Corte di Cassazione, sezione quarta penale, Sentenza 19 maggio 2020, n. 15338.
Massima estrapolata:
In tema di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, il mero riferimento alla sussistenza di numerosi precedenti penali contro il patrimonio non consente di fondare la presunzione di non meritevolezza del beneficio, ma è necessario che il giudice espliciti le ragioni per le quali l’istante debba ritenersi percettore di redditi, seppur non dichiarati e di provenienza illecita, attraverso il confronto tra il tenore di vita dello stesso e le dichiarazioni fiscali.
Sentenza 19 maggio 2020, n. 15338
Data udienza 30 gennaio 2020
Tag – parola chiave: Patrocinio a spese dello Stato – Domanda di ammissione – Condizione reddituale – soggetti conviventi – Disciplina – Art. 76 DPR 115 del 2002 – Rigetto – superamento del limite di reddito – Art. 76 DPR 115 del 2002 – Falsità nella dichiarazione sostitutiva di certificazione – Art. 95 DPR 115 del 2002 – Limiti di reddito – Determinazione – Redditi di provenienza illecita – Rilevanza – Giudizio presuntivo – Ammissibilità – Condizioni
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI SALVO Emanuele – Presidente
Dott. NARDIN Maura – rel. Consigliere
Dott. ESPOSITO Aldo – Consigliere
Dott. BRUNO Maria Rosaria – Consigliere
Dott. CENCI Daniele – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso il decreto del 27/11/2018 del TRIBUNALE di BOLOGNA;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. MAURA NARDIN;
lette le conclusioni del PG.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 27 novembre 2011 il Tribunale di Bologna (in persona del giudice delegato dal Presidente) ha rigettato, in sede di giudizio di rinvio, il ricorso formulato ex Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 99 avverso il provvedimento di diniego dell’ammissione al patrocinio per i non abbienti, proposta da (OMISSIS), disponendo la trasmissione degli atti al pubblico ministero, essendo emersi elementi tali da configurare il reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 95.
2. Avverso il provvedimento propone ricorso (OMISSIS), a mezzo del suo difensore, affidandolo a due motivi.
4. Con il primo, lamenta la violazione e falsa applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 99, comma 4 e degli articoli 76 e 92.
Rileva che l’ordinanza, pronunciata a seguito dell’annullamento del precedente provvedimento da parte della Suprema Corte, fonda il rigetto dell’istanza, da un lato, facendo riferimento all’omessa indicazione dei redditi percepiti dalla convivente dell’istante nel corso del 2012, dall’altro, riguardando alla convivenza al momento della produzione del reddito, benche’ al momento della presentazione della domanda essa fosse cessata. Osserva che la convivente di (OMISSIS) produsse, nel 2011, un reddito pari ad Euro 3.916,00 e nel 2012x un reddito pari ad Euro 7.805, e che la convivenza cesso’ il 28 febbraio 2012. Secondo le modalita’ di calcolo stabilite dal Decreto del Presidente della Repubblica cit., articoli 76 e 92 il limite reddituale, al momento della proposizione della domanda, era pari ad Euro 10.766,33, cui si sarebbero dovuti aggiungere gli aumenti per ogni componente del nucleo anagraficamente convivente. Quindi, anche tenendo in considerazione la somma di Euro 7.805,00, costituente il reddito della convivente per l’anno 2012, il ricorrente non avrebbe comunque superato la soglia fissata dalla legge, per il riconoscimento del beneficio.
5. Con il secondo motivo; si duole della violazione del disposto del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 99, comma 4, e Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 96, comma 2 nonche’ del vizio di motivazione. Assume che il provvedimento, nel respingere la domanda, fa leva sui precedenti penali dell’interessato per reati contro il patrimonio e da cio’ desume la produzione di reddito, da parte del richiedente, a mezzo del ricorso ad attivita’ illecite; fatto che sarebbe confermato dalla titolarita’ di cinque conti correnti, sui quali sarebbero accreditate somme per alcune centinaia di Euro. Il Tribunale, nondimeno, non tiene conto dell’elaborazione della giurisprudenza di legittimita’ secondo la quale e’ onere del giudice, a fronte della previsione di un limite reddituale per l’accesso al beneficio, dar conto degli elementi su cui fonda, in concreto, il giudizio presuntivo di superamento della soglia. L’ordinanza impugnata, al contrario, non ha argomentato sul punto, facendo mero riferimento ai precedenti penali (peraltro anteriori al 2012), senza neppure avvedersi che le precedenti condanne per furto riguardano la sottrazione di merce per ragioni alimentari e non costituiscono certamente un modus vivendi del ricorrente. Conclude per l’annullamento della sentenza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso e’ fondato.
2. I motivi di impugnazione debbono essere trattati congiuntamente, in quanto strettamente connessi.
3. Va premesso che e’ pacifico e non contestato che il ricorrente, nel presentare l’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, si sia limitato ad autocertificare la propria impossidenza e l’assenza di redditi da lui percepiti, senza indicare i redditi degli altri componenti della famiglia, ed in particolare i redditi percepiti dalla convivente nel corso dell’anno 2012 -periodo di riferimento per la domanda presentata il 17 luglio 2013, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 76, comma 1 – pari ad Euro 7.805,00.
4. E’ parimenti pacifico, lo premette lo stesso provvedimento impugnato, che la convivenza, secondo gli accertamenti affidati alla Guardia di finanza fu interrotta il 28 febbraio 2012x e che la convivente del ricorrente percepi’ nel 2011 un reddito pari ad Euro 3.916,00.
5. Ora, al fine di dare soluzione ai quesiti proposti con il ricorso, deve preliminarmente osservarsi che la decisione impugnata compie una sorta di sovrapposizione fra la disciplina per l’ammissione al beneficio (o per la sua revoca) e quella che punisce il reato di falso, contenuta nel Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 95.
Invero, l’articolo 76 Decreto del Presidente della Repubblica cit. stabilisce che “se l’interessato convive con il coniuge o con altri familiari, il reddito e’ costituito dalla somma dei redditi conseguiti nel medesimo periodo da ogni componente della famiglia, compreso l’istante” ed e’ chiaro che e’ il reddito complessivo del nucleo quello che il richiedente deve dichiarare ai sensi dell’articolo 79, comma 1, lettera c), e che non puo’ complessivamente superare la soglia di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articoli 76 e 92.
Nondimeno, il presupposto per l’ammissione e’ solo ed esclusivamente l’insussistenza di un reddito superiore a quello indicato dalla legge per la concessione del beneficio. Tanto e’ vero che la sua revoca, ai sensi dell’articolo 112 Decreto del Presidente della Repubblica cit., puo’ intervenire solo per ragioni inerenti variazioni di reddito o per l’omesso adempimento ad oneri di collaborazione sul controllo della persistenza delle condizioni di ammissione, o qualora nei cinque anni dalla definizione del processo3(risulti provata la mancanza, originaria o sopravvenuta, delle condizioni di reddito di cui agli articoli 76 e 92, ma non quando il beneficio sia stato concesso ed emerga successivamente -o per comunicazioni da parte dell’interessato o a seguito delle verifiche della guardia di finanza- che la dichiarazione non era veritiera, perche’ incompleta, se le condizioni di reddito erano fin dall’origine sussistenti.
La revoca prevista dall’articolo 95, comma 2, Decreto del Presidente della Repubblica cit., conseguente la condanna per il reato di falsita’ nella dichiarazione sostitutiva di certificazione, nelle dichiarazioni, nelle indicazioni e nelle comunicazioni previste dall’articolo 79, comma 1, lettera b), c) e), implica, infatti, l’irrevocabilita’ della sentenza che accerta il delitto.
Dunque, l’omessa indicazione di un reddito nell’autodichiarazione da allegare all’istanza non costituisce di per se’ motivo di reiezione, purche’ il reddito del nucleo sia effettivamente inferiore alla soglia di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articoli 76 e 92. Semmai, quando il giudice che deve provvedere, a seguito delle verifiche degli uffici finanziari, anche ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica cit., articolo 96, comma 2, ritenga sussistenti gli estremi del reato di cui all’articolo 95 cit., dovra’ trasmettere cosi’ come ha fatto nel caso di specie- gli atti al pubblico ministero, ma non potra’ laddove non vi sia superamento della soglia stabilita dall’articolo 76, negare la provvidenza (cfr. sul punto Sez. 4, n. 18945 del 27/03/2019, Naccarella Luciano, Rv. 276462)
6. Cio’ chiarito, tuttavia, va rilevato che il provvedimento impugnato, che pure sembra, in prima battuta, fondare il diniego sulla falsa dichiarazione dell’interessato, anziche’ sul superamento del reddito-soglia, completa la motivazione e1 facendo riferimento ai precedenti penali del ricorrente, per reati contro il patrimonio ed alla titolarita’ di conti correnti su cui sono accreditate alcune centinaia di Euro, conclude sostenendo che vi sono elementi per ritenere che il ricorrente abbia percepito redditi da attivita’ illecite idonei a consentirgli di sopravvivere e di mantenere la propria figlia minore.
7. Ebbene, affrontando il tema dei redditi da provenienza illecita, anche di recente questa Sezione ha ribadito che “Ai fini dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato il giudice deve tenere conto anche dei redditi da attivita’ illecite posseduti dall’istante, la cui esistenza puo’ essere provata anche ricorrendo a presunzioni semplici, tuttavia l’indicazione di un limite reddituale al di sotto del quale l’imputato ha diritto al beneficio impone al giudice di indicare sulla scorta di quali elementi si possa operare tale giudizio presuntivo. (Fattispecie in cui la Corte ha annullato con rinvio l’ordinanza che aveva rigettato l’istanza di ammissione al gratuito patrocinio inferendo l’insussistenza del requisito reddituale esclusivamente dalla presenza di precedenti penali a carico del ricorrente)” (cfr. Sez. 4, n. 53387 del 22/11/2016, Caruso, Rv. 268688; in precedenza vedi anche Sez. 4, Sentenza n. 21974 del 20/05/2010, Rv. 247300; Sez. 4, n. 45159 del 04/10/2005, Bagarella, Rv. 232908).
8. Nondimeno, e’ anche vero che per formulare la presunzione semplice secondo il procedimento descritto dall’articolo 2727 c.c. e’ necessario che il fatto noto -da cui il giudice puo’ trarre il fatto ignorato, quando l’inferenza presenti i requisiti di gravita’, precisione e concordanza- sia costituito da un fatto indicativo della percezione di redditi ulteriore rispetto ai redditi denunciati, quali il tenore di vita dell’interessato e della sua famiglia, la disponibilita’ di beni di particolare valore non compatibili con uno stato economico di insufficienza di mezzi. Da questi presupposti noti il giudice deve muovere l’inferenza sul superamento del valore soglia, non potendo, ovviamente, limitarsi a fare ricorso ad affermazioni ipotetiche o apodittiche o meramente sommarie (cfr. Sez. 4 n. 32782 del 10/07/2015, Clarizia). Ed invero “alla luce dell’interpretazione ampia riconosciuta dalla Corte di Strasburgo al concetto di “insufficienza dei mezzi economici”, che costituisce la ratio del diritto fondamentale dell’accusato all’assistenza gratuita riconosciuto dall’articolo 6, par. 3, lettera c) CEDU (Corte EDU 25/04/1983, Pakelli c. Germania), i requisiti di gravita’, precisione e concordanza, indicati dall’articolo 2729 c.c., perche’ gli indizi possano assurgere al rango di prova presuntiva, debbono valutarsi con rigore e con adeguato riferimento ai fatti noti, dai quali risalire con deduzioni logiche ai fatti ignorati,” il cui significato deve essere apprezzato senza ricorrere ad affermazioni apodittiche, generiche, sommarie o cumulative” (ibidem).
9. Fatta questa premessa, il rigetto dell’istanza di ammissione al beneficio del patrocinio a spese dello Stato, non puo’ semplicemente rimandare alla sussistenza di numerosi precedenti penali, quale indice su cui fondare la presunzione di non meritevolezza del beneficio, dovendo accompagnarsi alla constatazione del contenuto del certificato penale, anche l’accertamento di situazioni incompatibili con il requisito reddituale. D’altro canto, la disciplina del procedimento di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, da un lato, prevede all’articolo 79, comma 3 “il potere del giudice, cui e’ presentata l’istanza, di chiedere alla parte di integrare, ove lo ritenga, ulteriore documentazione”, disponendo la declaratoria di inammissibilita’ solo in caso di mancata collaborazione, dall’altro, all’articolo 96, comma 2 stabilisce il potere del magistrato, in sede di decisione di respingere “l’istanza se vi sono fondati motivi per ritenere che l’interessato non versa nelle condizioni di cui agli articoli 76 e 92, tenuto conto del tenore di vita, delle condizioni personali e familiari, e delle attivita’ economiche eventualmente svolte.” Tuttavia “A tale fine, prima di provvedere, il magistrato puo’ trasmettere l’istanza, unitamente alla relativa dichiarazione sostitutiva, alla Guardia di finanza per le necessarie verifiche”.
Cio’ significa che il diniego non puo’ essere fondato esclusivamente sulla valutazione del certificato penale e che laddove si ritengano sussistenti fondati motivi per ritenere che l’interessato abbia redditi, seppur non dichiarati e di provenienza illecita, occorre darne esplicitamente conto, attraverso una motivazione che confronti il tenore di vita con le dichiarazioni reddituali.
10. L’ordinanza impugnata deve, pertanto, essere annullata con rinvio al Presidente Tribunale di Bologna per nuovo giudizio.
P.Q.M.
Annulla il provvedimento impugnato e rinvia, per nuovo giudizio, al Presidente del Tribunale di Bologna.
Si da’ atto che il presente provvedimento e’ sottoscritto dal solo presidente del collegio per impedimento dell’estensore, ai sensi del D.P.C.M. 8 marzo 2020, articolo 1, comma 1, lettera a).
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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