Sez. 2, n. 12749 del 19/03/2008, Gasparri, Rv. 239754-01). Una valutazione siffatta e’ insindacabile in sede di legittimita’, purche’ sia argomentata e non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico (Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013, dep. 2014, Ferrario, Rv. 259142-01).
Nel caso poi venga irrogata, come nella specie, una pena che non ecceda la media edittale, non e’ necessaria un’argomentazione specifica e dettagliata da parte del giudice e il parametro valutativo puo’ essere desunto dal testo della sentenza nel suo complesso motivazionale e non necessariamente solo dalla parte destinata alla quantificazione della pena stessa (Sez. 3, n. 38251 del 15/06/2016, Rignanese, Rv. 267949-01).
La sentenza impugnata, nell’ampia ricostruzione e valutazione dei fatti in imputazione, scolpiti nella loro obiettiva gravita’, palesemente adempie l’obbligo di motivazione richiesto nel caso specifico; ne’ essa ha trascurato di considerare lo sforzo risarcitorio posto in essere anche per conto dell’imputata, che e’ valso il parziale accoglimento del motivo di appello sulle attenuanti generiche e sul conseguente trattamento sanzionatorio, significativamente ridimensionato rispetto al primo grado.
5. Alla reiezione del ricorso segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalita’ e gli altri dati identificativi, a norma del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52, in quanto disposto d’ufficio e/o imposto dalla legge.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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