Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|12 febbraio 2024| n. 3787.
In relazione alla denunzia di vizio di motivazione
In relazione alla denunzia di vizio di motivazione ai sensi dell’art. 360, comma 1 n. 5 c. p. c., la motivazione apparente – che la giurisprudenza parifica, quanto alle conseguenze giuridiche, alla motivazione in tutto o in parte mancante – sussiste quando il testo della motivazione pur esistendo in senso materiale, non contenga una effettiva esposizione delle ragioni che hanno portato alla decisione. Più precisamente quando le argomentazioni adottate non consentono di ricostruire il percorso logico-giuridico sviluppato dal giudicante alla base del decisum, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture. Oppure, allorquando il giudice di merito ometta di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in questo modo, impossibile ogni accertamento sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento, e ancora, nell’ipotesi in cui le argomentazioni siano svolte in modo talmente contraddittorio da non permettere di individuare la motivazione e riconoscerla come giustificazione del decisum. Nel caso specifico, la Cassazione ha ritenuto infondato il ricorso presentato avverso la sentenza emessa in grado di appello in quanto la motivazione alla base della stessa risultava del tutto percepibile e lineare nei suoi presupposti logico fattuali.
Ordinanza|12 febbraio 2024| n. 3787. In relazione alla denunzia di vizio di motivazione
Data udienza 21 novembre 2023
Integrale
Tag/parola chiave: ACQUA – ACQUE PUBBLICHE E PRIVATE
REPUBBLICA ITALIANA
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE UNITE CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente Aggiunto
Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente di Sezione
Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere
Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere
Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere
Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere
Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere
Dott. PAGETTA Antonella – Rel. Consigliere
Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso 25144-2022 proposto da:
Ma.Co., elettivamente domiciliato in Roma, (…), presso lo studio dell’avvocato An. Di. Gi., rappresentato e difeso dall’avvocato Fa. Ma.
– ricorrente –
contro
Consorzio (…), in persona del Presidente pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Ca. Bu.
– controricorrente –
nonché contro
(…) Srl (oggi (…) Srl in liquidazione), in persona del liquidatore e legale rappresentante p.t.,
– intimata –
avverso la sentenza n. 132/2022 del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche, depositata il 23/06/2022.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21/11/2023 dal Consigliere Antonella Pagetta.
In relazione alla denunzia di vizio di motivazione
FATTI DI CAUSA
1. Ma.Co., proprietario di due fondi siti in E, parte dei quali oggetto di occupazione finalizzata alla realizzazione di lavori di ampliamento e ristrutturazione dell’impianto irriguo del C, adiva il Tribunale delle Acque pubbliche di Napoli chiedendo la condanna del Consorzio convenuto al completamento dei lavori di adeguamento degli impianti, al pagamento delle indennità ancora dovute ed al risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale. Esponeva in premessa di avere subito danni patrimoniali e non patrimoniali in conseguenza della mancata ultimazione dei lavori da parte del Consorzio (…) (da ora Consorzio), il quale aveva tentato di realizzare le opere de quibus occupando terreni giammai oggetto di iter espropriativo, tanto da costringerlo ad opporsi al passaggio ed all’occupazione di alcune porzioni dei fondi interessati dai lavori da parte degli incaricati del Consorzio.
2. Il Tribunale Regionale delle Acque di Napoli rigettava la domanda di risarcimento del danno ricondotta all’ambito dell’art. 2043 cod. civ.
3. Con sentenza n. 132/2022 il Tribunale Superiore delle Acque ha respinto l’appello del Ma.Co. avverso la sentenza di primo grado, confermando l’accertamento di prime cure il quale aveva escluso che il mancato accesso ai fondi si configurasse quale diretta conseguenza di un colposo inadempimento da parte del Consorzio ad una condotta a suo carico concretamente esigibile. A tal fine ha osservato che l’indagine tecnica finalizzata alla descrizione dei beni oggetto dei decreti di esproprio e all’individuazione delle particelle che sebbene non comprese negli atti della procedura ablatoria erano state comunque occupate dalle condotte e divenute oggetto di servitù ex art. 1038 cod. civ., aveva evidenziato: quanto al lotto A), la coerenza fra quanto previsto nei grafici progettuali e quanto riportato nel Piano Particellare Descrittivo ed una legittima occupazione della impresa in ordine alle particelle indicate nel decreto; quanto al lotto B), la sostanziale legittimità della procedura ablatoria, fatti salvi alcuni rilievi, concretanti mere irregolarità documentali non in grado di compromettere gli atti della procedura medesima. Ciò posto ha dichiarato di convenire con il primo giudice nell’escludere la condotta illecita del Consorzio ex art. 2043 c.c., considerato da un lato che erano state individuate le aree necessarie all’esecuzione dei lavori e, dall’altro, i vani tentativi di accesso effettuati dall’ente il quale si era spinto sino a denunziare penalmente la condotta del Ma.Co.; questi, in nome di pretese irregolarità della procedura ablatoria, non contestate nelle sedi naturali, si era infatti opposto all’accesso sui propri terreni con ciò impedendo il completamento dei lavori all’origine della domanda risarcitoria. Quanto, infine, alla circostanza – pacifica – che lo stradone interpoderale, di proprietà del Ma.Co. per una quota quasi pari alla metà, non era stato incluso nel piano particellare, la sentenza impugnata la ha ritenuta priva di concreto rilievo ai fini della verifica della responsabilità risarcitoria del Consorzio, sia perché tale circostanza non interessava comunque uno dei due fondi, sia in ragione della ferma opposizione del Ma.Co. all’accesso sulle particelle interessate; il che rendeva non rilevante il profilo delle modalità di transito utilizzate dal soggetto appaltatore per realizzare l’opera.
4. Per la cassazione della decisione ha proposto ricorso Ma.Co. sulla base di cinque motivi; il Consorzio ha depositato controricorso.
5. (…) Srl (oggi Energy Srl in liquidazione) è rimasta intimata.
6. Entrambe le parti hanno depositato memoria
In relazione alla denunzia di vizio di motivazione
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso parte ricorrente deduce nullità della sentenza per violazione dell’art. 132, comma 4, c.p.c. denunziando intrinseca contraddizione nella motivazione della sentenza di appello; si duole, in particolare, della mancata risposta ai profili di censura alla sentenza di primo grado incentrati, in sintesi, sulla carenza di riscontri all’assunto del primo giudice circa il protrarsi dell’asserita opposizione da parte del Ma.Co. all’accesso sui propri fondi, sulla mancata considerazione a tal fine delle lettere di sollecito inviate dal Ma.Co. al Consorzio affinché fossero portate a compimento le opere e sulla condotta inerte del Consorzio medesimo nel procurarsi i titoli legittimanti le attività da svolgersi sui fondi di proprietà dell’odierno ricorrente; lamenta che la sentenza impugnata non aveva esplicitato le ragioni per le quali aveva inteso disattendere la prospettazione di esso Ma.Co.; denunzia la mancata considerazione della circostanza, evidenziata nelle note conclusionali, dell’ avvenuta archiviazione, per difetto dell’elemento oggettivo e soggettivo del reato di violenza privata, del procedimento penale iniziato in conseguenza della denunzia querela presentata dal Consorzio nei confronti del Ma.Co. in ragione della condotta oppositiva da questi tenuta; sostiene, infatti, di essersi limitato a contestare il difetto di un titolo legittimante l’occupazione dei terreni di sua proprietà, ovvero il transito e l’occupazione di terreno di proprietà in difetto di un provvedimento dichiarativo di pubblica utilità.
2. Con il secondo motivo deduce, ex art. 360, comma 1 n. 5, c.p.c. illogicità e incongruenza della motivazione circa un fatto controverso e decisivo nonché vizio di omesso esame di un punto; si duole del mancato esame di alcuni elementi di prova che assume essere in contrasto con quelli posti a fondamento della decisione; sostiene che la sentenza impugnata non aveva tenuto conto del tenore della domanda risarcitoria proposta da esso Ma.Co. il quale aveva contestato al Consorzio di non avere completato i lavori di adeguamento dell’impianto irriguo entro il termine quinquennale di efficacia del decreto di occupazione; in particolare, il giudice di secondo grado non aveva preso in esame le missive allegate in atti ed inviate al Consorzio, missive di sollecito al completamento dei lavori, circostanza idonea ad invalidare la valenza probatorie degli elementi posti a sostegno del rigetto della domanda risarcitoria; aveva inoltre omesso di prendere in considerazione la richiesta di archiviazione da parte del P.M. del procedimento originato dalla denunzia querela presentata dal Consorzio nei propri confronti, richiesta dalla quale si evinceva l’insussistenza della ritenuta condotta oppositiva di questi.
In relazione alla denunzia di vizio di motivazione
3. Con il terzo motivo di ricorso deduce, ex art. 360, comma 1 n. 5 c.p.c., illogicità e incongruenza della motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio e illegittima valutazione dei mezzi di prova. Sostiene che la motivazione risultava incomprensibile nel passaggio argomentativo relativo allo stradone interpoderale, che non era stata data contezza delle ragioni per le quali era stato escluso l’inadempimento in relazione al fondo A) e del mancato – quantomeno parziale – accoglimento della domanda risarcitoria relativa al fondo B), da porsi in connessione con l’assenza di un provvedimento ablatorio relativo allo stradone interpoderale di accesso, assenza che legittimava il diniego opposto da esso Ma.Co. all’ attraversamento e al deposito di mezzi meccanici sul detto stradone da parte della appaltatrice dei lavori. Sostiene, inoltre, l’errata interpretazione delle proprie difese nelle quali aveva sempre contestato che per raggiungere le zone interessate dai lavori occorreva attraversare aree di proprietà di esso Ma.Co. ed inoltre dedotto che la occupazione usurpativa era una situazione priva di tutela per il privato sia davanti al giudice ordinario (ex artt. 2 e 4 L. n. 2248/1865) sia davanti al giudice amministrativo posto che il giudizio demolitorio postula l’annullamento di un dato provvedimento amministrativo nello specifico mancante, venendo in rilievo un mero comportamento illecito della P.A.
4. Con il quarto motivo di ricorso parte ricorrente deduce ex art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c. omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo con riferimento alla mancata ammissione della richiesta prova orale che – sostiene – , ove assunta, avrebbe consentito al ricorrente di dimostrare la condotta colposa del Consorzio ovvero la presenza di circostanze tali da invalidare le altre risultanze istruttorie che avevano determinato il convincimento del giudice di merito nel senso del rigetto della domanda proposta; denunzia inoltre irregolarità connesse ai verbali della guardia consortile che assume redatti in sua assenza e mai notificatigli, in violazione dell’art. 37 del Regolamento consortile.
5. Con il quinto motivo deduce ex art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c. omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il procedimento costituito dal mancato esame delle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio e violazione dell’art. 111 Cost. Sostiene che la ricostruzione del giudice di seconde cure è frutto di un processo logico errato in quanto si discosta dalla soluzione del consulente tecnico di ufficio senza esplicitare i mezzi di prova assunti a fondamento del decisum; reitera le doglianze in tema di comportamento inerte mantenuto dal Consorzio a fronte dei solleciti del Ma.Co. a procurarsi il titolo idoneo ad occupare legittimamente la strada interpoderale.
In relazione alla denunzia di vizio di motivazione
6. Il ricorso deve essere respinto.
6.1. Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, nel paradigma della violazione di legge deducibile, alla stregua dell’art. 111 della Costituzione, come motivo di ricorso per cassazione contro le decisioni, in unico grado o in grado d’appello, del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche, può ricomprendersi il solo vizio di motivazione nei profili dell’inesistenza, della contraddittorietà o della mera apparenza, risultante dal testo dei provvedimenti impugnati, mentre non rientra nei compiti della Corte di cassazione la verifica della sufficienza o della razionalità della motivazione in ordine agli accertamenti fattuali compiuti e alla valutazione di merito attinente alla ponderazione dei contrapposti concreti interessi coinvolti nella vicenda sostanziale (v., ex multis, Cass., Sez. Un., n. 19020 del 2019, Cass. Sez. Un., n. 28220 del 2018).
6.2. In relazione alla denunzia di vizio di motivazione ai sensi dell’art. 360, comma 1 n. 5 c. p. c. è stato poi chiarito che “Al ricorso per cassazione avverso le sentenze emesse in grado di appello dal Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche si applica la regola, emergente dal combinato disposto dei commi 4 e 5 dell’articolo 348 ter c.p.c., secondo la quale la sentenza di appello che risulti fondata sulle stesse ragioni, inerenti alle questioni di fatto, poste a base della sentenza di primo grado (cd. doppia conforme) non è censurabile con il mezzo di cui all’articolo 360, comma 1, n. 5, c.p.c. Il ricorso alle Sezioni Unite proposto avverso tali sentenze è, infatti, disciplinato dalle norme processuali vigenti del codice di procedura civile regolative dell’ordinario ricorso per cassazione, atteso che il rinvio operato dall’art. 202 del R.D. n. 1775 del 1933 alla disciplina del codice processuale del 1865 non deve intendersi come recettizio, ma come formale, con conseguente applicazione delle norme come mutate nel tempo” (Cass. Sez. Un.,n. 22430 del 2018).
7. In applicazione dei richiamati criteri il primo motivo di ricorso risulta infondato.
7.1. Alla luce delle argomentazioni a sostegno del decisum deve innanzitutto escludersi la denunziata apparenza di motivazione in quanto la sentenza impugnata risulta del tutto percepibile e lineare nei suoi presupposti logico fattuali e nelle conseguenze dagli stessi tratte sul piano giuridico. È noto che la motivazione meramente apparente – che la giurisprudenza parifica, quanto alle conseguenze giuridiche, alla motivazione in tutto o in parte mancante – sussiste allorquando pur non mancando un testo della motivazione in senso materiale, lo stesso non contenga una effettiva esposizione delle ragioni alla base della decisione, nel senso che le argomentazioni sviluppate non consentono di ricostruire il percorso logico – giuridico alla base del decisum. È stato, in particolare, precisato che la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da error in procedendo, quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass. Sez. Un., n. 22232 del 2016), oppure allorquando il giudice di merito ometta ivi di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento (Cass. n. 9105 del 2017) oppure, ancora, nell’ipotesi in cui le argomentazioni siano svolte in modo talmente contraddittorio da non permettere di individuarla, cioè di riconoscerla come giustificazione del decisum (Cass., n. 20112 del 2009). Tali carenze, che l’odierna parte ricorrente assume sulla base di considerazioni del tutto generiche ed assertive, non sono riscontrabili nella sentenza in esame. Il TSAP, infatti, premessa, con affermazione non specificamente censurata, la sostanziale correttezza ed efficacia da un punto di vista giuridico della procedura ablativa (con l’eccezione della quota di proprietà del Ma.Co. relativa allo stradone interpoderale) ha ritenuto di disattendere espressamente le censure articolate in sede di gravame dall’odierno ricorrente, confermando l’accertamento di fatto del primo giudice in punto di atteggiamento oppositivo del Ma.Co. all’accesso sui terreni di sua proprietà interessati dai lavori e del conseguente impedimento al completamento delle opere. In relazione allo stradone interpoderale ha ritenuto priva di concreto rilievo la circostanza – pacifica – della mancata inclusione dello stesso nel piano particellare, sia perché tale circostanza non interessava uno dei due fondi in oggetto sia perché vi era stata una condotta del tutto oppositiva dell’odierno ricorrente anche all’accesso sulle particelle interessate dall’opera. In altri termini, in relazione a tale ultimo profilo, il giudice di secondo grado ha mostrato, con accertamento di fatto non suscettibile di essere rivisitato in questa sede, di conferire un rilievo assorbente, al fine della esclusione di una condotta del Consorzio causativa del danno lamentato, al fatto che, comunque, il Ma.Co. aveva materialmente impedito l’accesso ad entrambi i fondi in oggetto; secondo il giudice di seconde cure, a fronte di tale condotta oppositiva, riferita peraltro anche ad uno dei fondi per l’accesso al quale non era necessario attraversare lo stradone interpoderale, l’assenza di titolo che consentiva l’occupazione dello stradone di accesso ad uno dei fondi (sostanzialmente per transito e deposito) da parte del soggetto appaltatore rimaneva irrilevante al fine della riconducibilità del pregiudizio denunziato e del quale era chiesto il ristoro alla responsabilità del Consorzio.
In relazione alla denunzia di vizio di motivazione
7.2. Dal testo del provvedimento non è, quindi ravvisabile alcuna intrinseca contraddittorietà di motivazione dovendo a riguardo rilevarsi che le censure sul punto, per come concretamente articolate, non denunziano l’insanabile contrasto logico tra passaggi argomentativi della decisione ma, prospettano, come non consentito in questa sede, una mera quaestio facti in quanto incentrate sul raffronto tra le ragioni del decidere espresse nella sentenza impugnata e le risultanze istruttorie sottoposte al vaglio del giudice del merito, peraltro neppure evocate nel rispetto delle prescrizioni dell’art. 366, comma 1, n. 6 c.p.c.
8. Il secondo, il terzo ed il quarto motivo di ricorso sono inammissibili in quanto tutti sostanzialmente intesi a sollecitare il sindacato della Corte sull’accertamento di fatto alla base della decisione, rivisitazione comunque preclusa ai sensi dell’art. 348 ter ultimo comma, dall’esistenza di “doppia conforme”.
9. Il quinto motivo di ricorso presenta un duplice profilo di inammissibilità, sia in quanto anch’esso sostanzialmente inteso a sollecitare la rivisitazione dell’accertamento fattuale in punto di esclusione della responsabilità del Consorzio per gli asseriti pregiudizi subiti dal Ma.Co. per effetto della condotta dell’ente, sia perché laddove denunzia discostamento dagli esiti della consulenza tecnica di ufficio non si confronta con le effettive ragioni della decisione sul punto; il TSAP non si è infatti affatto discostato dalle risultanze dell’indagine tecnica demandata al consulente di ufficio ma si è solo limitato a evidenziare, con affermazione rimasta incontrastata, che le valutazioni espresse dall’ausiliare in ordine alla (legittimità, sotto il profilo giuridico, della) condotta oppositiva di fatto posta in essere dal Ma.Co. esulavano dall’incarico devoluto involgendo valutazioni di ordine giuridico.
10. Al rigetto del ricorso consegue il regolamento, secondo soccombenza, delle spese del giudizio di cassazione.
11. Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ricorrono i presupposti processuali per dare atto – ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, che ha aggiunto il comma 1-quater all’art. 13 del testo unico di cui al D.P.R. n. 115 del 2002 – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, se dovuto.
In relazione alla denunzia di vizio di motivazione
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite che liquida in Euro 4.000,00 per compensi professionali, Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso, in Roma, nella camera di consiglio del 21 novembre 2023.
Depositato in Cancelleria il 12 febbraio 2024.
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