Corte di Cassazione, sezione terza penale, Sentenza 11 luglio 2019, n. 30561.

La massima estrapolata:

In tema di reati edilizi, l’omesso adempimento, nel termine perentorio di tre mesi, circa la richiesta dell’amministrazione comunale di integrazione sostanziale della documentazione a supporto di un’istanza di condono, rende detta istanza improcedibile ai sensi dell’art. 39, comma quarto, legge n.724 del 1994 (come modificato dall’art. 2, comma 37, della legge 23 dicembre 1996 n. 662).(Fattispecie di rigetto della richiesta, formulata in sede di esecuzione, di revoca dell’ordine di demolizione).

Sentenza 11 luglio 2019, n. 30561

Data udienza 29 maggio 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LAPALORCIA Grazia – Presidente

Dott. RAMACCI Lu – rel. Consigliere

Dott. REYNAUD Gianni – Consigliere

Dott. CORBO Antonio – Consigliere

Dott. ZUNICA Fabio – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 24/11/2018 del TRIBUNALE di NAPOLI;
udita la relazione svolta dal Consigliere, Dott. LUCA RAMACCI;
lette le conclusioni del PG dichiarare l’inammissibilita’ del ricorso;
udito il difensore.

RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale di Napoli, quale giudice dell’esecuzione, con ordinanza del 24 novembre 2018 ha rigettato la richiesta, presentata nell’interesse di (OMISSIS), finalizzata ad ottenere l’annullamento o la revoca dell’ingiunzione a demolire emessa in esecuzione della sentenza del Pretore di Napoli in data 10 ottobre 1997, divenuta irrevocabile il 16 dicembre 1997, con la quale veniva ordinata la demolizione del corpo di fabbrica in cemento armato occupante, in zona vincolata, una superficie di mq 160, suddivisa in due appartamenti di mq 80.
Avverso tale pronuncia il predetto propone ricorso per cassazione tramite il proprio difensore di fiducia, deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, ai sensi dell’articolo 173 disp. att. c.p.p..
2. Con un unico motivo di ricorso deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione, lamentando che il Tribunale non avrebbe considerato la sussistenza di risultanze istruttorie documentali di carattere amministrativo incompatibili con la demolizione dell’opera.
In particolare, osserva che l’amministrazione comunale avrebbe certificato l’astratta condonabilita’ delle opere oggetto di ingiunzione a demolire, dando anche conto del fatto che sarebbe stata versata l’intera oblazione e che l’ufficio tecnico, al fine di attivare la procedura di cui al Decreto Legislativo n. 42 del 2004, articolo 146, avrebbe specificato che le parti sarebbero state invitate a produrre la restante documentazione necessaria all’acquisizione dei relativi pareri favorevoli al rilascio del provvedimento finale di sanatoria.
Rivendicando, quindi, la regolarita’ del percorso amministrativo seguito, il ricorrente evidenzia che il Tribunale non avrebbe considerato adeguatamente il rispetto di tutti i parametri di astratta condonabilita’ dell’immobile ed il fatto che l’amministrazione comunale si sarebbe attivata, anche mediante l’ausilio di professionisti esterni, per la definizione delle circa 20.000 pratiche di condono ancora pendenti, con la conseguenza che la ritenuta insussistenza un imminente rilascio del provvedimento finale di sanatoria dovrebbe ritenersi errata.
Insiste, pertanto, per l’accoglimento del ricorso.
3. Nella sua requisitoria il Procuratore Generale ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ inammissibile.
2. Va preliminarmente ricordato come la giurisprudenza di questa Corte sia unanime nel riconoscere al giudice dell’esecuzione, in presenza di una domanda di sanatoria, un ampio potere-dovere di controllo sulla legittimita’ dell’atto concessorio sotto il duplice profilo della sussistenza dei presupposti per la sua emanazione e dei requisiti di forma e di sostanza richiesti dalla legge per il corretto esercizio del potere di rilascio (Sez. 3, n. 47402 del 21/10/2014, Chisci e altro, Rv. 260972; Sez. 3, n. 42164 del 9/7/2013, Brasiello, Rv. 256679; Sez. 3, n. 40475 del 28/9/2010, Ventrici, Rv. 249306; Sez. 3, n. 17066 del 4/4/2006, Spillantini, Rv. 234321; Sez. 3, n. 46831 del 16/11/2005, Vuocolo, Rv. 232642).
Si e’ anche attribuita al giudice dell’esecuzione, con riferimento alla mera pendenza di una richiesta di sanatoria, la verifica dei possibili esiti e dei tempi di definizione della procedura (in tema di condono edilizio v., ad es., Sez. 3, n. 35201 del 3/5/2016, Citarella e altro, Rv. 268032; Sez. 3, n. 47263 del 25/9/2014, Russo, Rv. 261212; Sez. 3, n. 16686 del 5/3/2009, Marano, Rv. 243463; Sez. 3, n. 42978 del 17/10/2007, Parisi, Rv. 238145; Sez. 3, n. 38997 del 26/9/2007, Di Somma, Rv. 237816; Sez. 3, n. 23702 del 27/4/2007, Agostini e altro, Rv. 237062; Sez. 3, n. 3992 del 12/12/2003 (dep. 2004), Russetti, Rv. 227558).
3. Nel caso di specie, il giudice dell’esecuzione, correttamente uniformandosi ai richiamati principi, ha posto in evidenza la insussistenza di elementi di fatto che consentissero di accogliere la richiesta di annullamento o revoca dell’ingiunzione a demolire.
In particolare, il Tribunale, dando conto della incontestata sussistenza di un vincolo paesaggistico, ha posto in rilevo il fatto che le parti interessate al condono non avevano attivato la procedura di cui al Decreto Legislativo n. 42 del 2004, articolo 146.
A fronte di cio’, il ricorrente obietta che sarebbe onere dell’amministrazione invitare gli interessati al fornire la restante documentazione necessaria per la definizione della pratica di condono, sicche’ nessun adempimento ulteriore poteva essere preteso nei suoi confronti e che tale stato di cose avrebbe reso prevedibile l’imminente rilascio del titolo abilitativo in sanatoria.
Cio’ premesso, osserva il Collegio che le censure formulate appaiono manifestamente infondate.
4. Del tutto correttamente, come si e’ gia’ detto, il giudice dell’esecuzione ha tenuto conto del richiamato indirizzo giurisprudenziale che gli attribuisce il potere-dovere di accertamento della sussistenza di elementi che facciano ritenere plausibilmente prossima la adozione da parte della autorita’ amministrativa competente del provvedimento di accoglimento, nonche’, una volta rilasciato il titolo sanante, di valutarne la rispondenza ai requisiti di condonabilita’ indicati dalla legge ed, in ogni caso, la sua validita’ ed efficacia.
Nel caso di specie si verte in ipotesi di condono edilizio ai sensi della L. n. 724 del 1994 con richieste di sanatoria presentate nel 1995 con documentazione evidentemente incompleta, risultando dal ricorso e dall’ordinanza impugnata, unici atti ai quali questa Corte ha accesso, che la procedura di cui al Decreto Legislativo n. 42 del 2004, articolo 146, non risultava attivata.
Invero, con riferimento specifico alle opere realizzate in zona sottoposta a vincolo, il rilascio della concessione edilizia o della autorizzazione in sanatoria risulta subordinato, ai sensi della L. n. 724 del 1994, articolo 39, comma 8, al conseguimento delle autorizzazioni delle Amministrazioni preposte alla tutela del vincolo ed estingue il reato per la violazione del vincolo stesso. Tali autorizzazioni, tuttavia, devono essere espresse e non possono ottenersi attraverso la formazione del silenzio assenso (Sez. 3, n. 7543 del 4/5/1999, lannone M, Rv. 214215; Sez. 3, n. 7221 del 2/12/2010 (dep. 2011), Mazzella, Rv. 249523).
Dunque nel caso specifico il giudice dell’esecuzione ha correttamente considerato tale evenienza, coerentemente escludendo l’imminenza del rilascio del titolo in sanatoria, a nulla rilevando che tale circostanza sia addebitabile al fatto del privato o a ritardi dell’amministrazione, assumendo rilievo la sola circostanza oggettiva dell’insussistenza di elementi indicativi di una rapida definizione della procedura.
Va peraltro osservato che l’eventuale richiesta di documentazione integrativa da parte dell’amministrazione comunale, che, nel caso in esame, non si comprende se sia effettivamente intervenuta, determinerebbe ulteriori conseguenze delle quali il giudice dell’esecuzione dovrebbe tenere conto, poiche’, come si e’ gia’ avuto modo di affermare, l’omesso adempimento, nel termine perentorio di tre mesi, alla richiesta dell’amministrazione comunale di integrazione sostanziale della documentazione di una istanza di condono la rende improcedibile ai sensi della L. n. 724 del 1994, articolo 39, comma 4, (Sez. 3, n. 10969 del 11/7/2000, Knight F, Rv. 217584; Sez. 3, n. 3583 del 25/11/2008 (dep. 2009), Cena, Rv. 242314).
Il provvedimento di rigetto dell’istanza formulata risulta, pertanto, legittimamente adottato.
5. Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile e alla declaratoria di inammissibilita’ consegue l’onere delle spese del procedimento, nonche’ quello del versamento, in favore della Cassa delle ammende, della somma, equitativamente fissata, di Euro 2.000,00

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle ammende.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

Per aprire la pagina facebook @avvrenatodisa
Cliccare qui

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *