Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|16 novembre 2020| n. 25845.

In merito all’obiettività dell’inadempimento rilevante ai sensi dell’articolo 1455 c.c., non è comprensibile il riferimento ad una “non linearità'” del comportamento circa l’ingresso nel leasing, rinviando la “non linearità'” ad una situazione di opacità’. Il giudizio di inadempimento postula chiarezza ed obiettività dell’inottemperanza all’impegno contrattuale. Per questa ragione, la motivazione non appare comprensibile ed è al di sotto del minimo costituzionale.

Ordinanza|16 novembre 2020| n. 25845

Data udienza 9 settembre 2020

Integrale

Tag/parola chiave: Compravendita di imbarcazione – Pagamento del prezzo – Cessione del contratto di leasing – Mancato pagamento delle rate – Omessa esecuzione dei lavori per l’imbarcazione – Inadempimento contrattuale – Responsabilità civile – Risoluzione del contratto – Risarcimento danni – Articolo 2932 cc – Esecuzione in forma specifica – Presupposti – Articoli 1218 e 1223 cc – Elementi probatori – Valutazione del giudice di merito – Articoli 1219 e 1224 cc – Criteri – Articoli 2043 e 2697 cc – Onere della prova – Articoli 1455 e 1460 cc

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente

Dott. SCODITTI ENRICO – rel. Consigliere

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 36258-2018 proposto da:
(OMISSIS), domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso CORTE DI CASSAZIONE e rappresentato e difeso dall’avv. (OMISSIS);
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS) SPA, (GIA’ (OMISSIS) SPA), domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso CORTE DI CASSAZIONE e rappresentato e difeso dall’avv. (OMISSIS);
– controricorrente –
e contro
(OMISSIS) SRL IN LIQUIDAZIONE, (GIA’ (OMISSIS) SRL), elettivamente domiciliato in (OMISSIS) presso lo studio dell’avv. (OMISSIS) e rappresentata e difesa dall’avv. (OMISSIS);
– controricorrente –
Nonche’ da:
(OMISSIS) SRL IN LIQUIDAZIONE, (GIA’ (OMISSIS) SRL), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente incidentale –
e contro
(OMISSIS), (OMISSIS) SPA (GIA’ (OMISSIS) SPA);
– intimati –
avverso la sentenza n. 3899/2018 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 09/09/2020 dal Consigliere Dott. ENRICO SCODITTI.

RILEVATO

che:
(OMISSIS) convenne in giudizio innanzi al Tribunale di Napoli (OMISSIS) s.r.l. (poi (OMISSIS) s.r.l. in liquidazione) e (OMISSIS) s.p.a. (poi (OMISSIS) s.p.a.). Espose l’attore che con contratto di data 5 luglio 2007 aveva convenuto con (OMISSIS) l’acquisto dell’imbarcazione (OMISSIS) per il prezzo cosi’ composto: Euro 25.000,00 a titolo di caparra; Euro 1.100.000,00 mediante la cessione del contratto di leasing stipulato quale utilizzatore con (OMISSIS) in data 4 giugno 2006 e relativo all’imbarcazione (OMISSIS) venduta al concedente dalla stessa (OMISSIS); pagamento del saldo di Euro 1.155.000,00 entro settembre 2007. Aggiunse che (OMISSIS) si era resa inadempiente sia in relazione ai lavori per l’imbarcazione che al pagamento delle rate del leasing a decorrere dal luglio 2008 (rate erroneamente corrisposte fino al novembre 2008 dai collaboratori del (OMISSIS)).
Chiese quindi: la risoluzione del contratto del 5 luglio 2007 per inadempimento di (OMISSIS), con condanna al risarcimento del danno pari ad Euro 70.000,00 per la locazione di altra imbarcazione; l’accertamento del subentro di (OMISSIS) nel contratto di leasing relativo all’imbarcazione (OMISSIS) ed in subordine di trasferire anche ai sensi dell’articolo 2932 c.c. la detta imbarcazione a (OMISSIS); la condanna di (OMISSIS) e (OMISSIS) s.p.a. in solido al pagamento della somma di Euro 73.702,91 quali canoni di leasing per il periodo luglio 2008 – novembre 2008; in subordine, la declaratoria di risoluzione per inadempimento di (OMISSIS) del contratto di trasferimento dell’imbarcazione (OMISSIS), con condanna al risarcimento del danno pari ad Euro 70.000,00 per la locazione di altra imbarcazione e di (OMISSIS) e (OMISSIS) s.p.a. in solido al pagamento della somma di Euro 73.702,91 quali canoni di leasing per il periodo luglio 2008 – novembre 2008, nonche’ la condanna di (OMISSIS) alla restituzione dell’imbarcazione (OMISSIS), ovvero il controvalore monetario, oltre l’ulteriore risarcimento del danno.
(OMISSIS) s.r.l. in liquidazione propose la seguente domanda riconvenzionale: declaratoria di risoluzione del contratto di data 5 luglio 2007 per inadempimento del (OMISSIS) con condanna al risarcimento del danno, fra cui Euro 64.038,00 per i costi sopportati per le lavorazioni richieste dal (OMISSIS) medesimo, ed alla restituzione dei canoni corrisposti da (OMISSIS) a (OMISSIS) per conto del (OMISSIS) in relazione alla locazione finanziaria dell’imbarcazione (OMISSIS) per l’importo di Euro 140.451,30.
Il Tribunale adito, in parziale accoglimento della domanda riconvenzionale, dichiaro’ la risoluzione del contratto del 5 luglio 2007 relativo all’imbarcazione (OMISSIS), condannando il (OMISSIS) al pagamento della complessiva somma di Euro 204.322,68 (di cui Euro 63.871,23 per le spese sostenute per gli interventi richiesti dal (OMISSIS)), e, in parziale accoglimento della domanda proposta dal (OMISSIS), condanno’ (OMISSIS) alla restituzione dell’imbarcazione (OMISSIS).
Avverso detta sentenza proposero appello principale (OMISSIS) e appello incidentale il (OMISSIS). Con sentenza di data 2 agosto 2018 la Corte d’appello di Napoli, in parziale accoglimento dell’appello incidentale, dichiaro’ la risoluzione del contratto del 5 luglio 2007 per inadempimento di (OMISSIS), rigetto’ la domanda di condanna al pagamento della somma di Euro 63.871,23 e condanno’ (OMISSIS) al pagamento della somma di Euro 73.702,91; in parziale accoglimento dell’appello principale, rigetto’ la domanda di restituzione dell’imbarcazione (OMISSIS).
Muovendo dall’appello incidentale, osservo’ la corte territoriale, premesso che l’articolo 18 del contratto del 4 giugno 2006 prevedeva che l’utilizzatore non poteva sublocare o comunque cedere in godimento a terzi l’unita’ da diporto in mancanza del consenso scritto del concedente, che, sulla base della missiva del 29 ottobre 2007 di (OMISSIS) e del documento intitolato “appendice per risoluzione consensuale” (che prevedeva che, stante il mancato consenso di utilizzatore e nuovo utilizzatore alla cessione del contratto, il concedente su richiesta del nuovo utilizzatore avrebbe dovuto stipulare una nuova locazione finanziaria), doveva ritenersi che la disponibilita’ di (OMISSIS) a consentire il “riscatto anticipato del contratto” era da intendere non come subentro nel contratto, ma come stipulazione di nuovo contratto con (OMISSIS) mediante la manifestazione espressa e formale di tutte e tre le parti senza possibilita’ di conclusione per facta condudentia (l’articolo 18 del contratto del 2006 prevedeva che ogni modifica fosse valida solo se risultante da atto scritto). Aggiunse che, alla luce della domanda del (OMISSIS) di risoluzione del contratto del 2007, (OMISSIS) non poteva restare vincolata al leasing avente ad oggetto l’imbarcazione (OMISSIS) perche’ l’assunzione di tale leasing era parte del prezzo del contratto del 2007, per cui i passaggi delle imbarcazioni costituivano l’oggetto di un’operazione globalmente intesa, sicche’ le domande proposte sul presupposto del subentro di (OMISSIS) nel contratto non potevano trovare accoglimento. Osservo’ ancora, con riferimento alla domanda di risoluzione del contratto del 5 luglio 2007 (la domanda di risoluzione del contratto del 2006 per inadempimento di (OMISSIS) era da disattendere essendo questa terza rispetto a tale contratto), che da una parte l’assunzione del leasing di (OMISSIS) era stata differita alla consegna del natante (sul documento “proposta” compariva la dicitura “consegna aprile”), mentre inattendibili per la qualita’ dei testi erano le testimonianze secondo cui sarebbe stato differito anche l’ingresso nel leasing dell’imbarcazione (OMISSIS), dichiarazioni testimoniali in contrasto con la corrispondenza intercorsa fra il (OMISSIS) e (OMISSIS) in base alla quale vi sarebbe stato il subentro di (OMISSIS) nel leasing e nel pagamento dei canoni; dall’altra parte, (OMISSIS), che aveva ricevuto la consegna dell’altra barca, aveva mantenuto un atteggiamento non lineare circa l’ingresso nel leasing dell’imbarcazione (OMISSIS), non avendo provato, e si trattava dell’aspetto piu’ importante, di avere correttamente adempiuto all’obbligo di eseguire i lavori richiesti dal (OMISSIS) e che la barca fosse pronta per la consegna (mentre non incidente era la mancata corresponsione da parte del (OMISSIS) della caparra di Euro 25.000,00, tenuto conto dell’importo complessivo di oltre Euro 2.000.000,00 dell’intera operazione e del comportamento successivo di (OMISSIS)), sicche’ doveva essere disposta la risoluzione del contratto del 2007 per il grave inadempimento di (OMISSIS), da cui anche il rigetto della domanda proposta da quest’ultima di pagamento della somma di Euro 63.871,23 per i costi sopportati per le lavorazioni richieste.
Aggiunse, con riferimento invece all’importo di Euro 140.451,30, che infondato era l’argomento, sostenuto dall’appellante incidentale (benche’ nelle conclusioni dell’appello mancasse il riferimento alla riforma della relativa statuizione di primo grado), dell’adempimento di obbligazione naturale irripetibile, in quanto il pagamento dei canoni da parte di (OMISSIS) per il periodo ottobre 2007 – luglio 2008 aveva trovato causa nel contratto del 5 luglio 2007, quand’anche in assenza della formalizzazione della titolarita’ della locazione finanziaria in capo a (OMISSIS), per cui il motivo non poteva essere accolto, mentre fondata era la parte del motivo di appello relativa alla restituzione della somma di Euro 73.702,91, non essendo controverso l’avvenuto pagamento da parte del (OMISSIS) dei canoni dal luglio 2008, dopo che (OMISSIS) aveva cessato di provvedere al relativo pagamento, ed essendo stata quest’ultima di fatto l’utilizzatrice dell’imbarcazione dal settembre 2007 (epoca della consegna ad essa dell’imbarcazione), senza aver provato di avere offerto in restituzione la barca al (OMISSIS), con versamento pero’ del corrispettivo da parte del (OMISSIS) medesimo.
Passando all’appello principale, e valutando congiuntamente le ulteriori istanze dell’appello incidentale, osservo’ che l’istanza risarcitoria per il mancato guadagno risultava assorbita dalla risoluzione del contratto per inadempimento di (OMISSIS) e che il motivo di appello era anche inammissibile non avendo l’appellante illustrato nell’atto di appello quali fossero il contenuto e le risultanze probatorie ricavabili dalla documentazione che il Tribunale avrebbe erroneamente ritenuto di non utilizzare per il disconoscimento tempestivo della conformita’ della copia all’originale. Aggiunse che, come dedotto dall’appellante principale, il (OMISSIS) non aveva titolo ad ottenere la restituzione dell’imbarcazione, ovvero del suo controvalore, giacche’ della stessa non era proprietario e per la stessa aveva cessato ogni pagamento del canone di leasing diversi anni prima della scadenza del contratto.
Ha proposto ricorso per cassazione (OMISSIS) sulla base di quattro motivi e resistono con distinti controricorsi le parti intimate. (OMISSIS) s.r.l. in liquidazione ha altresi’ proposto ricorso incidentale sulla base di quattro motivi. E’ stato fissato il ricorso in camera di consiglio ai sensi dell’articolo 380 bis.1 c.p.c.. E’ stata presentata memoria.

CONSIDERATO

che:
muovendo dal ricorso principale, con il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli articoli 1362, 1363, 1366, 1369, 1370, 1406, 1407, 1408 e 2697 c.c., articoli 115 e 116 c.p.c. e articolo 74 att. c.p.c., ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Espone la parte ricorrente in via principale che, come si evince dalle missive inviate dal (OMISSIS) e dal messaggio di posta elettronica del 18 febbraio 2008 di (OMISSIS) (con cui si trasmetteva la modulistica contrattuale non perfezionata all’epoca del subentro che aveva generato il disguido, con richiesta di sottoscrizione ed invio di copia a (OMISSIS)), il (OMISSIS) aveva ceduto a (OMISSIS) il contratto di leasing, non essendosi formalizzato l’accordo per un disguido tecnico di (OMISSIS) che pero’ aveva prestato il proprio consenso, e che dopo la consegna dell’imbarcazione (OMISSIS) (OMISSIS) aveva di fatto pagato le rate della locazione. Osserva quindi che, in violazione del canone ermeneutico della comune intenzione delle parti, senza esaminare i documenti sopra richiamati, la corte territoriale ha limitato il campo di indagine al documento intitolato “appendice per la risoluzione consensuale del contratto di locazione finanziaria”, mentre invece avrebbe dovuto valutare anche il comportamento tenuto dalle parti successivamente alla conclusione del contratto, ed in particolare la consegna dell’imbarcazione (OMISSIS) ed il pagamento dei canoni. Aggiunge che appariva piu’ logico e congruo interpretare il contratto nel senso della cessione di leasing, anziche’ come risoluzione e nuova stipulazione, cosi’ violandosi gli articoli 1366 e 1369, e che, per un verso per la cessione del contratto e’ sufficiente il consenso (anche mediante comportamento tacito) del contraente ceduto (nella specie intervenuto, come da messaggio di posta elettronica del 18 febbraio 2008), per l’altro ai sensi dell’articolo 18 del contratto non e’ richiesto alcun obbligo di formalizzazione della cessione fra tutte le parti.
Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli articoli 1453 e 1458 c.c., ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva la parte ricorrente in via gradata che il giudice di appello ha erroneamente ritenuto che la domanda di risoluzione della compravendita dell’imbarcazione (OMISSIS) avesse posto nel nulla la cessione del leasing perche’ il (OMISSIS) aveva domandato la risoluzione parziale della compravendita avente ad oggetto l’imbarcazione (OMISSIS), per l’omessa consegna nei termini, e l’adempimento della parte del contratto relativa al subentro di (OMISSIS) nel contratto di leasing, con la liberazione del (OMISSIS) da ogni obbligazione, e la risoluzione parziale e’ consentita anche in presenza di contratto ad esecuzione istantanea ove l’oggetto del contratto sia composto da piu’ cose aventi una propria individualita’ (e la cessione del leasing mantiene una propria individualita’ rispetto alla compravendita). Aggiunge che intrinsecamente contraddittoria e’ la decisione, da una parte nell’intendere risolto, con la risoluzione della compravendita dell’imbarcazione (OMISSIS), anche il subentro di (OMISSIS) nel leasing, e dall’altra nel riformare la statuizione di restituzione dell’imbarcazione (OMISSIS) consegnata a titolo di acconto del prezzo.
Con il terzo motivo si denuncia nullita’ della sentenza in relazione all’articolo 113 e articolo 132 c.p.c., n. 4, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4. Osserva la parte ricorrente che il giudice di appello non ha accolto l’istanza di riforma della statuizione di condanna del (OMISSIS) al versamento della somma di Euro 140.451,30, reputando non qualificabile quale adempimento irripetibile di obbligazione naturale il pagamento, ma in violazione del principio iura novit curia ha omesso di fornire una diversa qualificazione giuridica del fatto. Aggiunge che la decisione impugnata ha tratto dal medesimo fatto storico due conseguenze opposte, rendendo non comprensibile l’iter logico seguito, perche’, disposta la risoluzione del contratto per inadempimento di (OMISSIS), ha ritenuto sussistente il diritto del (OMISSIS) alla restituzione dei canoni versati allorquando (OMISSIS) era effettiva utilizzatrice dell’imbarcazione, ma non ha riformato la statuizione di condanna del (OMISSIS) al pagamento della somma di Euro 140.451,30 per i canoni corrisposti da (OMISSIS) quando questa era sempre utilizzatrice dell’imbarcazione.
Con il quarto motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli articoli 1458 e 2033 c.c., ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva la parte ricorrente, con riferimento al mancato accoglimento della domanda di restituzione dell’imbarcazione, in primo luogo che si trattava di domanda proposta in via subordinata per l’ipotesi di mancato accertamento del subentro di (OMISSIS) nel contratto di leasing, sicche’ per questo aspetto la decisione e’ viziata; in secondo luogo che, a seguito della risoluzione del contratto per il quale a (OMISSIS) era stata consegnata l’imbarcazione dal (OMISSIS), doveva essere restituito il bene a quest’ultimo in forza dell’efficacia retroattiva della risoluzione; in terzo luogo che, non potendo essere restituito il bene, spettava il controvalore.
Passando al ricorso incidentale, con il primo motivo si denuncia violazione dell’articolo 1372 c.c. o dell’articolo 1218 c.c., 1223 c.c. e sgg., articoli 2697, 1219 e 1224 c.c. o degli articoli 2043 e 2697 c.c., ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva la parte ricorrente in via incidentale, con riferimento alla condanna al pagamento della somma di Euro 73.702,91, che tale pagamento trovava titolo nel contratto di locazione finanziaria stipulata fra il (OMISSIS) e (OMISSIS), contratto non venuto meno per effetto della risoluzione della compravendita del (OMISSIS), e rispetto al quale (OMISSIS), non diventata cessionaria del medesimo come accertato dal giudice di merito, era soggetto terzo, mentre i canoni erano stati corrisposti dal (OMISSIS) a causa di un’obbligazione propria. Aggiunge che il (OMISSIS) era stato consegnato dal (OMISSIS) in esecuzione del contratto di compravendita di (OMISSIS), sicche’ la detenzione del bene trovava piena giustificazione causale, e che, stante la perdurante vigenza della locazione finanziaria del (OMISSIS), (OMISSIS) era comunque obbligato al versamento dei canoni, sicche’ il danno che avrebbe potuto lamentare poteva essere eventualmente quello del mancato godimento del bene, ma tale danno non era stato ne’ allegato, ne’ tanto meno provato (peraltro, ove ricondotta la pretesa di restituzione dei canoni alla responsabilita’ extracontrattuale, non erano stati allegati gli elementi di tale fattispecie).
Con il secondo motivo si denuncia violazione degli articoli 1218, 1375, 1455, 1460 e 2967 c.c., ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva la parte ricorrente che il giudice di appello non ha reputato rilevante la mancata corresponsione da parte del (OMISSIS) della caparra di Euro 25.000,00, mentre ha incomprensibilmente attribuito non scarsa importanza all’inadempimento per le lavorazioni richieste dal medesimo (OMISSIS) di importo pari a Euro 14.740,00 (come si evince dalla missiva di contestazione del (OMISSIS) e del preventivo del 2 ottobre 2007), omettendo inoltre di considerare sia che in accordo al dovere di eseguire il contratto secondo buona fede (OMISSIS) aveva eseguito i pagamenti del canone nell’interesse di (OMISSIS) per Euro 140.451,30 al fine di conservare la posizione contrattuale di questi, sia che le ulteriori lavorazioni richieste da quest’ultimo erano estranee all’originario sinallagma contrattuale. Aggiunge che la sentenza ha omesso di individuare correttamente il contenuto dell’obbligazione inadempiuta.
Con il terzo motivo si denuncia falsa applicazione degli articoli 115, 116 c.p.c. e articolo 132 c.p.c., n. 4, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4. Osserva la parte ricorrente che illogica e’ la motivazione della decisione nella parte in cui reputa inattendibili le testimonianze aventi ad oggetto un accordo verbale di differimento del subentro di (OMISSIS) nel leasing di (OMISSIS) alla consegna di (OMISSIS), in quanto inconferente rispetto a quanto da sempre allegato da (OMISSIS), e cioe’ che nonostante il differimento della consegna di (OMISSIS) (per l’esecuzione delle lavorazioni aggiuntive) la data per il passaggio delle imbarcazioni era rimasta ferma, ed in contrasto con le allegazioni del (OMISSIS), alla cui base vi era il supposto subentro nel leasing.
Con il quarto motivo, proposto come condizionato all’accoglimento del secondo e/o del terzo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione degli articoli 342, 214 e 215 c.p.c., ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4. Osserva la parte ricorrente che l’accoglimento di secondo e/o terzo motivo implica la cassazione anche della statuizione relativa al motivo di appello concernente il risarcimento del danno per mancato guadagno, in quanto assorbito dalla risoluzione per inadempimento di (OMISSIS), e che, quanto alla ritenuta inammissibilita’, non vi era violazione dell’articolo 342 c.p.c. perche’ nell’atto di appello era stato argomentato sul punto controverso rappresentato dalla tempestivita’ del disconoscimento. Aggiunge che circa il “contenuto e i risultati di prova che sostiene possano essere ricavati dalla documentazione” (OMISSIS) aveva sia pure sinteticamente argomentato alle pagine 10 e 11 dell’atto di appello e che tali documenti non richiedevano una particolare motivazione circa il loro significato probatorio, trattandosi di due distinte di bonifico e della fattura di acquisto del (OMISSIS) a dimostrazione dell’esborso sostenuto da (OMISSIS) per procurarsi il bene poi ceduto al (OMISSIS) con il contratto del 2007.
Muovendo dal ricorso principale, il primo motivo e’ inammissibile.
Va subito sottolineato che la censura di violazione dell’articolo 1362 c.c., sotto il profilo dell’erronea ricostruzione della “comune intenzione delle parti”, e’ esposta in modo inidoneo, in quanto (pag. 21 del ricorso), invece di spiegare quali elementi testuali del contratto, e comunque della documentazione esaminata nella motivazione, sarebbero stati considerati erroneamente ai fini della ricostruzione di quella comune volonta’, come sottende il criterio ermeneutico di cui a detta norma, in realta’ si duole dell’omesso esame dei documenti citati alle pagine 17-18. Ne segue che il motivo denuncia in primo luogo proprio l’omesso esame dei tali documenti, ma lo fa senza invocare il paradigma del vizio motivazionale e soprattutto, anche ad intendere che un tale vizio sia stato denunciato, senza indicare in quali termini nell’appello si era argomentato sulla base di essi. Sicche’, il motivo, pur apprezzato in parte qua alla stregua dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, non rispetterebbe comunque l’articolo 366 c.p.c., n. 6 (e peraltro non individuerebbe neanche il “fatto” basato sui documenti di cui si sarebbe omessa l’esame).
Quanto alla censura ai sensi dell’articolo 1362 c.c. rispetto al criterio del comportamento successivo delle parti, parimenti il motivo viola l’articolo 366 c.p.c., n. 6, dato che nelle ultime otto righe della pagina 21 e nelle prime due della pagina 22 non indica dove e come i fatti indicati erano stati introdotti e soprattutto dove e come lo erano stati con l’appello. Consegue il venir meno della denunciata violazione degli articoli 1366 e 1369.
Ad ogni buon conto, preme rammentare che l’interpretazione di un atto negoziale e’ tipico accertamento in fatto riservato al giudice di merito, incensurabile in sede di legittimita’, se non nell’ipotesi di violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale, di cui agli articoli 1362 c.c. e ss. o di vizio motivazionale. Pertanto onde far valere una violazione sotto il primo profilo, occorre non solo fare puntuale riferimento alle regole legali d’interpretazione, mediante specifica indicazione dei canoni asseritamente violati ed ai principi in esse contenuti, ma occorre, altresi’, precisare in qual modo e con quali considerazioni il giudice del merito se ne sia discostato; con l’ulteriore conseguenza dell’inammissibilita’ del motivo di ricorso che si fondi sull’asserita violazione delle norme ermeneutiche o del vizio di motivazione e si risolva, in realta’, nella proposta di una interpretazione diversa (fra le tante Cass. 26 ottobre 2007, n. 22536).
Che la censura attinga il risultato interpretativo e’ evidente nella parte del motivo in cui il ricorrente propone un’interpretazione del contratto a suo dire piu’ logica e congrua di quella assunta dal giudice di appello, o quando mira ad offrire l’interpretazione reputata corretta dell’articolo 18 del contratto (ininfluente e’ poi il richiamo alla disciplina legale della cessione del contratto, essendo qui in questione quella convenzionale, con particolare riferimento alle modalita’ di conclusione della cessione). Al richiamo poi del criterio della comune intenzione delle parti non si accompagna la specifica indicazione delle modalita’ mediante cui il giudice di merito si sarebbe discostato dal detto criterio, ma il mero rilievo che il giudice di appello si sarebbe limitato a valutare il documento intitolato “appendice per la risoluzione consensuale del contratto di locazione finanziaria” e non avrebbe esaminato anche le missive inviate dal (OMISSIS) (indicate nel motivo), nonche’ il messaggio di posta elettronica del 18 febbraio 2008 di (OMISSIS). Trattasi di circostanze, unitamente alle ulteriori richiamate (la consegna dell’imbarcazione (OMISSIS) ed il pagamento dei canoni), che nella prospettazione del ricorrente avvalorerebbero la tesi della cessione, anziche’ quella della stipulazione di un nuovo contratto di leasing, ma in tal modo resta confermato che cio’ che il ricorrente ha di mira non e’ la denuncia della violazione della norma di diritto, ma la giustapposizione alla decisione del giudice di merito di un diverso risultato interpretativo.
Il secondo motivo e’ inammissibile. La censura e’ fondata su una domanda di risoluzione parziale del contratto, ma il ricorrente omette di specificare, in violazione dell’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6 se, ed eventualmente in quale sede processuale, tale domanda sia stata proposta (esigenza tanto piu’ avvertita ove si consideri che nell’esposizione delle conclusioni in primo grado di una siffatta domanda non vi e’ traccia).
E’ appena il caso di aggiungere che della risoluzione parziale, alla stregua della giurisprudenza di questa Corte, non si ravvisano i presupposti.
La risoluzione parziale del contratto, esplicitamente prevista dall’articolo 1458 c.c. per i contratti ad esecuzione continuata o periodica, e’ possibile anche per il contratto ad esecuzione istantanea, quando il relativo oggetto sia rappresentato – secondo la valutazione del giudice di merito, censurabile in sede di legittimita’ solo per violazione di legge o vizi logici – non da un’unica cosa infrazionabile, ma da piu’ cose aventi propria individualita’, quando, cioe’, ciascuna di queste, separata dal tutto, mantenga un’autonomia economico-funzionale, che la renda definibile come bene a se’, suscettibile di diritti o di negoziazione distinti (Cass. 2 luglio 2013, n. 16556). La valutazione del giudice di merito, nel caso di specie, e’ di unicita’ dell’oggetto (imbarcazione (OMISSIS)Dolcevita(OMISSIS) contro prezzo, del quale la situazione soggettiva di utilizzatore nel leasing dell’imbarcazione (OMISSIS) e’ una componente – in quanto tale non scindibile dal prezzo complessivo).
Per il resto il motivo denuncia una contraddittorieta’ della decisione senza fornire supporto argomentativo e pertanto trattasi di censura priva di specificita’.
Il terzo motivo e’ inammissibile. Il motivo si articola in due sub-motivi: con il primo sub-motivo si denuncia l’omessa qualificazione giuridica della fattispecie, una volta escluso che il pagamento della somma di Euro 140.451,30 da parte di (OMISSIS) fosse qualificabile quale adempimento irripetibile di obbligazione naturale; con il secondo sub-motivo si denuncia l’intrinseca contraddittorieta’ della motivazione, e dunque il suo carattere apparente, per avere, sulla base del medesimo presupposto (l’utilizzazione di fatto dell’imbarcazione da parte di (OMISSIS)), da una parte riconosciuto il diritto di (OMISSIS) al rimborso dei canoni corrisposti, dall’altra riconosciuto il diritto del (OMISSIS) al rimborso dei canoni da lui versati.
Il motivo sconta innanzitutto il mancato rispetto dell’onere di cui all’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6 per non avere indicato il ricorrente lo specifico contenuto del motivo di appello. Il ricorrente si e’ limitato a rinviare alla motivazione della sentenza impugnata (provvedendo alla trascrizione della relativa parte rilevante), ma non ha dato contezza di quale fosse l’effettivo (e specifico) contenuto del motivo di appello. Il mancato assolvimento dell’onere processuale incide su entrambe le censure. A proposito della seconda censura, in particolare, non permette di dare rilevanza alla denunciata contraddittorieta’ di motivazione perche’, stante il principio di specificita’ dei motivi di appello, dovere della corte territoriale era provvedere sul motivo di appello nei limiti in cui lo stesso era stato articolato, sicche’, una volta escluso che di pagamento irripetibile si trattasse, null’altro avrebbe potuto pronunciare il giudice di appello (in mancanza di ulteriori censure, delle quali, per il mancato assolvimento dell’onere di cui all’articolo 366, comma 1, n. 6 non si ha contezza) e doveva quindi limitarsi a rigettare il motivo.
In secondo luogo vi e’ un altro profilo di inammissibilita’ che attinge il primo sub-motivo. La censura in termini di mancata qualificazione del rapporto giuridico relativo al pagamento in discorso non coglie la ratio decidendi, ed e’ pertanto priva di decisivita’, perche’ secondo la valutazione del giudice di merito fondamento causale del pagamento dei canoni da parte di (OMISSIS) per il periodo ottobre 2007 – luglio 2008 e’ il contratto del 5 luglio 2007.
Il quarto motivo e’ inammissibile. La censura in termini di vizio della sentenza per la mancata considerazione del carattere subordinato della domanda di restituzione non e’ comprensibile ed e’ dunque inidonea a raggiungere lo scopo della critica della decisione. Per il resto la censura, anche nel riferimento al controvalore, in primo luogo non fornisce una chiara indicazione del motivo di appello e a monte dei termini in cui la questione con esso prospettata era sub iudice, con conseguente violazione dell’articolo 366 c.p.c., n. 6.
In secondo luogo la censura non coglie la ratio decidendi ed e’ percio’ priva di decisivita’ perche’, rispetto alla questione della retroattivita’ degli effetti della risoluzione, il giudice di merito ha fatto valere la circostanza della cessazione di ogni pagamento del canone di leasing diversi anni prima della scadenza del contratto, intendendo cosi’ affermare che era venuto meno il titolo di utilizzatore in base al quale il bene sarebbe stato posseduto prima della consegna a (OMISSIS), a parte il difetto della qualita’ di proprietario. In definitiva il motivo viola il principio di necessaria specificita’ del motivo (Cass., Sez. Un., n. 7074 del 2017, che ribadisce – in motivazione non massimata – il consolidato principio di diritto di cui a Cass. n. 4741 del 2055 e numerose conformi), in quanto non si preoccupa di svolgere una specifica critica alla motivazione facendosi carico dei suoi passaggi.
Passando al ricorso incidentale, il primo motivo e’ inammissibile. La censura verte sul principio di relativita’ degli effetti negoziali, per cui (OMISSIS) non poteva rispondere di un’obbligazione (il pagamento dei canoni al concedente) derivante da un contratto stipulato dal (OMISSIS). Aggiunge la ricorrente che non risulta neanche allegato dalla controparte un danno da mancato godimento del bene (neanche sotto il profilo extracontrattuale).
La censura non coglie la ratio decidendi ed e’ pertanto priva di decisivita’. Non e’ in discussione secondo la decisione impugnata che l’obbligazione di pagamento dei canoni del leasing ricadesse sul (OMISSIS). Cio’ a cui la corte territoriale ha dato rilievo e’ la circostanza che a partire da una certa epoca (OMISSIS) era rimasta nel possesso dell’imbarcazione, pur “non avendo essa alcun titolo al godimento del bene”, e che, cio’ nonostante, il corrispettivo dell’utilizzazione e’ stato pagato dal (OMISSIS). Viene cosi’ in rilievo, secondo il giudice di merito, il rapporto interno fra il (OMISSIS) e (OMISSIS), caratterizzato da un ingiustificato arricchimento, in base al quale da una parte la seconda avrebbe utilizzato il bene pur non avendo titolo al godimento, dall’altra il primo avrebbe sopportato il costo di tale utilizzazione. Tale ratio decidendi, cui e’ estraneo anche il riferimento alla fattispecie risarcitoria di carattere aquiliano, non risulta incisa dalla pur diffusa argomentazione della ricorrente. La denuncia della violazione del principio di relativita’ degli effetti negoziale, ed il riferimento alla mancata allegazione di un danno da mancato godimento, lasciano in vigore il fondamento della decisione rappresentato dal rapporto interno connotato, secondo il giudice di merito, da un ingiustificato arricchimento.
Il secondo motivo e’ fondato per quanto di ragione. Va rammentato che nei contratti con prestazioni corrispettive, ai fini della pronuncia di risoluzione per inadempimento in caso di inadempienze reciproche e’ necessario far luogo ad un giudizio di comparazione in ordine al comportamento di ambo le parti, al fine di stabilire quale di esse, in relazione ai rispettivi interessi ed all’oggettiva entita’ degli inadempimenti, si sia resa responsabile delle violazioni maggiormente rilevanti e causa del comportamento della controparte e della conseguente alterazione del sinallagma; tale accertamento e’ riservato al giudice di merito ed e’ incensurabile in sede di legittimita’ se immune da vizi motivazionali (fra le tante Cass. 8 giugno 2006, n. 13365).
La rubrica del motivo e’ formulata nei termini della denuncia di violazione di norma di diritto ed in tali termini la censura sarebbe inammissibile, in quanto muove da presupposti di fatto non accertati dal giudice di merito e non suscettibili di indagine come tali nella presente sede di legittimita’. Va tuttavia considerato che cio’ di cui al fondo la ricorrente si duole, come si evince da un passaggio del motivo di censura, e’ che la sentenza ha omesso di individuare correttamente il contenuto dell’obbligazione inadempiuta. Ed invero alla base dell’inadempimento di (OMISSIS), reputato prevalente dal giudice di merito rispetto a quello della controparte, vi sarebbero l’avere mantenuto un “comportamento non lineare” circa l’ingresso nel leasing dell’imbarcazione (OMISSIS) e la mancata prova soprattutto del corretto adempimento dell’obbligo di esecuzione dei lavori richiesti dal (OMISSIS) e che la barca fosse pronta per la consegna. I tre profili concorrono all’integrazione dell’inadempimento, reputato come si e’ detto prevalente nel rapporto fra reciproche inadempienze, sicche’ venendo meno l’un profilo, l’intero giudizio di inadempimento perde fondamento.
Avuto riguardo all’obiettivita’ dell’inadempimento rilevante ai sensi dell’articolo 1455 c.c., non comprensibile e’ il riferimento ad una “non linearita’” del comportamento circa l’ingresso nel leasing, rinviando la “non linearita’” ad una situazione di opacita’, mentre il giudizio di inadempimento postula chiarezza ed obiettivita’ dell’inottemperanza all’impegno contrattuale. Per tale aspetto la motivazione non appare comprensibile ed e’ al di sotto del minimo costituzionale, integrando cosi’ la violazione dell’articolo 132 c.p.c., n. 4 (e potendosi cosi’ qualificare la censura sopra richiamata).
Peraltro, anche sugli altri profili dell’inadempimento (quelli dal giudice di appello reputati piu’ significativi) la motivazione e’ suscettibile di essere considerata viziata, stavolta sotto il profilo dell’articolo 360, comma 1, n. 5. La censura in esame puo’ infatti essere qualificata anche alla luce di tale ulteriore profilo. La parte ricorrente ha specificatamente indicato le circostanze di fatto relative al valore delle lavorazioni rispetto alle quali e’ stato accertato l’inadempimento, assolvendo l’onere processuale di cui all’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6 mediante la specifica indicazione della sede di ingresso nel processo delle circostanze medesime (nel rispetto quindi di quanto prescritto da Cass. Sez. U. 7 aprile 2014, n. 8053). Fondando su tali circostanze la censura di violazione di norma di diritto, deve intendersi che abbia assunto la decisivita’ delle stesse. Ha quindi lamentato che il giudice di merito ha omesso di considerare il valore delle lavorazioni e la sua inferiorita’ rispetto alla caparra non corrisposta ai fini del giudizio di comparazione delle inadempienze. Alla stregua di tali rilievi la censura puo’ essere quindi qualificata, nella parte del motivo ulteriore a quella suscettibile di qualificazione in termini di motivazione apparente, come denuncia ai sensi dell’articolo 360, comma 1, n. 5 ed e’ meritevole di accoglimento perche’, in effetti, il giudice di merito ha omesso di esaminare la circostanza del valore delle lavorazioni in discorso e dell’inferiorita’ del detto valore rispetto a quello della caparra.
Il terzo motivo e’ inammissibile. Alla luce della rubrica si intende che la censura sia stata proposta non nei termini del vizio motivazionale (peraltro lo sarebbe sulla base del parametro normativo non piu’ vigente), ma nei termini della carenza del requisito motivazionale. Va tuttavia rammentato che e’ denunciabile in cassazione l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in se’, purche’ il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali Cass. sez. U. 7 aprile 2014, n. 8053). La carenza di motivazione risulta denunciata avendo come riferimento un elemento esterno alla sentenza, e cioe’ le allegazioni delle parti, per cui trattasi di censura inammissibile.
Infine irrituale e’ il richiamo in rubrica agli articoli 115 e 116 c.p.c.. In tema di ricorso per cassazione, una censura relativa alla violazione e falsa applicazione degli articoli 115 e 116 c.p.c. non puo’ porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma solo se si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione (fra le tante da ultimo Cass. 17 gennaio 2019, n. 1229, e gia’ prima Cass. sez. U. n. 16598 del 2016, che ha ribadito – in motivazione non massimata – Cass. n. 11892 del 2016). E’ evidente che la censura non sia stata proposta in tali termini.
Il quarto motivo e’ inammissibile. Con riferimento alla censura relativa alla statuizione di merito, in base alla quale il giudice di appello ha fatto discendere dalla risoluzione del contratto per inadempimento di (OMISSIS) il mancato accoglimento del motivo di appello concernente il risarcimento del danno per mancato guadagno, la ricorrente e’ priva di interesse ad impugnare perche’, avendo la corte territoriale rilevato l’inammissibilita’ del motivo, si e’ spogliata della “potestas iudicandi” in relazione al merito della controversia (Cass. Sez. U. 20 febbraio 2007, n. 3840).
Quanto all’impugnazione della statuizione di inammissibilita’ del motivo di appello per la mancata illustrazione del contenuto e delle risultanze probatorie ricavabili dalla documentazione ritenuta inutilizzabile dal Tribunale per il disconoscimento della conformita’ della copia all’originale, in violazione dell’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6 la ricorrente non ha specificatamente indicato il contenuto del motivo di appello sul punto, essendosi limitata genericamente a rinviare alle pagine dell’atto di appello. Posto che in questione, alla stregua della ritenuta inammissibilita’, e’ la potenzialita’ probatoria della documentazione, la ricorrente non poteva limitarsi a richiamare le pagine dell’atto di appello ma doveva indicarne il contenuto evidenziando come da esso fosse ricavabile la precisa indicazione della potenzialita’ di cui si e’ detto. Ed invero, l’esercizio del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito, riconosciuto al giudice di legittimita’ ove sia denunciato un “error in procedendo”, presuppone comunque l’ammissibilita’ del motivo di censura, onde il ricorrente non e’ dispensato dall’onere di specificare (a pena, appunto, di inammissibilita’) il contenuto della critica mossa alla sentenza impugnata, indicando anche specificamente i fatti processuali alla base dell’errore denunciato. Costante e’ l’indirizzo di questa Corte nel senso che ove il ricorrente censuri la statuizione di inammissibilita’ di un motivo di appello, non puo’ limitarsi a rinviare all’atto di appello, ma deve riportarne il contenuto nella misura necessaria ad evidenziarne la pretesa ritualita’ (cfr. Cass. 20 settembre 2006, n. 20405; 29 settembre 2017, n. 22880). L’onere processuale non puo’ infine ritenersi assolto con l’odierna indicazione dei documenti, posto che cio’ che in gioco e’ la struttura del motivo di appello che la corte territoriale ha ritenuto inammissibile.
Poiche’ il ricorso principale e’ stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 e viene disatteso, sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, che ha aggiunto il comma 1 – quater al testo unico di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13 della sussistenza dei presupposti processuali dell’obbligo di versamento, da parte della parte ricorrente in via principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

accoglie il secondo motivo del ricorso incidentale, dichiarando per il resto inammissibili i ricorsi; cassa la sentenza in relazione al motivo accolto; rinvia alla Corte di appello di Napoli in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimita’.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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