In tema azione individuale di responsabilità ai sensi dell’art. 2395 cod. civ

Corte di Cassazione, sezione sesta (prima) civile, Ordinanza 20 maggio 2020, n. 9206.

La massima estrapolata:

In tema azione individuale di responsabilità ai sensi dell’art. 2395 cod. civ., non rileva che il danno sia stato arrecato dagli amministratori nell’esercizio del loro ufficio o al di fuori di tali incombenze, ovvero che tale danno sia ricollegabile ad un inadempimento della società, né infine che l’atto lesivo sia stato eventualmente compiuto dagli amministratori nell’interesse della società ed a suo vantaggio, dato che la formulazione della richiamata norma pone in evidenza che l’unico dato significativo ai fini della sua applicazione è costituito appunto dall’incidenza del danno.

Ordinanza 20 maggio 2020, n. 9206

Data udienza 20 novembre 2019

Tag – parola chiave: Società di capitali – Organi sociali – Amministratori – Responsabilità – Azione del socio e del terzo – Esperibilità – Presupposti – Immediata incidenza del danno sul patrimonio del socio o del terzo – Rilevanza esclusiva

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE PRIMA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente

Dott. MARULLI Marco – Consigliere

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 12670-2019 proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 175/2019 della CORTE D’APPELLO di LECCE SEZIONE DISTACCATA di TARANTO, depositata il 20/03/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 20/11/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ALDO ANGELO DOLMETTA.

FATTI DI CAUSA

1.- (OMISSIS) ha convenuto avanti al Tribunale di Taranto (OMISSIS), quale amministratore della s.r.l. (OMISSIS), e (OMISSIS), quale liquidatore della medesima societa’, per sentire accertare la loro responsabilita’ ex articolo 2395 c.c., anche con condanna al risarcimento dei conseguenti danni.
A fondamento della propria richiesta ha posto il comportamento tenuto da costoro nell’ambito dell’esecuzione di una transazione che aveva concluso con (OMISSIS), in proprio e nella veste di amministratore della s.r.l. (OMISSIS).
2.- Con sentenza depositata nel marzo 2017, il Tribunale di Taranto ha accolto le domande attoree.
Avverso la sentenza e’ stato proposto appello avanti alla Corte di Lecce – Sezione di distaccata di Taranto. Che lo ha respinto, con sentenza depositata in data 20 marzo 2019.
3.- In proposito, la Corte territoriale ha prima di tutto respinto l’eccezione di nullita’ della sentenza del primo grado per vizio di costituzione del giudice del primo grado, “per avere lo stesso pronunciato sentenza nella causa R.G. n. 447/2009, promossa avanti al Tribunale di Taranto al fine di ottenere declaratoria di nullita’ della transazione del 12.8.2006”.
Anche richiamando l’orientamento di questa Corte, la sentenza ha ritenuto che la circostanza che un magistrato sia stato autore di pronunce in “cause analoghe e parallele” non integra causa di astensione obbligatoria, pure sottolineando che la disposizione dell’articolo 51 c.p.c., “non e’ suscettibile di interpretazione estensiva, ne’ analogica”.
4.- In prosieguo, la Corte territoriale ha respinto l’eccezione di invalidita’ della transazione per pretesa temeraria ai sensi dell’articolo 1971 c.c..
Riscontrato che per integrare la fattispecie richiamata occorre che la pretesa sia totalmente infondata e che la parte versi in mala fede, la sentenza ha rilevato, in primo luogo, che una delle pretese azionate da (OMISSIS) era “tutt’altro che temeraria, “considerate le circostanze con cui (OMISSIS) aveva spregiudicatamente estromesso dal progetto di costruzione e dal relativo affare il (OMISSIS)”.
Ha osservato, altresi’, che “quella del 12.8.2006 (era) una “transazione generale”: a fronte di tutte le pretese (di adempimento e risarcitorie) di (OMISSIS), il (OMISSIS) e la societa’ dallo stesso costituita proprio per dare esecuzione al progetto ideato con il (OMISSIS), si impegnavano a trasferirgli due unita’ immobiliari con relativi box”; “alla concessione in favore del (OMISSIS) si contrapponeva il totale sacrificio di tutte le pretese di quest’ultimo”.
5.- Inoltre, la Corte territoriale ha giudicato infondata la doglianza degli appellanti, per cui nella specie non sussistevano i presupposti per far valere nei loro confronti la responsabilita’ prevista dall’articolo 2395 c.c..
Riscontrato che la responsabilita’ considerata da tale norma ha natura extracontrattuale e che attiene agli atti dolosi o colposi degli amministratori che danneggino direttamente un socio o un terzo, la sentenza ha osservato quanto segue.
“E’ indubbio che tanto il (OMISSIS), quanto il (OMISSIS), quest’ultimo quale “uomo di paglia” liquidatore della (OMISSIS) s.r.l., abbiano posto in essere condotte dolosamente volte a danneggiare il (OMISSIS). Il primo, in particolare, aveva estromesso di fatto quest’ultimo dal comune progetto di lottizzazione ed edificazione di un complesso immobiliare in (OMISSIS), sostanzialmente sostituendolo con una societa’ interamente facente capo a lui, la (OMISSIS) appunto, che acquistava il vasto suolo gia’ compromesso in vendita a entrambi. Per evitare la condanna al risarcimento dei danni derivanti da una simile condotta, il (OMISSIS) in proprio e quale amministratore di (OMISSIS) stipulava la piu’ volte menzionata transazione, che veniva garantita con polizza fideiussoria”.
“Dopo avere venduto tutte le unita’ immobiliari edificate, tranne le due promesse al (OMISSIS) con la transazione, la (OMISSIS) veniva posta in liquidazione e il (OMISSIS), uomo di paglia a tutto tondo, ne era nominato liquidatore; invece di comparire innanzi al notaio, per come convenuto, onde trasferire la proprieta’ dei due immobili, (OMISSIS), quale liquidatore di (OMISSIS), prometteva in vendita le dette unita’ immobiliari al tale (OMISSIS) e alla sorella (OMISSIS). A quel punto il (OMISSIS) chiedeva, e otteneva dal giudice presso il Tribunale di Taranto, sequestro conservativo, che trascriveva il 31.3.2009, realizzando che lo stesso giorno, ma con numero anteriore, erano state trascritte le compravendite dei due immobili in favore della (OMISSIS) e di tale (OMISSIS)”.
“A cio’ si aggiunga che la (OMISSIS) non provvedeva a pagare l’ultima rata della polizza fideiussoria, che pertanto veniva meno, lasciando cosi’ il (OMISSIS) “con un pugno di mosche in mano””.
Da tali accadimenti, la Corte pugliese ha tratto la sussistenza, “piu’ che evidente”, del “dolo che connotava le condotte degli odierni appellanti”, che “causavano un danno diretto a (OMISSIS), agendo nelle rispettive vesti al solo scopo di frodare quest’ultimo, sulla scorta di un rapporto e di un intento fraudolento addirittura anteriori alla nascita della societa’”. “I danni subiti dall’appellato non rivenivano dall’incapienza della compagine sociale, ma direttamente dalle condotte tenute dagli appellanti, tra cui l’omesso pagamento dell’ultima rata della polizza fideiussoria. E’ appena il caso di aggiungere che l’amministratore incorre in responsabilita’ anche quando agisce nell’interesse della societa’”.
6.- Avverso questo provvedimento presentano ricorso (OMISSIS) e (OMISSIS), affidandosi a cinque motivi di cassazione.
Resiste, con controricorso, (OMISSIS).
7.- Entrambe le parti hanno anche depositato memorie.

RAGIONI DELLA DECISIONE

8.- Il primo motivo di ricorso assume “nullita’ del procedimento ex articolo 360 c.p.c., n. 4, in relazione all’articolo 158 c.p.c., e all’articolo 51 c.p.c.”.
Ritiene dunque il ricorrente che, nella specie, ricorra un’ipotesi di nullita’ della sentenza del primo grado del giudizio ex articolo 51, n. 4, e articolo 158 c.p.c.. Questo perche’ il giudice, “che nel giudizio promosso da (OMISSIS) s.r.l. contro (OMISSIS), avente a oggetto la domanda di accertamento di invalidita’ della transazione 12.8.2006 aveva rigettato la domanda con sentenza 41/2013, e’ stato chiamato nel primo grado del secondo giudizio, la cui sentenza d’appello e’ oggetto della presente impugnazione, a decidere in via d’eccezione riconvenzionale, la medesima questione sollevata dai convenuti, parti diverse da (OMISSIS) s.r.l., ma chiamati a rispondere quali amministratore liquidatore per l’inadempimento della medesima transazione”.
Ad avviso del ricorrente, “per tale ragione il Tribunale… non ha potuto avere la medesima serenita’ e obiettivita’ che avrebbe avuto senza un componente, peraltro il relatore, portatore di un pregiudizio in quanto giudice della sentenza 41/13 avente il medesimo oggetto”.
9.- Il motivo non e’ fondato.
Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, la norma dell’articolo 51 c.p.c., non e’ suscettibile di applicazione analogica e nemmeno estensiva (Cass., 27 dicembre 1996, n. 11505; Cass., 9 febbraio 1998, n. 1323; 14 luglio 2006, n. 16119).
La specie rappresentata dal ricorrente richiama due distinti giudizi, svoltisi avanti al Tribunale di Taranto: uno con R.G. n. 447/2009; l’altro (ora pendente avanti a questa Corte) con R.G. n. 6822/2009. La norma dell’articolo 51 c.p.c., n. 4, e’ univoca, peraltro, nel fermare l’astensione obbligatoria al caso in cui il giudice “ha conosciuto” della causa “in altro grado del processo o come arbitro o via ha prestato assistenza come consulente tecnico”.
Puo’ non essere inopportuno ricordare, in connessione con quanto appena rilevato, che la recente pronuncia di Cass., 5 giugno 2019, n. 15268 ha espressamente ribadito che la norma in discorso “e’ rivolta ad assicurare la necessaria alterita’ del giudice chiamato a decidere, in sede di impugnazione, sulla medesima res iudicanda in un unico processo, per cui l’obbligo non puo’ essere inteso nel senso di operare in nuovo e distinto procedimento”: “ancorche’ riguardante le stesse parti” (come peraltro non e’ nel caso di specie) e “pur se implicante la risoluzione di identiche questioni” (secondo quanto allega, nel caso di specie, il ricorrente).
10.- Il secondo motivo di ricorso assume “violazione di legge ex articolo 360, n. 3, in relazione agli articoli 1971, 1975, 1419, 1325 c.c., articolo 12 preleggi, articoli 1434 e 1418 c.c., in relazione all’articolo 629 c.p.”.
Nel concreto, il motivo assume che’ errata la qualificazione di “transazione generale” fatta propria dalla Corte di Appello: si tratta, invece, di una transazione speciale “in quanto relativa a rapporti specificamente dedotti e individuati”; comunque, tale qualificazione e’ irrilevante per la valutazione dell’applicazione dell’articolo 1971 c.c., in quanto “la transazione generale trova disciplina eccezionale nell’ipotesi tassativa e speciale descritta dall’articolo 1975 c.c.”.
Nella specie – prosegue il motivo – e’ peraltro “pacifico che la domanda di nullita’ del contratto con cui (OMISSIS) aveva acquistato il suolo… si connotava di temerarieta’”; si’ che determinante e’ il problema della “rilevanza della pretesa temeraria” rispetto alle altre pretese pure fatte oggetto di transazione. Tale problema va risolto – assume il ricorrente non gia’ sulla base del criterio dell’eventuale totale infondatezza delle pretese fatte valere da una delle parti della transazione, bensi’ sulla base della c.d. regola di propagazione di cui all’articolo 1419 c.c..
11.- Il motivo non e’ fondato.
Secondo l’orientamento della giurisprudenza di questa Corte, si ha transazione “generale”, quando le parti in lite “chiudono definitivamente ogni contestazione su tutti i loro pregressi rapporti”, quando l’accordo investe, cioe’, “ogni contrapposta pretesa” rispetto ai rapporti in essere tra le parti (cfr., di recente, Cass., 5 luglio 2019, n. 18129).
A questo criterio si e’ indubbiamente attenuta la sentenza impugnata, che ha per l’appunto rilevato come la transazione esaminata concernesse tutte contrapposte pretese correnti tra le parti (cfr. sopra, il n. 4). Lo stesso ricorrente, d’altro canto, non viene a isolare, in proposito, altre pretese, o rapporti, che le parti dell’accordo in questione abbiano trascurato o comunque lasciato da parte.
E’ da aggiungere che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, la transazione generale puo’ essere impugnata ex articolo 1971 c.c., solo se la pretesa complessivamente fatta valere da una parte sia “totalmente” infondate e sempre che la stessa versi in mala fede (Cass., 25 settembre 2015, n. 19023; Cass., 3 aprile 2003, n. 5139).
12.- Col terzo motivo, il ricorrente assume che la sentenza impugnata ha errato nello stabilire la responsabilita’ ex articolo 2395 e 2476 c.c., di (OMISSIS) e (OMISSIS). Questo perche’ la pronuncia ha ritenuto “gli amministratori direttamente responsabili per i danni da inadempimento della transazione sulla base di una ricostruzione della vicenda fondata sulla riconducibilita’ dell’inadempimento alla volonta’ dell’organo di amministrazione, ma senza l’isolamento nella fattispecie di alcun comportamento degli amministratori atto a collocarsi fuori dalla sfera di operativita’ della rappresentanza organica e quindi in assenza di un qualsiasi atto degli amministratori che non fosse reversibile sulla societa’”.
13.- Il motivo non merita di essere accolto.
Ha riscontrato la pronuncia di Cass. 3 aprile 2007, n. 8359, che “secondo l’orientamento ormai consolidato”, non rileva che il “danno sia stato arrecato dagli amministratori nell’esercizio del loro ufficio o al di fuori di tali incombenze, ovvero che tale danno sia ricollegabile a un inadempimento della societa’, ne’ infine che l’atto lesivo sia stato eventualmente compiuto dagli amministratori nell’interesse della societa’ e a suo vantaggio, dato che la formulazione dell’articolo 2395 c.c., pone in evidenza che l’unico dato significativo ai fini della sua applicazione e’ costituito appunto dall’incidenza del danno”.
Con riferimento al caso specifico, che qui rileva, della responsabilita’ degli amministratori in relazione all’inadempimento contrattuale di una societa’ di capitali, questa Corte ha in piu’ occasioni enunciato il principio per cui la sussistenza di una “condotta dolosa o colposa degli amministratori medesimi, del danno e del nesso causale tra questa e il danno patito dal terzo contraente” si pongono come elementi tanto necessari, quanto sufficienti al riguardo (cfr., tra le altre, Cass., 8 settembre 2015, n. 17794; Cass., 12 giugno 2019, n. 15822).
E’ appena il caso di precisare che la valutazione del carattere doloso o colposo del comportamento nel concreto tenuto dagli amministratori e’ accertamento di fatto che esula dal sindacato proprio del giudizio dei legittimita’.
14.- Col quarto motivo, il ricorrente denuncia nullita’ del procedimento ex articolo 369 c.p.c., n. 4, e omesso esame di fatto decisivo per l’esito del giudizio.
La Corte territoriale – si rileva in proposito – non ha proprio preso in considerazione il fatto che la “mancanza di riferibilita’ agli amministratori dell’inadempimento della societa’ e del mancato rinnovo della fideiussione emergeva dal fatto che non vi era attivo idoneo a far fronte ai due debiti, l’uno verso il (OMISSIS) l’altro verso la Banca creditrice con garanzia ipotecaria sui due immobili per importo corrispondente al loro valore”. D’altronde – si aggiunge – “il rinnovo della fideiussione in una situazione di certa incapienza avrebbe esposto il fideiussore all’escussione e la societa’ (OMISSIS), gia’ priva di risorse finanziarie, al regresso”.
15.- Il motivo e’ inammissibile.
Come si e’ visto nell’esame del terzo motivo di ricorso (n. 13), la circostanza che il comportamento degli amministratori risulti eventualmente conforme all’interesse della societa’ non costituisce causa di esonero, o alleviamento, della responsabilita’ ex articoli 2395 e 2476 c.c.. Cosi’ come non lo e’ l’avere nel concreto preferito procedere a pagare un creditore, piuttosto che un altro (in proposito e’ anche da ricordare il principio espresso dalla norma della L. Fall., articolo 216, comma 3).
16.- Il quinto motivo di ricorso articola due censure.
La prima – che assume nullita’ del procedimento ex articolo 360 c.p.c., n. 4, – si sostanzia nel rilevare che l’affermazione della Corte pugliese “per coinvolgere il (OMISSIS) nelle responsabilita’ gestorie, pur avendo riconosciuto che lo stesso aveva cessato la carica in data anteriore, ancorata alla sua posizione di amministratore di fatto, tanto che il (OMISSIS) e’ stato qualificato una “testa di paglia; e’ frutto di suggestione non ancorandosi ad alcun dato processuale”.
La seconda – che assume violazione di legge in relazione agli articoli 2727 e 2729 c.c., – rileva che, comunque, l’affermazione della Corte territoriale per cui ” (OMISSIS) sarebbe stato un uomo di paglia di (OMISSIS) e’ in astratto frutto di un vizio del ragionamento presuntivo… del tutto privo dei requisiti di gravita’, precisione e concordanza”.
17.- Il motivo e’ inammissibile.
Lo stesso difetta, infatti, del necessario requisito della autosufficienza, posto che non indica ne’ la data in cui (OMISSIS) sarebbe cessato dalla carica di amministratore, ne’ riporta gli atti e i modi in cui, nel corso del giudizio di merito, l’attuale ricorrente avrebbe riportato le pur occorrenti indicazioni del registro delle imprese.
Il rilievo e’, in se’ stesso, dirimente. Tanto piu’ che la sentenza impugnata riscontra in modo esplicito che “il (OMISSIS) quale amministratore di (OMISSIS) non si presentava dinnanzi al notaio il (OMISSIS) per il definitivo trasferimento degli immobili compromessi” (cfr. p. 2) e, sulla scia di cio’, che – secondo quanto affermato dal controricorrente – la scadenza della rata della polizza fideiussoria, che non e’ stata onorata, cadeva il 31 dicembre 2008.
18.- In conclusione, il ricorso va respinto.
Le spese seguono la regola della soccombenza e si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte respinge il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida nella somma di Euro 8.100.00 (di cui Euro 100,00 per esborsi), oltre a spese forfettarie nella misura del 15% e accessori di legge.
Da’ atto, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, ove dovuto, secondo quanto stabilito dalla norma dell’articolo 13, comma 1 bis.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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