Corte di Cassazione, sezione prima penale, Sentenza 22 aprile 2020, n. 12706.
Massima estrapolata:
In tema di esecuzione in Italia di sentenza straniera, il beneficio della liberazione anticipata può essere concesso anche con riferimento al periodo di detenzione espiato in uno Stato estero non rientrante nell’Unione europea a condizione che ciò sia previsto dalle disposizioni contenute in trattati bilaterali, o facenti parte del diritto internazionale generale, e che sussistano tutte le altre condizioni previste dall’art. 54, ord. pen.
Sentenza 22 aprile 2020, n. 12706
Data udienza 5 febbraio 2020
Tag – parola chiave: Sorveglianza – Liberazione anticipata – Periodi di carcerazione espiati nel territorio di uno Stato estero – Considerazione della disciplina pattizia esistente tra gli Stati – Applicazione degli istituti dell’ordinamento interno in caso di trasferimento in Italia del soggetto da Paese anche estraneo all’Unione Europea – Verifica della sussistenza delle condizioni di cui all’art. 54 l. n. 354/75 – Annullamento con rinvio
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MAZZEI Antonella P. – Presidente
Dott. CASA Filippo – Consigliere
Dott. BONI Monica – rel. Consigliere
Dott. MINCHELLA Antonio – Consigliere
Dott. CENTONZE Alessandro – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 12/06/2019 del Tribunale di sorveglianza di Napoli;
udita la relazione svolta dal Consigliere Boni Monica;
lette le conclusioni del P.G. Coccomello Assunta, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 12 giugno 2019, il Tribunale di sorveglianza di Napoli rigettava il reclamo proposto da (OMISSIS) avverso l’ordinanza del 19 novembre 2018, con la quale il Magistrato di sorveglianza di Avellino aveva respinto la sua richiesta di liberazione anticipata, proposta in riferimento al periodo detentivo dall’1 maggio 2010 all’11 novembre 2017, sofferto presso un istituto penitenziario della Repubblica Dominicana.
A fondamento della decisione il Tribunale rilevava che la carcerazione patita all’estero non poteva esse valutata quale detenzione sofferta in Italia per la possibile diversita’ dei presupposti richiesti per la concessione di benefici penitenziari e per la possibile applicazione di altri istituti, gia’ ottenuta dal reclamante durante lo stesso periodo detentivo, e che comunque anche la certificazione conseguita circa la buona condotta tenuta non riguardava l’intero arco temporale, oggetto dell’istanza.
2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione, per mezzo del suo difensore, il (OMISSIS), che ne ha chiesto l’annullamento per violazione di legge e vizio di motivazione ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e), in relazione all’articolo 54 ord. pen. e articolo 738 c.p.p.. Secondo il ricorrente, il Tribunale di sorveglianza ha disatteso il reclamo, richiamando la pronuncia della Corte di cassazione n. 3101.2 del 6/6/2012, che ha ritenuto valutabili i periodi di detenzione all’estero soltanto se cio’ si sia verificato in paesi dell’Unione Europea. Non ha considerato che altra pronuncia di legittimita’, la n. 19447 del 22/12/2017, aveva espresso principio meno restrittivo in riferimento a carcerazioni sofferte anche in ambito extraeuropeo ed in particolare in Canada; il Tribunale di sorveglianza ha ignorato la deduzione difensiva, sebbene agli atti fossero presenti la legge di ratifica ed esecuzione del Trattato sul trasferimento delle persone condannate tra lo Stato Italiano e quello di detenzione, la relazione comportamentale, dalla quale si evinceva che durante il periodo di riferimento il ricorrente aveva tenuto una ottima condotta, la sentenza di riconoscimento di quella straniera, dalla quale era possibile desumere che egli non aveva potuto godere di analoghi benefici nel corso della carcerazione all’estero.
3. Il Procuratore Generale presso questa Corte, Dott.ssa Coccomello Assunta, ha depositato requisitoria scritta e ha concluso per il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso e’ fondato e deve essere accolto.
1. L’impugnazione all’odierno esame pone un’unica questione in punto di diritto, che riguarda la valutabilita’, ai fini dell’applicazione della liberazione anticipata, di periodi di carcerazione che siano stati espiati nel territorio di uno stato estero. Nel caso in esame, la pena espiata parzialmente dal ricorrente nel territorio della Repubblica Dominicana riguarda il medesimo titolo emesso dall’autorita’ giudiziaria di quel paese, che, a seguito del suo riconoscimento e della traduzione del condannato nel territorio nazionale, e’ attualmente in esecuzione in Italia.
1.1. Il Tribunale di sorveglianza ha ritenuto di confermare la soluzione reiettiva a ragione di un duplice rilievo: per essere stata la detenzione espiata in Stato non facente parte dell’Unione Europea, il che ne pregiudicherebbe la considerazione ai fini della concessione del beneficio invocato, e per l’insufficienza dimostrativa della certificazione di buona condotta, rilasciata dall’autorita’ penitenziaria estera, riguardante comunque un periodo detentivo inferiore a quello per il quale l’istanza era stata avanzata.
1.2. Sotto il primo profilo considerato, il Tribunale di sorveglianza ha dichiaratamente inteso allinearsi all’insegnamento maggioritario di questa Corte (sez. 1, n. 21373 del 19/04/2013, Porcacchia” rv. 256084; sez. 1, n. 14357 del 13/02/2013, Fragala’ rv. 255342; sez. 1, n. 10724 del 08/11/2012, Gisana, rv. 255432; sez. 1, n. 31012 del 06/06/2012, Paci, rv. 253292; sez. 1, n. 46805 del 24/10/2012, dep. 2013, D’Anna, non massimata), secondo il quale il beneficio regolamentato dall’articolo 54 ord. pen. in favore del detenuto, che fornisca prova di partecipazione all’opera di rieducazione, e’ applicabile ai periodi di detenzione espiati in uno Stato estero per fatti giudicati nello stesso paese, ma soltanto a condizione che questo rientri nella Comunita’ Europea e che l’espiazione sia poi stata completata nello Stato italiano. Con il richiamato arresto e’ stato superato l’orientamento piu’ restrittivo, precedentemente affermatosi, secondo il quale “in tema di esecuzione in Italia di sentenza straniera, la liberazione anticipata puo’ trovare applicazione solo con riferimento al periodo della esecuzione della pena in Italia e non con riguardo al periodo di esecuzione sofferto nello Stato di condanna” (sez. 1, n. 33520 del 07/07/2010, Aita, rv. 248125).
1.3. La soluzione recepita dall’ordinanza impugnata, che la fa propria, ma senza argomentarne le ragioni giustificatrici, si basa sulle seguenti considerazioni:
– il testo letterale dell’articolo 54 ord. pen. non distingue se la detenzione da prendere in esame sia quella inflitta da un giudice italiano, ovvero da un giudice straniero, ne’ se la stessa sia stata in parte espiata in struttura carceraria estera;
– il principio della fungibilita’ delle detenzioni espiate in stati diversi, stabilito dall’articolo 738 c.p.p., trova significativa espressione nel processo di integrazione giuridica tra stati della Unione Europea;
– la previsione del Decreto Legislativo n. 161 del 2010, articolo 16, comma 1, nel dare esecuzione nel diritto interno alla decisione quadro 2008/909/GAI, volta all’armonizzazione dei sistemi esecutivi ed a una loro sostanziale fungibilita’, ha stabilito che “la pena espiata nello Stato di emissione e’ computata ai fini della esecuzione”;
– la Convenzione di Strasburgo del 1983 sul trasferimento delle persone condannate stabilisce che, con riguardo alla prosecuzione della esecuzione (articolo 10, comma 2), “se la sua legge lo esige”, lo Stato di esecuzione “puo’, per mezzo di una decisione giudiziaria o amministrativa, adattare la sanzione alla pena o misura prevista dalla propria legge interna per lo stesso tipo di reato”;:
– i principi costituzionali inducono a dare pratica attuazione agli istituti normativi nazionali ai fini della risocializzazione del detenuto e della garanzia di parita’ di trattamento quanto alla valutazione della pena, a prescindere dal luogo in cui sia espiata, anche in rapporto ad altri detenuti che non hanno subito in parte l’espiazione all’estero.
2. Osserva il Collegio che nella giurisprudenza di legittimita’ l’ostacolo alla considerazione della detenzione patita all’estero ai fini dell’accesso alla misura della liberazione anticipata, in dipendenza della difficolta’ di armonizzare le differenti legislazioni nazionali, quella dello Stato di condanna e quello di esecuzione richiesto di applicare il beneficio, non e’ considerato assoluto ed insuperabile. Gia’ in passato, prima che si affermasse la posizione di limitata apertura, espressa a partire da sez. 1, n. 31012 del 06/06/2012, Paci, rv. 253292, in riferimento ai periodi di carcerazione sofferti nei paesi dell’Unione Europea, questa Corte si era mostrata favorevole a considerare in termini possibilisti la detenzione trascorsa all’estero, sebbene in assenza della sottoposizione del condannato ad attivita’ trattamentali, quando la prova della partecipazione al percorso rieducativo fosse desunta da altri elementi significativi della volonta’ di superare l’esperienza criminosa e di mutare stile di vita (sez. 1, n. 2304 del 09/04/1996, Ronch, rv. 204923; sez. 1, n. 3193 del 15/07/1987, Ciaccio, rv. 176906; sez. 1, n. 17229 del 27/02/2001, Fidanzati, rv. 218745; sez. 1, n. 6204 del 12/11/1999, Gstrein, rv. 214832).
Ulteriore significativa evoluzione dei medesimi principi si riscontra, come gia’ detto, col riconoscimento della valutabilita’ della parziale espiazione della pena all’estero quando verificatasi in ambito Europeo, compresi i casi di sottoposizione del soggetto, in attesa di estradizione, a custodia cautelare in base a mandato di arresto internazionale e della conseguente considerazione quale presofferto del relativo periodo (sez. 1, n. 32275 del 16/02/2018, Medina, n. m.; sez. 1, n. 21373 del 19/04/2013, Porcacchia, rv. 256084; sez. 1, n. 7917 del 08/11/2012, dep. 2013, Gradica, n. m.).
2.1. L’ordinanza impugnata ha omesso di confrontarsi con il descritto percorso evolutivo della giurisprudenza di legittimita’ e non ha considerato che la rigidita’ del principio di diritto recepito non puo’ considerarsi incontrastato perche’ ha ricevuto recente smentita dalla sentenza sez. 1, n. 19447 del 22/12/2017, dep. 2018, Andriano’, n. m., che ha riconosciuto la possibilita’ di apprezzare il periodo detentivo anche se espiato al di fuori dell’ambito dell’Unione Europea, basandosi su argomenti che il Collegio ritiene di avvalorare e di dover ulteriormente sviluppare.
Va condivisa l’osservazione di quest’ultima pronuncia, secondo la quale molti degli argomenti che hanno indotto a superare la tradizionale chiusura al riconoscimento della liberazione anticipata per la pesa scontata all’estero mantengono eguale valore e forza persuasiva anche se riferiti alla detenzione espiata in Stati extraeuropei. Tanto vale certamente per i principi costituzionali che presiedono all’esecuzione penale e che pretendono la pena funzionale alla rieducazione del condannato, che orientano l’interpretazione ed applicazione degli istituti del diritto penitenziario ed operano in egual misura in riferimento a qualsiasi esperienza segregativa.
Anche la considerazione del tenore letterale dell’articolo 54 ord. pen. milita a favore della medesima conclusione, poiche’ la disposizione non contiene distinzioni di natura territoriale, ma si riferisce solamente ai semestri di “pena scontata” con la precisazione che per tale si deve ritenere anche il periodo espiato in regime di custodia cautelare e di detenzione domiciliare. Tale dato ermeneutico assume rilievo ed immutata validita’, a prescindere dal luogo in cui la detenzione venga sofferta e quindi dalla sua localizzazione all’interno o meno del territorio nazionale.
2.2. Nel contesto dell’acritico recepirnento dell’indirizzo interpretativo giurisprudenziale, alla considerazione del Tribunale di sorveglianza e’ altresi’ sfuggita la disciplina dettata dai sistema processuale interno sul tema dei rapporti con Stati esteri non partecipi dell’Unione Europea nell’ambito della cooperazione giudiziaria e degli effetti delle sentenze penali straniere, come modificata dal Decreto Legislativo 3 ottobre 2017, n. 149.
2.2.1. Viene in rilievo la disposizione di cui all’articolo 735 c.p.p., a norma dei cui commi 4 e 4-bis, quando sia operato il riconoscimento della sentenza penale emessa da autorita’ di altro Stato, alla corte di appello che vi proceda e’ riconosciuta la possibilita’: a) di applicare la sospensione condizionale della pena e la liberazione condizionale quando nella sentenza estera l’esecuzione sia stata condizionalmente sospesa o il condannato sia stato liberato sotto condizione, cosi’ sostituendo gli istituti originariamente applicati con quelli similari della legislazione italiana; b) di modulare le prescrizioni inerenti la liberta’ vigilata in termini non aggravati rispetto a quanto disposto nel provvedimento straniero; c) di adattare altri eventuali benefici, diversi da quelli previsti al comma 4 e riconosciuti dallo Stato di emissione, mediante la loro conversione in misure analoghe previste dall’ordinamento nazionale, cosi’ ampliando anche gli strumenti per la risocializzazione del condannato oltre i limiti di fruibilita’ di sospensione e liberazione condizionale.
Inoltre, l’articolo 738 c.p.p., comma 2, stabilisce che “nei casi di riconoscimento ai fini dell’esecuzione della sentenza straniera le pene e la confisca conseguenti al riconoscimento sono eseguite secondo la legge italiana. La pena espiata nello stato di condanna e’ computata ai fini dell’esecuzione”. La norma riconosce espressamente la fungibilita’ tra la pena espiata nello Stato di condanna e quella ancora da eseguire nello Stato in cui deve proseguire l’esecuzione e, nell’interpretazione gia’ offertane da questa Corte, si e’ affermato che la lettura coordinata dell’articolo 738 con l’articolo 735 c.p.p., fonda il diritto del condannato di non subire un trattamento punitivo piu’ gravoso di quello irrogato dall’autorita’ straniera e di mantenere eventuali benefici riconosciutigli dalla legislazione estera ed accordati durante l’esecuzione gia’ avvenuta, come nel caso della liberazione condizionale o della liberazione anticipata (sez. 1, n. 11425 dell’11/02/2004, Sciabica, rv. 227821; sez. 1, n. 3876 del 3/06/ 1996, Rotterdam, rv. 205344; sez. 1, n. 17162 del 28/02/1997, Giacon, rv. 207188; sez. 6, del 3/11/1995, De Curtis, rv. 203861).
E’ ben vero che la disciplina codicistica in esame, a norma dell’articolo 696 c.p.p., ha natura residuale ed e’ applicabile soltanto in assenza di convenzioni internazionali e del diritto internazionale generale o, comunque, nei limiti in cui tale normativa lasci privi di regolamentazione singoli aspetti della materia dell’esecuzione penale (sez. 1, n. 42895 del 27/10/2009, Arjan, rv. 245549; sez. 6, n. 35895 del 12/07/2004, Orkisz, rv. 230014; sez. 1, n. 4023 del 10/10/2003, dep. 2004, Spinelli, rv. 2270510).
2.2.2. A fronte del descritto contesto normativo, diviene necessario verificare l’eventuale esistenza di una disciplina pattizia applicabile nei rapporti fra lo Stato di condanna, ove sia stata scontata la detenzione oggetto di verifica, e lo Stato italiano e di una specifica disposizione regolatrice del trattamento dei detenuti propria dello Stato estero, onde stabilire, nel quadro di tutti gli elementi in concreto acquisibili, se possano ricavarsi indicazioni utili per l’applicazione dell’articolo 54 c.p., che, sul piano dei principi, non puo’ escludersi in via assoluta e definitiva.
Al riguardo dai giudici di merito nessuna attenzione e’ stata posta al Trattato bilaterale sul trasferimento di persone condannate, stipulato tra il Governo della Repubblica Italiana ed il Governo della Repubblica Dominicana in data 14 agosto 2002, ratificato con la L. 5 marzo 2010, n. 46. In particolare, rileva che con tale strumento pattizio gli Stati contraenti, replicando analoghe disposizioni della Convenzione di Strasburgo del 21 marzo 1983, regolante la medesima materia, abbiano individuato un obbiettivo comune: quello di favorire “il reinserimento sociale delle persone condannate”, quale scopo cui tendono le pene. A tale finalita’ sono ispirate le disposizioni successive, il cui contenuto e la cui interpretazione logico-sistematica e’ stata omessa dai giudici di merito nella conduzione di una disamina che sul piano delle fonti normative e’ gravemente carente.
L’articolo 8, paragrafo secondo, stabilisce che “l’esecuzione della condanna e’ regolata dalla legge dello Stato di esecuzione e questo Stato e’ l’unico competente a prendere ogni decisione al riguardo” cosi’ conferendo all’autorita’ giudiziaria del paese in cui sia avvenuto il trasferimento del condannato il potere di decidere circa l’ammissibilita’ degli istituti che regolano la espiazione della pena. Lo stesso articolo al paragrafo terzo prevede che “lo Stato di condanna non puo’ piu’ eseguire la pena se lo Stato di esecuzione considera la pena interamente espiata”, il che equivale alla conferma del potere esclusivo di valutare e disciplinare l’andamento e la durata della espiazione della pena detentiva, anche mediante applicazione di istituti piu’ favorevoli, in capo allo Stato di esecuzione. L’articolo 9 del Trattato riconosce, in caso di protrazione dell’esecuzione a seguito del trasferimento del condannato, sia il divieto di reformatio in peius in suo danno, sia il potere di adattamento, a mezzo di decisione giudiziaria o amministrativa, della sanzione alla legislazione dello Stato di esecuzione, il che comporta la possibilita’ che nella rimodulazione della pena non possa superarsi il limite massimo di quella inflitta col titolo di condanna, formatosi all’estero, e nemmeno lo stesso limite previsto dalla legge dello Stato di esecuzione, il che, a contrariis, non esclude che possa scendersi al di sotto della soglia minima. L’articolo 5 disciplina poi le reciproche informazioni che i contraenti si devono scambiare, prevedendo che lo Stato di condanna trasmetta a quello di esecuzione notizie “d) sulla natura, durata e data di inizio della condanna;… sulla custodia cautelare sui condoni di pena o su qualsiasi altro elemento relativo all’esecuzione della condanna; g)…ogni informazione sul trattamento nello Stato di condanna e ogni raccomandazione per la prosecuzione del trattamento nello Stato di esecuzione”. Nell’ambito dello scambio di informazioni rientrano anche le notizie riguardanti l’eventuale applicazione di grazia, amnistia ed indulto ed il momento in cui deve considerarsi cessata l’esecuzione della condanna.
2.2.3. L’analisi della disciplina pattizia applicabile al caso di specie convince che, a seguito del trasferimento del condannato, nello Stato che l’ha ricevuto si apre un procedimento giurisdizionalizzato che impone la ricognizione ed il rispetto di natura e durata della pena inflitta con la condanna e, in caso di incompatibilita’ della stessa con la legge dello Stato in cui deve proseguire l’esecuzione, l’adattamento alla sua legislazione con il limite invalicabile del divieto di sottoporre il soggetto ad un regime punitivo deteriore in termini quantitativi rispetto alla sanzione massima prevista per lo stesso reato dalla legge dello Stato di esecuzione. Tanto pero’ non autorizza a ritenere che, quanto alle modalita’ del trattamento penitenziario, non possa farsi applicazione delle misure ad esso relative nella fase dell’esecuzione secondo la normativa vigente nello Stato di esecuzione, in conformita’ a quanto gia’ riconosciuto in passato in riferimento agli istituti di diritto penitenziario della liberazione anticipata e dell’affidamento in prova (sez. 1, n. 42895 del 27/10/2009, Arjan, rv. 245549; sez. 6, n. 42996 del 7/10/2003, Mazzucchetti, rv. 228190; sez. 1, n. 2601 del 30/03/1999, Di Carlo, rv. 213490).
In conclusione, quale ulteriore sviluppo della riflessione teorica sull’istituto al quale il ricorrente ha chiesto di poter accedere, puo’ formularsi il seguente principio di diritto: “Quando, a seguito di trasferimento in Italia del cittadino italiano, condannato a pena detentiva con sentenza irrevocabile emessa da autorita’ giudiziaria di paese estero, si debba completare l’espiazione della pena nel territorio nazionale, il beneficio della liberazione anticipata puo’ essere applicato con riferimento al periodo di detenzione espiato nello Stato estero, anche se estraneo all’Unione Europea, a condizione che esistano disposizioni, contenute in convenzionali bilaterali o facenti parte del diritto internazionale generale, che consentano all’autorita’ giudiziaria italiana l’applicazione degli istituti dell’ordinamento interno, riguardanti il trattamento penitenziario, nella sussistenza di tutte le altre condizioni previste dalla L. 26 luglio 1975, n. 354, articolo 54”.
3. La valutazione critica del provvedimento impugnato in base ai superiori principi convince della sua illegittimita’ sotto diversi profili.
3.1. Per quanto gia’ esposto, l’affermazione in termini assoluti dell’impossibilita’ di considerare il periodo di carcerazione patito negli istituti penitenziari della Repubblica Dominicana omette la considerazione delle fonti normative richiamate, interne ed internazionali, e di verificare la possibilita’ di condurre nel caso specifico un’interpretazione del parametro normativo interno di riferimento, l’articolo 54 ord. pen., costituzionalmente orientata al rispetto della funzione rieducativa della pena, criterio ispiratore della legislazione sull’esecuzione penale anche nel paese estero ove e’ stata pronunciata condanna del (OMISSIS) e della disciplina pattuita tra i due Stati per il trasferimento delle persone condannate.
3.2. Sotto diverso aspetto, non e’ soddisfacente e non e’ coerente con il modello procedurale regolato dall’articolo 666 c.p.p., comma 5, richiamato, come tutte le disposizioni sull’esecuzione, dall’articolo 678 c.p.p., il giudizio di insufficienza della certificazione di buona condotta, rilasciata dall’autorita’ penitenziaria dominicana, anche perche’ non riguardante l’intero periodo detentivo espiato in quel paese.
Nell’ambito dei poteri istruttori, attivabili d’ufficio, riconosciuti dal citato articolo 666 e dei doverosi ed imprescindibili rapporti di cooperazione internazionale, regolati dal Trattato bilaterale del 2002, prima di provvedere in ordine all’istanza avanzata da (OMISSIS), il Tribunale di sorveglianza avrebbe dovuto attivare il meccanismo volto ad acquisire e scambiare informazioni tra Stato di condanna e Stato di esecuzione al fine di ottenere dati conoscitivi imprescindibili per la decisione e di accertare l’eventuale esistenza nell’ordinamento giuridico dominicano di istituti similari alla liberazione anticipata, l’eventuale fruizione da parte del condannato durante il periodo di permanenza nelle carceri di quel paese dello stesso beneficio o di altri incompatibili con l’applicazione della invocata misura premiale propria del diritto interno, l’andamento del trattamento con riguardo all’intero periodo di restrizione all’estero, il comportamento tenuto dal detenuto, lo svolgimento di attivita’ lavorativa e la partecipazione ad altre eventuali opportunita’ rieducative.
La mancata acquisizione di informazioni essenziali per l’apprezzamento in punto di fatto dei presupposti applicativi della liberazione anticipata vizia ulteriormente l’ordinanza impugnata, che va annullata con rinvio per nuovo esame al Tribunale di sorveglianza di Napoli, che dovra’ attenersi al principio di diritto espresso e colmare le lacune motivazionali riscontrate.
P.Q.M.
annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di sorveglianza di Napoli.
Si da’ atto che il presente provvedimento, redatto dal Consigliere BONI Monica, e’ sottoscritto dal solo Presidente del Collegio per impedimento alla firma dell’estensore, ai sensi del D.P.C.M. 8 marzo 2020, articolo 1, comma 1, lettera a).
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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