Il possesso del solo diploma magistrale non costituisce titolo sufficiente per l’inserimento nelle graduatorie ad esaurimento del personale docente ed educativo

Consiglio di Stato, sezione sesta, Sentenza 29 ottobre 2018, n. 6160.

La massima estrapolata:

Il possesso del solo diploma magistrale, sebbene conseguito entro l’anno scolastico 2001/2002, non costituisce titolo sufficiente per l’inserimento nelle graduatorie ad esaurimento del personale docente ed educativo istituite dall’art. 1, comma 605, lett. c), L. 27 dicembre 2006, n. 296.

Sentenza 29 ottobre 2018, n. 6160

Data udienza 25 ottobre 2018

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale

Sezione Sesta

ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4832 del 2017, proposto dai signori:
Ma. Sa. Al. ed altri, rappresentati e difesi dall’avvocato Do. Na., con domicilio eletto presso lo studio del difensore, in Roma, salita di (…);
contro
il Ministero dell’istruzione dell’università e della ricerca, nella persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliata ex lege in Roma, via (…);
nei confronti
della signora An. Am.. non costituita in giudizio;
per l’annullamento ovvero la revoca ovvero la riforma
previa sospensione
della sentenza del TAR Lazio, Sede di Roma, sezione III bis 31 gennaio 2017 n. 1512, resa fra le parti, che ha dichiarato inammissibile il ricorso 10459/2016 R.G. proposto per l’annullamento:
a) del decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e ricerca 22 giugno 2016 n. 495 nella parte in cui non consente l’inserimento nelle graduatorie ad esaurimento – GAE ai docenti in possesso di diploma magistrale conseguito precedentemente all’anno scolastico 2001/2002;
b) della nota del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca – MIUR 22 giugno 2016 prot. n. 16827, di trasmissione del predetto decreto per la pubblicazione sui siti degli Uffici scolastici regionali;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’istruzione dell’università e della ricerca;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 25 ottobre 2018 il Cons. Francesco Gambato Spisani e uditi per la parte appellata l’avvocato dello Stato Ga. D’A.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

I ricorrenti appellanti sono tutti titolari di diploma di maturità magistrale conseguito entro l’anno scolastico 2001/2002, non considerato come titolo valido per l’inserimento nelle graduatorie ad esaurimento – GAE del personale docente per effetto dell’originario D.M. 1 aprile 2014 n. 235, riprodotto dal successivo D.M. 22 giugno 2016 n. 495 qui impugnato, benché all’epoca in cui venne conseguito esso abilitasse all’insegnamento nelle scuole statali, quanto alla scuola per l’infanzia e alla scuola primaria.
Hanno quindi proposto ricorso in primo grado per l’annullamento di quest’ultimo decreto, e per il conseguente loro inserimento nelle stesse GAE.
Con la sentenza meglio indicata in epigrafe, il TAR ha ritenuto la giurisdizione del Giudice amministrativo sulla domanda, ma ha dichiarato irricevibile perché tardivo il ricorso per omessa tempestiva impugnazione del D.M. 235/2014, ritenuto atto presupposto del D.M. 495/2016 e immediatamente lesivo dell’interesse dei ricorrenti.
Contro tale sentenza gli originari ricorrenti hanno proposto impugnazione, con appello che contiene cinque censure, riconducibili secondo logica ai seguenti due motivi:
– con il primo di essi, corrispondente alla prima censura alle pp. 14-15 dell’atto, hanno sostenuto l’ammissibilità del ricorso, esclusa invece dalla sentenza di primo grado. In proposito, hanno infatti argomentato dalla circostanza per cui il D.M. 235/2014, atto di natura regolamentare, sarebbe stato annullato con efficacia erga omnes dalla sentenza della Sezione 16 aprile 2015 n. 1973 nella parte in cui non consentiva l’ingresso nelle GAE dei diplomati magistrali di cui s’è detto. Hanno quindi dedotto, in critica alla sentenza impugnata, l’impossibilità di ravvisare una tardiva impugnazione rispetto ad un atto già annullato, e quindi non più esistente;
– con il secondo motivo, corrispondente alle residue censure alle pp. 16-26 dell’atto, hanno dedotto propriamente violazione dell’art. 194 comma 1 e dell’art. 197 comma 1 del d.lgs. 16 aprile 1994 n. 297, dell’art. 31 comma 2 della l. 17 ottobre 2005 n. 226 e dell’art. 2 del D. Interministeriale 10 marzo 1997 n. 175. In dettaglio, i primi due articoli delle norme citate, ora abrogate, attribuivano valore abilitante al diploma loro posseduto, il secondo articolo conservava tale valore per i titoli conseguiti entro l’anno scolastico 2001/2002. I ricorrenti appellanti hanno quindi sostenuto che l’art. 1 comma 605 della l. 27 dicembre 2006 n. 296, che come è noto ha trasformato le graduatorie permanenti per l’insegnamento nelle attuali GAE dovrebbe essere interpretato nel senso di permettere il loro inserimento nelle graduatorie stesse.
L’amministrazione ha resistito, con atto 18 agosto 2017 e chiesto che l’appello sia respinto.
La Sezione, con ordinanza 11 settembre 2017 n. 3812, ha ravvisato il fumus dell’appello, sulla base della giurisprudenza di questo Giudice all’epoca configurata in senso favorevole: si cita per tutte la nota C.d.S. a.p. 27 aprile 2016 n. 1, che conteneva un’apertura nel senso richiesto dalla parte.
Con la stessa ordinanza, ha quindi disposto l’inserimento con riserva delle ricorrenti appellanti nelle graduatorie in questione e disposto perché fosse fissata l’udienza per la trattazione del merito.
Con memoria 15 settembre 2018, l’amministrazione ha insistito perché l’appello sia respinto, sostenendo la inammissibilità del ricorso di I grado e comunque la sua infondatezza nel merito alla luce di quanto affermato dalla sentenza dell’Adunanza plenaria 20 dicembre 2017 n. 11.
All’udienza del giorno 25 ottobre 2018, fissata con l’ordinanza cautelare di cui sopra, la Sezione ha infine trattenuto il ricorso in decisione.

DIRITTO

1. Il ricorso è infondato nel merito, e va respinto, per le ragioni di seguito precisate.
2. Questo Giudice ritiene di dover esaminare prima di tutto il terzo motivo, che è inerente al merito della pretesa, è infondato e conduce alla reiezione del ricorso di primo grado in senso corrispondente.
2.1 Vale infatti il principio di diritto affermato dalla citata sentenza dell’Adunanza plenaria, per cui “il possesso del solo diploma magistrale, sebbene conseguito entro l’anno scolastico 2001/2002, non costituisce titolo sufficiente per l’inserimento nelle graduatorie ad esaurimento del personale docente ed educativo istituite dall’articolo 1, comma 605, lett. c), della legge 27 dicembre 2006, n. 296”.
2.2 Poiché i ricorrenti appellanti sono, appunto, diplomati magistrali con i predetti requisiti, l’esistenza del principio suddetto comporta che la loro pretesa sia all’evidenza infondata nel merito, e che quindi si possa prescindere dall’esaminare la questione processuale oggetto del primo motivo di appello, il tutto in base al principio cd della “ragione più liquida”, sul quale si veda, per tutte, C.d.S. a.p. 27 aprile 2015 n. 5.
3. Il Collegio condivide la conclusione espressa dalla sentenza dell’Adunanza plenaria, che si basa, in sintesi, su tre ordini di argomenti, il primo letterale, i due ulteriori di carattere sistematico e teleologico.
3.1 Sotto il profilo letterale, l’Adunanza plenaria ha evidenziato che nell’ordinamento manca una norma la quale riconosca il diploma magistrale conseguito entro l’anno scolastico 2001/2002 come titolo legittimante l’inserimento nelle graduatorie ad esaurimento. Il punto di partenza, secondo la motivazione della sentenza 11/2017, è rappresentato dall’art. 3 della l. 19 novembre 1990 n. 341, la quale, innovando il sistema previgente, ha ritenuto che per l’insegnamento nella scuola per l’infanzia e nella scuola primaria dovesse essere richiesta una formazione di livello universitario. Di conseguenza, il legislatore ha dettato, dapprima con le norme regolamentari del decreto interministeriale 10 marzo del 1997, poi con l’analoga norma di rango legislativo dell’art. 15 comma 7 D.P.R. 23 luglio 1998 n. 323, un regime transitorio, secondo il quale, nella formulazione dell’ultima norma citata “I titoli conseguiti nell’esame di Stato a conclusione dei corsi di studio dell’istituto magistrale iniziati entro l’anno scolastico 1997/1998 conservano in via permanente l’attuale valore legale e abilitante all’insegnamento nella scuola elementare. Essi consentono di partecipare ai concorsi per titoli ed esami a posti di insegnante nella scuola materna e nella scuola elementare”. Sempre secondo la motivazione della sentenza 11/2017, la norma citata va interpretata in senso “strumentale”, ovvero nel senso che il titolo consentisse a coloro che lo avessero conseguito entro l’anno scolastico 2001/2002 di partecipare alle sessioni di abilitazioni o ai concorsi, pur se privi del diploma di laurea nel frattempo istituito dal legislatore, ma non di accedere direttamente all’insegnamento. In altre parole, va escluso che il diploma in questione sia mai stato un titolo abilitante in senso proprio.
3.2 Sotto il profilo sistematico, la sentenza 11/2017 ha aggiunto la considerazione in base alla quale le graduatorie permanenti per l’assunzione degli insegnanti, che si identificano con le attuali graduatorie ad esaurimento dopo che ne è stata disposta la chiusura, sono state sempre riservate a docenti che vantassero un titolo abilitante ulteriore rispetto al semplice titolo di studio, che nella specie i ricorrenti appellanti intendono far valere.
3.3 Sotto il profilo teleologico, infine, la sentenza 11/2017 ha evidenziato che lo scopo dell’inserimento nelle graduatorie ad esaurimento è l’assunzione a tempo indeterminato, e quindi lo stabile ingresso nei ruoli dei docenti, per mero scorrimento delle graduatorie stesse, e quindi per il semplice decorso di un periodo di tempo più o meno lungo. Non è quindi illogica un’interpretazione che a tal fine richieda una “seria ricognizione” dell’esperienza eventualmente maturata dopo il diploma, e non si accontenti quindi del mero conseguimento di esso.
4. Solo per completezza si aggiunge che, sempre secondo l’insegnamento della sentenza 11/2017, anche il primo motivo di appello si sarebbe dovuto respingere, e quindi il ricorso originario si sarebbe potuto dichiarare inammissibile.
La sentenza 11/2017 ha infatti affermato, in sintesi estrema, che i diplomati magistrali i quali avessero voluto far valere il loro presunto titolo all’inserimento nelle graduatorie ad esaurimento avrebbero dovuto impugnare nei termini l’originario d.m. 16 marzo 2007, con il quale, in attuazione dell’art. 1, comma 605 della l. 296/2006, ovvero della norma che le aveva chiuse, trasformandole in graduatorie ad esaurimento, veniva disposto il primo aggiornamento delle graduatorie stesse escludendo il diploma in questione dai titoli validi per l’ingresso.
In mancanza, il relativo rapporto si doveva ritenere ormai esaurito, e quindi insuscettibile di essere rimesso in discussione in occasione dei successivi decreti di aggiornamento, come quelli impugnati nella presente causa, le cui vicende, in particolare il presunto annullamento con effetti generali del D.M. 235/2014, pertanto vanno ritenute irrilevanti.
5. Si deve quindi decidere come in dispositivo e, in riforma della sentenza impugnata, respingere nel merito il ricorso originario. Solo per completezza, si segnala che sulla sola esecuzione delle sentenze in cui, come nel caso presente, si faccia applicazione del principio di diritto di cui alla menzionata Adunanza Plenaria n. 11 del 2017 – e nel solo caso in cui ne consegua la decadenza di contratti che siano stati nelle more stipulati- è intervenuto il d.l. 12 luglio 2018, n. 87, il quale all’art. 4, comma 1, ha disposto che esse siano eseguite “entro 120 giorni decorrenti dalla data di comunicazione del provvedimento giurisdizionale al Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca”. In particolare, l’esecuzione andrà disposta secondo la disciplina di cui ai commi 1-bis e seguenti dello stesso articolo 1.
6. La controvertibilità delle questioni esaminate e il precedente contrasto di giurisprudenza giustificano la compensazione delle spese dell’intero giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Sesta, definitivamente pronunciando sull’appello di cui in epigrafe (ricorso n. 4832/2017 R.G.), lo respinge.
Spese dell’intero giudizio compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 25 ottobre 2018 con l’intervento dei magistrati:
Luigi Carbone – Presidente
Diego Sabatino – Consigliere
Marco Buricelli – Consigliere
Oreste Mario Caputo – Consigliere
Francesco Gambato Spisani – Consigliere, Estensore