Corte di Cassazione, penale, Sentenza|30 marzo 2021| n. 12052.
In tema di bancarotta, ai fini della determinazione della durata delle pene accessorie fallimentari, per la spiccata finalità specialpreventiva delle stesse, assumono significativo rilievo, oltre alla gravità della condotta, anche tutti gli elementi fattuali indicativi della capacità a delinquere dell’agente. (Fattispecie relativa al reato di bancarotta fraudolenta per distrazione, in cui la Corte ha ritenuto esente da censure la sentenza che aveva valorizzato sia l’entità delle spoliazioni accertate, sia la non occasionalità del coinvolgimento dell’imputato – già condannato per fatti di bancarotta fraudolenta – quale concorrente, in un meccanismo collaudato di distrazione di denaro dalla fallita, mediante un sistema di false fatturazioni e di riscossione di assegni in assenza di prestazione).
Sentenza|30 marzo 2021| n. 12052
Data udienza 19 gennaio 2021
Integrale
Tag – parola chiave: Fallimento – Bancarotta – Decisione del giudice di merito di applicare le pene accessorie fallimentari nella misura massima – Pene non rapportate alla pena principale in modo automatico – Insindacabilità in sede di legittimità
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUINTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE GREGORIO Eduardo – Presidente
Dott. DE MARZO Giuseppe – Consigliere
Dott. ROMANO Michele – Consigliere
Dott. SCORDAMAGLIA Irene – Consigliere
Dott. RICCARDI Giusepp – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 24/01/2019 della Corte di Appello di Milano;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere RICCARDI GIUSEPPE;
lette le richieste scritte ai sensi del Decreto Legge 28 ottobre 2020, n. 137, articolo 23, comma 8 del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale EPIDENDIO Tomaso, che ha concluso chiedendo l’inammissibilita’.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza emessa il 24/01/2019 la Corte di Appello di Milano ha confermato la sentenza del Gip del Tribunale di Milano del 26/10/2017 che aveva affermato la responsabilita’ penale di (OMISSIS) per il reato di concorso, quale terzo concorrente, nella bancarotta fraudolenta patrimoniale della (OMISSIS) s.r.l., per la distrazione di somme di denaro dell’importo di quasi 300 mila Euro.
E’ stato accertato che (OMISSIS), amministratore della societa’ (OMISSIS) s.a.s., aveva emesso numerose fatture per operazioni inesistenti nei confronti della (OMISSIS) s.r.l., incassando gli assegni rilasciatigli proprio dalla fallita, in un periodo di tempo prossimo al fallimento, allorquando era gia’ conclamato lo stato di dissesto.
2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore di (OMISSIS), Avv. (OMISSIS), deducendo due motivi di ricorso.
2.1. Con il primo si lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla sussistenza degli elementi oggettivo e soggettivo della bancarotta fraudolenta patrimoniale.
2.2. Con il secondo motivo si lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla durata della pena accessoria fallimentare.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo e’ inammissibile, essendo del tutto generico ed aspecifico, oltre che manifestamente infondato.
Oltre ad avere omesso qualsivoglia concreto confronto argomentativo con la sentenza impugnata, il motivo, nella sua estrema laconicita’ argomentativa, si limita a richiamare Sez. 5, n. 38396 del 23/06/2017, Sgaramella, Rv. 270763; il richiamo, tuttavia, appare astratto ed avulso dal concreto tessuto motivazionale della sentenza impugnata, atteso che, se la sentenza citata richiede, ai fini della sussistenza dell’elemento oggettivo e soggettivo del reato, la ricerca di “indici di fraudolenza” (“In tema di bancarotta fraudolenta per distrazione, l’accertamento dell’elemento oggettivo della concreta pericolosita’ del fatto distrattivo e del dolo generico deve valorizzare la ricerca di “indici di fraudolenza”, rinvenibili, ad esempio, nella disamina della condotta alla luce della condizione patrimoniale e finanziaria dell’azienda, nel contesto in cui l’impresa ha operato, avuto riguardo a cointeressenze dell’amministratore rispetto ad altre imprese coinvolte, nella irriducibile estraneita’ del fatto generatore dello squilibrio tra attivita’ e passivita’ rispetto a canoni di ragionevolezza imprenditoriale, necessari a dar corpo, da un lato, alla prognosi postuma di concreta messa in pericolo dell’integrita’ del patrimonio dell’impresa, funzionale ad assicurare la garanzia dei creditori, e, dall’altro, all’accertamento in capo all’agente della consapevolezza e volonta’ della condotta in concreto pericolosa”), non appare che, nella fattispecie concreta, sia possibile dubitare della loro ricorrenza in presenza di una condotta concorsuale caratterizzata da emissione di fatture false in numero, quantita’ e importi rilevanti e dalla ricezione di assegni senza che venisse eseguita la prestazione solo apparentemente pattuita; una condotta che, come evidenzia la sentenza impugnata, ha determinato un dissesto non insignificante.
2. Il secondo motivo, sulla durata delle pene accessorie fallimentari, e’ inammissibile, non soltanto perche’ non dedotto in appello, ma anche perche’ del tutto generico, limitandosi ad una mera contestazione della mancata riduzione e dei presupposti di fatto.
Al contrario, la Corte di appello, pur in assenza di un motivo, ha indicato i parametri di gravita’ del fatto e di capacita’ a delinquere del ricorrente che consentono di ritenere adeguata la durata delle pene accessorie in seguito alla sentenza della Corte costituzionale n. 222 del 2018, in maniera coerente ai criteri valutativi evidenziati dalla decisione costituzionale ed alle precisazioni contenute nella successiva sentenza “Suraci” delle Sezioni Unite.
Giova osservare, al riguardo, che, oltre alla rilevanza della distrazione accertata, viene in rilievo, nella fattispecie, il coinvolgimento dell’imputato nel meccanismo elaborato per la distrazione delle somme di denaro della fallita, mediante un sistema di fatture false e riscossione di assegni, e la condanna gia’ subi’ta per la bancarotta fraudolenta commessa con riferimento alla propria societa’, la (OMISSIS) s.a.s.; circostanze che, ai fini della determinazione della durata delle pene accessorie fallimentari, caratterizzate da una spiccata finalita’ specialpreventiva, assumono un significativo rilievo, trattandosi di un operatore imprenditoriale non coinvolto in maniera del tutto occasionale, bensi’ gia’ collaudato nelle logiche di spoliazione delle imprese.
Cio’ posto, va dunque ribadito che non e’ sindacabile in sede di legittimita’ il provvedimento del giudice del merito che, avvalendosi del proprio potere discrezionale, determini, in base ai criteri di cui agli articoli 132 e 133 c.p., con specifica e adeguata motivazione, le pene accessorie fallimentari nella misura massima prevista dalla legge, senza rapportarle automaticamente alla durata della pena principale (Sez. 5, n. 7034 del 24/01/2020 Murru, Rv. 278856, con riferimento ad una fattispecie in cui la Corte ha ritenuto adeguatamente motivata la decisione del giudice fondata sulla reiterazione delle condotte di frode in danno dei creditori, sul pregiudizio per la massa dei creditori e sui precedenti penali dell’imputato).
3. Alla declaratoria di inammissibilita’ del ricorso consegue la condanna al pagamento delle spese processuali e la corresponsione di una somma di denaro in favore della Cassa delle Ammende, somma che si ritiene equo determinare in Euro 3.000,00.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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