Corte di Cassazione, penale, Sentenza|7 dicembre 2020| n. 34853.
In tema di concorso di persone nel reato, il successivo accertamento della partecipazione di un agente ulteriore rispetto ai soggetti per i quali è stata già esercitata l’azione penale, non dà luogo ad un potenziale contrasto tra giudicati, neppure in modo virtuale ed in astratto, tenuto conto del diverso stadio in cui pendono i procedimenti e della piena conciliabilità dei fatti storici, nè dispiega preclusione alcuna nel procedimento successivamente instaurato, mentre consente in quello pendente l’introduzione di una diversa configurazione dei ruoli tra i concorrenti. (Fattispecie in cui, dopo la condanna in primo grado di due imputati quali autori materiali di un omicidio, a seguito di una nuova ricostruzione della dinamica del delitto ad uno di essi veniva attribuito il ruolo di autista, essendo stato individuato come co-esecutore un terzo soggetto).
Sentenza|7 dicembre 2020| n. 34853
Data udienza 23 ottobre 2020
Integrale
Tag – parola chiave: Misure cautelari personali – Omicidio – custodia cautelare in carcere – Impugnazioni – Giudizio di rinvio – Conferma della misura cautelare – Rilievi papillari – Gravità indiziaria – Sussistenza – Ragioni
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUINTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MICCOLI Grazia – Presidente
Dott. ROMANO Michele – Consigliere
Dott. TUDINO A. – rel. Consigliere
Dott. BRANCACCIO Matilde – Consigliere
Dott. RICCARDI Giuseppe – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 01/06/2020 del TRIB. LIBERTA’ di CATANIA;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. ALESSANDRINA TUDINO;
lette/sentite le conclusioni del PG Dr. PIRRELLI FRANCESCA ROMANA, che conclude per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con ordinanza del 1 giugno 2020, il Tribunale di Catania, in funzione di giudice del riesame dei provvedimenti restrittivi della liberta’ personale e decidendo in sede di rinvio in seguito ad annullamento pronunciato dalla Prima sezione di questa Corte con sentenza 13995/2020, ha rigettato l’istanza di riesame proposta da (OMISSIS) avverso l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale in sede del 19 dicembre 2019, con la quale e’ stata applicata all’indagato la misura della custodia cautelare in ordine alla partecipazione all’omicidio di (OMISSIS).
1.1. Dalla sentenza di annullamento risulta come l’uccisione del (OMISSIS) sia stata consumata la sera del (OMISSIS), mentre questi si trovava in compagnia di (OMISSIS), con cui intratteneva una relazione sentimentale, sull’autovettura Suzuki della donna, ferma in (OMISSIS). All’auto si erano avvicinati di corsa due uomini: il primo, armato di pistola, aveva minacciato la (OMISSIS) e, mentre il (OMISSIS) ne aveva preso il posto al lato guida, era stato trascinato fuori dall’abitacolo dal secondo uomo, che aveva iniziato a colpirlo con ripetute coltellate, fino a lasciarlo esanime in terra. Il (OMISSIS) era di seguito deceduto a causa di numerose ferite al collo ed al torace, che avevano interessato organi vitali: dagli accertamenti medico-legali erano stati rilevati 18 colpi. Sul veicolo erano rinvenute quattro impronte digitali, di cui solo una (reperto 1-B) utile per il confronto con la banca dati AFIS (Sistema identificativo automatizzato delle impronte) che aveva dato, allo stato, esito negativo.
Risulta, altresi’, come le indagini avessero consentito di identificare gli esecutori dell’omicidio in (OMISSIS) e (OMISSIS), rinviati a giudizio e condannati dalla Corte di assise di Catania per i fatti per cui si procede.
Le investigazioni successive si erano comunque indirizzate, a seguito di una segnalazione di natura confidenziale, su (OMISSIS), pluripregiudicato, tornato in liberta’ nel 2014 dopo una lunga detenzione, in rapporti di frequentazione con il (OMISSIS).
In occasione dell’arresto, il 24 maggio 2019, per porto illegale di un’arma da fuoco, il (OMISSIS) era stato sottoposto al prelievo delle impronte digitali, risultate corrispondenti ai rilievi papillari rinvenuti sul luogo dell’omicidio: in particolare, veniva accertata una doppia corrispondenza sul vetro posteriore sinistro della Suzuki, in quanto i reperti 1 e 1-B presentavano, rispettivamente, 7 e 15 punti caratteristici, coincidenti con il dito medio e il dito anulare della mano destra del (OMISSIS). Un’ulteriore comparazione aveva esaltato nuovamente i punti di corrispondenza, quantificati rispettivamente in 12 e 18.
1.2. Il compendio indiziario cosi’ delineato aveva determinato l’applicazione a carico dell’indagato della misura cautelare della custodia in carcere.
Decidendo sull’istanza di riesame del (OMISSIS), il Tribunale – ritenuta corretta la metodica di rilevamento delle impronte e affidabile la dimostrazione di corrispondenza dei reperti – ha reputato sussistere il necessario quadro di gravita’ indiziaria.
Secondo il Tribunale, le indagini dattiloscopiche collocavano il (OMISSIS) sulla scena del delitto e la traccia rilevata sul vetro posteriore sinistro della Suzuki indicava come lo stesso si fosse, evidentemente, appoggiato al veicolo nel momento dell’apertura dello sportello, lato guida, per l’estrazione del (OMISSIS) dall’abitacolo, conformemente al racconto della testimone oculare (OMISSIS). Nessun’altra spiegazione alternativa logica, riguardante la presenza delle impronte dell’indagato sull’autovettura, era stata, del resto, prospettata dalla difesa. A corroborare il quadro accusatorio concorreva l’accertata frequentazione dell’indagato, rivelata da intercettazioni ambientali, con (OMISSIS), gia’ a giudizio per l’omicidio e le cui impronte erano state rilevate su alcune buste di plastica ritrovate nei pressi del veicolo.
Il Tribunale ha ritenuto, infine, il concreto e attuale pericolo di reiterazione di condotte criminose analoghe, desunto dalla gravita’ del reato e dalla biografia penale dell’agente, soggetto di eccezionale pericolosita’, tuttora contiguo alla criminalita’ organizzata.
1.3. Con la sentenza indicata, la Prima sezione di questa Corte, premessa la valenza indiziaria del rilievo papillare, ne ha rimarcato la necessaria contestualizzazione, nel senso che “l’inferenza logico-deduttiva dell’impronta, quale indice del fatto che la persona cui essa appartiene si sia trovata sul luogo del commesso reato nel momento della sua realizzazione, deve essere sempre rapportata al relativo scenario, deve inserirsi in una sua ragionevole ricostruzione e, se il quadro indiziario e’ arricchito da altri elementi, deve convenientemente raccordarsi con essi”.
Ed in riferimento a siffatto standard ha reputato l’ordinanza impugnata carente, in rapporto: alle dichiarazioni della (OMISSIS), che collocano sulla scena solo due persone; all’identificazione degli autori materiali in (OMISSIS) e (OMISSIS), gia’ tratti a giudizio – e medio tempore condannati – quali esecutori materiali del delitto; alla consistenza indiziaria appena accennata a carico del solo (OMISSIS) e risolta, per il (OMISSIS), nel rilievo della sua latitanza, concludendo come l’ordinanza impugnata non spiegasse in che modo “…la presenza attiva di (OMISSIS) si saldi con tale pregresso scenario – ossia come tale dato possa conciliarsi con l’impianto accusatorio di partenza, e con il relativo corredo indiziario, che, seppure non ancora riscontrato (allora) da sentenza alcuna, e quindi evidentemente controvertibile, ha superato almeno il vaglio dell’udienza preliminare – ne’ altrimenti si interroga su come detto scenario possa e debba esserne, di conseguenza, modificato.
Appare evidente che, se (OMISSIS), per le impronte digitali lasciate, fosse da annoverare come uno dei due sicari, sarebbe indispensabile prefigurare una alternativa ricostruzione del crimine, e per validare l’ipotesi, anche in mera chiave cautelare, non si potrebbe prescindere da un’espressa e motivata valutazione di maggiore aderenza di tale seconda ricostruzione al quadro indiziario complessivo”.
2. Con l’ordinanza oggi impugnata, il Tribunale di Catania ha riconsiderato la dinamica dell’azione attraverso i dati oggettivi, collocando il (OMISSIS) sulla scena dell’omicidio in qualita’ di co-esecutore materiale, unitamente al (OMISSIS), e riservando al (OMISSIS) il diverso ruolo di autista.
Ha, in tal senso, ritenuto confermato il ruolo di esecutore materiale del (OMISSIS) in considerazione delle impronte digitali del medesimo, repertate su alcuni sacchetti in plastica contenenti un masso, rinvenuto sul posto e ritratto in mano ad uno degli agenti dalle telecamere del circuito di sorveglianza della vicina (OMISSIS) del regno dei testimoni di Geova; ha, invece, attribuito al (OMISSIS) il ruolo di autista, sia per essere di proprieta’ del medesimo l’auto utilizzata, visibile dalle stesse registrazioni, sia perche’ le luci posteriori dell’auto si erano accese prima che i due killers vi salissero a bordo, subito dopo l’esecuzione, prendendo posto nel vano posteriore dove sono state repertate tracce ematiche appartenenti alla vittima, dimostrando in tal modo la presenza di un terzo complice pronto alla fuga.
Ha, pertanto, rilevato come le impronte del (OMISSIS) sul vetro posteriore sinistro della Suzuki, rilasciate nella fase in cui il (OMISSIS) era stato trascinato all’esterno del veicolo, consentissero di attribuirgli il ruolo di co-esecutore materiale, mentre l’incedere claudicante di uno dei due agenti, gia’ reputato elemento identificativo del (OMISSIS), e’ stato reputato non necessariamente derivare da una condizione patologica e, comunque, coerente con l’eta’ del (OMISSIS), all’epoca settantaduenne.
Ha reputato sussistenti le esigenze cautelari, contenibili con la sola misura della custodia in carcere, in considerazione della eccezionale pericolosita’ dell’indagato, quale risultante dalla biografia criminale (detenuto per 37 anni sino al 2014 e coinvolto in frequentazioni con membri di spicco della criminalita’ organizzata dal 2016), dalla gravita’ del fatto e dal successivo arresto (nel maggio 2019) per porto d’arma carica clandestina; circostanze tali da escludere l’adeguatezza della misura degli arresti domiciliari secondo una valutazione di inaffidabilita’, non superabile mediante il richiamo alla diversa delibazione gia’ espressa rebus sic stantibus in altro procedimento, quando non ne era nota la compartecipazione nell’omicidio per cui si procede.
Ha, pertanto, nuovamente rigettato l’istanza di riesame.
3. Avverso la decisione adottata in sede di annullamento ha proposto ricorso per cassazione l’indagato, per mezzo del difensore di fiducia, Avv. (OMISSIS), articolando tre motivi, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari ai sensi dell’articolo 173 disp. att. c.p.p..
3.1. Con il primo motivo, deduce – sotto piu’ profili – vizio di motivazione in relazione alla ritenuta esistenza dei gravi indizi di colpevolezza, avendo il Tribunale enfatizzato i meri rilievi papillari, omettendo l’indagine di contesto invece indicata nella sentenza rescindente. In tal senso, il Tribunale si e’ limitato a sostituire l’indagato nel ruolo di esecutore materiale gia’ delineato a carico di (OMISSIS), ponendo a fondamento di siffatta ipotesi ricostruttiva la presenza delle impronte, con metodo errato ed autoreferenziale, in quanto resta incerta la circostanza nella quale le medesime furono impresse sull’auto ed in tal modo reiterando il vizio gia’ stigmatizzato nella sentenza d’annullamento. E mentre sul (OMISSIS) e sul (OMISSIS) gravano plurimi indizi, l’unico elemento di coinvolgimento del (OMISSIS) resta limitato al rilievo papillare, mentre alcun dato ulteriore ne consente la contestualizzazione. Di guisa che tutta la ricostruzione alternativa proposta viene ad essere viziata da una premessa incerta, finendo per confutare anche elementi identificativi – quali la zoppia del (OMISSIS) – gia’ ritenuti individualizzanti a carico del medesimo, a cui viene riattribuito, in via meramente congetturale, un diverso ruolo di partecipazione.
3.2. Con il secondo motivo, si denuncia violazione della legge processuale e correlato vizio della motivazione in relazione alla ritenuta esistenza delle esigenze cautelari. A sostegno dell’assunto, l’ordinanza impugnata avrebbe addotto elementi meramente assertivi e privi di adeguata sintomaticita’ prognostica, omettendo di replicare alle deduzioni difensive sul punto.
3.3. Con il terzo motivo, si deduce analoga censura in relazione alla ritenuta esistenza delle esigenze cautelari di eccezionale rilevanza.
A riscontro di queste ultime, necessarie per l’applicazione della custodia cautelare in carcere di soggetto ultrasettantenne, il Tribunale del riesame non avrebbe speso argomentazioni specifiche e, comunque idonee a rappresentare, con il necessario grado di straordinarieta’, l’adeguatezza della sola misura inframuraria, giungendo a smentire il proprio precedente pronunciamento che, in altro procedimento cautelare riguardante il (OMISSIS), aveva escluso il predetto carattere di eccezionale rilevanza delle esigenze, con statuizione coperta da giudicato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso e’ infondato.
1.Non colgono nel segno le censure articolate nel primo motivo di ricorso in riferimento alla trama dei gravi indizi di colpevolezza.
1.1. L’ordinanza impugnata si e’ mossa entro le rime tracciate dalla sentenza di annullamento, procedendo alla ricostruzione del ruolo degli agenti nell’ambito dell’incontestata dinamica dell’azione, sviluppando un percorso argomentativo che riconsidera del tutto razionalmente gli elementi probatori acquisiti a carico dei coimputati, come delineati nella sentenza non irrevocabile emessa a carico di costoro, proponendone una riedizione non preclusa dalla diversa sede processuale dell’accertamento cautelare rispetto a quello di merito, e che allinea gli indizi a carico del ricorrente secondo una sequenza che non evidenzia profili di irragionevolezza.
I termini del mandato rescissorio sono, essenzialmente, da ravvisarsi nella necessaria collocazione del rilievo papillare – che la stessa sentenza di annullamento non censura essere stato rilasciato in occasione del commesso delitto – nella ragionevole ricostruzione dello scenario, raccordandovi “convenientemente” gli ulteriori elementi, con particolare riferimento: alle dichiarazioni della (OMISSIS), che collocano sulla scena solo due persone; all’identificazione degli autori materiali in (OMISSIS) e (OMISSIS), gia’ tratti a giudizio – e medio tempore condannati – quali esecutori materiali del delitto; alla consistenza indiziaria appena accennata a carico del solo (OMISSIS) e risolta, per il (OMISSIS), nel rilievo della sua latitanza.
1.2. Ebbene, in riferimento a ciascuno dei concorrenti elementi indiziari, e senza preclusione alcuna alla riconsiderazione dell'”impianto accusatorio di partenza…evidentemente controvertibile”, anche all’esito della sentenza di condanna di primo grado dei coimputati emessa alla stregua degli elementi in quella sede disponibili, il Tribunale del riesame ha reso una ricostruzione che, alla stregua del sindacato rimesso alla presente sede cautelare, non evidenzia margini di criticita’ rispetto alla prognosi di condanna.
Ferma restando la certa attribuibilita’ al (OMISSIS) del rilievo papillare, di cui il medesimo indagato ha omesso di rappresentare alternative circostanze in cui il medesimo possa essere stato rilasciato (V. Sez. 5, n. 17366 del 20 gennaio 2020, Verbanovic, non massimata; Sez. 5, n. 54493 del 28/09/2018, i., Rv. 274167 sull’utilizzatabilita’ ai fini del giudizio di colpevolezza, in assenza di giustificazioni su detta presenza), il Tribunale ha confermato la presenza sul locus commissi delicti di (OMISSIS) – da identificarsi, dunque, in uno dei due sicari attivi sulla scena del crimine, conformemente a quanto ritenuto anche nel procedimento a suo carico – attraverso i rilievi rinvenuti su un sacchetto in plastica, visibile nelle mani di uno dei killers nella videoregistrazione in atti; ha, quindi, riattribuito a (OMISSIS) il ruolo di autista, in un quadro incontestato – definito dalla localizzazione delle celle telefoniche, dai contatti intercorsi con il (OMISSIS) e dall’auto utilizzata, gia’ apprezzato a fondamento dell’originaria contestazione – che finisce solo per riconsiderare il tratto individualizzante caratteristico della lentezza nella fuga, gia’ ritenuto coerente con la zoppia del medesimo (OMISSIS) ed ora, invece, reputato elemento compatibile con l’incedere di altro soggetto, alla luce dell’ulteriore rilievo – mai prima valorizzato – relativo alla previa accensione dei fari ed alla repentina partenza dell’auto del (OMISSIS) subito dopo che sulla medesima erano saliti i due esecutori materiali; rilievo tale da giustificare, del tutto razionalmente, la presenza a bordo di un terzo soggetto pronto alla fuga.
In tal guisa, l’ordinanza impugnata non solo fonda del tutto ragionevolmente il coinvolgimento di tre persone nell’agguato, ma assegna al (OMISSIS) un ruolo non incompatibile con quanto gia’ accertato, allo stato degli atti ex ante, a carico di costui, ove si consideri che, fermo restando l’apporto concorsuale ancorato a dati oggettivi, l’unico elemento individualizzante (valutazione dell’incedere di uno dei killers) a carico di costui non s’appalesa ostativo alla identificazione, supportata dal rilievo papillare, di altro soggetto nel medesimo ruolo.
1.3. Ne viene che la ricostruzione operata dal Tribunale non evidenzia i vizi che nel ricorso le si attribuiscono, nella misura in cui illumina, alla luce del novum introdotto con gli approfondimenti investigativi postumi rispetto al rinvio a giudizio dei due coimputati, l’unitaria ricostruzione dei fatti e del ruolo svolto dai tre agenti in concorso.
La situazione processuale in esame non e’, difatti, suscettibile di dar luogo, neppure virtualmente ed in astratto, ad un potenziale contrasto tra giudicati, stante il diverso stadio in cui gli accertamenti a carico degli agenti in concorso pendono e tenuto conto della piena conciliabilita’ dei fatti storici, come ridefiniti in questa sede, rispetto a quelli ancora in corso di accertamento (V. Sez. 1, n. 8419 del 14/10/2016 – dep. 2017, Mortola, Rv. 269757, Sez. 5, n. 633 del 06/12/2017 – dep. 2018, Boschetti, Rv. 271928 in tema di revisione).
Va, qui, sul punto solo precisato come, in tema di concorso di persone nel reato, il successivo accertamento della partecipazione di un agente ulteriore rispetto ai soggetti per i quali e’ stata gia’ esercitata l’azione penale non dispiega preclusione alcuna nel procedimento successivamente instaurato, mentre nel processo di merito ancora pendente una diversa configurazione dei ruoli potra’ essere nuovamente introdotta.
In tal senso, l’asimmetria derivante da approfondimenti successivi alla primigenia contestazione si pone del tutto in linea con il principio per cui l’affermazione della responsabilita’ a titolo di concorso nel delitto di omicidio, puo’ fondarsi su plurimi e convergenti indizi in ordine al pieno coinvolgimento degli imputati nella realizzazione dell’azione criminosa – posta in essere con modalita’ tali da richiedere la compartecipazione degli stessi con esclusione di possibili interventi di terzi – ancorche’ non sia stato possibile individuare l’autore materiale dell’azione tipica (Sez. 1, n. 12309 del 18/02/2020, Mazzara, Rv. 278628 in fattispecie in cui la Corte ha ritenuto esente da censure la sentenza di condanna che, pur non avendo accertato chi dei due imputati avesse sparato, aveva accertato, indiziariamente, la comune volonta’ di commettere l’omicidio, il comprovato rapporto di causalita’ efficiente rispetto all’evento realizzato, la presenza di entrambi sul luogo del delitto, la condivisione delle azioni successivamente poste in essere per disfarsi del cadavere, occultare le prove e subornare i testi).
1.4. Nel resto, gli accertati contatti intercorsi tra il (OMISSIS) ed il (OMISSIS), gia’ valorizzati nell’ordinanza annullata e non censurati in sede di annullamento, completano la definizione trilaterale del concorso di persone nel reato, proponendo una diversa distribuzione dei ruoli che potra’ essere introdotta nel procedimento di merito ancora pendente a carico dei coimputati, ma che non innesta frattura logica alcuna nella formulazione della prognosi di condanna a carico del (OMISSIS), rilevante in questa sede.
L’ordinanza impugnata ha, pertanto, fatto corretta applicazione dei principi enunciati nella sentenza rescindente.
Il primo motivo di ricorso e’, dunque, infondato.
2. La censure articolate nel secondo e nel terzo motivo sono, complessivamente, inconducenti.
2.1. Manifestamente inconferente e’ l’evocazione del giudicato cautelare riguardo l'(in)esistenza di esigenze cautelari di eccezionale rilevanza, derivante da analogo apprezzamento reso in altro procedimento a carico del medesimo indagato.
Secondo l’autorevole insegnamento di legittimita’ (Sez. U, n. 14535 del 19/12/2006 – dep. 2007, Librato, Rv. 235908), reiteratamente ribadito (Sez. 5, n. 27710 del 04/05/2018, PN in proc. Bertocchi, Rv. 273648), la portata e l’estensione del c.d. giudicato cautelare si risolvono nell’ambito del medesimo procedimento; in tal senso, e’ stato affermato come le ordinanze in materia cautelare, quando siano esaurite le impugnazioni previste dalla legge, hanno efficacia preclusiva “endoprocessuale” riguardo alle questioni esplicitamente o implicitamente dedotte, con la conseguenza che una stessa questione, di fatto o di diritto, una volta decisa, non puo’ essere riproposta, neppure adducendo argomenti diversi da quelli gia’ presi in esame.
Con siffatto principio il ricorrente non si confronta, rivendicando un effetto preclusivo che, all’evidenza, non sussiste, rimanendo la valutazione espressa nel diverso procedimento circoscritta agli elementi ivi introdotti e disponibili, senza alcuna incidenza sull’autonomo quadro cautelare delineato nella diversa vicenda processuale.
Si pretende, invero, di proiettare per rifrazione la valutazione gia’ espressa riguardo il (OMISSIS) in relazione al procedimento cautelare relativo ad imputazione in materia di armi, deciso da questa stessa sezione (V. Sez. 5, n. 27963 del 01/07/2020, Rv. 279538), nella presente vicenda cautelare, rispetto alla quale l’apprezzamento di eccezionale rilevanza del pericolo di reiterazione del reato e’ stato formulato per il delitto di omicidio aggravato e con specifico riferimento alla personalita’ dell’indagato, condannato per fatti specifici, ed all’attuale collegamento del medesimo con ambienti criminali mafiosi, in tal guisa venendosi a delineare un’assoluta asimmetria tra gli elementi nelle diverse sedi valutate.
2.2. Nel resto, l’ordinanza impugnata ha – come premesso – svolto una delibazione di imprescindibile necessita’ della misura inframuraria del tutto in linea coni postulati di cui all’articolo 275 c.p.p..
Le esigenze cautelari ex articolo 274 c.p.p., lettera c), debbono reputarsi, invero, addirittura conclamate, alla luce dei profili fattuali di cui si e’ appena dato conto, non senza aggiungere come i medesimi valgano senz’altro ad integrare il richiesto requisito della “concretezza”, da interpretarsi correttamente alla luce di quanto emerge dai passaggi argomentativi della motivazione della sentenza n. 20769 del 28.04.2016 delle Sezioni Unite di questa Corte, laddove l’Alto Consesso ha evidenziato come gli “indici rivelatori” da prendere in esame, ai fini della verifica della reale sussistenza del requisito in questione come pure di quello, formalmente distinto, della “attualita’” – sono da individuarsi nelle “specifiche modalita’ e circostanze del fatto e personalita’ dell’indagato o imputato”, cosi’ ancorandosi ad un giudizio prognostico che il Tribunale del riesame, lungi dall’aver eluso, ha puntualmente eseguito, nei termini gia’ esposti.
Altrettanto dicasi per i profili di critica che investono la pretesa violazione dei principi di proporzionalita’, adeguatezza e gradualita’, dei quali quello del “minor sacrificio necessario” non e’ altro che la declinazione, che si risolvono nell’astratta enunciazione dei principi medesimi, del tutto avulsa da qualsivoglia doveroso confronto con la realta’ della presente vicenda processuale, in cui la commissione di un ennesimo omicidio, vale a significare all’evidenza – cosi’ come opinato dal Tribunale – l’inadeguatezza della misura degli arresti domiciliari, anche alla luce delle plurime evasioni richiamate, con conseguente, necessitato ricorso a quella piu’ gravosa della custodia cautelare in carcere.
2.3. Non sono, infine, condivisibili neppure le censure svolte nel terzo motivo, con cui si e’ inteso contestare la ricorrenza di esigenze cautelari di eccezionale rilevanza.
E’ indubbio che il (OMISSIS), in quanto soggetto ultrasettantenne, rientri nell’ambito della sfera di operativita’ dell’articolo 275 c.p.p., comma 4, che prevede – in conformita’ alla consolidata interpretazione offertane dalla giurisprudenza di questa Corte – un rafforzamento degli indicatori del pericolo di reiterazione che, a fronte della elevata probabilita’ di rinnovazione dell’attivita’ delittuosa richiesta dall’articolo 274 c.p.p., nell’ipotesi disciplinata dall’articolo 275 diviene certezza della ripetizione (cfr. Sez. 5, n. 2240 del 05.12.2005 – dep. 2006, Rv. 233026; Sez. 2, n. 32472 dell’08.06.2010, Rv. 248352; in parte motiva, Sez. 6, n. 15016 del 13.02.2013): cio’ che consente di contemperare le esigenze di cautela con la salvaguardia di peculiari condizioni personali, che di per se’ sono tali da comportare un ordinario affievolimento delle medesime esigenze.
Tanto premesso e dato atto, altresi’, che a tal fine vanno apprezzati gli stessi elementi da valutarsi ai fini delle ordinarie esigenze cautelari, e’ stato ritenuto come “in tema di misure cautelari personali, le qualificate esigenze cautelari richieste dall’articolo 275 c.p.p., comma 4, si distinguono da quelle ordinarie solo per il grado del pericolo, nella specie di reiterazione, in quanto, a fronte dell’elevata probabilita’ di rinnovazione dell’attivita’ delittuosa richiesta dall’articolo 274 c.p.p., e’ necessaria la certezza che l’indagato, ove sottoposto a misure cautelari diverse dalla custodia in carcere, continui nella commissione di delitti della stessa specie di quello per cui si procede” (Sez. 6, n. 7983 del 01/02/2017, Rotunno, Rv. 269167), e che e’ immune da censure l’ordinanza del Tribunale del riesame che ravvisa la sussistenza delle esigenze cautelati di eccezionale rilevanza nella quantita’ di precedenti penali e giudiziari per delitti della stessa specie, che ne evidenzino l’esclusiva e sistematica abitualita’ alla commissione di delitti omogenei, di guisa che sia impossibile fronteggiare l’eccezionale pericolosita’ sociale con misure diverse dalla custodia in carcere” (cosi’ la gia’ citata sentenza n. 2240/2006 di questa Sezione); principio, quest’ultimo che – al di la’ dell’irrilevante differenza del profilo della persona attinta dalla misura – si attaglia perfettamente al caso di specie, in cui il Tribunale del riesame ha valorizzato la sistematica dedizione del (OMISSIS) a reati contro la persona commessi con violenza, comprovata dalle condanne definitive appositamente richiamate, nonche’ dalle recenti vicende di cui il prevenuto e’ stato protagonista (procedimento per possesso di arma clandestina), unitamente alle plurime condanne per evasione, a dimostrazione della incontestabile insofferenza dello stesso al rispetto delle prescrizioni impostegli e, per l’effetto, del mancato conseguimento di qualsivoglia effetto dissuasivo connesso a tale misura, ottenibile solo in via coatta, attraverso la custodia in carcere.
Il ricorso e’, pertanto, infondato.
3. Al rigetto del ricorso segue, ex articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’articolo 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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