Corte di Cassazione, penale, Sentenza|29 gennaio 2021| n. 3595.
In tema di associazione di tipo mafioso, la sopravvenuta malattia dell’affiliato, suscettibile di impedirne, anche definitivamente, la partecipazione personale ai consessi ed alle attività operative dell’organizzazione, non comporta l’automatica rescissione del “pactum sceleris”, ove tale condizione non determini la totale incapacità, fisica o psichica, di interfacciarsi con gli altri componenti della compagine criminale e, dunque, di prendere parte ai suoi processi decisionali. (Fattispecie relativa a un affiliato che, dopo l’insorgere della malattia, aveva continuato a partecipare alla vita associativa attraverso il proprio figlio, subentrato nel gruppo all’esito di un passaggio di consegne).
Sentenza|29 gennaio 2021| n. 3595
Data udienza 4 novembre 2020
Integrale
Tag – parola chiave: Associazione mafiosa – Intercettazioni – Dichiarazioni di collaboratori di giustizia – Attendibilità – Configurabilità della partecipazione in caso di contributo continuativo e fiduciario al sodalizio con attribuzione di un ruolo preciso – Sussistenza del concorso esterno in caso di “extraneus” a disposizione dell’organizzazione – Genericità delle censure – Inammissibilità
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PETRUZZELLIS Anna – Presidente
Dott. CAPOZZI Angelo – Consigliere
Dott. BASSI Alessandra – Consigliere
Dott. VIGNA Maria Sabin – Consigliere
Dott. SILVESTRI Pietro – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 15/04/2019 della Corte d’appello di Palermo;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. Bassi Alessandra;
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dr. Perelli Simone, che ha concluso chiedendo il rigetto di tutti i ricorsi;
uditi i difensori delle parti civili, avv. (OMISSIS) per “Associazione Antiracket La Verita’ Vive”, anche in sostituzione dell’avv. (OMISSIS) per “Associazione Antiracket e Antiusura Trapani”, “Confindustria Trapani” e dell’avv. (OMISSIS) per “Associazione Antiracket e Antiusura Alcamese” e dell’avv. (OMISSIS) per il “Comune di Castelvetrano”, e avv. (OMISSIS) in sostituzione dell’avv. (OMISSIS) per “Centro Studi ed Iniziative Pio La Torre Onlus”, i quali hanno concluso associandosi alle richieste del P.G. nonche’ riportandosi alle comparse conclusionali e note spese depositate a verbale;
uditi i difensori dei ricorrenti, avv. (OMISSIS) per (OMISSIS) anche in sostituzione dell’avv. (OMISSIS) e dell’avv. (OMISSIS) per (OMISSIS), avv. (OMISSIS) in sostituzione dell’avv. (OMISSIS) per (OMISSIS), avv. (OMISSIS) per (OMISSIS) e avv. (OMISSIS) per (OMISSIS), i quali hanno concluso insistendo per l’accoglimento dei ricorsi da essi proposti.
RITENUTO IN FATTO
1. Con il provvedimento in epigrafe, la Corte d’appello di Palermo, giudicando sulle impugnazioni proposte avverso la sentenza del 2 maggio 2016, resa dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Palermo all’esito del giudizio abbreviato, ha confermato la condanna di (OMISSIS) alla pena di anni quattro di reclusione per il reato contestato al capo 2) di favoreggiamento aggravato dall’agevolazione dell’associazione mafiosa e, in riforma dell’appellata decisione:
– ha rideterminato in anni dodici di reclusione la pena inflitta – con le correlative pene accessorie e statuizioni civili – nei confronti (OMISSIS) per il reato pluriaggravato di partecipazione all’associazione per delinquere di stampo mafioso di cui al capo 1);
– ha rideterminato in anni undici di reclusione la pena inflitta – con le correlative pene accessorie e statuizioni civili – nei confronti di (OMISSIS) per il reato pluriaggravato di partecipazione all’associazione per delinquere di stampo mafioso di cui al capo 1);
– ha rideterminato in anni quattordici e mesi quattro di reclusione la pena inflitta – con le correlative pene accessorie e statuizioni civili – nei confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS) per il reato pluriaggravato di partecipazione all’associazione per delinquere di stampo mafioso di cui al capo 1);
– ha rideterminato in anni otto di reclusione la pena inflitta – con le correlative pene accessorie e statuizioni civili – nei confronti di (OMISSIS), previa riqualificazione del fatto di cui al capo 1) di partecipazione all’associazione di stampo mafioso in quello di concorso esterno in associazione di stampo mafioso ai sensi dell’articolo 110 c.p. e articolo 416-bis c.p., commi 1, 3, 4 e 6.
1.1. In particolare, sub capo 1) e’ contestato a (OMISSIS) e (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) di avere, in concorso tra loro e con altri numerosi associati – tra cui (OMISSIS) -, fatto parte dell’associazione mafiosa “Cosa nostra”, avvalendosi insieme della forza di intimidazione del vincolo associativo e della derivante condizione di assoggettamento ed omerta’, per commettere delitti ed acquisire in modo diretto o indiretto – la gestione, o comunque il controllo, di attivita’ economiche, concessioni, autorizzazioni, appalti e servizi pubblici, realizzando profitti e vantaggi ingiusti per se’ o per altri, nonche’ per impedire e ostacolare il libero esercizio del voto; con l’aggravante della associazione armata e del reinvestimento in attivita’ economiche finanziate con i proventi dei delitti nonche’, quanto a (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), di aver commesso il fatto durante il periodo previsto per l’applicazione di misure di prevenzione personale e comunque sino a tre anni dal momento in cui e’ cessata l’applicazione; fatto contestato per (OMISSIS) “dal (OMISSIS) sino alla data odierna”; per (OMISSIS) “dal 1994 sino alla data odierna”; per (OMISSIS) e (OMISSIS) “sino alla data odierna”; per (OMISSIS) “dal novembre 1998 sino alla data odierna”; con contestazione della recidiva specifica per (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS).
Sub capo 2) e’ contestato al solo (OMISSIS) di avere, in concorso con altri, in piu’ occasioni ed in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, aiutato diversi partecipi dell’associazione mafiosa “Cosa nostra” – tra cui (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) e (OMISSIS) – ad eludere le investigazioni svolte nei confronti di costoro e, segnatamente, al fine di distogliere e o sviare l’attenzione investigativa sugli associati, fungendo da intermediari nell’organizzazione di riunioni ed incontri mafiosi, ovvero offrendo supporto logistico ed assistenza per consentire ai predetti associati mafiosi lo scambio di corrispondenza destinata a, ovvero proveniente da (OMISSIS), cosi’ aiutando quest’ultimo a sottrarsi alle ricerche dell’autorita’; con l’aggravante di aver agito al fine di agevolare l’attivita’ dell’associazione mafiosa denominata “Cosa nostra”; fatto commesso “da aprile del 2011 sino alla data odierna”.
1.2. Dopo avere dato conto degli elementi a carico acquisiti nel corso delle investigazioni e ripercorso le argomentazioni della decisione appellata del Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Palermo, il Collegio distrettuale ha illustrato gli esiti dell’articolata attivita’ di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale in appello, ha risposto alle censure mosse con i gravami ed ha quindi confermato il giudizio di penale responsabilita’ espresso a carico degli appellanti, con derubricazione nei confronti del (OMISSIS) della contestata partecipazione all’associazione mafiosa in concorso esterno in associazione mafiosa.
Infine, la Corte territoriale ha esposto le ragioni della ritenuta integrazione delle circostanze aggravanti di cui all’articolo 416-bis c.p., commi 4 e 6, e replicato alle ulteriori censure difensive afferenti al trattamento sanzionatorio.
2. Con le impugnazioni proposte a mezzo dei rispettivi difensori di fiducia, i ricorrenti hanno chiesto che la sentenza in oggetto sia cassata per i motivi di seguito sunteggiati ai sensi dell’articolo 173 disp. att. c.p.p..
In particolare, (OMISSIS) ha dedotto i motivi di seguito illustrati.
2.1. Violazione di legge in relazione all’articolo 192 c.p.p. e articolo 416-bis c.p. e correlativo vizio di motivazione, per avere la Corte distrettuale confermato il giudizio di penale responsabilita’ del ricorrente per la partecipazione al reato associativo limitandosi a riprodurre le considerazioni gia’ svolte dal primo giudice, senza prendere in esame le articolate doglianze difensive, con particolare riguardo alle deposizioni dei due collaboratori di giustizia (OMISSIS) e (OMISSIS) escussi all’udienza del 22 novembre 2017 ed al contenuto del verbale d’interrogatorio di (OMISSIS) del 16 gennaio 2016 acquisito nel giudizio d’appello. La difesa ha aggiunto come il Collegio del gravame abbia valorizzato mere frequentazioni, incontri e contatti del (OMISSIS) con alcuni coimputati, situazioni semplicemente sospette e non comprovanti il coinvolgimento del ricorrente nella catena epistolare per e dal latitante (OMISSIS); come la Corte abbia disatteso la deduzione difensiva secondo la quale, come dichiarato ai mass media da autorevoli esponenti delle forze dell’ordine, nel periodo oggetto di contestazione, (OMISSIS) non svolgeva un ruolo attivo nel panorama mafioso siciliano; come la contestazione di avere (OMISSIS) fatto parte della famiglia mafiosa di Mazara del Vallo assieme a (OMISSIS) non si fondi su alcun elemento concreto (atteso che la condanna del 1994 per il delitto ex articolo 416-bis c.p. si riferisce ad altra “famiglia”, non v’e’ traccia di contatti tra (OMISSIS) e (OMISSIS) ne’ di rapporti, frequentazioni o contatti con soggetti mafiosi di Mazara, salvo sporadici incontri con (OMISSIS) o (OMISSIS) per motivi leciti); come i collaboratori di giustizia (OMISSIS) e (OMISSIS) non abbiano mai attribuito all’imputato la presunta appartenenza a detta famiglia, ne’ un suo ruolo nella cura della latitanza di (OMISSIS); come il collaboratore (OMISSIS) (nelle dichiarazioni del dicembre 2013 e del febbraio 2016) abbia escluso un ruolo attivo del (OMISSIS) all’epoca delle contestazioni (“non c’era piu’ (OMISSIS) che comandava”).
2.2. Violazione di legge in relazione all’articolo 192 c.p.p. e articolo 416-bis c.p., comma 4, e correlativo vizio di motivazione, per avere il Collegio siciliano applicato l’elemento circostanziale concernente le armi sulla scorta del mero “fatto notorio non ignorabile” e della precedente condanna dell’imputato risalente a venticinque anni prima.
Sotto diverso aspetto, il ricorrente ha denunciato la manifesta illogicita’ della motivazione, la’ dove la contestazione attiene esclusivamente alla presunta ricostruzione della rete epistolare con il latitante senza alcun riferimento, esplicito o implicito, alla concreta disponibilita’ di armi. La difesa ha inoltre censurato l’attribuzione della circostanza aggravante del reinvestimento economico in quanto fondata su di una motivazione di stile, con cui il Collegio di merito si e’ limitato a fare richiamo alle assai datate attivita’ imprenditoriali di (OMISSIS) e di (OMISSIS), in assenza di alcun concreto accertamento dell’effettivo reimpiego in attivita’ economiche dei proventi dell’associazione mafiosa.
2.3. Violazione di legge in relazione agli articoli 2 e 416-bis c.p. e L. 24 luglio 2008, n. 125, e L. 27 maggio 2015, n. 69, e correlativo vizio di motivazione, per avere la Corte distrettuale errato nell’individuazione del tempus commissi delicti e nella conseguente determinazione del quadro sanzionatorio di riferimento. Il difensore ha sottolineato come il Collegio siculo non abbia considerato che le condotte c.d. mafiose del ricorrente cessarono nell’agosto 2013 a causa dell’insorgere della grave patologia cardiaca, come chiarito dal collaboratore (OMISSIS), il quale ha individuato nell’incontro del 19 gennaio 2014 l’ultimo al quale (OMISSIS) prese parte; come i Giudici di merito si siano limitati a rilevare – con un ragionamento apodittico e con un’inversione dell’onere probatorio – che non v’e’ motivo per ritenere che l’imputato non abbia piu’ fatto parte del sodalizio mafioso per il mero fatto che non abbia piu’ partecipato ad incontri dopo tale data.
2.4. Violazione di legge in relazione agli articoli 125, 215 e 216 c.p. e correlativo vizio di motivazione, per avere la Corte palermitana confermato la misura di sicurezza della casa di lavoro per due anni, con una formula di stile e contraddittoria, nonostante l’eta’ avanzata e le precarie condizioni di salute del prevenuto.
3. (OMISSIS) ha mosso le seguenti doglianze.
3.1. Con il primo ed il secondo motivo, ha eccepito l’erronea applicazione di legge penale e processuale in relazione all’articolo 192 c.p.p., articolo 533 c.p.p., comma 1, articolo 546 c.p.p., comma 1 lettera e).
con riferimento all’articolo 416-bis c.p., commi 4 e 6, articolo 63 c.p., comma 4, ed il correlativo vizio di motivazione, per avere la Corte di merito ritenuto provata la partecipazione del ricorrente all’associazione per delinquere di stampo mafioso nonostante la totale assenza di elementi a comprova, stante il mancato rinvenimento di alcun “pizzino”, non potendo il mero fatto di incontrare e parlare con un mafioso costituire, di per se’, sintomo di appartenenza mafiosa. Sotto diverso aspetto, la difesa ha rilevato l’irragionevolezza dell’omessa derubricazione del fatto nel delitto di favoreggiamento personale, evidenziando, per un verso, come la condotta dell’imputato sia in tutto sovrapponibile a quella realizzata da altri coimputati – quali (OMISSIS) nei confronti dei quali e’ stato ravvisato il delitto ex articolo 378 c.p.; per altro verso, come sia del tutto apodittica la ritenuta partecipazione del (OMISSIS) all’associazione sulla scorta del subentro nel ruolo del padre come se si potesse divenire mafioso iure successionis. Ha aggiunto come siano del tutto immotivate le circostanze aggravanti dell’associazione armata e del riciclaggio dei proventi nell’attivita’ economica, in quanto fondate dai Giudici di merito sul mero fatto notorio. Infine, il ricorrente ha contestato la commisurazione dell’aumento di anni quattro e mesi sei di reclusione in ragione della circostanza prevista dall’articolo 416-bis c.p., comma 6 (sulla pena gia’ determinata ai sensi del comma 4 della medesima disposizione), in quanto fissato in violazione dell’articolo 63 c.p., comma 4.
3.2. Nei motivi nuovi depositati in cancelleria, la difesa ha insistito affinche’ la sentenza sia cassata per violazione di legge e difetto di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza delle circostanze aggravanti previste dall’articolo 416-bis c.p., commi 4 e 6.
La difesa ha evidenziato che, nelle piu’ recenti pronunce di questa Corte, si e’ affermato, da un lato, come la natura oggettiva della circostanza aggravante dell’associazione armata non esima, tuttavia, il giudice dal motivare in ordine alla circostanza che il singolo partecipe sia consapevole del possesso delle armi da parte della consorteria criminale di appartenenza o per lo meno dell’adesione al sottogruppo territoriale di una piu’ vasta consorteria criminale che abbia armi a sua disposizione; dall’altro lato, come l’applicazione dell’aggravante del reimpiego economico dei proventi illeciti, pur avendo natura oggettiva e dovendo essere riferita all’associazione in quanto tale e non al singolo partecipe, debba essere comunque provata e motivata specificamente, non essendo sufficiente il mero richiamo al notorio per ritenere assolto l’onere probatorio sull’elemento circostanziale speciale.
4. (OMISSIS) ha eccepito:
4.1. con il primo ed il secondo motivo, l’erronea applicazione di legge penale e processuale in relazione all’articolo 442 c.p.p., comma 2 e articolo 533 c.p.p., commi 1 e 2, ed il correlativo vizio di motivazione, per avere i Giudici di merito errato il calcolo della pena, la’ dove hanno applicato dapprima la diminuente per il rito abbreviato e, solo all’esito di tale riduzione, l’aumento per la continuazione, disattendendo l’espressa deduzione mossa con il quinto motivo di appello;
4.2. con il terzo motivo, l’erronea applicazione di legge penale in relazione all’articolo 2 c.p. e articolo 25 Cost. in relazione all’articolo 416-bis c.p., per avere la Corte d’appello determinato la pena in relazione al trattamento sanzionatorio introdotto con la L. 27 maggio 2015, n. 69, sebbene i fatti oggetto della contestazione siano accaduti tutti sotto la vigenza della vecchia legge (essendo la veicolazione dei c.d. “pizzini” tra (OMISSIS) e (OMISSIS) avvenuta il 6 settembre 2013);
4.3. con il quarto motivo, l’erronea applicazione di legge penale in relazione all’articolo 416-bis c.p., commi 4 e 6, ed il correlativo vizio di motivazione, per avere il Collegio palermitano addebitato all’imputato dette circostanze aggravanti a prescindere da ogni riferimento soggettivo e oggettivo;
4.4. con il quinto motivo, l’erronea applicazione di legge penale in relazione all’applicazione dell’aumento per la continuazione ed alla conseguente determinazione della pena ed il correlativo vizio di motivazione, per avere il Giudice distrettuale – riconosciuta la sussistenza dei presupposti della continuazione fra i fatti sub iudice e quelli oggetto della sentenza della Corte d’appello di Palermo del 28 ottobre 1998 (irrevocabile il 1 marzo 1999) – erroneamente individuato nell’ipotesi associativa contestata nel presente procedimento la violazione piu’ grave, sulla scorta di una valutazione astratta del trattamento edittale, piu’ elevato in relazione al reato oggetto della decisione soltanto per il disposto aggravamento sanzionatorio ad opera del legislatore.
5. (OMISSIS) ha dedotto i motivi di seguito illustrati.
5.1. Violazione di legge in relazione all’articolo 378 c.p. e Decreto Legge 13 maggio 1991, n. 152, articolo 7 (ora prevista dall’articolo 416-bis.1 c.p.). Il ricorrente ha evidenziato come la Corte d’appello abbia omesso di esplicitare le ragioni della ritenuta colpevolezza dell’imputato in ordine al reato di favoreggiamento e trascurato di considerare come egli si sia limitato ad accompagnare (OMISSIS) ad alcuni incontri, ignorando completamente che fossero finalizzati alla programmazione di attivita’ criminali ovvero alla ricezione e/o trasmissione di messaggi al latitante (OMISSIS) attraverso l’intermediazione di (OMISSIS); come l’esistenza di rapporti fra (OMISSIS) e (OMISSIS) ed altri soggetti coinvolti nell’indagine non siano sufficienti a provare il delitto, visto anche l’annullamento dell’ordinanza del Tribunale del riesame confermativa del provvedimento coercitivo genetico per i medesimi fatti sub iudice, a seguito dell’annullamento con rinvio disposto da questa Corte; come (OMISSIS) fosse amico del padre di (OMISSIS) e come i colloqui e gli incontri fra il ricorrente ed il ragioniere della SOVI avessero una ragione commerciale.
5.2. Violazione di legge in relazione al Decreto Legge 13 maggio 1991, n. 152, articolo 7, ora prevista dall’articolo 416-bis.1 c.p., per avere il Collegio siciliano stimato integrata la circostanza aggravante dell’agevolazione dell’intera associazione mafiosa e non del solo (OMISSIS), nonostante l’assenza di elementi probatori in tale senso.
6. (OMISSIS) ha sottoposto al vaglio di questa Corte i seguenti rilievi.
6.1. Violazione di legge penale e processuale con riferimento all’articolo 416-bis c.p., per avere i Giudici di merito ritenuto provata l’ipotesi accusatoria sulla sola base di una serie di incontri intercorsi tra l’imputato e altri soggetti, come (OMISSIS) e (OMISSIS) e (OMISSIS), considerati a vario titolo esponenti di vertice del locale sodalizio mafioso. Il ricorrente ha rimarcato come non vi sia prova che detti convegni fossero finalizzati a favorire la latitanza di (OMISSIS) ed assicurare lo smistamento dei messaggi da e verso il capo latitante, ovvero alla realizzazione o alla progettazione di reati-fine da parte della pretesa compagine; come il numero degli incontri – 48 – sia solo apparentemente elevato, se si considera l’arco temporale esteso in cui essi sono avvenuti – fra il 3 settembre 2011 del 23 luglio 2015 – e come il mancato rinvenimento di un singolo “pizzino”, proveniente o indirizzato a (OMISSIS), non puo’ essere compensato dagli altri elementi indiziari acquisiti.
6.2. Motivazione illogica ed apparente in relazione al significato attribuito agli incontri quale momento di raccolta e di smistamento della corrispondenza da e verso il latitante (OMISSIS).
Al riguardo, il ricorrente ha evidenziato come i Giudici di merito abbiano attribuito – con assertivita’ e certezza del tutto ingiustificate – valore probatorio all’esistenza di un circuito criminale da e verso il latitante, sulla scorta di un ragionamento puramente congetturale, reso manifesto dalle espressioni utilizzate nell’argomentare in sentenza (“secondo logica” o “ragionevolmente”); come la denunciata illogicita’ motivazionale sia ancora piu’ grave in relazione alla posizione del ricorrente, atteso che ai quattro incontri in cui si registrava la sua presenza non puo’ attribuirsi alcun significato indiziario nella dimostrazione del ruolo da egli svolto nel c.d. sistema dei “pizzini”, essendovi totale incertezza che gli oggetti maneggiati dai partecipanti ai convegni costituissero effettivamente dei “pizzini” da e verso il latitante; come la riservatezza degli incontri trovi spiegazione nel fatto che si trattava di soggetti sottoposti a misura di prevenzione cui era fatto divieto di incontrarsi, avendo alcune riunioni un oggetto pienamente lecito.
6.3. Motivazione illogica in ordine al mancato recupero o sequestro dei “pizzini”, per avere la Corte territoriale fornito al riguardo una spiegazione (quella secondo cui le indagini erano volte, non al sequestro dei messaggi, ma alla cattura del latitante) inidonea a giustificare l’assenza di notizie circa l’effettivo recupero e consegna al latitante della busta sotterrata da (OMISSIS), su indicazione del (OMISSIS), in data 26 febbraio 2014. Ha inoltre rimarcato come non possa non ritenersi un risultato investigativo “anomalo” – considerati la quantita’ e la qualita’ dei mezzi impiegati – che gli inquirenti non abbiano tentato di controllare il contenuto dei plichi, cosi’ come di accertare la provenienza e la destinazione di essi. Il ricorrente ha evidenziato ulteriori illogicita’ della motivazione, da un lato, quanto alla giustificazione data dalla Corte sicula all’incontro del (OMISSIS) fra (OMISSIS) e (OMISSIS) (secondo cui quest’ultimo aveva con se’ dei “pizzini” che aveva dovuto occultare – sotterrandoli nel terreno – con il successivo recupero da parte del (OMISSIS) allo scopo di eludere le investigazioni), atteso che – sia in caso di consegna immediata, sia in caso di recupero successivo – vi sarebbe comunque stato il medesimo rischio che l’oggetto fosse rinvenuto in possesso del (OMISSIS); dall’altro lato, quanto all’omesso accertamento della destinazione dei “pizzini” a (OMISSIS), essendo il loro percorso facilmente monitorabile nonche’ strettamente connesso alla ricerca del latitante, cui appunto erano destinati.
6.4. Motivazione illogica in punto di valutazione delle dichiarazioni del collaboratore (OMISSIS), nella parte in cui questi ha riferito della pratica seguita dallo (OMISSIS) di servirsi della propria figlia (OMISSIS) di cinque anni per nascondere i “pizzini” da consegnare al latitante. A tale proposito, la difesa ha evidenziato come la circostanza che l’imputato avesse portato con se’ la bambina non offra alcuna conferma alle propalazioni del collaboratore, risultando completamente indimostrati l’effettivita’ degli incontri con gli altri imputati, la loro finalita’ ed il reale scambio di corrispondenza.
6.5. Motivazione illogica in punto di valutazione delle dichiarazioni dei collaboratori (OMISSIS) e (OMISSIS). A sostegno del motivo, la difesa ha sottolineato l’implausibilita’ del narrato del (OMISSIS) allorche’ ha riferito di avere avuto modo di visionare un “pizzino” firmato per esteso da (OMISSIS), circostanza del tutto “singolare” ed incauta a fronte della intrinseca natura di comunicazioni riservate dei “pizzini” ed irrazionalmente spiegata dal Giudice del gravame allorche’ ha prospettato “sistemi di comunicazione modulati in modo differente a seconda dei casi e delle esigenze” sul presupposto che “il solido reticolo di complicita’ posto a base del sistema dei “pizzini” era tale da rendere estremamente improbabile l’individuazione e il sequestro della sua corrispondenza”. Il ricorrente ha aggiunto che le aporie dichiarative del collaboratore investono anche l’ordine impartito dal latitante all’enologo ” (OMISSIS)” di “comportarsi bene” con lo (OMISSIS), senza alcuna spiegazione delle ragioni di tale ammonizione, nonche’ i riferiti appuntamenti organizzati dal collaboratore, fra gli altri, con (OMISSIS) e (OMISSIS), al supermercato dello (OMISSIS) su incarico di quest’ultimo, in evidente contrasto con la acclarata segretezza degli incontri tra gli imputati. Sotto diverso aspetto, la difesa ha contestato la credibilita’ dei collaboratori (OMISSIS) e (OMISSIS) in relazione all’incarico, loro attribuito dal ricorrente, di uccidere (OMISSIS) – fatto ancora sub iudice -, trattandosi di omicidio avvenuto per ragioni del tutto estranee da quelle di “gerarchia criminale” richiamate nella sentenza, atteso che nel 2009 (OMISSIS) non era ancora affiliato. Infine, ha sottolineato l’assenza di riscontri alle dichiarazioni rese da (OMISSIS) in merito all’alimentatore ricevuto dal (OMISSIS), avendo il dichiarante collocato l’episodio in una data antecedente al suo arresto avvenuto nel 2010 ed essendo detto oggetto stato rinvenuto due anni dopo.
6.6. Con la memoria depositata in cancelleria, la difesa di (OMISSIS) ha invocato il riconoscimento dell’effetto estensivo ai sensi dell’articolo 587 c.p.p. dei motivi dedotti dai concorrenti (in particolare, da (OMISSIS)) con riferimento alla circostanza aggravante di cui all’articolo 416-bis c.p., comma 6, evidenziando che detto elemento circostanziale ha natura oggettiva e deve essere provato dal pubblico ministero sulla base di elementi specifici e non sulla scorta del fatto notorio.
6.7. Con l’ulteriore motivo nuovo, la difesa ha eccepito la mancanza di motivazione quanto alla disposta confisca dei beni riconducibili all’imputato.
6.8. Con l’ultimo motivo nuovo, il ricorrente ha denunciato la violazione di legge penale in relazione agli articoli 2 e 416-bis c.p. con riferimento all’erronea applicazione del trattamento sanzionatorio entrato in vigore con la L. 27 maggio 2015, n. 69, applicato dai Giudici di merito sulla scorta del mero rilievo che la fattispecie associativa e’ un reato permanente o a contestazione aperta, senza considerare che l’inizio della permanenza in capo allo (OMISSIS) e’ collocato nel 1998 e che costituiva preciso onere dell’accusa fornire la prova in ordine al protrarsi della condotta criminosa dell’imputato anche dopo l’entrata in vigore della novella.
7. (OMISSIS) ha dedotto i motivi di seguito sintetizzati.
7.1. Violazione di legge in relazione agli articoli 110 e 378 c.p. e articolo 416-bis c.p., commi 1, 3, 4 e 6, e correlativo vizio di motivazione, per avere il Collegio di merito erroneamente qualificato la contestata partecipazione del (OMISSIS) all’associazione di stampo mafioso in concorso esterno in associazione mafiosa anziche’ – come sarebbe stato corretto – in favoreggiamento personale. La difesa ha rimarcato al riguardo che il ricorrente si e’ limitato a mediare incontri tra (OMISSIS) e (OMISSIS) presso i terreni di sua proprieta’ finalizzati all’interscambio dei c.d. pizzini; che, nella stessa sentenza impugnata, viene evidenziato come (OMISSIS) non partecipasse agli incontri e non fosse a conoscenza dei motivi e degli argomenti trattati nelle riunioni; che non v’e’ prova che la condotta dell’imputato fosse rivolta a favorire l’intera organizzazione anziche’ un singolo componente. La difesa ha aggiunto che non puo’ giustificare la qualificazione della condotta nel concorso esterno in associazione mafiosa la vicenda relativa all’invasione di terreni da pascolo da parte di tale (OMISSIS), alla cui risoluzione era interessato (OMISSIS), il quale avrebbe investito (OMISSIS) che, a sua volta, si era rivolto al (OMISSIS), atteso che, da un lato, non risulta ben delineato il contributo che il ricorrente avrebbe assicurato ai fini del raggiungimento degli scopi dell’associazione; d’altro lato, non v’e’ prova della consapevolezza del (OMISSIS) delle comunicazioni dirette mediante i c.d. pizzini fra (OMISSIS) e (OMISSIS). La difesa ha, infine, censurato la ritenuta sussistenza della circostanza aggravante di cui al Decreto Legge 13 maggio 1991, n. 152, articolo 7, ora prevista dall’articolo 416-bis.1 c.p., non essendovi prova che il prevenuto abbia agevolato, oltre a (OMISSIS) e (OMISSIS), l’intera associazione mafiosa.
7.2. Mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche. Al riguardo, la difesa ha censurato l’omesso riconoscimento dell’elemento circostanziale sebbene la stessa Corte, da un lato, abbia riconosciuto la marginalita’ del ruolo del (OMISSIS), tanto da derubricare il fatto da partecipazione all’associazione di stampo mafioso a concorso esterno nell’associazione mafiosa ed abbia stimato grave la condotta in quanto nell’ambito del procedimento aleggia a figura di (OMISSIS), escludendo nel contempo l’esistenza di alcun rapporto diretto del (OMISSIS) con il latitante.
7.3. Con l’ultimo motivo (OMISSIS) ha contestato l’applicazione delle circostanze aggravanti di cui all’articolo 416-bis c.p., commi 4 e 6, evidenziando come il Collegio di merito abbia stimato sussistenti tali circostanze sulla scorta della loro natura oggettiva, senza illustrare gli elementi fondanti e nonostante l’acclarata non appartenenza del (OMISSIS) alla societas sceleris.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorsi devono essere dichiarati tutti inammissibili per le ragioni di seguito esposte.
2. Giova premettere come numerose delle questioni dedotte dai ricorrenti siano fra loro sovrapponibili, di tal che, per evidenti ragioni di economia processuale e per evitare inutili ripetizioni degli argomenti svolti in risposta ad omologhe censure difensive, si appalesa opportuno accorpare la trattazione dei motivi comuni alle diverse posizioni, lasciando alla fine la disamina dei restanti rilievi, non comuni ai ricorrenti.
2.1. In via generale, mette conto di ricordare come debbano ritenersi inammissibili quei motivi che si risolvano nella pedissequa reiterazione di quelli gia’ dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla Corte di merito, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso (Sez. 6, n. 20377 del 11/03/2009, Arnone e altri, Rv. 243838).
2.2. D’altro canto, va riaffermato che, col ricorso per cassazione, non sono coltivabili quei rilievi che, sia pure sotto il formale richiamo alla violazione di legge ovvero alla contraddittorieta’ o manifesta illogicita’ della motivazione, siano in effetti tesi a sollecitare una rivalutazione in questa Sede delle emergenze processuali e, dunque, una ricostruzione della vicenda sub iudice diversa, e stimata piu’ plausibile, di quella recepita in sentenza, sospingendo questa Corte ad un sindacato eccentrico rispetto a quello di legittimita’, limitato alla verifica della completezza e dell’insussistenza di vizi logici ictu oculi percepibili (ex plurimis Sez. U, n. 47289 del 24/09/2003, Petrella, Rv. 226074).
2.3. Sempre in linea generale, deve essere ribadito il principio piu’ volte espresso da questa Corte secondo cui, ai fini del controllo di legittimita’ sul vizio di motivazione, la struttura giustificativa della sentenza di appello si salda con quella di primo grado, per formare un unico complessivo corpo argomentativo, allorquando i giudici del gravame, esaminando le censure proposte dall’appellante con criteri omogenei a quelli del primo giudice ed operando frequenti riferimenti ai passaggi logico giuridici della prima sentenza, concordino nell’analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento della decisione (Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, Argentieri, Rv. 257595).
Siffatta integrazione tra le due motivazioni si verifica non solo allorche’ i giudici di secondo grado abbiano esaminato le censure proposte dall’appellante con criteri omogenei a quelli usati dal primo giudice e con frequenti riferimenti alle determinazioni ivi prese ed ai passaggi logico giuridici della decisione, ma anche, ed a maggior ragione, quando i motivi di appello non abbiano riguardato elementi nuovi, ma si siano limitati a prospettare circostanze gia’ esaminate ed ampiamente chiarite nella decisione di primo grado (da ultimo, Sez. 3, n. 13926 del 01/12/2011, dep. 12/04/2012, Rv. 252615).
3. Di tali condivisibili principi di diritto non hanno tenuto conto quei ricorrenti che, nel censurare il giudizio di penale responsabilita’ espresso a loro carico, hanno rinnovato dinanzi a questa Corte di legittimita’ le stesse censure gia’ coltivate in appello, senza individuare – nelle considerazioni svolte dal Collegio di merito in risposta – vizi riportabili all’alveo dell’articolo 606 c.p.p. Con cio’ finendo, nella sostanza, per promuovere una rivalutazione delle emergenze dibattimentali in un senso stimato piu’ plausibile di quello fatto proprio dai Giudici della cognizione nei provvedimenti di primo e di secondo grado – integranti una c.d. doppia conforme – e, dunque, per sollecitare uno scrutinio avulso dall’ambito del giudizio di cassazione.
3.1. Tanto vale, innanzitutto, per (OMISSIS) e (OMISSIS) e (OMISSIS), quanto alla contestazione della conferma della loro condanna per il reato di partecipazione all’associazione di stampo mafioso, e per (OMISSIS), quanto alla ritenuta responsabilita’ per concorso esterno in associazione mafiosa (cosi’ riqualificata dalla Corte distrettuale l’originaria contestazione associativa).
Mette conto di rilevare come sub capo 1) sia contestato ai predetti di avere partecipato a diverse articolazioni territoriali (“famiglie”) dell’associazione di stampo mafioso “Cosa nostra” e, quanto a (OMISSIS), di avere assicurato il proprio apporto “esterno” alla medesima organizzazione, ponendo in essere condotte volte a curare la latitanza del boss dell’organizzazione (OMISSIS) e ad assicurare al reggente del mandamento di Mazara del Vallo (OMISSIS) di esercitare le funzioni apicali, eseguendo gli ordini da questi impartiti e curando la catena di comunicazione epistolare da e verso il latitante (mediante i c.d. “pizzini”), cosi’ da consentire a (OMISSIS) di continuare a dirigere l’associazione mafiosa.
3.2. Nel motivare la conferma del giudizio di responsabilita’ in ordine alla ritenuta partecipazione dei (OMISSIS) e di (OMISSIS) all’associazione per delinquere di stampo mafioso ed il ritenuto concorso esterno in associazione mafiosa del (OMISSIS) (contestati con i motivi sub punti 2.1, 3.1 e 3.2, 6.1, 6.2, 6.3, 6.4 e 6.5 e 7.1 del ritenuto in fatto), la Corte d’appello di Palermo ha innanzitutto ricostruito l’intelaiatura delle complessive emergenze processuali acquisite al processo (anche a seguito della rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale ai sensi dell’articolo 603 c.p.p.), ha preso in considerazione i rilievi mossi dalle difese degli appellanti ed ha poi argomentato la decisione compendiata nel dispositivo, con considerazioni solidamente ancorate alle composite risultanze probatorie (esiti delle operazioni di intercettazione telefonica ed ambientale, video-riprese, monitoraggio con GPS, servizi di o.c.p., dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia nonche’ sentenze non irrevocabili e/o passate in giudicato acquisite ex articoli 238 e 238-bis c.p.p.) e sorrette da inferenze scevre da illogicita’ manifesta.
In particolare, il Collegio territoriale ha evidenziato come il quadro accusatorio sia costituito da una pluralita’ di elementi: in primo luogo, dalle acquisizioni delle indagini preliminari tese a disvelare e disarticolare l’occulto reticolo criminale che assicurava protezione e sostegno a (OMISSIS) – consentendogli di perpetuare la sua ultraventennale latitanza e di esercitare la sua indiscussa leadership della consorteria mafiosa trapanese -, segnatamente dagli esiti dei servizi di osservazione, dalle video-riprese e dalle captazioni; in secondo luogo, dalle dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia (OMISSIS) (il quale ha riferito del sistema dei c.d. “pizzini” ideato e messo in pratica da (OMISSIS)), (OMISSIS) e (OMISSIS), escussi dalla stessa Corte d’appello in sede di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale (i quali hanno confessato il loro diretto coinvolgimento nell’omicidio di (OMISSIS), eseguito su mandato di (OMISSIS)); in terzo luogo, dal contenuto di numerose sentenze di condanna definitive acquisite al fascicolo, utili a delineare il contesto storico criminale in cui si inseriscono i fatti in oggetto (v. pagina 6 della sentenza impugnata).
La Corte di merito ha poi ripercorso e fatto proprie le considerazioni gia’ svolte dal primo Giudice, la’ dove aveva rilevato come il capo della consorteria, (OMISSIS), potesse mantenere la funzione di direzione del sodalizio attraverso una rete di comunicazione imperniata sulla trasmissione brevi manu – attraverso fidati latori – di piccoli biglietti cartacei, i c.d. “pizzini”, secondo una catena di comunicazione epistolare gestita da (OMISSIS), a capo del mandamento mafioso di Mazara del Vallo e punto di riferimento di (OMISSIS) per la gestione dell’associazione mafiosa “Cosa nostra” dalla latitanza. I Giudici della cognizione hanno posto in luce come detta modalita’ di comunicazione – fondamentale per la permanenza in vita di “Cosa nostra”, la direzione e la gestione degli apparati delittuosi della consorteria mafiosa – sia gia’ stata esplorata nell’ambito di altri procedimenti penali e compiutamente accertata in plurime sentenze irrevocabili, grazie anche ai sequestri di numerosi “pizzini” riconducibili a (OMISSIS) in occasione delle catture di (OMISSIS) (in data 11 aprile 2006) e di (OMISSIS) (in data 5 novembre 2007). I decidenti di merito hanno evidenziato come i “pizzini” – siglati solitamente dagli interlocutori con nomi convenzionali o pseudonimi – fossero veicolati da soggetti di provata affidabilita’, ad intervalli temporali distanziati, con modalita’ predeterminate, e normalmente distrutti dopo la lettura; come l’analisi del contenuto dei documenti recuperati abbia consentito di confermare la vocazione di (OMISSIS) alla realizzazione di iniziative imprenditoriali di notevole rilevanza economica e chiaramente funzionali agli interessi della consorteria mafiosa (v. pagine 7 e seguenti della sentenza impugnata).
3.3. Con specifico riguardo alla posizione dei ricorrenti, la Corte siciliana ha evidenziato, in primo luogo, che gli imputati hanno gia’ riportato condanne per reati di criminalita’ mafiosa e segnatamente che (OMISSIS) e’ stato condannato con sentenza della Corte d’appello di Palermo (divenuta irrevocabile nel 1999) per appartenenza ad un’associazione per delinquere ai sensi dell’articolo 416-bis c.p., con il ruolo di addetto a tenere i contatti – anche con i c.d. “pizzini” – tra gli uomini d’onore latitanti e, tra questi, (OMISSIS); che (OMISSIS) e’ stato condannato per il reato di associazione mafiosa, tentata estorsione ed altro, con sentenza della Corte d’appello di Palermo divenuta irrevocabile nel maggio 2004, essendosi in essa accertato che l’imputato si era occupato di curare la latitanza anche di (OMISSIS), padre di (OMISSIS), e di fungere da raccordo tra le varie famiglie mafiose con un ruolo attivo nella raccolta e nello smistamento dei “pizzini” per i latitanti, e che il prevenuto aveva acquistato un supermercato da una societa’ riconducibile a (OMISSIS), braccio imprenditoriale del boss (OMISSIS); che anche (OMISSIS) e’ stato condannato per il delitto di associazione mafiosa, con sentenza della Corte d’appello di Palermo passata in giudicato nel maggio 1996 (v. pagine 10 e seguenti del provvedimento in verifica).
Nell’enucleare gli elementi a carico degli imputati, il Giudice a quo ha rilevato come il G.u.p. abbia dato conto: degli incontri frequentissimi fra (OMISSIS) (reggente del mandamento di Mazara del Vallo) e gli imputati (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) e (OMISSIS); del rapporto di corrispondenza fra (OMISSIS) ed il latitante (OMISSIS), della consultazione da parte di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) di documenti cartacei (i c.d. “pizzini”) e dell’occultamento o interramento di quelli diretti o provenienti da (OMISSIS) come prassi consueta per eludere eventuali investigazioni; della vera causale dei ripetuti incontri fra gli imputati – nonostante il costante fittizio riferimento ad attivita’ agricole e di allevamento di bestiame – connessa al recapito della corrispondenza segreta riferibile al latitante (OMISSIS) ed alla gestione degli affari della consorteria mafiosa, cosi’ come emerso dal contenuto delle conversazioni (telefoniche e tra presenti) intercettate richiamate, dalle video riprese e localizzazioni satellitari, dai servizi di o.c.p. e dagli accertamenti documentali di cui all’informativa di Polizia di Stato del 12 gennaio 2015 (v. pagine 12 e seguenti della sentenza impugnata). Incontri fra (OMISSIS) e gli imputati (OMISSIS) e (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) analiticamente ripercorsi dai Giudici del gravame, incrociando le emergenze delle operazioni captative con gli ulteriori accertamenti di P.G. (v. pagine 17 – 44 della sentenza impugnata e pagine 65 e seguenti della sentenza di primo grado).
La Corte sicula ha posto in luce come, a tali emergenze, si siano aggiunte – grazie all’importante attivita’ di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale in appello – diverse acquisizioni documentali (tra cui anche provvedimenti giudiziari sopravvenuti) e le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia (OMISSIS) e (OMISSIS), i quali, oltre a confessare la loro responsabilita’ per l’omicidio di (OMISSIS), eseguito su mandato di (OMISSIS) (condannato all’ergastolo per detto fatto in grado di appello), hanno convalidato le emergenze gia’ acquisite al processo circa il coinvolgimento di (OMISSIS) nel “sistema dei pizzini” (v. pagine 44 e seguenti del provvedimento in rassegna). In particolare, la Corte distrettuale ha analiticamente vagliato il narrato di (OMISSIS), ponendo in luce come egli abbia riferito dell’incarico ricevuto da (OMISSIS) di assassinare (OMISSIS); della vicinanza di (OMISSIS) a (OMISSIS); degli incontri fra (OMISSIS) e il latitante e delle loro cointeressenze economiche (in particolare, del fatto che essi fossero soci di un supermercato da cui periodicamente (OMISSIS) stornava denaro a vantaggio del (OMISSIS) causandone un notevole deficit finanziario, per importi di 150.000,00 Euro); della circostanza che (OMISSIS) si facesse talvolta accompagnare dalla figlia dello stesso (OMISSIS), (OMISSIS), riempiendole le tasche del giubbotto di “pizzini” diretti a (OMISSIS); del diretto coinvolgimento del (OMISSIS) – su incarico dello (OMISSIS) – nel “sistema dei pizzini” (fungendo da latore di taluni messaggi); della partecipazione agli incontri di (OMISSIS); del fatto di avere il collaboratore personalmente visionato un “pizzino” firmato da (OMISSIS) (v. pagine 45 – 50 della sentenza impugnata). Il Collegio di merito ha poi dato conto delle dichiarazioni di (OMISSIS) – altro collaboratore di giustizia escusso in appello -, ripercorrendone il narrato in merito all’omicidio (OMISSIS), commissionato allo stesso ed al (OMISSIS) dallo (OMISSIS), ed agli incontri fissati in modo riservato fra (OMISSIS), (OMISSIS) ed altri associati (v. pagine 61 – 64 della sentenza impugnata).
3.4. I Giudici d’appello hanno poi convincentemente argomentato la ritenuta attendibilita’ intrinseca ed estrinseca delle dichiarazioni dei due collaboratori, profilo oggetto di specifica censura della difesa di (OMISSIS). In particolare, hanno escluso che la vicenda concernente una presunta relazione extraconiugale della moglie del (OMISSIS) con (OMISSIS) – connotata da contorni indefiniti ed indimostrata – possa avere spinto il collaboratore a rendere dichiarazioni false in danno di quest’ultimo (v. pagine 56 e seguenti del provvedimento impugnato); si sono poi soffermati sul rilievo difensivo circa la prospettata implausibilita’ della visione da parte del (OMISSIS) di un “pizzino” firmato dal latitante con il proprio nome e cognome, evidenziando, da un lato, come la rete di complicita’ che supportava il “sistema dei pizzini” rendesse estremamente improbabile l’individuazione ed il sequestro della corrispondenza e come, pertanto, nei casi in cui si rendesse necessario, il messaggio potesse essere firmato dal boss con la propria firma per esteso; dall’altro lato, come anche il collaboratore di giustizia (OMISSIS) abbia riferito di avere ricevuto un “pizzino” da (OMISSIS) firmato ” (OMISSIS)”, di tal che il narrato del (OMISSIS) sul punto non costituisce un elemento di intrinseca distonia (v. pagine 58 e seguenti del provvedimento in verifica); hanno posto in risalto come le dichiarazioni del (OMISSIS) e quelle del (OMISSIS) convergano tra loro e si pongano in rapporto osmotico rispetto alle plurime emergenze delle indagini che gia’ componevano l’originario compendio probatorio utilizzato in primo grado e persino autosufficiente, composto anche dalle dichiarazioni rese dall’altro collaboratore (OMISSIS), di tal che e’ persino difficile stabilire quale sia la prova e quale il riscontro (v. pagine 59 e seguenti e 64 e seguenti della sentenza impugnata); hanno risposto all’ulteriore censura della difesa del (OMISSIS) quanto alla discrasia cronologica del narrato del (OMISSIS) in relazione alla consegna dell’alimentatore (prima del suo arresto del 2010 ovvero il 13 maggio 2012), osservando come non possa escludersi che il collaboratore abbia semplicemente fatto confusione sul dato temporale (v. pagine 64 – 67 della sentenza impugnata).
3.5. Si connota per la precisione e l’assenza di smagliature argomentative anche la trama intessuta dal Collegio di merito quanto all’ulteriore censura – dedotta da piu’ appellanti concernente il mancato sequestro dei “pizzini” ed alle ragioni sottese agli incontri segreti.
Al riguardo, i Giudici di merito hanno persuasivamente rimarcato come plurime siano le evidenze investigative e probatorie dell’esistenza – nella realta’ effettuale e, soprattutto, nella vicenda oggetto del procedimento de quo – del sistema dei “pizzini”. A tale proposito, hanno evidenziato che tale modalita’ di comunicazione e’ emersa in diversi altri procedimenti concernenti “Cosa nostra”; che, in occasione delle catture di (OMISSIS) e (OMISSIS), sono stati sequestrati numerosi “pizzini” riconducibili proprio a (OMISSIS); che i collaboratori di giustizia (OMISSIS) e (OMISSIS) hanno riferito, nel presente procedimento, di avere personalmente visionato diversi “pizzini” provenienti proprio da (OMISSIS); che plurimi sono i riferimenti ai “pizzini” nei dialoghi intercettati; che gli stessi collaboratori hanno spiegato come gli appuntamenti segreti monitorati dalle Forze di Polizia fossero destinati allo scambio di corrispondenza da e per (OMISSIS), cosi’ da consentire al capo mafioso latitante di continuare ad amministrare il suo territorio senza essere scoperto.
La Corte ha poi illustrato – con considerazioni non manifestamente illogiche – le ragioni per le quali la P.G. non abbia impiegato i propri sforzi per il recupero dei pizzini, ponendo in luce come lo scopo primario della complessa ed articolata attivita’ di indagine fosse quello di trarre in arresto il latitante, sicche’ le scelte investigative sono state giustificate dall’intento di evitare che il recupero dei “pizzini” – atti provare il ruolo dei complici e dei gregari – potesse pregiudicare l’acquisizione degli elementi utili alla scoperta dei covi di volta in volta utilizzati dal destinatario, e come, in ogni caso, gli incontri fra gli imputati e gli altri complici gravitanti intorno alla figura di (OMISSIS) si tenessero in luoghi isolati, di tal che l’eventuale presenza degli investigatori sarebbe stata immediatamente rilevata (v. pagine 67 – 72 della sentenza impugnata).
4. Immuni da vizi coltivabili nel presente giudizio sono anche i passaggi della decisione in verifica nei quali – dopo avere ricostruito in linea generale il sistema di comunicazione e dato conto delle ragioni dei plurimi incontri fra i correi monitorati dagli inquirenti – la Corte territoriale ha dato risposta alle specifiche questioni dedotte da ciascuno dei ricorrenti.
4.1. Quanto a (OMISSIS), il Collegio del gravame ha rammentato che l’imputato e’ stato condannato per partecipazione ad associazione mafiosa, reato permanente che – di per se’ – non si interrompe neanche dopo una lunga carcerazione; ha dato conto delle dichiarazioni di plurimi collaboratori di giustizia che lo hanno collocato tra gli “uomini d’onore” vicini al gruppo dei corleonesi ( (OMISSIS) e (OMISSIS)); ha dato conto degli episodi piu’ significativi e degli incontri segreti minuziosamente organizzati tra soggetti tutti gravitanti nello stesso contesto mafioso e quattro dei quali gia’ condannati per partecipazione ad associazione mafiosa (lo stesso (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS)), evidenziando come l’imputato non abbia fornito alcuna delucidazione in merito alle ragioni di tali convegni; ha posto in luce che quando, per ragioni di salute, (OMISSIS) era progressivamente uscito dalle indagini partecipando attivamente all’ultimo incontro il 19 gennaio 2014 con (OMISSIS), si era parallelamente registrata un’intensificazione degli incontri svolti con analoghe modalita’ a cui aveva partecipato suo figlio (OMISSIS), realizzando una sorta di staffetta tra padre e figlio nella gestione dei medesimi interessi mafiosi; ha poi rimarcato come tali elementi indiziari siano supportati dalle dichiarazioni accusatorie rese dai collaboratori di giustizia (OMISSIS) (il quale ha indicato i (OMISSIS) padre e figlio al comando di (OMISSIS), per un certo periodo) e (OMISSIS) quanto alla finalita’ degli incontri correi, la’ dove la circostanza che quest’ultimo abbia menzionato il figlio (OMISSIS) si spiega con il fatto che egli aveva avuto rapporti per lo piu’ con quest’ultimo a cagione dell’avvenuto passaggio di testimone tra l’imputato e il figlio (v. pagine 121 – 144 della sentenza impugnata).
4.2. Con riguardo alla posizione del figlio (OMISSIS), i Giudici della cognizione hanno esaminato in modo analitico gli episodi piu’ significativi e gli incontri segreti minuziosamente organizzati tra soggetti tutti gravitanti nello stesso contesto mafioso nonche’ il passaggio di testimone dal padre (OMISSIS); hanno poi illustrato le ragioni per le quali debba essere disattesa la sollecitazione difensiva tesa a derubricare il fatto in favoreggiamento personale aggravato, ponendo in luce come il ricorrente non si sia limitato affatto a svolgere un ruolo di postino, ma abbia assunto un ruolo primario e attivo negli affari mafiosi e nello scambio dei messaggi con il latitante, come documentato dal contenuto di alcune intercettazioni e riferito anche dal collaboratore di giustizia (OMISSIS); ha ricordato le dichiarazioni del collaboratore (OMISSIS), il quale ha indicato i due (OMISSIS) padre e figlio a capo di (OMISSIS) per un certo periodo; in ultimo, ha notato come non assuma alcun rilievo il fatto che il collaboratore di giustizia (OMISSIS) non abbia riferito in merito ai (OMISSIS), essendo le conoscenze di tale collaboratore sul contesto associativo mafioso evidentemente piu’ limitate e comunque tali da non vanificare quelle rese dal (OMISSIS) (v. pagine 144 – 156 della sentenza impugnata).
4.3. In relazione alla posizione dello (OMISSIS), il Collegio di merito ha ripercorso le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia a carico del ricorrente ( (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), richiamando anche le considerazioni gia’ svolte nella parte generale quanto alla credibilita’ dei dichiaranti); ha ripercorso gli episodi piu’ significativi e gli incontri cui prendevano parte (OMISSIS) ed altri coimputati, gravitanti nello stesso contesto mafioso e alcuni gia’ condannati per partecipazione ad associazione mafiosa ( (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e lo stesso (OMISSIS)), rimarcando – non irragionevolmente – come tale messe di elementi obbiettivi d’accusa non possa ritenersi vanificata dal mancato sequestro dei “pizzini”, avente comunque una spiegazione valida nell’esigenza degli inquirenti di evitare – con eventuali operazioni di recupero di tali documenti – pregiudizio alle indagini, che avevano quale primario scopo di individuare il nascondiglio di (OMISSIS); ha infine notato come il vincolo associativo non possa di per se’ recidersi in ragione del prolungato isolamento per la detenzione (v. pagine 92 – 116 della sentenza impugnata).
Le diffuse considerazioni con le quali la difesa dello (OMISSIS) ha inteso svalutare la lettura delle emergenze processuali compiuta dai Giudici della cognizione e dimostrare l’illogicita’ del percorso inferenziale seguito nel valutare i diversi elementi indiziari e probatori acquisiti e l’implausibilita’ della ricostruzione delle vicende nei termini delineati nelle due conformi sentenze di condanna si risolvono, a ben vedere, nella sollecitazione ad una rivisitazione di merito su aspetti di puro fatto, preclusa dalle funzioni di legittimita’, a fronte di una motivazione scevra da lacune, salti logici o incongruenze.
4.4. Con riferimento alla posizione di (OMISSIS), la Corte sicula ha rievocato gli elementi acquisiti al processo (in particolare, dalle intercettazioni), da cui si evince come il prevenuto fornisse un contributo materiale ad alcuni esponenti della consorteria mafiosa, primi fra tutti (OMISSIS) e (OMISSIS) nonche’ allo stesso (OMISSIS), affinche’ quest’ultimo potesse continuare ad esercitare il suo potere sul territorio: contributo materiale estrinsecatosi sia nella messa a disposizione del proprio ovile, in piu’ occasioni, quale sede per incontri segreti tra gli associati, sia nella personale attivazione ai fini della risoluzione di problematiche d’interesse per il gruppo (in particolare la vicenda relativa a (OMISSIS) detta (OMISSIS)), sia, infine, nell’organizzazione di incontri riservati tra (OMISSIS) e (OMISSIS). La Corte ha poi argomentato la ritenuta inconferenza delle produzioni documentali della difesa (atto di compravendita di terreni o fabbricati, contratto di mutuo e documentazione bancaria), rimarcando come tali vicende contrattuali non possono offrire una giustificazione plausibile alle conversazioni intercettate fra l’imputato, (OMISSIS) e (OMISSIS); ha infine dato conto delle dichiarazioni a carico rese dai collaboratori di giustizia (OMISSIS) e (OMISSIS).
Ricostruita la vicenda coinvolgente (OMISSIS), il Collegio di merito ha ritenuto che i fatti cosi’ come ricostruiti non siano sussumibili (OMISSIS) contestazione originaria di partecipazione all’associazione ex articolo 416-bis c.p., ne’ nell’ipotesi – sollecitata dalla difesa – di favoreggiamento personale, bensi’ in quella di concorso esterno in associazione mafiosa (v. pagine 72 – 92 della sentenza impugnata).
5. Impeccabile e’ il precipitato giuridico delle ricostruzioni storico-fattuali compiute dai giudici di merito.
5.1. Quanto alle posizioni di (OMISSIS) e (OMISSIS) e di (OMISSIS), la conclusione cui sono pervenuti i Giudici siciliani si inserisce nel solco della giurisprudenza di questa Corte, la’ dove ha avuto modo, anche di recente, di affermare che integra la condotta di partecipazione ad associazione mafiosa l’attivita’ reiterata e non episodica di intermediazione nella trasmissione di messaggi scritti tra un affiliato in posizione di vertice (nella specie detenuto) ed altri associati in liberta’, allorche’ sia identificato il contenuto dei messaggi, attinenti fatti illeciti o altre iniziative criminali, ovvero sia accertato che l’intermediario, pur non conoscendone il contenuto, abbia trasmesso le informazioni e le direttive del capo cosca ad altri affiliati o, comunque, abbia contattato altri sodali al fine di permettere la circolazione delle informazioni e delle direttive provenienti dal carcere (Sez. 2, n. 7872 del 28/01/2020, Pellicano’, Rv. 278425-01; Sez. 2, n. 41736 del 09/04/2018, M., Rv. 274077-01).
Come i decidenti di merito hanno ampiamente chiarito nelle convergenti decisioni di primo e di secondo grado, i ricorrenti si rendevano parti attive nella veicolazione dei messaggi da e per (OMISSIS), posto al vertice dell’organizzazione criminale “Cosa nostra”, consentendo a quest’ultimo di continuare ad impartire le istruzioni agli altri sodali per la gestione degli affari criminali, di preservare la catena di comando tra gli appartenenti al gruppo criminale posti a diversi livelli dell’organizzazione, dunque, di mantenere la posizione apicale e di tenere in vita la societas sceleris. Nella specie, si e’ pertanto completamente al di fuori dall’ambito della mera contiguita’ compiacente, cosi’ come della vicinanza o disponibilita’ nei riguardi di singoli esponenti, anche di spicco, del sodalizio, essendosi tradotta la contiguita’ con soggetti mafiosi – e fra soggetti mafiosi – in un vero e proprio contributo teso a mantenere attiva la veicolazione e la diffusione delle direttive dal vertice agli altri componenti della compagine criminale e di preservare la catena di comando tra gli appartenenti al gruppo criminale posti ai diversi livelli dell’organizzazione, cosi’ garantendo un apporto munito di un’effettiva e fondamentale rilevanza causale ai fini della conservazione e del rafforzamento della consorteria.
Deve dunque essere affermato il seguente principio di diritto secondo il quale “integra il delitto di partecipazione all’associazione di tipo mafioso la condotta di colui il quale offra il proprio contributo materiale, con carattere continuativo e fiduciario, ai fini della trasmissione di messaggi e direttive tra il soggetto in posizione apicale che sia latitante e i soggetti appartenenti alla consorteria in liberta’ (nella specie, fra (OMISSIS) al vertice di “Cosa nostra”, (OMISSIS) reggente del mandamento di Mazara del Vallo e gli altri associati), cosi’ da consentire al primo di continuare a dirigere l’associazione mafiosa, atteso che tale attivita’ si risolve in un contributo causale alla realizzazione del ruolo direttivo del sodalizio nonche’ alla conservazione ed al rafforzamento di quest’ultimo”.
5.2. Altrettanto ineccepibile in diritto e’ la decisione assunta dalla Corte d’appello di Palermo quanto alla posizione di (OMISSIS), la’ dove ha escluso la sussistenza dei presupposti per la partecipazione all’associazione di stampo mafioso cosi’ come del favoreggiamento, inquadrando la fattispecie concreta nell’ipotesi del concorso esterno in associazione mafiosa.
Ai fini della soluzione della questione giuridica dedotta dalla difesa, devono essere preliminarmente rammentate le coordinate ermeneutiche che questa Corte regolatrice ha avuto modo di tracciare nel definire il discrimen fra le ipotesi delittuose che vengono in rilievo.
In particolare, gia’ da epoca risalente, le Sezioni Unite hanno affermato che la condotta di partecipazione all’associazione di tipo mafioso e’ riferibile a colui che si trovi in rapporto di stabile ed organica compenetrazione con il tessuto organizzativo del sodalizio, tale da implicare, piu’ che uno status di appartenenza, un ruolo dinamico e funzionale – desunto da indicatori fattuali -, in esplicazione del quale l’interessato prende parte al fenomeno associativo, rimanendo a disposizione dell’ente per il perseguimento dei comuni fini criminosi (Sez. U, n. 33748 del 12/07/2005, Mannino, Rv. 231670; conf. Sez. 5, n. 45840 del 14/06/2018, M., Rv. 274180; Sez. 1, n. 1470 del 11/12/2007, P.G. in proc. Addante e altri, Rv. 238838). Il delitto di partecipazione all’associazione ex articolo 416-bis c.p. non si connota, dunque, per la mera adesione ideale all’organizzazione mafiosa, ma postula un ruolo attivo, una messa a disposizione della consorteria ai fini della realizzazione del programma criminale associativo, potendo solo cosi’ affermarsi che egli prende parte al fenomeno criminale.
Nella medesima pronuncia a composizione allargata, questa Corte ha affermato che deve essere ravvisata la figura del c.d. concorso esterno in associazione mafiosa nel caso del soggetto che, non inserito stabilmente nella struttura organizzativa dell’associazione e privo dell’affectio societatis, fornisce un concreto, specifico, consapevole e volontario contributo, sempre che questo esplichi un’effettiva rilevanza causale e quindi si configuri come condizione necessaria per la conservazione o il rafforzamento delle capacita’ operative dell’associazione (o, per quelle operanti su larga scala come “Cosa nostra”, di un suo particolare settore e ramo di attivita’ o articolazione territoriale) e sia diretto alla realizzazione, anche parziale, del programma criminoso della medesima. (In motivazione la Corte, rilevando come la efficienza causale in merito alla concreta realizzazione del fatto criminoso collettivo costituisca elemento essenziale e tipizzante della condotta concorsuale, di natura materiale o morale, ha specificato che non e’ sufficiente una valutazione ex ante del contributo, risolta in termini di mera probabilita’ di lesione del bene giuridico protetto, ma e’ necessario un apprezzamento ex post, in esito al quale sia dimostrata, alla stregua dei comuni canoni di certezza processuale, l’elevata credibilita’ razionale dell’ipotesi formulata in ordine alla reale efficacia condizionante della condotta atipica del concorrente) (Sez. U, n. 33748 del 12/07/2005, Mannino, Rv. 231671-01; conf. Sez. 6, n. 47081 del 24/10/2013, Malaspina Rv. 258028; Sez. 6, n. 29458 del 26/06/2009, Rv. 244471;). Sotto il profilo soggettivo, il dolo del concorso esterno in associazione di tipo mafioso presuppone che l’agente, pur sprovvisto dell’affectio societatis, cioe’ della volonta’ di fare parte dell’associazione, sia consapevole dei metodi e dei fini della stessa, rendendosi conto dell’efficacia causale della sua attivita’ di sostegno per la conservazione o il rafforzamento della struttura organizzativa, all’interno della quale i membri effettivi devono poter contare sull’apporto vantaggioso del concorrente esterno (Sez. U, n. 33748 del 12/07/2005, Mannino, Rv. 231672-01; conf. Sez. 2, n. 34979 del 17/05/2012, Di Bella e altri, Rv. 253657).
Ne discende che la distinzione tra la partecipazione ad associazione mafiosa ed il concorso esterno non ha natura meramente quantitativa, ma e’ collegata alla organicita’ del rapporto tra il singolo e la consorteria, per cui deve essere qualificato come contributo di partecipazione quello del soggetto cui sia stato attribuito un ruolo nel sodalizio, anche se lo stesso non abbia mai avuto occasione di attivarsi, mentre, al contrario, va qualificato come contributo concorsuale “esterno” quello dell’extraneus, sulla cui disponibilita’ il sodalizio non puo’ contare, che sia stato piu’ volte contattato per tenere determinate condotte agevolative, concordate sulla base di autonome volizioni (Sez. 2, n. 34147 del 30/04/2015, P.G in proc. Agostino e altri, Rv. 264625-01).
Quanto poi alla linea di confine tra il concorso esterno in associazione di stampo mafioso ed il favoreggiamento, questa Corte ha chiarito che e’ integrato il primo delitto allorche’ l’aiuto sia prestato non solo ad uno o piu’ partecipi mentre l’associazione e’ ancora in atto, ma sia rivolto al singolo in quanto componente del gruppo criminale (Sez. 5, n. 34597 del 06/05/2008, Lombardo, Rv. 241929-01). In caso di concorso esterno gli effetti della condotta del soggetto agente risultano dunque utili per l’intera associazione e non si risolvono nell’ausilio dato a qualche suo componente ad eludere le investigazioni ovvero a sottrarsi alle ricerche dell’autorita’, come nell’ipotesi di mero favoreggiamento personale (Sez. 1, n. 1073 del 22/11/2006 – dep. 2007, Alfano e altri, Rv. 235855-01).
Di tali regulae iuris ha fatto buon governo la Corte territoriale nel valutare la posizione di (OMISSIS), la’ dove, dopo avere correttamente ricordato la giurisprudenza di legittimita’ in materia, ha notato, per un verso, che non e’ stata raggiunta la prova certa – al di la’ di ogni ragionevole dubbio – dell’appartenenza dell’imputato alla societas sceleris, fermandosi le acquisizioni processuali a delineare il prevenuto quale soggetto disponibile, vicino, all’organizzazione, ma non intraneo ad essa; per altro verso, che – come accertato sulla scorta degli elementi probatori acquisiti – il ricorrente non si e’ limitato ad aiutare taluno appartenente all’organizzazione criminale ad eludere le investigazioni dell’autorita’ o a sottrarsi alle ricerche di queste a seguito della commissione di una condotta delittuosa, ma ha assicurato il proprio contributo materiale a diversi appartenenti alla consorteria mafiosa – primi fra tutti (OMISSIS) e (OMISSIS) – e, soprattutto, ha consentito al boss (OMISSIS) di continuare ad esercitare il suo potere nel suo territorio, la’ dove metteva a disposizione un luogo nella propria disponibilita’ (l’ovile) per incontri segreti tra i sodali, si attivava per risolvere problematiche di rilievo per l’associazione (la questione (OMISSIS)) e si occupava dell’organizzazione di incontri riservati tra (OMISSIS) e (OMISSIS). Il che – come rilevato in termini ineccepibili dai decidenti di merito – si e’ certamente tradotto in un contributo utile per la permanenza in vita dell’intera associazione, e non nell’aiuto prestato a qualche suo componente, come nell’ipotesi di mero favoreggiamento personale.
D’altronde, la conclusione recepita nella decisione in verifica si allinea perfettamente alle indicazioni interpretative date da questo Giudice di legittimita’ in un caso sovrapponibile a quello di specie, in cui si e’ affermato che integra il reato di concorso esterno in associazione di tipo mafioso, e non la meno grave fattispecie di favoreggiamento personale, la condotta del soggetto, estraneo all’associazione, che faccia da corriere tra un latitante e altri membri del sodalizio criminale, mediante la consegna di messaggi inerenti alle attivita’ delittuose del gruppo (Sez. 1, n. 54 del 11/12/2008 – dep. 2009, Sarracino, Rv. 242577-01).
5.3. Conclusivamente, giudica la Corte che il discorso giustificativo svolto a sostegno della conferma del giudizio di responsabilita’ espresso a carico dei (OMISSIS), di (OMISSIS) e di (OMISSIS) sia immune da vizi di ordine logico o giuridico coltivabili in questa sede, la’ dove contrariamente a quanto eccepito dai ricorrenti nei motivi sopra riassunti nei punti 2.1, 3.1 e 3.2, 6.1, 6.2, 6.3, 6.4 e 6.5 e 7.1 del ritenuto in fatto – il Collegio palermitano ha dato congrua risposta a tutte le censure mosse con i gravami (e qui riproposte al vaglio di questo Giudice di legittimita’), con puntuali riferimenti alle emergenze degli atti, secondo un ragionamento lineare e non manifestamente irragionevole nonche’ corretto in diritto.
6. Sono inammissibili anche le censure mosse da (OMISSIS) e (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) in relazione alla ritenuta integrazione delle circostanze aggravanti di cui all’articolo 416-bis c.p., commi 4 e 6, (oggetto dei motivi sub punti 2.2, 3.1 e 3.2, 4.3, 6.6 e 7.3 del ritenuto in fatto).
6.1. A sostegno della circostanza aggravante dell’associazione mafiosa armata (oggetto di un’analoga censura mossa con i gravami), il Collegio d’appello ha evidenziato, per un verso, come risulti problematico – anzi irrealistico – ipotizzare l’esistenza di un’associazione mafiosa disarmata, stante la funzionalita’ delle armi alla realizzazione delle modalita’ intimidatorie in cui si connota il metodo mafioso, e come appartenga al patrimonio giuridico acquisito l’utilizzo di armi da parte dell’associazione “Cosa nostra”, non fosse altro che per i ritrovamenti di arsenali e la commissione dei brutali e periodici delitti mediante armi dalla portata distruttiva e micidiale; per altro verso, ha evidenziato come, in questo processo, sia emerso che (OMISSIS) si e’ reso artefice, in qualita’ di mandante dell’omicidio di (OMISSIS), delle operazioni di armamento del gruppo di fuoco composto da (OMISSIS) e da (OMISSIS) (v. pagine 185 e seguenti della sentenza in verifica).
Contrariamente a quanto eccepito dai ricorrenti, i Giudici della cognizione non si sono fermati a rilevare come la detenzione di armi da parte di “Cosa nostra” e l’impiego di esse quale modalita’ di realizzazione del programma criminale costituiscano un fatto notorio, risultando, ad ogni modo, legittimo il ricorso al fatto notorio per provare l’integrazione del predetto elemento circostanziale allorche’ la disponibilita’ di strumenti di offesa da parte di un determinato sodalizio sia desumibile da indicatori concreti, quali fatti di sangue ascrivibili al gruppo o risultanze di titoli giudiziari, intercettazioni, dichiarazioni od altre fonti (Sez. 2, n. 50714 del 07/11/2019, Caputo, Rv. 278010-01; Sez. 1, n. 7392 del 12/09/2017 – dep. 2018, Di Majo e altro, Rv. 272403-01). I decidenti palermitano hanno invero solidamente ancorato l’aggravante in parola all’accertata disponibilita’ di armi in capo ad uno degli associati, segnatamente a (OMISSIS), ai fini della perpetrazione dell’omicidio (OMISSIS). D’altronde, in tema di associazione di stampo mafioso, ai fini della configurabilita’ della circostanza aggravante della disponibilita’ delle armi non e’ richiesta l’esatta individuazione delle armi stesse, ma e’ sufficiente l’accertamento, in fatto, della disponibilita’ di un armamento, desumibile, ad esempio, dai fatti di sangue commessi dal gruppo criminale o dal contenuto delle intercettazioni (Sez. 6, n. 55748 del 14/09/2017, P.G., P.C. in proc. Macri’ e altri, Rv. 271743-01).
6.2. Analoghe considerazioni valgono quanto alla seconda circostanza aggravante del reimpiego dei proventi illeciti in attivita’ economica e del controllo dell’ambito economico di cui all’articolo 416-bis c.p., comma 6, (anch’essa oggetto di analoga deduzione negli atti d’appello).
Dopo avere ineccepibilmente premesso in diritto come la circostanza aggravante in parola puo’ trovare applicazione quando l’attivita’ economica finanziata con il provento dei delitti esecutivi del programma del sodalizio non sia limitata a singole operazioni commerciali o alla gestione di singoli esercizi, ma si sia concretata nell’intervento in strutture produttive dirette a prevalere, nel territorio di insediamento, sulle altre che offrano beni o servizi analoghi (v. da ultimo, Sez. 5, n. 49334 del 05/11/2019, Corcione, Rv. 277653-01; Sez. 6, n. 4115 del 27/06/2019 – dep. 30/01/2020, PG c/ Graziano, Rv. 27832501), il Collegio di merito ha rilevato, da un lato, come l’organizzazione “Cosa nostra” si sia notoriamente avvalsa e si avvalga tuttora del reimpiego economico dei propri profitti illeciti (segnatamente da estorsione, traffico di droga, scommesse clandestine e altro) in attivita’ economiche lecite (settore edilizio, grande distribuzione e altro), cosi’ da accrescere i propri guadagni ed ampliare il raggio ed il grado di intensita’ dell’influenza e del controllo sul territorio; dall’altro lato, come nel processo in oggetto, siano emerse specifiche evidenze del reinvestimento in attivita’ economiche dei proventi delle estorsioni e delle altre attivita’ delittuose, sia in relazione al rapporto di affari fra (OMISSIS) e (OMISSIS) (soci nella grande distribuzione), sia con riguardo ai riferimenti ad interferenze immediate e dirette del metodo mafioso in attivita’ produttive della provincia di Trapani, richiamando le motivazioni svolte al riguardo dal G.u.p. nelle pagine 781 e seguenti della motivazione della sentenza di primo grado (v. pagine 188 e seguenti della sentenza impugnata).
6.3. Inappuntabile si appalesa l’imputazione delle circostanze aggravanti in oggetto a tutti gli imputati di partecipazione all’associazione per delinquere di stampo mafioso ( (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS)) e di concorso esterno in associazione mafiosa ( (OMISSIS)).
Secondo i principi piu’ volte affermati da questa Suprema Corte, le circostanze aggravanti del reato di associazione di tipo mafioso, consistenti nell’avere l’associazione la disponibilita’ di armi e della destinazione del prezzo, prodotto o profitto dei delitti al finanziamento delle attivita’ economiche di cui gli associati intendano assumere o mantenere il controllo, hanno natura oggettiva, sicche’ – ai fini dell’attribuzione a ciascuno degli associati – e’ sufficiente che le circostanze siano riferibili all’attivita’ dell’associazione e non alla condotta del singolo partecipe; vista la loro natura oggettiva, le aggravanti de quibus devono essere imputate anche al concorrente esterno consapevole dei fatti oggetto delle medesime o che per colpa le ignori (Sez. 6, n. 42385 del 15/10/2009, Ganci, Rv. 244904-01; con specifico riguardo all’aggravante della disponibilita’ delle armi v. Sez. 6, n. 32373 del 04/06/2019, Aiello, Rv. 27683102; Sez. 5, n. 18837 del 05/11/2013, Corso e altri, Rv. 260919; Sez. 6, n. 11194 del 08/03/2012, Lupo, Rv. 252177; con specifico riguardo all’aggravante del reinvestimento economico, v. Sez. 5, n. 52094 del 30/09/2014, Spadaro Tracuzzi, Rv. 261334 – 01).
In ossequio a tali indicazioni esegetiche, il Collegio di merito ha argomentato la sussistenza dei presupposti per l’imputazione delle circostanze aggravanti oggettive di cui all’articolo 416-bis c.p., commi 4 e 6, evidenziando come (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) siano stati condannati irrevocabilmente per l’associazione mafiosa aggravata dalla disponibilita’ di armi e dal reimpiego economico, come (OMISSIS) abbia proseguito la militanza mafiosa del padre (OMISSIS) e come (OMISSIS) avesse strettissimi legami con i predetti pregiudicati mafiosi (v. pagina 187 e pagina 195 della sentenza impugnata).
Sulla base di tali dati obbiettivi acquisiti al processo, la Corte d’appello ha – non irragionevolmente – concluso che i ricorrenti avessero una conoscenza effettiva della disponibilita’ di armi da parte del gruppo e del potenziale economicolimprenditoriale dell’organizzazione o che, comunque, essi non potessero ignorare senza loro colpa di partecipare (i primi quattro) o di prestare il proprio contributo esterno ( (OMISSIS)) ad una compagine associativa appunto armata, in quanto dotata della disponibilita’ di un rilevante potenziale di armamenti e di materiali esplodenti per il conseguimento delle finalita’ mafiose, nonche’ dedita al reinvestimento dei capitali illeciti, si’ da condizionare il tessuto imprenditoriale ed economico di riferimento.
6.4. E’ manifestamente destituito di fondamento anche il motivo dedotto dalla difesa di (OMISSIS) (sub punto 3.1 del ritenuto in fatto) la’ dove ha attaccato il calcolo della pena con riguardo alle due circostanze aggravanti in oggetto, in quanto reputato contrastante con il disposto dell’articolo 63 c.p., comma 4.
Come questa Corte della nomofilachia ha gia’ avuto modo di chiarire, nell’ipotesi di concorso tra le circostanze aggravanti ad effetto speciale previste per il delitto di partecipazione ad associazione di tipo mafioso dall’articolo 416-bis c.p., commi 4 e 6, ai fini del calcolo degli aumenti di pena irrogabili, non si applica la regola generale prevista dall’articolo 63 c.p., comma 4, bensi’ l’autonoma disciplina derogatoria di cui al citato articolo 416-bis, comma 6, che prevede l’aumento da un terzo alla meta’ della pena gia’ aggravata (Sez. 6, n. 7916 del 13/12/2011 – dep. 2012, P.G., La Franca e altri, Rv. 252069-01). Principio confermato anche dalle Sezioni Unite di questa Corte, sia pure ai fini della determinazione della pena agli effetti dell’applicazione di una misura cautelare personale (Sez. U, n. 38518 del 27/11/2014 – dep. 2015, Ventrici, Rv. 264674-01; conf. Sez. 6, n. 24431 del 28/02/2019, Messina, Rv. 276071-01).
7. Sono inammissibili anche le doglianze in ordine alla conferma della condanna di (OMISSIS) (motivi sub punti 5.1 e 5.2 del ritenuto in fatto), richiamate le considerazioni svolte sopra nei paragrafi 2.
7.1. Ed invero, contrariamente a quanto denunciato dal ricorrente, nel ratificare il giudizio di penale responsabilita’ espresso dal G.u.p., la Corte d’appello ha congruamente esplicitato le ragioni della ritenuta colpevolezza dell’imputato in ordine al reato di cui all’articolo 378 c.p., aggravato ai sensi del Decreto Legge 13 maggio 1991, n. 152, articolo 7, ora prevista dall’articolo 416-bis.1 c.p..
Dopo aver dato conto dei motivi d’appello, il Collegio del gravame ha richiamato quanto gia’ notato in linea generale in merito al sistema dei “pizzini” ed alla irrilevanza del loro mancato sequestro; ha poi passato in rassegna gli episodi stimati piu’ significativi a sostegno dell’ipotesi accusatoria elevata nei confronti del (OMISSIS) e, in particolare, ha esplicitato le ragioni per le quali abbia stimato che i contatti fra il ricorrente e altri coimputati non siano suscettibili della lettura alternativa suggerita dalla difesa. In particolare, la Corte distrettuale ha ripercorso uno per uno gli episodi monitorati dagli inquirenti; ha – non incongruamente – delineato il rapporto fiduciario del (OMISSIS) con il capo del mandamento mafioso di Mazara del Vallo (OMISSIS) e con l’altro esponente mafioso (OMISSIS) e, quindi, ricostruito l’attivita’ svolta dal ricorrente tesa a garantire un canale di comunicazione riservato e segreto tra i due esponenti di spicco della consorteria; ha convincentemente rilevato – in linea con quanto gia’ notato dal G.u.p. (nelle pagine 753 e seguenti della sentenza di primo grado) – come il dinamismo dell’imputato ed il linguaggio criptico utilizzato nelle comunicazioni non possano spiegarsi in ragione dei rapporti di conoscenza personale con il (OMISSIS), vecchio amico del proprio padre (v. pagine 176 – 183 della sentenza impugnata).
7.2. Corretta e’ poi la qualificazione giuridica della fattispecie concreta cosi’ ricostruita, la’ dove i Giudici della cognizione – dopo avere rilevato l’impostazione riduttiva sposata dalla pubblica accusa e poi cristallizzata nel decreto di rinvio a giudizio – hanno argomentato come (OMISSIS), quale emissario del (OMISSIS), abbia assolto al compito essenziale di curare il canale di comunicazione riservato e segreto tra il predetto e (OMISSIS) (interlocutore mafioso per la zona di (OMISSIS)) nonche’ altri pregiudicati mafiosi (quali (OMISSIS) e (OMISSIS)), per un ampio arco temporale (almeno dal 18 aprile 2011 al 28 marzo 2012), cosi’ assicurando ai predetti di eludere le investigazioni a loro carico e, sullo sfondo, di consentire a (OMISSIS) di sfuggire alle ricerche dell’autorita’. Il che – secondo la costante lezione ermeneutica di questa Corte di legittimita’ – certamente sostanzia la condotta di favoreggiamento (v. da ultimo, Sez. 1, n. 43249 del 13/04/2018, Russo, Rv. 274374-01).
Appagante e’ il discorso giustificativo svolto in relazione all’elemento soggettivo, la’ dove i Giudici di merito hanno evidenziato come, in virtu’ dello strettissimo rapporto personale, (OMISSIS) non potesse ignorare che (OMISSIS) aveva riportato due condanne definitive per partecipazione ad associazione mafiosa (v. pagina 765 della sentenza di primo grado e pagina 184 della sentenza in verifica).
7.3. Immune da vizi logico-giuridici rilevabili con il ricorso per cassazione e’ anche il passaggio argomentativo nel quale il Giudice a quo ha confermato la sussistenza della circostanza aggravante dell’agevolazione mafiosa.
Secondo quanto si trae dalla lettura congiunta della sentenza impugnata e di quella di primo grado espressamente richiamata dalla Corte distrettuale, i decidenti di merito hanno poggiato la ritenuta integrazione della circostanza aggravante, sotto entrambi i profili oggettivo e soggettivo, evidenziando che – dai dialoghi intercettati e dai servizi di osservazione e di monitoraggio dei diversi spostamenti del ricorrente – risultano comprovate, da un lato, la sussistenza di uno strettissimo legame – a contenuto fiduciario – fra (OMISSIS) ed il capo del mandamento mafioso di Mazara del Vallo (OMISSIS), teso a garantire un canale di comunicazione riservato e segreto tra il predetto e altri esponenti della consorteria, in particolare con (OMISSIS), per la cura degli interessi della consorteria (anche con riguardo alla veicolazione dei messaggi per e dal boss latitante (OMISSIS)); dall’altro lato, la consapevolezza del prevenuto circa la caratura mafiosa dei soggetti cui forniva il proprio ausilio e le tematiche mafiose oggetto dei convegni, palesata dall’uso del linguaggio criptico da parte dello stesso ricorrente nelle reiterate interlocuzioni con (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), attraverso il quale intratteneva rapporti mediati con (OMISSIS) (v. pagine 764 e seguenti della richiamata sentenza di primo grado e pagine 176 – 184 della sentenza impugnata).
L’argomentare svolto dai Giudici siciliani risulta dunque armonico rispetto al dictum di questa Corte di legittimita’ secondo cui la circostanza aggravante dell’aver agito al fine di agevolare l’attivita’ delle associazioni di tipo mafioso ha natura soggettiva inerendo ai motivi a delinquere
e richiede per la sua configurazione il dolo specifico di favorire l’associazione (Sez. U, n. 8545 del 19/12/2019 – dep. 2020, Chioccini, Rv. 278734-01; Sez. 6, n. 31874 del 09/05/2017, Ferrante, Rv. 270590-01).
8. Tesi a promuovere uno scrutinio non espletabile nel giudizio di cassazione e/o all’evidenza destituiti di fondamento sono gli ulteriori motivi in punto di determinazione della pena.
8.1. Tanto vale, innanzitutto, con riguardo alla doglianza concernente l’omessa applicazione delle circostanze attenuanti generiche oggetto del secondo motivo del (OMISSIS) (sub punto 7.2 del ritenuto in fatto).
Come questa Corte ha piu’ volte affermato, le circostanze attenuanti generiche hanno lo scopo di estendere le possibilita’ di adeguamento della pena in senso favorevole all’imputato in considerazione di situazioni e circostanze che effettivamente incidano sull’apprezzamento dell’entita’ del reato e della capacita’ a delinquere dello stesso, sicche’ il riconoscimento di esse richiede la dimostrazione di elementi di segno positivo (Sez. 3, n. 19639 del 27/01/2012, Gallo e altri, Rv. 252900).
Elementi di segno positivo che, nella specie, i giudici di merito hanno ritenuto insussistenti, con argomentazioni adeguate e prive di vizi logici – dunque, insindacabili in questa sede -, evidenziando come l’attivita’ di supporto esterno assicurato dal (OMISSIS) fosse particolarmente dinamica ed articolata (la’ dove il ricorrente metteva a disposizione il proprio casolare, pianificava gli arrivi dei vari partecipanti, ne accompagnava alcuni e faceva ricorso ad un linguaggio convenzionale nelle comunicazioni), tutt’altro che episodica nonche’ fondamentale per la vita associativa, stante lo spessore mafioso del soggetto posto al vertice del sistema di comunicazioni segrete (v. pagine 201 e 202 della sentenza impugnata).
9. Al pari inammissibile e’ la questione – comune ai ricorsi di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) – concernente il tempus commissi delicti rilevante ai fini dell’individuazione del trattamento sanzionatorio applicabile, essendo la condotta di partecipazione all’associazione per delinquere cessata – ad avviso dei ricorrenti – in epoca antecedente entrata in vigore della L. 27 maggio 2015, n. 69.
9.1. Deve essere premesso come le deduzioni con le quali le difese hanno indicato elementi o comunque svolto argomenti a sostegno della retrodatazione della conclusione della partecipazione all’associazione per delinquere di stampo mafioso – in quanto implicanti una ricostruzione storico-fattuale della vicenda diversa da quella (congruamente) compiuta dai Giudici di merito – postulano accertamenti di fatto ed una rivalutazione degli elementi probatori preclusi nella sede di legittimita’.
Le doglianze risultano, a ben vedere, anche generiche, la’ dove non indicano alcun elemento dimostrativo della cessazione della permanenza in data anteriore all’entrata in vigore della L. n. 69 del 2015, che i Giudici di merito avrebbero omesso di considerare.
9.2. Ad ogni buon conto, nel dare risposta al medesimo motivo dedotto in appello, la Corte d’appello ha rilevato che la contestazione associativa sub capo 1) e’ “chiusa” – stante l’indicazione del termine finale della condotta “sino alla data odierna” – e da cio’ ha ineccepibilmente inferito come la data di cessazione della permanenza del delitto associativo coincida con quella della richiesta di rinvio a giudizio ossia con la data del 19 novembre 2015. Stabile in tale senso e’ la giurisprudenza di questa Corte, secondo cui, ai fini della individuazione del regime sanzionatorio applicabile ai reati permanenti, nella ipotesi di successione di leggi nel tempo, deve farsi riferimento alla data del decreto che dispone il giudizio e, ove questo manchi, trattandosi di rito abbreviato, alla data della richiesta di rinvio a giudizio (Fattispecie in tema di reati di associazione per delinquere di stampo mafioso). (da ultimo, Sez. 1, n. 44704 del 05/05/2015, Iaria e altri, Rv. 265253-01).
Ad ulteriore conforto, il Collegio distrettuale ha evidenziato come il patrimonio dei contributi probatori si protragga oltre la data di entrata in vigore della novella del 27 maggio 2015; come non vi sia alcuna evidenza del recesso dei tre ricorrenti dal sodalizio criminoso in data antecedente a tale termine finale e come i predetti siano stati in passato gia’ condannati per lo stesso titolo di reato, a dimostrazione della loro permanenza all’interno della stessa organizzazione mafiosa anche nel periodo successivo giudicato, sicche’ non e’ immaginabile che essi abbiano improvvisamente abdicato dal loro consolidato ruolo di soggetti mafiosi (v. pagine 195 – 201 della sentenza impugnata).
Tale argomentare si allinea perfettamente al consolidato insegnamento di questa Corte di legittimita’, alla stregua del quale il vincolo associativo tra il singolo e l’associazione mafiosa si instaura nella prospettiva di una futura permanenza in essa a tempo indeterminato e si protrae sino allo scioglimento della consorteria, potendo essere significativo della cessazione del carattere permanente della partecipazione soltanto l’avvenuto recesso volontario, che, come ogni altra ipotesi di dismissione della qualita’ di partecipe, deve essere accertato in virtu’ di condotta esplicita, coerente e univoca e non in base a elementi indiziari di incerta valenza, quali quelli della eta’, del subingresso di altri nel ruolo di vertice e dello stabilimento della residenza in luogo in cui si assume non essere operante il sodalizio criminoso (ex plurimis, Sez. 5, n. 1703 del 24/10/2013 – dep. 2014, Sapienza e altri, Rv. 258954-01).
9.3. La Corte d’appello ha dedicato una particolare attenzione nel dare risposta alla specifica censura mossa dalla difesa di (OMISSIS), secondo cui non vi sarebbe evidenza della partecipazione dell’imputato alla consorteria anche in epoca successiva all’ultimo incontro cui questi partecipo’ in data 19 gennaio 2014, stante le gravi condizioni di salute del ricorrente.
A tale proposito, il Collegio distrettuale ha evidenziato come (OMISSIS), dopo essere stato ricoverato in ospedale il 27 agosto 2013 e poi dimesso dal nosocomio, avesse ripreso le “relazioni esterne” di tipo mafioso recandosi – accompagnato dal figlio (OMISSIS) – all’incontro del (OMISSIS) e, poi, all’ultimo incontro del (OMISSIS), nel corso del quale il figlio (OMISSIS) partecipava attivamente all’interlocuzione con (OMISSIS); come, da tale momento in poi – realizzatosi il passaggio di consegne dal padre al figlio (delineato piu’ approfonditamente nel trattare la posizione di (OMISSIS) (OMISSIS)) -, nel corso del 2015, quest’ultimo partecipasse attivamente a numerosi summit, svolgendo un ruolo attivo sino all’ultimo consesso con (OMISSIS) e (OMISSIS) a Mazara del Vallo monitorato il 23 luglio 2015, dunque oltre l’entrata in vigore della L. n. 69 del 2015. Sulla scorta di tali elementi, la Corte di merito ha – non incongruamente – rilevato come, dalla circostanza che l’anziano uomo d’onore abbia svolto un ruolo attivo nella consorteria, relazionandosi con altri sodali sino al gennaio 2014 ed abbia poi instradato nell’organizzazione il figlio – che da quel momento in poi aveva partecipato a plurimi e fondamentali incontri con altri sodali -, debba inferirsi, in assenza di elementi dimostrativi dello scioglimento del vincolo associativo, che egli abbia continuato a fare parte del sodalizio criminale ed a cooperare ai fini della realizzazione degli scopi delittuosi, sia pure operando per il tramite del discendente (v. pagine 199 e seguenti della sentenza impugnata).
In relazione alla specifica posizione di (OMISSIS) devono essere ribadite le considerazioni svolte nei due paragrafi che precedono, tanto con riguardo alla incensurabilita’ nel giudizio di legittimita’ delle ricostruzioni in fatto ed alla impraticabilita’ di una diversa determinazione dell’ambito temporale coperto dalle condotte sub iudice, ove sorrette da una motivazione adeguata; quanto con riferimento alla tendenziale permanenza del vincolo associativo sino a che non siano acquisite evidenze di una risoluzione del pactum sceleris o del recesso da parte del singolo associato. Nel ribadire pertanto il principio di diritto espresso da questa Corte (OMISSIS) sopra citata pronuncia (del 2013, ric. Sapienza, Rv. 258954-01), con specifico riguardo alla posizione di (OMISSIS), vale la pena solo aggiungere come costituisca ius receptum che il sopravvenuto stato detentivo dell’associato non determina la necessaria ed automatica cessazione della sua partecipazione al sodalizio, atteso che il soggetto puo’ continuare, anche in tale situazione e con gli strumenti comunicativi a disposizione dell’organizzazione, a partecipare, sebbene per interposta persona, alle vicende del gruppo ed alla programmazione delle sue attivita’ nonche’ a riassumere un ruolo attivo alla cessazione del forzato impedimento (da ultimo, Sez. 2, n. 8461 del 24/01/2017, De Notaris, Rv. 269121-01). A maggior ragione non puo’ comportare l’automatica rescissione del pactum sceleris l’eta’ avanzata o lo stato di malattia dell’affiliato suscettibili di comportarne un impedimento (temporaneo o meno) alla partecipazione “di persona” ai consessi ed alle attivita’ operative dell’organizzazione, ove tali condizioni non determinino la totale incapacita’ – fisica o psichica di comunicare e di interfacciarsi con gli altri componenti della compagine organizzativa e, dunque, di prendere parte ai processi decisionali del gruppo criminale. Cio’ soprattutto allorche’, come nella specie, la partecipazione alla vita associativa sia veicolata da una persona di massima fiducia quale uno stretto congiunto, il proprio figlio, subentrato nel gruppo all’esito di un passaggio di consegne.
9.4. Corretto risulta, infine, il precipitato giuridico dell’individuazione del termine finale della condotta di partecipazione all’associazione di stampo mafioso nella data della richiesta di rinvio a giudizio del 19 novembre 2015, nella parte in cui si e’ ritenuta applicabile la disciplina sanzionatoria – piu’ grave della previgente – risultante dalla novella operata con L. 27 maggio 2015, n. 69. Si tratta difatti di reato permanente che abbraccia un lungo arco temporale, nel corso del quale e’ intervenuta la modifica in peius del trattamento sanzionatorio, la’ dove la condotta delittuosa si e’ nondimeno protratta per tutto il periodo contestato e, in particolare, anche dopo detta modifica.
10. Manifestamente destituiti di fondamento sono i motivi dedotti da (OMISSIS) in relazione alla commisurazione della pena.
10.1. Con i primi due motivi, il ricorrente ha denunciato l’erroneita’ del calcolo eseguito dai Giudici di merito la’ dove avrebbero applicato, dapprima, la diminuente per il giudizio abbreviato e, soltanto all’esito di tale riduzione, l’aumento per la continuazione, disattendendo l’espressa deduzione mossa con il quinto motivo di appello (sub punto 4.1 del ritenuto in fatto).
Contrariamente a quanto rilevato dalla difesa, l’iter seguito dai Giudici distrettuali nel determinare la pena – in particolare, l’ordine nell’applicare la riduzione per il rito speciale e poi l’aumento per la continuazione – e’ ineccepibile.
Giova invero rimarcare che, nella specie, l’istituto della continuazione e’ stato applicato non a fatti oggetto di uno stesso procedimento giudicato con il giudizio abbreviato (nel quale caso, avrebbe ragione il ricorrente) bensi’ fra i fatti sub iudice – giudicati appunto con il rito speciale ed ai quali doveva essere applicata la riduzione ex articolo 442 c.p.p., comma 2, – e quelli oggetto di altro procedimento, decisi con la sentenza di condanna della Corte d’appello di Palermo del 28 ottobre 1998, irrevocabile il 1 marzo 1999.
10.2. Non puo’ comunque sottacersi che, essendo stata pronunciata anche quest’ultima decisione all’esito del rito abbreviato, il Giudice a quo – nel determinare la pena ai sensi dell’articolo 81 c.p., comma 2, – ha determinato, prima, l’aumento per la continuazione per i fatti coperti dal giudicato ed ha poi applicato sul medesimo aumento la riduzione di un terzo per il rito abbreviato. Con l’effetto che la pena sarebbe stata calcolata esattamente negli stessi termini, rectius nella stessa misura, quand’anche la Corte avesse prima applicato l’aumento per la continuazione per i fatti oggetto del diverso procedimento e, poi, la riduzione per il rito sulla pena complessiva risultante.
La Corte ha invero determinato la pena nei termini che seguono: pena-base di anni tredici e mesi sei di reclusione per l’articolo 416-bis c.p., comma 4; aumentata ad anni diciannove e mesi sei di reclusione per il medesimo articolo 416-bis c.p., comma 6; ridotta di un terzo sino ad anni tredici di reclusione, su cui e’ stato applicato l’aumento di due anni di reclusione, ridotto di un terzo per il rito sino ad un anno e quattro mesi di reclusione, pervenendo alla pena finale di anni quattordici e mesi quattro di reclusione.
Seguendo l’ordine suggerito dalla difesa, la pena sarebbe stata determinata nella stessa entita’, come si evince dal calcolo che segue: pena-base di anni tredici e mesi sei di reclusione per l’articolo 416-bis c.p., comma 4; aumentata ad anni diciannove e mesi sei di reclusione per il medesimo articolo 416-bis c.p., comma 6; aumentata di anni due di reclusione per la continuazione con i fatti gia’ giudicati sino ad anni ventuno e mesi sei di reclusione; pena che, ridotta di un terzo per il rito, e’ pari ad anni quattordici e mesi quattro di reclusione, cioe’ la stessa pena finale applicata dalla Corte d’appello.
L’eccezione si appalesa, pertanto, oltre che palesemente infondata, anche sguarnita di interesse e, comunque, inammissibile.
10.3. Coglie all’evidenza fuori segno l’ulteriore doglianza mossa da (OMISSIS) con il motivo sub punto 4.4 del ritenuto in fatto, la’ dove ha censurato l’individuazione della violazione piu’ grave ai fini della continuazione sulla scorta della valutazione meramente astratta del trattamento sanzionatorio imposto dalla legge e non della maggiore gravita’ in concreto dei fatti.
Basti al riguardo rilevare che, come sancito dal piu’ ampio consesso di questa Corte, ai fini del reato continuato, la violazione piu’ grave va individuata in astratto in base alla pena edittale prevista per il reato ritenuto dal giudice in rapporto alle singole circostanze in cui la fattispecie si e’ manifestata e all’eventuale giudizio di comparazione fra di esse. (Sez. U, n. 25939 del 28/02/2013, P.G. in proc. Ciabotti e altro, Rv. 25534701).
11. E’ manifestamente infondato anche l’ultimo motivo dedotto da (OMISSIS) in punto di applicazione della misura di sicurezza della casa di lavoro per la durata di anni due (sub punto 2.4 del ritenuto in fatto).
11.1. Contrariamente a quanto eccepito dal ricorrente, la Corte distrettuale ha esaustivamente argomentato la ritenuta pericolosita’ sociale del prevenuto e l’intensita’ di essa, tale da giustificare l’adozione della misura di sicurezza nel sopra indicato intervallo temporale, la’ dove ha fatto rinvio alle considerazioni gia’ espresse in punto di commisurazione della pena. Con cio’ il Collegio di merito ha, invero, richiamato il ruolo fondamentale ricoperto dall’imputato in seno alla consorteria mafiosa, la vicinanza dell’imputato al vertice (OMISSIS), la continuita’ dei suoi rapporti con (OMISSIS) e altri sodali e la permanenza in seno alla compagine associativa, nonostante le condizioni di salute e l’anzianita’, a mezzo del figlio (OMISSIS) che del padre era diventato longa manus, dunque ad elementi che – congiuntamente valutati – risultano sintomatici della intensa pericolosita’ sociale del prevenuto (v. pagine 208 e 209 della sentenza in verifica).
12. E’ inammissibile anche il motivo dedotto da (OMISSIS) in punto di motivazione sulla disposta confisca dei beni.
12.1. Ed invero, detta censura non e’ stata oggetto dei motivi d’impugnazione originari ed e’ stata dedotta soltanto con i “motivi nuovi”.
Deve pertanto essere ribadito al riguardo che i motivi nuovi proposti a sostegno dell’impugnazione devono avere ad oggetto, a pena di inammissibilita’, i capi o i punti della decisione impugnata gia’ investiti dall’atto di impugnazione originario (ex plurimis, Sez. 2, n. 17693 del 17/01/2018, Corbelli, Rv. 272821-01).
12.2. Ad ogni buon conto, la motivazione svolta dalla Corte a sostegno della disposta ablazione si appalesa esaustiva e scevra da vizi riconducibili al disposto dell’articolo 606 c.p.p. (v. pagine 116 – 121 della sentenza impugnata).
13. Dalla declaratoria di inammissibilita’ dei ricorsi consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle Ammende.
13.1. Dalla decisione discende altresi’ la condanna dei ricorrenti, in solido tra loro, alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa delle parti civili Comune di Castelvetrano, Centro studi ed iniziative Pio La Torre onlus, Associazione antiracket ed antiusura Trapani, Confindustria Trapani, Associazione antiracket La verita’ vive, che – avendo riguardo alle tariffe foresi ed all’impegno defensionale profuso – si stima equo liquidare in Euro 3.510 complessivi per ciascuna parte civile, oltre alle spese generali nella misura del 15%, IVA e CPA.
Alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa della parte civile Associazione antiracket ed antiusura alcamese, ammessa al patrocinio a spese dello Stato, provvedera’ l’Erario, nella misura che sara’ determinata dalla Corte d’appello di Palermo, importo che i ricorrenti in solido sono tenuti a versare in favore dello Stato, a norma del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 110, comma 3.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle Ammende. Condanna inoltre i ricorrenti, in solido tra loro, alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa delle parti civili Comune di Castelvetrano, Centro studi ed iniziative Pio La Torre onlus, Associazione antiracket ed antiusura Trapani, Confindustria Trapani, Associazione antiracket La verita’ vive, che si liquidano in Euro 3.510 complessivi per ciascuna parte civile, oltre spese generali nella misura gel 15%, IVA e CPA.
Condanna, che i ricorrenti, in solido tra loro, alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile Associazione antiracket ed antiusura alcamese, ammessa al patrocinio a spese dello Stato, nella misura che sara’ liquidata dalla Corte d’appello di Palermo, con separato decreto di pagamento ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articoli 82 e 83, disponendo il pagamento in favore dello Stato.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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