In materia di responsabilità professionale per il notaio rogante

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|16 novembre 2020| n. 25865.

In materia di responsabilità professionale, il notaio rogante un contratto di mutuo ipotecario funzionalmente collegato a compravendita immobiliare è tenuto a compiere le visure ipotecarie e catastali allo scopo di individuare esattamente il bene e verificarne la libertà, ma non anche a rendere informazioni in merito alla convenienza economica dell’operazione negoziale e, quindi, ad accertare la ragionevole possibilità per l’istituto di credito di soddisfarsi, in sede di espropriazione del bene ipotecato, a fronte dell’inadempimento del mutuatario. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto esente da critiche la sentenza che aveva escluso la responsabilità del notaio per non aver accertato, con una propria perizia, l’effettiva consistenza dell’immobile – di un solo vano, anziché di tre – e, conseguentemente, il suo valore, insufficiente a garantire il credito della banca).

Ordinanza|16 novembre 2020| n. 25865

Data udienza 14 settembre 2020

Integrale

Tag/parola chiave: Responsabilità professionale – Notaio – Risarcimento danni – Presupposti – Articoli 1175 e 1176 cc – Nesso di causalità – Elementi probatori – Valutazione del giudice di merito – Articoli 1218 e 1227 cc – Criteri – Legge 53 del 1994 – Notifica a mezzo pec – Motivazione del giudice di merito

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente

Dott. CIRILLO Francesco Maria – rel. Consigliere

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere

Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 26401-2018 proposto da:
(OMISSIS) S.P.A., elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
e contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio del prof. avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
e contro
(OMISSIS);
– intimato –
avverso la sentenza n. 1060/2018 della CORTE D’APPELLO di BARI, depositata il 15/06/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14/09/2020 dal Consigliere Dott. FRANCESCO MARIA CIRILLO.

FATTI DI CAUSA

1. La (OMISSIS) ( (OMISSIS)) convenne in giudizio il notaio (OMISSIS), davanti al Tribunale di Bari, chiedendo che fosse condannata al risarcimento dei danni, a titolo di responsabilita’ professionale, per non avere correttamente eseguito, in relazione alla stipulazione di un contratto di compravendita immobiliare con annesso contratto di mutuo ipotecario, la ricognizione del bene immobile in oggetto, inducendo in tal modo in errore la Banca circa l’effettivo valore della garanzia costituita dall’immobile stesso.
Si costitui’ in giudizio la convenuta, chiedendo il rigetto della domanda sul rilievo che nessun rapporto contrattuale era intercorso tra lei e la Banca; chiese altresi’ la professionista di poter chiamare in garanzia la propria societa’ di assicurazione, cioe’ i (OMISSIS), e il geom. (OMISSIS) il quale, qualificandosi come tecnico di fiducia delle parti, le aveva fornito documentazione utilizzata ai fini della stipula.
La societa’ di assicurazioni a sua volta si costitui’, chiedendo pure il rigetto della domanda, mentre il (OMISSIS) rimase contumace.
All’esito dell’istruttoria, il Tribunale rigetto’ la domanda, sul rilievo che il notaio non era tenuto all’accertamento della consistenza economica del bene da ipotecare, accertamento che solitamente le banche compiono per proprio conto e per finalita’ di interesse diretto. Aggiunse, poi, che la (OMISSIS) si era nella specie volontariamente affidata alla documentazione consegnata al notaio per la stipula, in tal modo interrompendo il nesso di causalita’ tra l’omesso accertamento e il danno economico subito; il che era dimostrato anche dal fatto che la stessa Banca attrice aveva dedotto il minor valore del bene solo sulla base di una perizia di stima fatta svolgere dal giudice dell’esecuzione a seguito dell’espropriazione avvenuta sull’immobile.
2. La pronuncia e’ stata impugnata dalla Banca soccombente e la Corte d’appello di Bari, con sentenza del 15 giugno 2018, ha rigettato il gravame ed ha condannato l’appellante alla rifusione delle ulteriori spese del grado, nei confronti sia del notaio che della societa’ di assicurazioni.
2.1. Ha premesso la Corte territoriale che in data 6 giugno 2006 erano stati stipulati sia l’atto di compravendita dell’immobile in favore di (OMISSIS) che l’atto con il quale la (OMISSIS) concedeva al medesimo la somma di Euro 110.000 a titolo di mutuo, con contemporanea iscrizione ipotecaria sull’immobile citato per la somma di Euro 220.000. Nell’atto di compravendita (OMISSIS) dichiaro’, in qualita’ di proprietaria venditrice dell’immobile, che sul medesimo erano stati ultimati lavori di ristrutturazione come da denuncia di inizio attivita’ presentata il precedente 19 febbraio 2004; e all’atto di compravendita fu allegata la denuncia di variazione presentata ai competenti uffici dal geom. (OMISSIS) in data 22 marzo 2006, con annessa planimetria e richiesta di variazione, documenti dai quali risultava che l’immobile era composto da cucina e due bagni al piano rialzato, due vani ed un bagno al primo piano, deposito e terrazza a livello al secondo piano. Dalla visura rilasciata invece il 5 maggio 2006 risultava che lo stesso immobile era censito in catasto con la consistenza di un solo vano. La sentenza ha poi dato atto che il notaio (OMISSIS) aveva prodotto una serie di documenti, tra i quali la denuncia di variazione realizzata il 15 luglio 2005 contenente la diversa distribuzione degli spazi interni “apparentemente presentata il 22 marzo 2006 dal geometra (OMISSIS)”, in base alla quale l’immobile risultava composto di tre vani; richiesta di variazione indirizzata all’Agenzia del territorio di Bari in data 5 giugno 2006.
Dalla successiva relazione svolta dal tecnico nominato nella procedura di esecuzione immobiliare a carico dell’acquirente (OMISSIS), invece, era emerso che il notaio (OMISSIS) aveva descritto in modo errato l’immobile in occasione della stipula dei due contratti in data 6 giugno 2006. Cio’ in quanto dalla visura effettuata nel 2009 nell’ambito della procedura esecutiva risultava che l’immobile era costituito da un solo vano al piano terra; mentre la visura del 31 maggio 2006 allegata dal notaio all’atto di compravendita aveva erroneamente descritto l’immobile come composto di tre vani.
2.2. Compiuta questa ampia premessa per la ricostruzione dei fatti, la Corte di merito ha osservato che il notaio deve rispondere del corretto adempimento della sua prestazione non solo nei confronti dell’acquirente mutuatario, ma anche della banca mutuante, a condizione che le stesse parti dimostrino di avere sofferto un danno per il non corretto adempimento delle obbligazioni professionali; per cui puo’ sussistere la responsabilita’ del notaio per avere colposamente indotto l’istituto di credito ad accettare in garanzia del mutuo l’ipoteca su di un bene non idoneo a garantire la restituzione del credito.
Nel caso specifico, pero’, nessuna responsabilita’ poteva essere ascritta al notaio rogante, poiche’ non era emerso “che la documentazione presentata dalle parti contrattuali al notaio in occasione della stipula del rogito il 6 giugno 2006 fosse falsa, con particolare riferimento alla visura catastale eseguita il 31 maggio 2006, da cui risultava la diversa consistenza dell’immobile rispetto alla precedente visura del 5 maggio 2006, effettuata regolarmente dal notaio prima della stipula dell’atto”. Poiche’ e’ pacifico che sul notaio grava soltanto l’obbligo di eseguire le dovute visure catastali e ipotecarie – obbligo adempiuto con l’acquisizione del 5 maggio 2006 – l’unico addebito che poteva essere mosso alla professionista era quello di non aver rinnovato personalmente le visure dopo che le parti avevano presentato una situazione diversa da quella precedente; e tuttavia nulla consentiva di affermare che “qualora il notaio avesse rinnovato personalmente le visure catastali, le stesse avrebbero consentito di accertare una situazione differente da quella che gli era stata rappresentata dalle parti”.
Ha poi aggiunto la Corte territoriale che non e’ compito del notaio accertare il valore di un immobile al fine di verificare se esso sia o meno idoneo a garantire la banca in caso di inadempimento del mutuo. Proprio per questa ragione, del resto, gli istituti di credito sono soliti far periziare l’immobile da un tecnico di loro fiducia; precauzione che nel caso poteva apparire necessaria perche’ il valore del bene indicato nel contratto di compravendita “era assai inferiore a quello del preliminare conosciuto dalla Banca”. Ha concluso la sentenza osservando che, comunque, la diversa consistenza del bene immobile rispetto a quella risultante dall’atto di provenienza non era, di per se’, un elemento decisivo; ben potendo un immobile di un solo vano al piano terra avere un valore non inferiore a quello ipotizzato dalla banca ovvero, al contrario, un immobile di tre vani avere un valore molto inferiore rispetto a quello che l’ipoteca garantisce. Per cui, in definitiva, la Banca (OMISSIS) doveva imputare solo a sua negligenza la situazione che si era venuta a creare, sussistendo un’omissione di per se’ idonea ad interrompere il nesso di causalita’ rispetto al comportamento ipoteticamente negligente del notaio; tanto piu’ che non era stato neppure provato il danno nel suo preciso ammontare.
3. Contro la sentenza della Corte d’appello di Bari propone ricorso la Banca (OMISSIS) con atto affidato a due motivi.
Resistono il notaio (OMISSIS) e il (OMISSIS) s.p.a. con due separati controricorsi.
(OMISSIS) non ha svolto attivita’ difensiva in questa sede.
Il notaio (OMISSIS) ha depositato memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3), violazione o falsa applicazione dell’articolo 1175 c.c., articolo 1176 c.c., comma 2 e articolo 1218 c.c., contestando la sentenza per avere essa escluso la responsabilita’ del notaio pur in presenza di un “macroscopico e grossolano errore”.
Sostiene la ricorrente che nel contratto di mutuo del 6 giugno 2006, garantito da ipoteca iscritta sull’immobile, il notaio aveva descritto quest’ultimo come composto di due vani al piano terra e primo, mentre nella successiva procedura di espropriazione immobiliare era risultato che l’immobile era costituito da un solo vano. La contestazione rivolta al professionista consisteva, appunto, nel “non aver correttamente qualificato l’immobile oggetto di ipoteca, inducendo la Banca in errore circa la consistenza della suddetta garanzia”; mentre la visura catastale eseguita dal notaio il 5 maggio 2006 riportava la consistenza di un solo vano. Il notaio, in altri termini, avrebbe dovuto accertare le ragioni della notevole differenza esistente tra la visura del 5 maggio 2006 e quella del 31 maggio 2006, informando le parti ed utilizzando, comunque, la visura da lei direttamente eseguita senza dare credito alla documentazione fornita dal geom. (OMISSIS), priva di ogni garanzia di autenticita’. Aggiunge la censura che la precauzione, usualmente assunta dalle banche, di far visionare l’immobile da un perito di loro fiducia non e’ oggetto di un obbligo giuridico e non farebbe quindi venire meno la responsabilita’ del notaio nello svolgimento delle attivita’ necessarie per il conseguimento del risultato voluto dalle parti. Errata sarebbe anche l’affermazione per la quale il danno non era stato provato, posto che nel momento di presentazione della domanda non era possibile prevedere quanto la Banca avrebbe potuto recuperare attraverso lo svolgimento della procedura espropriativa.
2. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3), violazione e falsa applicazione dell’articolo 1227 c.c., sul rilievo che la sentenza avrebbe dovuto riconoscere almeno un concorso di colpa in capo al notaio convenuto.
Osserva la (OMISSIS), riprendendo argomenti del motivo precedente, che la banca non avrebbe alcun obbligo di far eseguire una perizia di stima sul bene immobile, obbligo che grava invece sul notaio; per cui la negligenza del notaio sarebbe la causa dell’evento dannoso.
3. Occorre innanzitutto rilevare che sono prive di fondamento le preliminari eccezioni di inammissibilita’ del ricorso sollevate dalla difesa del notaio controricorrente.
Il ricorso, infatti, pur essendo estremamente stringato per quel che riguarda l’esposizione sommaria del fatto, rimedia tuttavia a tali lacune nello svolgimento successivo dei due motivi, per cui non puo’ dirsi che i fatti non siano stati esposti in modo sufficiente per consentire a questa Corte di svolgere il proprio controllo.
Parimenti infondata e’ l’eccezione di nullita’ della notifica conseguente, secondo l’assunto della controricorrente, alla mancata specifica indicazione, nel ricorso notificato a mezzo PEC, della dizione “notificazione ai sensi della L. n. 53 del 1994”. E’ appena il caso di rilevare, infatti, che la controricorrente, costituendosi, ha sanato tale ipotetica nullita’; la quale non sussiste, avendo l’atto raggiunto il suo scopo (articolo 156 c.p.c.).
4. Cio’ premesso, il primo motivo di ricorso non e’ fondato.
4.1. E’ opportuno ricordare che la giurisprudenza di questa Corte e’ pacifica nel senso che la responsabilita’ professionale del notaio implica, tra l’altro, l’obbligo di compiere le attivita’ preparatorie necessarie per la stipula dell’atto a lui affidato, tra le quali rientra il compimento delle visure catastali ed ipotecarie, a meno che il notaio non sia stato in tal senso dispensato dalle parti; cio’ per garantire che il contratto raggiunga lo scopo voluto dalle parti (v., tra le altre, le sentenze 28 novembre 2007, n. 24733, 13 giugno 2013, n. 14865, 26 agosto 2014, n. 18244, e 12 giugno 2020, n. 11296). Tale obbligo, che sussiste nei confronti di tutte le parti in causa, non deve pero’ tradursi nella esigibilita’ di comportamenti in concreto eccessivamente onerosi (sentenza 18 maggio 2015, n. 10133).
E’ stato parimenti affermato, in relazione “alle c.d. relazioni preliminari notarili, diffuse nella prassi bancaria nell’ambito delle istruttorie prodromiche alla concessione dei mutui, aventi valenza di perizia di carattere tecnico”, che l’assunzione di simile obbligo da parte del notaio comporta che egli sia responsabile non solo nei confronti del mutuatario, ma anche nei confronti della banca mutuante (sentenza 9 maggio 2016, n. 9320). Capita di frequente, infatti, che il notaio sia chiamato a stipulare nello stesso contesto temporale sia l’atto di compravendita in favore del mutuatario che l’atto di mutuo che la banca concede a quest’ultimo.
E’ il caso di aggiungere, peraltro, che nella prassi accade il piu’ delle volte che sia la banca stessa, indipendentemente dalla relazione del notaio, a provvedere a fare stimare, tramite i propri dipendenti, l’immobile oggetto della compravendita, ricostruendone la storia e la situazione attuale allo scopo di accertare se lo stesso offra sufficienti garanzie, in caso di inadempimento da parte del mutuatario, di una fruttuosa espropriazione da parte della banca stessa.
4.2. Nel caso in esame, la Corte d’appello ha ricostruito la cronologia degli eventi nei termini che e’ opportuno richiamare.
Risulta dalla sentenza, fra l’altro, che: 1) il notaio (OMISSIS) aveva fatto eseguire una visura in data 5 maggio 2006 dalla quale risultava che l’immobile in questione aveva la consistenza di un solo vano al piano terra; 2) in prossimita’ della stipula del rogito, e cioe’ in data 31 maggio 2006, era stata prodotta al notaio, tramite il geom. (OMISSIS), la nuova visura dalla quale risultava che l’immobile aveva la consistenza di tre vani, con la relativa richiesta di variazione indirizzata all’Agenzia del territorio di Bari; 3) la banca oggi ricorrente non aveva provveduto a far realizzare dai propri tecnici di fiducia una stima aggiornata della consistenza e dell’effettivo valore del bene; 4) la banca mutuante doveva essere a conoscenza, quanto meno in via presuntiva, della differenza di prezzo significativa esistente tra il preliminare di compravendita (Euro 149.000) ed il contratto definitivo (Euro 50.000), il che avrebbe dovuto consigliare qualche ulteriore verifica; 5) l’erronea descrizione dell’immobile (consistenza di un solo vano anziche’ tre) era emersa soltanto a seguito della procedura di espropriazione immobiliare promossa dalla banca (OMISSIS) nei confronti di (OMISSIS), acquirente dell’immobile e mutuatario.
La sentenza ha poi anche precisato che la (OMISSIS) non aveva “neppure provato il danno nel suo preciso ammontare”, poiche’ non era chiaro “se il mutuatario abbia restituito parte della somma mutuata; se l’istituto bancario sia riuscito a recuperare dal fideiussore l’importo finanziato; se nell’ambito del procedimento esecutivo instaurato a carico del mutuatario inadempiente parte della somma sia stata recuperata”.
4.3. Tutto cio’ premesso, l’infondatezza della censura deriva da una serie di convergenti elementi.
Innanzitutto, se e’ pacifico che il notaio e’ tenuto a compiere le visure ipotecarie e catastali, e’ altrettanto pacifico che egli non e’ tenuto a garantire, nei confronti della banca mutuante, la convenienza economica dell’operazione; la sua responsabilita’ professionale, cioe’, non si spinge fino all’obbligo di accertare se la banca mutuante potra’ ragionevolmente soddisfarsi, in sede di espropriazione del bene, a fronte dell’inadempimento del mutuatario. Il che vale a maggior ragione nei confronti di una banca, soggetto qualificato e dotato di specifica competenza in materia (v., in argomento, la sentenza 5 giugno 2015, n. 11665, la quale, sia pure in relazione all’impugnazione di una pronuncia disciplinare a carico di un notaio, ha escluso che nel c.d. dovere di consiglio possa rientrare anche l’onere di accertare i “rischi economici dell’operazione”).
In secondo luogo, non e’ affatto detto che la consistenza di un immobile in termini di numero di vani sia indice, di per se’, di un maggior valore dello stesso; in altri termini, ben potrebbe un immobile di un solo vano avere un valore intrinseco maggiore di quello di un immobile di tre vani, sulla base di elementi che costituiscono variabili indipendenti (altezza, esposizione, vista etc.). Ragione per cui, in ultima analisi, se la banca mutuante avesse avuto dei dubbi sul valore dell’immobile, avrebbe avuto modo di provvedere in prima persona alla stima dello stesso (attivita’ che, come si e’ detto, le banche svolgono di routine), anche sollecitando il rinvio della stipula; tanto piu’ in considerazione della significativa differenza al ribasso tra il prezzo del preliminare e quello del contratto definitivo (elemento, questo, non contestato nel ricorso).
Risulta evidente, percio’, la diversita’ del caso odierno rispetto a quello deciso con la citata sentenza n. 9320 del 2016, nel quale era stato contestato al notaio di non aver rilevato l’esistenza di un vincolo archeologico esistente sui beni gravati da ipoteca a garanzia del mutuo concesso.
Osserva infine il Collegio che la sentenza impugnata, con un’affermazione che il motivo di ricorso in esame non ha in alcun modo contestato, ha escluso che l’odierna ricorrente abbia dimostrato l’esistenza di un danno effettivo. Quello che e’ certo e’ che il bene, stimato nel corso della procedura di espropriazione immobiliare promossa a carico del mutuatario acquirente, si e’ rivelato avere una consistenza diversa da quella indicata dal notaio (OMISSIS) nel rogito. La sentenza ha affermato che la (OMISSIS) non aveva dimostrato ne’ se il mutuatario avesse restituito una parte della somma, ne’ se la banca avesse recuperato dal fideiussore l’importo finanziato, ne’ se l’espropriazione avesse fruttato, in tutto o in parte, la restituzione del mutuo. E’ evidente, del resto, che non possono ritenersi idonee, a questo scopo, le argomentazioni contenute nelle pp. 89 del ricorso, la’ dove la ricorrente si limita ad osservare che, qualora “avesse in parte recuperato l’importo dovutole dal mutuatario, certamente agirebbe nei confronti del Notaio solo per il rimanente”; ovvero che all’epoca della proposizione della domanda “non era possibile prevedere quanto si sarebbe recuperato attraverso le azioni esecutive incardinate nei confronti di mutuatario e fideiussore”. Per cui, in definitiva, deve ritenersi che l’odierna ricorrente non abbia dimostrato ne’ l’an ne’ il quantum del danno patrimoniale subito a causa della presunta negligenza del notaio; il che comporta la sicura infondatezza del motivo di ricorso in esame.
5. Il complesso delle argomentazioni fin qui svolte a confutazione del primo motivo di ricorso determinano, per evidenti ragioni, il consolidarsi del rigetto della domanda nei confronti del notaio ed esimono la Corte dall’obbligo di soffermarsi esplicitamente anche sul secondo motivo.
6. In conclusione, il ricorso e’ rigettato.
A tale esito segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate ai sensi del Decreto Ministeriale 10 marzo 2014, n. 55.
Sussistono inoltre le condizioni di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in favore del notaio (OMISSIS) in complessivi Euro 4.200, di cui Euro 200 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge, ed in favore della (OMISSIS) s.p.a. in complessivi Euro 3.200, di cui Euro 200 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza delle condizioni per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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