Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|28 aprile 2021| n. 11176.
In tema di protezione sussidiaria, ex art. 14, lett. c), del d.lgs. n. 251 del 2007, costituisce violenza indiscriminata, tale da comportare minaccia grave ed individuale alla vita o alla persona di un civile a prescindere dalle sue condizioni personali, una situazione di “delinquenza radicata” nel paese d’origine che abbia raggiunto un livello così elevato da far temere che il richiedente, se rinviato nell’area di provenienza, correrebbe il rischio di esservi esposto per la sua sola presenza nel territorio. (Nella specie, la S.C. ha cassato il provvedimento del giudice di merito, che, nel valutare la richiesta di tutela sussidiaria di un cittadino salvadoregno, aveva omesso di considerare le fonti informative allegate da cui risultava che in El Salvador la criminalità organizzata in bande armate, le cd. maras, controllava a tal punto il territorio, per interessi connessi alla gestione di estorsioni e narcotraffico, da determinare una situazione di instabilità che sfuggiva al controllo dello Stato).
Ordinanza|28 aprile 2021| n. 11176
Data udienza 24 novembre 2020
Integrale
Tag/parola chiave: Immigrazione – Decreto legislativo 286 del 1998 – Protezione internazionale – Presupposti – Decreto legislativo 251 del 2007 – Narrazione del richiedente – Credibilità – Valutazione del giudice di merito – Decreto legislativo 25 del 2008 – Criteri – Direttiva ce 83 del 2004 – Pericolo di minaccia grave – Direttiva ue 95 del 2011 – Violenza indiscriminata – Difetto di motivazione
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRIA Lucia – Presidente
Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere
Dott. BLASUTTO Daniela – rel. Consigliere
Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere
Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 983/2020 proposto da:
(OMISSIS), domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI MILANO, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia ope legis in ROMA, ALLA VIA DEI PORTOGHESI 12;
– resistente con mandato –
avverso il decreto n. 9555/2019 del TRIBUNALE di MILANO, depositato il 04/12/2019 R.G.N. 56462/2018;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 24/11/2020 dal Consigliere Dott. DANIELA BLASUTTO.
RILEVATO
Che:
1. Con decreto n. 9555/2020 il Tribunale di Milano ha rigettato la domanda di protezione internazionale e umanitaria avanzata da (OMISSIS), cittadino di (OMISSIS).
2. Per quanto rileva in questa sede, il Tribunale ha osservato che:
a) il ricorrente ha prospettato di avere subito una rapina mentre si trovava a bordo di un autobus e ha dedotto che la Commissione territoriale, pur avendo investigato sulla situazione di pericolo nel suo quartiere ((OMISSIS)), non aveva considerato che egli, per andare a lavorare, doveva attraversare luoghi “al 100% pericolosi” (citta’ di (OMISSIS)); anche in sede di ricorso il richiedente ha ribadito che El Salvador e’ una delle zone piu’ pericolose al mondo, caratterizzata da guerre tra bande, da cui l’erroneita’ del mancato riconoscimento della protezione sussidiaria;
b) la domanda non puo’ trovare accoglimento: i fatti descritti si sarebbero verificati in una zona del Paese in cui l’attivita’ criminale delle bande era all’epoca (fonti conoscitive del 2015) non particolarmente rischiosa; il ricorrente anche successivamente alla rapina ((OMISSIS)) ha continuato a vivere nel suo Paese per tre mesi, dove si e’ sposato ((OMISSIS)); giunto in Italia, ha atteso oltre un anno prima di presentare domanda di protezione internazionale;
c) comunque, la situazione di “violenza radicata” riscontrabile in EI Salvador non e’ assimilabile a quella di un “conflitto armato”, per cui non si ravvisano i presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria di cui al Decreto Legislativo n. 251 del 2007, articolo 14;
d) quanto alla richiesta subordinata relativa al rilascio di un permesso di soggiorno per motivi umanitari di cui al Decreto Legislativo n. 286 del 1998, articolo 5, comma 6, va rilevato che il contratto di lavoro domestico a tempo determinato denota un livello di integrazione minimale; il ricorrente non convive in Italia con il nucleo familiare costituito dalla moglie e dalla figlia quindicenne (che vive in Italia dal 2015 e alla quale il ricorrente corrisponde piccole somme di denaro solo dal 2018).
3. Il decreto e’ stato impugnato da (OMISSIS) con ricorso per cassazione affidato a quattro motivi.
4. L’Amministrazione intimata non ha svolto difese.
5. Il P.G. non ha rassegnato conclusioni scritte.
CONSIDERATO
Che:
1. Con il primo motivo si denuncia, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione del Decreto Legislativo n. 251 del 2007, articoli 3 e 5, nella parte in cui il decreto impugnato ha avallato, senza un adeguato vaglio critico, il giudizio reso dalla Commissione territoriale senza indagare in ordine agli avvenimenti di cui i ricorrente era stato vittima nel Paese di origine, avendo egli specificato di temere per la sua vita a causa delle aggressioni subite ad opera della “pandilla locale, (OMISSIS)”.
2. Con il secondo motivo si denuncia, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione del Decreto Legislativo n. 251 del 2007, articolo 2, comma 1, lettera g), articoli 5 e 14, poiche’ la protezione sussidiaria e’ riconosciuta al cittadino di un Paese terzo quando sussistono “fondati motivi” per ritenere che, in caso di rientro nel Paese di origine, “correrebbe un rischio effettivo di subire un danno grave”, situazione ravvisabile anche nel caso in cui i comportamenti siano comunque imputabili allo Stato di origine del richiedente, seppure non commessi da suoi organi ufficiali, ma da soggetti investiti dal diritto interno di quello stesso Stato dell’esercizio di prerogative proprie di un’autorita’ pubblica. Secondo le fonti ufficiali piu’ recenti, “le maras sono una piaga inequivocabilmente sociale, radicata in centinaia, migliaia di comunita’ impoverite di tutto il mondo…lo Stato di El Salvador, insieme al Guatemala e all’Honduras fa parte del “triangolo” che e’ la zona piu’ mortale del mondo, al punto tale da essere considerata molto piu’ pericolosa di teatri di guerra attivi come l’Iraq e l’Afghanistan…prudenza e attenzione a chi decide di intraprendere viaggi in El Salvador… si raccomanda di fare molta attenzione alla sicurezza personale…il tasso di criminalita’ e’ molto elevato.. sono attive bande di criminali armati…crimini brutali sono frequenti e avvengono in tutto il Paese e in ogni momento del giorno… gli aggressori non esitano ad uccidere” (pagg. 6 e 7 ricorso).
3. Con il terzo motivo si denuncia, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione o falsa applicazione della lettura coordinata del Decreto Legislativo n. 286 del 1998, articolo 5, comma 6 e articolo 19 e del Decreto Legislativo n. 25 del 2008, articolo 8, comma 3, per mancato riconoscimento della protezione umanitaria, pur a fronte di un radicamento del richiedente nel territorio nazionale, comprovato dal regolare contratto di lavoro, documentato agli atti.
4. Con il quarto motivo si denuncia violazione o falsa applicazione del Decreto Legislativo n. 286 del 1998, articolo 5, comma 6 e del Decreto Legislativo n. 251 del 2007, articolo 34, nonche’ dell’articolo 2 Cost. e articolo 8 CEDU, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per non avere il Tribunale debitamente considerato che l’accertamento di una condizione di “vulnerabilita’” del soggetto va condotto attraverso una comparazione tra il vissuto prima della partenza e le conseguenze alle quali il richiedente sarebbe esposto in caso di rimpatrio.
5. I primi due motivi, vertenti sul diniego della protezione sussidiaria, da trattare congiuntamente in quanto tra loro connessi, meritano accoglimento, restando cosi’ assorbito l’esame del terzo e del quarto motivo, aventi ad oggetto il mancato riconoscimento della protezione umanitaria (c.d. tutela minore).
6. La nozione di “violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale” di cui all’articolo 14, lettera c) cit. devi essere interpretata in conformita’ della fonte Eurounitaria di cui e’ attuazione (direttive 2004/83/CE e 2011/95/UE), in coerenza con le indicazioni ermeneutiche fornite dalla Corte di Giustizia UE (v. in particolare, Corte Giustizia UE 17 febbraio 2009, Elgafaji, C-465/07; 30 gennaio 2014, Diakite’, C-285/12).
7. Secondo tale giurisprudenza, “Il danno definito all’articolo 15, lettera c), della direttiva, consistendo in una “minaccia grave e individuale alla vita o alla persona” del richiedente, riguarda il rischio di un danno piu’ generale. Infatti, viene considerata in modo piu’ ampio una “minaccia (…) alla vita o alla persona” di un civile, piuttosto che determinate violenze. Inoltre, tale minaccia e’ inerente ad una situazione generale di “conflitto armato interno o internazionale”. Infine, la violenza in questione all’origine della detta minaccia viene qualificata come “indiscriminata”, termine che implica che essa possa estendersi ad alcune persone a prescindere dalla loro situazione personale (punto 34, sent. Diakite’, citata). Cio’ premesso, si deve intendere il termine “individuale” nel senso che esso riguarda danni contro civili a prescindere dalla loro identita’, qualora il grado di violenza indiscriminata che caratterizza il conflitto armato in corso, valutato dalle autorita’ nazionali competenti impegnate con una domanda di protezione sussidiaria o dai giudici di uno Stato membro ai quali viene deferita una decisione di rigetto di una tale domanda, raggiunga un livello cosi’ elevato che sussistono fondati motivi di ritenere che un civile rientrato nel paese in questione o, se del caso, nella regione in questione correrebbe, per la sua sola presenza sul territorio di questi ultimi, un rischio effettivo di subire la minaccia grave di cui all’articolo 15, lettera c), della direttiva (punto 35). Tale interpretazione, che puo’ assicurare una propria sfera di applicazione all’articolo 15, lettera c), della direttiva, non viene esclusa dal tenore letterale del suo ventiseiesimo “considerando”, secondo il quale “(i) rischi a cui e’ esposta in generale la popolazione o una parte della popolazione di un paese di norma non costituiscono di per se’ una minaccia individuale da definirsi come danno grave” (punto 36). Infatti, anche se tale “considerando” comporta che la sola dichiarazione oggettiva di un rischio legato alla situazione generale di un paese non e’ sufficiente, in linea di principio, a provare che le condizioni menzionate all’articolo 15, lettera c), della direttiva sono soddisfatte in capo ad una determinata persona, la sua formulazione fa salva, utilizzando il termine “di norma”, l’ipotesi di una situazione eccezionale, che sia caratterizzata da un grado di rischio a tal punto elevato che sussisterebbero fondati motivi di ritenere che tale persona subisca individualmente il rischio in questione (punto 37). Il carattere eccezionale di tale situazione e’ confermato anche dal fatto che la protezione in parola e’ sussidiaria e dal sistema dell’articolo 15 della direttiva, dato che i danni definiti alle lettera a) e b) di tale articolo presuppongono una chiara misura di individualizzazione. Anche se certamente e’ vero che elementi collettivi svolgono un ruolo importante ai fini dell’applicazione dell’articolo 15, lettera c), della direttiva, nel senso che la persona interessata fa parte, come altre persone, di una cerchia di potenziali vittime di una violenza indiscriminata in caso di conflitto armato interno o internazionale, cionondimeno tale disposizione deve formare oggetto di un’interpretazione sistematica rispetto alle altre due situazioni ricomprese nel detto articolo 15 della direttiva e deve essere interpretata quindi in stretta relazione con tale individualizzazione (punto 38). A tale proposito, si deve precisare che tanto piu’ il richiedente e’ eventualmente in grado di dimostrare di essere colpito in modo specifico a motivo di elementi peculiari della sua situazione personale, tanto meno elevato sara’ il grado di violenza indiscriminata richiesto affinche’ egli possa beneficiare della protezione sussidiaria (punto 39). Si deve inoltre aggiungere che, al momento dell’esame individuale di una domanda di protezione sussidiaria, previsto dall’articolo 4, n. 3, della direttiva, si puo’, in particolare, tenere conto: dell’estensione geografica della situazione di violenza indiscriminata, nonche’ dell’effettiva destinazione del richiedente in caso di ritorno nel paese interessato, come risulta dall’articolo 8, n. 1, della direttiva, e – dell’esistenza, se del caso, di un serio indizio di un rischio effettivo come quello menzionato all’articolo 4, n. 4, della direttiva, indizio in considerazione del quale il requisito di una violenza indiscriminata richiesto per poter beneficiare della protezione sussidiaria puo’ essere meno elevato” (punto 40).
8. La valutazione del giudice di merito non e’ stata compiuta in coerenza con i richiamati presupposti normativi e giurisprudenziali, ove si consideri che lo stesso Tribunale:
a) ha dato atto che, dalle informazioni reperite (rapporti di (OMISSIS) 2017/2018), “in El Salvador la criminalita’ comune ed organizzata controlla di fatto parte del territorio per interessi connessi al sistema delle estorsioni e al narcotraffico; gli atti criminali vengono perpetrati su tutto il territorio nazionale soprattutto da bande armate (le c.d. “maras”) e colpiscono indistintamente salvadoregni e stranieri, gli episodi riferibili alle bande armate sono concentrati nelle citta’…. Si registrano atti criminali anche contro le forze dell’ordine, la magistratura e gli addetti al trasporto pubblico…” (pag. 7 del decreto);
b) ha qualificato tale situazione come “un contesto di violenza ascrivibile ad una delinquenza radicata, indice di instabilita’ che sfugge al controllo dello Stato”.
9. Il giudizio conclusivo espresso dal giudice di merito non rende comprensibile come l’accertata situazione di “delinquenza radicata”, in cui la violenza all’origine della minaccia ad un civile e’ ritenuta “indiscriminata” (ossia puo’ estendersi ad alcune persone a prescindere dalla loro situazione personale), esuli dal campo di applicazione della tutela sussidiaria, una volta che sia implicitamente ammesso che il grado di violenza indiscriminata abbia raggiunto un livello talmente elevato da far ritenere che un civile, se rinviato nel Paese o nella regione in questione correrebbe, per la sua sola presenza sul territorio, un rischio effettivo di subire detta minaccia.
10. Per tali assorbenti motivi, il decreto va cassato con rinvio al Tribunale di Milano che provvedera’ al riesame del merito della domanda e alla regolamentazione delle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo e il secondo motivo, assorbiti gli altri. Cassa il decreto impugnato e rinvia al Tribunale di Milano, in diversa composizione, anche per le spese.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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