Inammissibile la revocazione delle sentenze della Cassazione per errore di fatto che attiene alla valutazione di atti sottoposti al controllo della Corte stessa

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|21 maggio 2024| n. 14094.

Inammissibile la revocazione delle sentenze della Cassazione per errore di fatto che attiene alla valutazione di atti sottoposti al controllo della Corte stessa

Non sono suscettibili di revocazione le sentenze della Cassazione per le quali si deduca come errore di fatto un errore che attiene alla valutazione di atti sottoposti al controllo della Corte stessa, atti che, come tali, essa abbia dovuto necessariamente percepire nel loro significato e nella loro consistenza, poiché un tale errore può risolversi al più in un inesatto apprezzamento delle risultanze processuali, in ogni caso qualificabile come errore di giudizio. In particolare, in tema di revocazione delle sentenze della Corte di cassazione, la configurabilità dell’errore revocatorio di cui all’articolo 391 bis del Cpc presuppone un errore di fatto, che si configura ove la decisione sia fondata sull’affermazione di esistenza od inesistenza di un fatto che la realtà processuale induce ad escludere o ad affermare, non anche quando la decisione della Corte sia conseguenza di una pretesa errata valutazione od interpretazione delle risultanze processuali, essendo esclusa dall’area degli errori revocatori la sindacabilità di errori di giudizio formatisi sulla base di una valutazione.

Ordinanza|21 maggio 2024| n. 14094. Inammissibile la revocazione delle sentenze della Cassazione per errore di fatto che attiene alla valutazione di atti sottoposti al controllo della Corte stessa

Data udienza 13 marzo 2024

Integrale

Tag/parola chiave: Ricorso per revocazione – Indeducibilità di errori attinenti alla valutazione di atti sottoposti al controllo della Corte di Cassazione – Rilevanza del solo errore di fatto – Inammissibilità

REPUBBLICA ITALIANA

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sig.ri Magistrati

Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere – Rel.

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere

Dott. RUSSO Rita Elvira Anna – Consigliere
ORDINANZA

sul ricorso 24302/2022 proposto da:

Ma.El., rappres. e difesa dall’avv. Ma.Gi., per procura speciale in atti; Ma.Gi. difeso da sé medesimo; entrambi elettivamente domiciliati in Roma, via (…), presso l’avv. Ma.Gi.;

– ricorrenti –

– contro –

Fi. Srl, in persona del legale rappres. p.t., e, per essa, (…) Spa, quale mandataria, elett.te domic. presso l’avv.to Nu.Si. dal quale è rappres. e difesa, per procura speciale in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte di Cassazione, n. 7559/22, pubblicata in data 8.03.2022;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13.03.2024 dal Cons. rel., dott. Rosario Caiazzo.

Inammissibile la revocazione delle sentenze della Cassazione per errore di fatto che attiene alla valutazione di atti sottoposti al controllo della Corte stessa

RILEVATO CHE

Con citazione del 15.10.99 Ma.Gi. conveniva innanzi al Tribunale di Messina il Banco di S Spa chiedendo accertarsi la nullità, o pronunciare la risoluzione, di due contratti di conto corrente, per violazione del divieto di anatocismo trimestrale e per illegittima applicazione delle commissioni di massimo scoperto, nonché la condanna della convenuta al pagamento della somma di Euro 25.822,84.

All’esito di c.t.u., il Tribunale, con sentenza del 2011, dichiarata la nullità della clausola sull’anatocismo, ed accogliendo la domanda riconvenzionale della banca, condannava l’attore al pagamento, in favore della convenuta, della somma di Euro 6215,31, in relazione ad un conto corrente, e della somma di Euro 14.946,34, in solido con la terza chiamata – Ma.El. quale fideiussore – in relazione all’altro conto corrente.

Avverso tale sentenza proponevano appello i due soggetti condannati, deducendo che il Tribunale: aveva statuito sulla base dei calcoli del c.t.u. sulla scorta della documentazione fornita dalla banca, e non su quella fornita dall’attore dalla quale sarebbe emerso, invece, un credito a suo favore; non aveva limitato la responsabilità del fideiussore nei limiti contrattuali (entro la somma di Euro 13.427,88).

Resisteva la banca, formulando appello incidentale.

Con sentenza del 14.2.19, la Corte territoriale rigettava l’appello principale e accoglieva l’incidentale, condannando, per l’effetto, gli appellanti al pagamento, in favore della banca, degli interessi convenzionali nella misura ultralegale, dalla domanda al soddisfo, osservando che: i calcoli posti a base della pronuncia erano stati effettuati dal c.t.u. sulla base delle scritture contabili della banca; era infondata l’istanza relativa alla condanna del fideiussore (circa gli interessi moratori maturati dopo lo scioglimento del rapporto di conto corrente che restavano a carico del fideiussore, oltre il limite del massimale della garanzia); risultava dimostrata la pattuizione scritta degli interessi ultralegali pari al 18,50%.

Elisa e Ma.Gi. ricorrevano in cassazione con tre motivi. La Fi. Srl resisteva con controricorso.

Il primo motivo denunziava violazione degli artt. 1832, 1857, 2697, c.c., per omessa, contraddittoria o illogica motivazione, ed omesso esame di fatto decisivo, oggetto di discussione tra le parti, per aver la Corte d’appello ritenuto che non potesse essere attribuita ai calcoli dell’attore – fondati sugli estratti conto da lui compilati- nessuna valenza probatoria, avendo invece attribuito rilevanza probatoria agli estratti conto prodotti dalla banca, peraltro contestati dai ricorrenti e non inviati, ex art. 1832 c.c.

I ricorrenti lamentavano che, in ordine all’altro conto corrente, la banca non aveva prodotto gli estratti conto, ma solo prospetti privi degli elementi propri di tali estratti, mancando dunque ogni prova del preteso credito.

Il secondo motivo denunziava violazione degli artt. 1957, 1938, 1942 e 2740, c.c., per aver la Corte d’appello condannato il fideiussore ad una somma superiore a quella garantita, sul presupposto che ciò fosse legittimo, in quanto conseguente all’applicazione degli interessi moratori maturati dopo la chiusura del conto.

Il terzo motivo denunziava violazione degli artt. 112, c.p.c., 1815 c.c., 1 e 2, L. n. 108/96, 117 e 118 TUB, per aver la Corte territoriale accolto l’appello incidentale della banca non rilevando che gli interessi ultralegali pattuiti erano usurari, superando la soglia di legge indicata.

Con ordinanza dell’8.3.2022 la Corte di Cassazione dichiarava inammissibili i primi due motivi, ed accoglieva il terzo.

Elena e Ma.Gi. propongono ricorso per revocazione, ex art. 391 bis, c.p.c., avverso la sentenza della Cassazione del 2022, con due motivi, illustrati da memoria. Resiste la controparte con controricorso.

Inammissibile la revocazione delle sentenze della Cassazione per errore di fatto che attiene alla valutazione di atti sottoposti al controllo della Corte stessa

RITENUTO CHE

Il primo motivo lamenta l’errore di fatto in cui sarebbe incorsa questa Corte, in relazione alla decisione del primo motivo del ricorso per Cassazione, per avere la Corte dichiarato inammissibile la doglianza poiché, circa la questione della valenza probatoria dei conteggi prodotti dall’attore, non era stato illustrato sulla scorta di quali elementi specifici la sussunzione della fattispecie concreta, fondata su detti conteggi, nelle norme invocate, avrebbe dovuto essere diversamente compiuta in relazione al contratto di conto corrente. Il vizio di sussunzione denunciato era rimasto, pertanto, del tutto generico. Per altro verso, questa Corte rilevava che dagli atti processuali non era dato desumere se le doglianze espresse, con il medesimo primo motivo, fossero state espressamente devolute al giudice d’appello.

Il secondo motivo deduce l’errore di fatto relativo alla dichiarata inammissibilità del secondo motivo del ricorso, nella parte in cui la Cassazione aveva rilevato, sulla scorta dell’esame degli atti, la mancata specifica contestazione del principio di diritto applicato in sede di gravame – ex Cass. n. 12263/15 – e dell’accertamento sulla consistenza dell’importo al cui pagamento la garante era stata condannata.

Inammissibile la revocazione delle sentenze della Cassazione per errore di fatto che attiene alla valutazione di atti sottoposti al controllo della Corte stessa

I ricorrenti assumono dunque che la decisione impugnata sia stata adottata sull’errata supposizione di fatti la cui verità era incontrastabilmente esclusa dagli atti di giudizio.

I due motivi, esaminabili congiuntamente poiché tra loro connessi, sono inammissibili.

Invero, non sono suscettibili di revocazione le sentenze della Corte di Cassazione per le quali si deduca come errore di fatto un errore che attiene alla valutazione di atti sottoposti al controllo della Corte stessa – atti che, come tali, essa abbia dovuto necessariamente percepire nel loro significato e nella loro consistenza – poiché un tale errore può risolversi al più in un inesatto apprezzamento delle risultanze processuali, in ogni caso qualificabile come errore di giudizio (Cass. 5326/2023; Cass. 4859/1998).

Nella medesima prospettiva, si è affermato che, in tema di revocazione delle sentenze della Corte di cassazione, la configurabilità dell’errore revocatorio di cui all’art. 391 bis c.p.c. presuppone un errore di fatto, che si configura ove la decisione sia fondata sull’affermazione di esistenza od inesistenza di un fatto che la realtà processuale induce ad escludere o ad affermare, non anche quando la decisione della Corte sia conseguenza di una pretesa errata valutazione od interpretazione delle risultanze processuali, essendo esclusa dall’area degli errori revocatori la sindacabilità di errori di giudizio formatisi sulla base di una valutazione (Cass. 10040/2022; S.U. 8984/2018).

Nella specie, i due motivi denunciano un inesatto apprezzamento delle risultanze processuali, peraltro insussistente, esorbitando dalla prospettiva dell’errore revocatorio. Invero, il primo motivo adduce l’errata supposizione di un fatto, che consisterebbe nella ritenuta – da parte di questa Corte – mancata illustrazione degli specifici elementi sulla cui scorta la Corte di Cassazione avrebbe dovuto riscontrare il vizio di violazione di legge posto a sostegno del ricorso avverso la sentenza di secondo grado. Tale doglianza non afferisce, in realtà, ad una svista in cui sarebbe incorsa la Corte, sebbene ad una diversa qualificazione giuridica di documenti prodotti nel corso del giudizio di merito. Ed in ordine a tale dedotta violazione di legge, la Corte ha ritenuto, con apprezzamento insindacabile in questa sede, la genericità della doglianza.

Il secondo motivo attinge la questione del calcolo degli interessi gravanti sul fideiussore, ed anche a tal proposito deve ritenersi del tutto esclusa dall’ambito del vizio revocatorio la questione della mancata contestazione del principio di diritto in ordine all’art. 2740 c.c. nonché della consistenza dell’importo al quale la garante è stata condannata. Conclusioni alle quali la sentenza impugnata è pervenuta – non già per una mera svista – bensì sulla base della valutazione degli atti. E’, per vero, evidente che anche in questo caso si censura la valutazione di atti del giudizio di legittimità, non un errore di fatto dovuto ad una mera svista.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

Inammissibile la revocazione delle sentenze della Cassazione per errore di fatto che attiene alla valutazione di atti sottoposti al controllo della Corte stessa

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso, e condanna i ricorrenti al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio che liquida nella somma di Euro 2.600,00 di cui 200,00 per esborsi, oltre alla maggiorazione del 15% per rimborso forfettario delle spese generali, iva ed accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n.115/02, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, ove dovuto.

Così deciso nella camera di consiglio della 1 sezione civile del 13 marzo 2024.

Depositato in Cancelleria il 21 maggio 2024.

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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