Corte di Cassazione, sezione sesta civile, Ordinanza 11 ottobre 2018, n. 25352.
Le massime estrapolate:
In una controversia risarcitoria in cui si discuta circa l’effettiva quantificazione dei pretesi danni, non configura come domanda nuova, inammissibile in appello, la prospettazione di un concorso di colpa del danneggiato, trattandosi soltanto di argomentazione difensiva utile al fine di dimostrare l’eccessivita’ del risarcimento dedotta “ab origine”.
In tema di risarcimento del danno, il fatto colposo del creditore che abbia contribuito al verificarsi dell’evento dannoso (ipotesi regolata dall’articolo 1227 c.c., comma 1) e’ rilevabile d’ufficio, per cui la sua prospettazione non richiede la proposizione di un’eccezione in senso proprio, costituendo mera difesa, a differenza dell’aggravamento del danno derivante dal comportamento colposo successivo del danneggiato, previsto dal secondo comma della medesima disposizione, con la conseguenza che, nel primo caso, il giudice deve proporsi d’ufficio l’indagine riguardo al concorso di colpa del danneggiato (sempre che risultino prospettati gli elementi di fatto dai quali sia ricavabile la colpa concorrente, sul piano causale, dello stesso danneggiato come nel caso di specie), e cio’ nella considerazione che tale indagine sia intrinseca alla ricostruzione del fatto storico.
Ordinanza 11 ottobre 2018, n. 25352
Data udienza 5 aprile 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SESTINI Danilo – Presidente
Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere
Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere
Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere
Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 13560-2017 proposto da:
(OMISSIS) S.R.L., P.I. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA piazza Cavour presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
contro
(OMISSIS), COMUNE DI ROMETTA, (OMISSIS) S.P.A.;
– intimati –
avverso la sentenza n. 713/2016 della CORTE D’APPELLO di MESSINA, depositata il 23/11/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 05/04/2018 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PELLECCHIA.
RILEVATO
che:
1. Nel 2002, (OMISSIS) e (OMISSIS) convenivano in giudizio il Comune di Rometta, per sentirlo condannare al risarcimento ex articolo 2051 c.c. dei danni occorsi al veicolo della (OMISSIS), condotto dal (OMISSIS), e alla persona di quest’ultimo, in ragione di un sinistro stradale che vedeva l’autovettura precipitare nella scarpata sottostante la carreggiata. Si costituiva l’Ente, che chiedeva che venisse chiamata in causa la (OMISSIS) Srl, societa’ appaltatrice dei lavori di sistemazione della strada comunale all’epoca dell’incidente, e la (OMISSIS), per essere dalle stesse manlevata in caso di condanna.
Con sentenza n. 2269/2013, il Tribunale di Messina rigettava la domanda attorea.
2. I coniugi (OMISSIS) e (OMISSIS) proponevano appello avverso la predetta sentenza, chiedendone l’integrale riforma, con il pieno riconoscimento di responsabilita’ degli appellati in ordine al sinistro e con vittoria delle spese e compensi di entrambi i gradi di giudizio; in via subordinata, domandavano l’applicazione dell’articolo 1227 c.c..
La Corte d’Appello di Messina, con sentenza 713, del 23 novembre 2016, accoglieva parzialmente il gravame, individuando in pari misura la colpa concorrente dell’attore e della societa’ nella causazione dell’incidente. La Corte motivava la statuizione ponendo in risalto la contraddittorieta’ delle risultanze acquisite nel giudizio di primo grado ed il verbale redatto dai carabinieri nell’immediatezza del sinistro, che deponeva in favore della tesi, disconosciuta dal Tribunale, della mancanza all’imbocco della strada di un segnale verticale di divieto di accesso, riconducibile a colpa della (OMISSIS) srl. Parimenti, la Corte statuiva che la causazione del sinistro fosse per il 50% riconducibile al (OMISSIS), che non avrebbe adeguato la condotta alle condizioni della strada, che si presentava in stato del tutto precario.
3. Avverso la sentenza d’appello propone ricorso per cassazione la (OMISSIS) srl, con quattro motivi. (OMISSIS) resiste con controricorso.
4. E’ stata depositata in cancelleria ai sensi dell’articolo 380-bis c.p.c., e regolarmente notificata ai difensori delle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza, la proposta di inammissibilita’ del ricorso. Il ricorrente deposita memoria.
CONSIDERATO
che:
5. A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, reputa il Collegio, con le seguenti precisazioni di condividere la proposta del relatore.
6.1. Con il primo motivo la ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione dell’articolo 345 c.p.c., comma 1, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3, avendo la Corte territoriale accolto la domanda subordinata degli appellanti relativa all’accertamento del concorso di colpa ex articolo 1227 c.c., proposta dai coniugi (OMISSIS) e (OMISSIS) soltanto in sede d’appello.
6.2. Con il secondo motivo si duole della violazione e falsa applicazione dell’articolo 345 c.p.c., comma 3, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3, avendo la Corte posto a fondamento della decisione relativa alla quantificazione del danno la CTU medico-legale, la cui ordinanza di ammissione era stata revocata dal Giudice di primo grado ex articolo 177 c.p.c..
6.3. Con il terzo motivo lamenta la violazione e falsa applicazione degli articoli 115 e 116 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3, non avendo il Giudice di seconde cure adeguatamente argomentato il convincimento relativo alla contraddittorieta’ tra la documentazione fotografica in atti e il verbale dei carabinieri, laddove la stessa era gia’ stata superata in primo grado.
6.4. Con il quarto motivo censura l’omessa insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia: articolo 360 c.p.c., n. 5, avendo la Corte d’Appello omesso di porre a fondamento della propria decisione la deposizione, dalla rilevanza decisiva, dell’Agente di Polizia Municipale Santo Chille’, escusso quale testimone.
I quattro motivi di ricorso congiuntamente esaminati sono inammissibili perche’ generici, aspecifici e richiedono una nuova rivalutazione di merito non consentita in sede di legittimita’.
E comunque il primo ed il secondo motivo sarebbero ugualmente infondati perche’ in una controversia risarcitoria in cui si discuta circa l’effettiva quantificazione dei pretesi danni, non configura come domanda nuova, inammissibile in appello, la prospettazione di un concorso di colpa del danneggiato, trattandosi soltanto di argomentazione difensiva utile al fine di dimostrare l’eccessivita’ del risarcimento dedotta “ab origine” (Cass. 13902/2013).
Infatti in tema di risarcimento del danno, il fatto colposo del creditore che abbia contribuito al verificarsi dell’evento dannoso (ipotesi regolata dall’articolo 1227 c.c., comma 1) e’ rilevabile d’ufficio, per cui la sua prospettazione non richiede la proposizione di un’eccezione in senso proprio, costituendo mera difesa, a differenza dell’aggravamento del danno derivante dal comportamento colposo successivo del danneggiato, previsto dal secondo comma della medesima disposizione (v. Cass., 25 settembre 2008, n. 24080; 23 gennaio 2006, n. 1213), con la conseguenza che, nel primo caso, il giudice deve proporsi d’ufficio l’indagine riguardo al concorso di colpa del danneggiato (sempre che risultino prospettati gli elementi di fatto dai quali sia ricavabile la colpa concorrente, sul piano causale, dello stesso danneggiato come nel caso di specie), e cio’ nella considerazione che tale indagine sia intrinseca alla ricostruzione del fatto storico.
Il terzo e quarto motivo sono inammissibile perche’ e’ principio consolidato di questa Corte che con la proposizione del ricorso per Cassazione, il ricorrente non puo’ rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in se’ coerente. L’apprezzamento dei fatti e delle prove, infatti, e’ sottratto al sindacato di legittimita’, dal momento che nell’ambito di detto sindacato, non e’ conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice di merito, cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilita’ e concludenza e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (Cass. 7921/2011).
Il quarto motivo e’ anche fuori dai limiti posti da Cass. 8053-8054/2014.
7. Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore di ciascun controricorrente, delle spese del giudizio di legittimita’ che liquida in Euro 2.300,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200, ed agli accessori di legge. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del citato articolo 13, comma 1 bis.