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5. In punto di determinazione del trattamento sanzionatorio in generale, occorre osservare che una specifica e dettagliata motivazione in merito ai criteri seguiti dal giudice nella determinazione della pena si richiede nel caso in cui la sanzione sia determinata in misura prossima al massimo edittale o comunque superiore alla media, risultando insindacabile, in quanto riservata al giudice di merito, la scelta implicitamente basata sui criteri di cui all’articolo 133 c.p. di irrogare una pena in misura media o prossima al minimo edittale (Sez.4, n.27959 del 18/06/2013, Pasquali, Rv.25835601; Sez.2, n.28852 del 8/05/2013, Taurasi, Rv.25646401; Sez. 4, n. 21294 del 20/03/2013, Serratore, Rv.25619701).
5.1. E’, altresi’, ripetutamente affermato che, in tema di valutazione dei vari elementi per la concessione delle attenuanti generiche, ovvero in ordine al giudizio di comparazione e per quanto riguarda la determinazione della pena ed i limiti del sindacato di legittimita’ su detti punti, la giurisprudenza di questa Suprema Corte non solo ammette la cosiddetta motivazione implicita (Sez. 6, n. 36382 del 04/07/2003, Dell’Anna, Rv. 22714201) o con formule sintetiche (tipo “si ritiene congrua”, Sez. 4, n. 23679 del 23/04/2013, Viale, Rv. 25620101; Sez. 6, n. 9120 del 02/07/1998, Urrata, Rv. 21158301), ma afferma anche che la ratio della disposizione di cui all’articolo 62 bis c.p. non impone al giudice di merito di esprimere una valutazione circa ogni singola deduzione difensiva, essendo, invece, sufficiente l’indicazione degli elementi di preponderante rilevanza ritenuti ostativi alla concessione delle attenuanti, consistenti nel caso in esame nella condotta successiva al reato, essendo contestato il delitto di resistenza e lesioni a pubblico ufficiale, e nei numerosi precedenti penali (Sez. 2, n. 3896 del 20/01/2016, De Cotiis, Rv. 26582601).
5.2. Con specifico riguardo alla determinazione della pena ai sensi dell’articolo 81 c.p., comma 2, la giurisprudenza della Corte di Cassazione (Sez. 6 n. 7777 del 29/1/2013, Bardeggia, Rv. 25505201) esprime il principio secondo il quale, se l’aumento di pena che e’ possibile apportare ai sensi dell’articolo 81 c.p., comma 2, puo’ astrattamente raggiungere il triplo della pena massima, non e’ tuttavia sufficiente per la legittimita’ della decisione determinare la pena nell’ambito quantitativo previsto dalla legge, dovendo il giudice, nella motivazione, dare conto delle valutazioni operate su ogni aspetto dell’esercizio del suo potere discrezionale, ivi compresa la determinazione dell’aumento di pena per la continuazione (Sez. 2 n.23653 del 15/5/2008, Asseliti, Rv. 24061201). Cio’ in forza della previsione contenuta nell’articolo 533 c.p.p., comma 2, secondo cui “… se la condanna riguarda piu’ reati, il giudice stabilisce la pena per ciascuno di essi e quindi determina la pena che deve essere applicata in osservanza delle norme sul concorso dei reati o sulla continuazione”. Di conseguenza, deve ritenersi che la mancanza di motivazione sulla determinazione dell’aumento di pena per la continuazione, non essendo previsto nell’articolo 81 c.p. un aumento minimo di pena, ma solo un massimo quantificato nella misura del triplo della pena base, sottrae all’imputato il controllo sull’uso fatto dal giudice del suo potere discrezionale, integrando, quindi, un vizio di motivazione della sentenza rilevante ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e) (Sez.2, n.51731 del 19/11/2013, Foria, Rv. 258108; Sez. 4 n. 6853 del 27/1/2009, Maciocco, Rv.24286701).
5.3. L’applicazione coerente dei due principi sopra enunciati comporta il corollario che, quando il giudice abbia dato conto del riconoscimento del vincolo della continuazione tra piu’ reati contestati al medesimo imputato ed abbia giustificato in base ai criteri di cui all’articolo 133 c.p., la misura dell’aumento stabilito a titolo di continuazione, in misura inferiore all’aumento medio previsto dall’articolo 81 c.p., comma 2, puo’ ritenersi che abbia correttamente assolto all’obbligo di motivazione.
6. Il terzo motivo di ricorso e’ inammissibile per carenza d’interesse. In tanto puo’ dirsi sussistente un interesse ad impugnare, in quanto il provvedimento comporti la possibilita’ della lesione in concreto di un diritto o di un altro interesse giuridico della parte che impugna, sicche’ resta escluso il potere di impugnativa ogni qual volta l’interesse si esaurisca nella pretesa meramente teorica alla esattezza giuridica della pronuncia giudiziale. In particolare, nel caso in esame non e’ interesse della parte ricorrente affermare la deroga al principio generale secondo il quale il dispositivo prevale sulla motivazione, essendo il dispositivo correttamente determinato in relazione alla pena base detentiva di un anno e due mesi di reclusione, a fronte di una motivazione contenente sul punto l’erronea indicazione di una pena superiore.
7. Conclusivamente, la sentenza deve essere annullata con rinvio per nuovo esame limitatamente alla sussumibilita’ del fatto nell’ipotesi aggravata.
Ferma restando, allo stato, l’infondatezza dei motivi inerenti al trattamento sanzionatorio, al giudice del rinvio non sara’ precluso provvedere alla rideterminazione della pena in relazione all’esito decisorio.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente al punto concernente la circostanza aggravante di cui all’articolo 61 c.p., n. 5 con rinvio per nuovo esame alla Corte di Appello di Trento – Sezione Distaccata di Bolzano.
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