In presenza di una causa di scioglimento della società gli amministratori sono esposti a una duplice e distinta responsabilità patrimoniale

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|17 aprile 2024| n. 10413.

In presenza di una causa di scioglimento della società gli amministratori sono esposti a una duplice e distinta responsabilità patrimoniale

In presenza di una causa di scioglimento della società, gli amministratori sono esposti a una duplice e distinta responsabilità patrimoniale: da un lato, per i danni subiti dalla società, dai soci, dai creditori sociali e dai terzi, a seguito del ritardo o dell’omissione nell’accertamento della causa di scioglimento e nel deposito della relativa dichiarazione nel registro delle imprese, e, dall’altro lato, per i danni arrecati a tali soggetti dagli atti o dalle omissioni compiute in violazione del divieto di gestire la società se non a fini conservativi.

Ordinanza|17 aprile 2024| n. 10413. In presenza di una causa di scioglimento della società gli amministratori sono esposti a una duplice e distinta responsabilità patrimoniale

Data udienza 23 febbraio 2024

Integrale

Tag/parola chiave: Societa’ – Di capitali – Societa’ per azioni (nozione, caratteri, distinzioni) – Scioglimento – Effetti – Divieto di nuove operazioni causa di scioglimento della società – Obblighi dell’amministratore – Violazione degli artt. 2485 e 2486 c.c. – Duplice profilo di responsabilità – Contenuto.

REPUBBLICA ITALIANA

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta da:

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Presidente

Dott. MARULLI Marco – Consigliere

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere Rel.

ha pronunciato la seguente
ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 4838/2022 R.G. proposto da:

Fo.Fe., rappresentato e difeso dall’avv. Lu.Ri., con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Sa.Co., sito in Roma, (…)

– ricorrente principale –

Pe.Fr., rappresentato e difeso dall’avv. Ni.Pu., con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. An.Va., sito in Roma, (…)

– ricorrente incidentale –

Di.Gi., rappresentato e difeso dall’avv. Ni.Ra., con domicilio eletto presso il suo studio, sito in Napoli, (…)

– ricorrente incidentale –

contro

Fallimento della Al.Ra. & C. Srl in liquidazione, in persona del Curatore pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Au.Im., con domicilio eletto presso il suo studio, sito in Caserta, (…);

– controricorrente –

e nei confronti di

Al.An.

– intimato –

Al.Vi.

– intimato –

Ra.Na.

– intimato –

Sa.En.

– intimato –

Ra.Os.

– intimato –

avverso la sentenza della Corte di appello di Napoli n. 2919/2021, depositata il 23 luglio 2021.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23 febbraio 2024 dal Consigliere Paolo Catallozzi.

In presenza di una causa di scioglimento della società gli amministratori sono esposti a una duplice e distinta responsabilità patrimoniale

RILEVATO CHE

– Fo.Fe. propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Napoli, depositata il 23 luglio 2021, di reiezione del suo appello per la riforma della sentenza del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere che lo aveva condannato al risarcimento dei danni in favore del Fallimento della Al.Ra. & C. Srl in liquidazione, quantificati in Euro 108.465,21, in solido con Di.Gi., Al.An., Ra.Na., Ti.An. e Ra.Os., in accoglimento dell’azione di responsabilità per le condotte poste in essere quale componente del consiglio di amministrazione della società fallita dal 10 dicembre 2004 al 1° marzo 2005;

– la Corte territoriale ha respinto il suo gravame evidenziando che l’amministratore aveva disposto la prosecuzione dell’attività nonostante il verificarsi della causa di scioglimento della società, rappresentata dalla riduzione del capitale al di sotto del limite legale, e che nella sentenza del Tribunale non erano presenti errori in senso a lui pregiudizievole in ordine alla quantificazione dei danni;

– il ricorso è affidato a un motivo;

– resiste con controricorso Fallimento della Al.Ra. & C. Srl in liquidazione;

– con distinto ricorso Pe.Fr. impugna la medesima sentenza nella parte in cui aveva respinto il suo appello avverso la sentenza di primo grado che lo aveva condannato al risarcimento dei danni in favore della curatela quantificati in Euro 139.604,74, in solido con Al.Vi., Ra.Os. e Ra.Na., in accoglimento di analoga azione di responsabilità per le condotte poste in essere quale componente del consiglio di amministrazione della società fallita dal 1° marzo al 14 giugno 2005;

– il giudice di appello ha disatteso il gravame rilevando, anche in questo caso, la prosecuzione dell’attività aziendale in presenza della medesima causa di scioglimento e ritenendo che la contestata condotta, benché posta in essere per pochi mesi, costituiva una violazione degli obblighi inerenti alla conservazione dell’integrità del patrimonio sociale, a nulla rilevando le iniziative dallo stesso assunte in ordine alla convocazione dell’assemblea per l’aumento del capitale e lo scioglimento della società;

– il ricorso è affidato a due motivi;

– resiste con controricorso Fallimento della Al.Ra. & C. Srl in liquidazione;

– infine, anche Di.Gi. impugna la sentenza della Corte di appello di Napoli che aveva respinto il suo gravame avverso la sentenza di prime cure che lo aveva condannato al risarcimento dei danni in favore del Fallimento, liquidati in Euro 582.813,81, di cui Euro 273.786,95 in via esclusiva ed Euro 309.026,86 in solido con Al.An. e Ra.Na., di cui Euro 154.519,99 in solido anche con Al.Te. e Ti.An. ed Euro 108.465,21, in solido anche con Ra.Os. e Fo.Fe., per le condotte poste in essere quale amministratore unico della società fallita dal 21 luglio 2003 al 22 luglio 2004 e quale suo Presidente del consiglio di amministrazione dal 22 luglio 2004 al 1° marzo 2005;

– la Corte di appello ha respinto il suo gravame osservando, in particolare, la disposta prosecuzione dell’attività a fini non soltanto conservativi in un periodo in cui la riferita causa di scioglimento della società si era già manifestata, nonché la sopravvalutazione delle rimanenze in bilancio;

– il ricorso è affidato a tre motivi;

– avverso tale ricorso resiste con controricorso Fallimento della Al.Ra. & C. Srl in liquidazione;

– il ricorrente principale e quelli incidentali depositano memoria ai sensi dell’art. 380 – bis. 1 cod. proc. civ.;

In presenza di una causa di scioglimento della società gli amministratori sono esposti a una duplice e distinta responsabilità patrimoniale

CONSIDERATO CHE

– va preliminarmente osservato che, per il principio dell’unicità del processo di impugnazione contro una stessa sentenza, ogni ricorso successivo al primo si converte in ricorso incidentale;

– ciò posto, con l’unico motivo del suo ricorso il ricorrente principale censura la sentenza impugnata per violazione degli artt. 2485 e 2486 cod. civ. nella parte in cui lo ha ritenuto responsabile in ragione della prosecuzione dell’attività sociale nonostante il verificarsi di una causa di scioglimento, senza valutare le ragioni del ritardo nel dare corso ai provvedimenti conseguenziali al ricorrere di tale causa di scioglimento di competenza dell’amministratore;

– evidenzia che “la prosecuzione dell’attività non costituisce automatica violazione degli obblighi di conservazione del patrimonio, perché se così fosse il codice avrebbe configurato una inammissibile ipotesi di responsabilità oggettiva”;

– il motivo è inammissibile;

– la Corte di appello ha ritenuto responsabile il ricorrente principale per aver proseguito l’attività gestionale nonostante il verificarsi di una causa di scioglimento e, in tal modo, aver violato gli obblighi inerenti alla conservazione dell’integrità del patrimonio sociale;

– ha evidenziato che la circostanza della prosecuzione dell’attività non solo non era stata contestata dall’ex amministratore, ma emergeva dalle difese dallo stesso spiegate;

– orbene, la doglianza, nel criticare la sentenza di appello per il mancato accertamento in ordine alla imputabilità del ritardo nel dare corso ai provvedimenti conseguenziali all’accertamento del verificarsi di una causa di scioglimento della società, non coglie la ratio decidendi, consistente nella violazione dell’obbligo di intraprendere nuove operazioni sancito dall’art. 2486, primo comma, cod. civ. (benché non più espresso in via diretta, come previsto dal previgente art. 2449 cod. civ.);

– sul punto, può osservarsi che al ricorrere di una causa di scioglimento della società gli amministratori, ai sensi dell’art. 2485 cod. civ., devono senza indugio accertare la stessa e procedere al deposito presso il registro delle imprese della relativa dichiarazione e, ai sensi del successivo art. 2486 cod. civ., possono proseguire nella gestione della società ai soli fini della conservazione dell’integrità e del valore del patrimonio sociale;

In presenza di una causa di scioglimento della società gli amministratori sono esposti a una duplice e distinta responsabilità patrimoniale

– in presenza, dunque, di una causa di scioglimento della società, gli amministratori sono esposti a una duplice e distinta responsabilità patrimoniale: per i danni subiti dalla società, dai soci, dai creditori sociali e dai terzi derivanti dal ritardo o dall’omissione nell’accertamento della causa di scioglimento e nel deposito della relativa dichiarazione nel registro delle imprese e per i danni arrecati a tali soggetti per gli atti o le omissioni compiute in violazione del divieto di compiere atti gestori se non a fini conservativi;

– pertanto, poiché la Corte di appello ha accertato la responsabilità del ricorrente principale in ragione della violazione di quest’ultimo divieto, la questione prospettata nel motivo in esame relativa al ritardo nell’adozione delle misure dettate dal ricorrere di una causa di scioglimento della società è estranea all’argomentazione seguita dal giudice di merito;

– sotto altro aspetto, va disatteso l’assunto del ricorrente principale secondo cui la Corte territoriale avrebbe dato ingresso a una forma di responsabilità oggettiva, in quanto, come sottolineato in precedenza, la responsabilità è stata fatta discendere dalla violazione del divieto di non intraprendere nuove operazioni a seguito del verificarsi di una causa di scioglimento, in relazione ai danni che da tale violazione sono conseguiti per la società;

– può, inoltre, rilevarsi che nel motivo di ricorso l’ex amministratore sembra criticare l’accertamento del giudice di appello nella parte in cui ha ritenuto che lo stesso, pur avendo ricoperto la carica solo per un breve lasso temporale, non si è limitato a una gestione conservativa del patrimonio sociale, ma la doglianza sul punto si presenta priva dell’indicazione di elementi espressivi del mancato svolgimento di nuove operazioni successivamente al manifestarsi della causa di scioglimento e, in quanto tale, difetta della necessaria specificità;

– con il primo motivo del suo ricorso Pe.Fr. denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 2486 cod. civ. per aver la sentenza impugnata accertato la sua responsabilità pur in assenza di un’allegazione puntuale della violazione dell’obbligo di diligenza – in particolare, delle ragioni per cui il ritardo nel porre in essere gli adempimenti conseguenti all’accertamento del verificarsi di una causa di scioglimento fosse ascrivibile a una sua condotta non diligente – e del relativo nesso di causalità con il danno lamentato dalla curatela;

– con il secondo motivo deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 2476 e 2485 cod. civ., per aver la Corte di appello ritenuto che la prosecuzione dell’attività, in presenza di una causa di scioglimento della società, costituisse di per sé una violazione degli obblighi di conservazione del patrimonio senza alcuna valutazione in ordine all’imputabilità del ritardo nell’accertamento del verificarsi di tale causa;

In presenza di una causa di scioglimento della società gli amministratori sono esposti a una duplice e distinta responsabilità patrimoniale

– i motivi, esaminabili congiuntamente, sono inammissibili;

– anche con riferimento alla situazione dell’ex amministratore Pe.Fr. la Corte di appello ha fatto discendere la responsabilità all’esito dell’accertamento della prosecuzione dell’attività gestionale nonostante il verificarsi di una causa di scioglimento e ha ritenuto che una siffatta condotta violasse gli obblighi inerenti alla conservazione dell’integrità del patrimonio sociale;

– in proposito, si osserva che le doglianze formulate con i motivi in esame, in parte, similmente a quanto rilevato in occasione dell’esame del ricorso principale, non colgono la ratio decidendi, che non è fondata sulla mancata tempestiva adozione delle misure richieste dalla legge per l’eventualità dell’accertamento del verificarsi di una causa di scioglimento della società, bensì sulla violazione dell’obbligo di intraprendere nuove operazioni sancito dall’art. 2486, primo comma, cod. civ.;

– per altra parte, si risolvono in una contestazione della valutazione degli elementi probatori effettuata dalla Corte di appello, nella parte in cui ha ritenuto sussistente sia la violazione del divieto di compiere nuove operazioni, sia il danno che ne è scaturito per la società, sia il relativo nesso di causalità;

– una siffatta contestazione non è prospettabile in questa sede con censura per violazione o falsa applicazione di legge, investendo un accertamento rimesso al giudice di merito (cfr. Cass., Sez. Un., 27 dicembre 2019, n. 34476);

– con il primo motivo del ricorso incidentale Di.Gi. lamenta la violazione degli artt. 146 legge fall., 2394, 2395 e 2949 cod. civ., per aver la Corte di appello ritenuto che la prescrizione dell’azione dei creditori sociali era cominciata a decorrere dalla data di dichiarazione di fallimento e non già dalla data di pubblicazione nel registro delle imprese del bilancio al 31 dicembre 2004 che presentava un patrimonio netto negativo;

– con la medesima censura fa valere, in via subordinata, il vizio di apparenza e incomprensibilità della motivazione;

– il motivo è, in parte, inammissibile e, in parte, infondato;

– la Corte di appello ha ritenuto che tale ultima data non potesse essere assunta quale momento di oggettiva conoscibilità dell’incapienza patrimoniale in ragione sia della inopponibilità ai terzi delle risultanze del menzionato bilancio sociale, in quanto contenente dati non veritieri e non effettivi, sia della inidoneità della mera indicazione nel bilancio di perdite a dimostrare l’insufficienza patrimoniale;

– sul punto, si osserva che con riferimento all’ipotesi, ricorrente nel caso in esame, di esercizio da parte del curatore del fallimento, a norma dell’art. 146 legge fall., dell’azione di responsabilità, il relativo termine prescrizionale, di durata quinquennale, decorre dal momento in cui i creditori sociali sono stati in grado di avere percezione dell’insufficienza dello stato patrimoniale della società (cfr. Cass. 6 febbraio 2023, n. 3552; Cass. 23 luglio 2020, n. 15839; Cass. 14 dicembre 2015, n. 25178);

– in ragione dell’onerosità della suddetta prova a carico del curatore, avente a oggetto l’oggettiva percepibilità dell’insufficienza dell’attivo a soddisfare i crediti sociali, sussiste una presunzione iuris tantum di coincidenza tra il dies a quo di decorrenza della prescrizione e la dichiarazione di fallimento, spettando all’amministratore convenuto nel giudizio (che eccepisca la prescrizione dell’azione di responsabilità) dare la prova contraria della diversa data anteriore di insorgenza e percepibilità dello stato di incapienza patrimoniale (cfr., oltre alla menzionata Cass. n. 3552/23, Cass. 4 dicembre 2015, n. 24715; Cass. 12 giugno 2014, n. 13378);

– l’individuazione di tale momento – cui può pervenirsi attraverso la valorizzazione di fatti sintomatici di assoluta evidenza (così, Cass. 8 aprile 2009, n. 8516) – è riservato alla valutazione del giudice di merito che è insindacabile in sede di legittimità, se non nei limiti di cui all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., per cui non può essere censurata in questa sede la decisione della Corte di appello nella parte in cui ha ritenuto che l’esposizione nel bilancio chiuso al 31 dicembre 2004 non fosse idonea a dimostrare l’insufficienza patrimoniale;

– priva di pregio è, poi, la censura per vizio motivazione, in quanto la riferita motivazione consente di percepire l’iter argomentativo seguito dal giudice di merito;

– con il secondo motivo il ricorrente incidentale Di.Gi. si duole della violazione o falsa applicazione degli artt. 1223, 1226, 2056 e 2486 cod. civ., per aver la sentenza impugnata determinato il danno risarcibile, in una situazione di prosecuzione dell’ordinaria gestione in presenta di una causa di scioglimento, secondo il criterio dei netti patrimoniali, ossia in misura pari alla differenza tra il patrimonio netto alla data di apertura della procedura concorsuale e il patrimonio netto alla data in cui si è verificata la causa di scioglimento, senza procedere alla detrazione dei costi della normale gestione;

– il motivo è inammissibile;

– la Corte di appello ha ritenuto che il criterio utilizzato dal Tribunale in via equitativa, stante l’incompletezza e la falsità della relativa documentazione contabile, per la liquidazione dei danni, consistente nella differenza tra il patrimonio netto alla data in cui si è verificata la causa di scioglimento e il patrimonio netto alla data di apertura della procedura concorsuale, detratti i costi della normale gestione, resisteva al motivo di appello formulato dall’ex amministratore;

– sostiene quest’ultimo che il giudice di merito non avrebbe fatto corretta applicazione del criterio dallo stesso individuato, omettendo di tenere conto dei costi di gestione;

– omette, tuttavia, di indicare in modo sufficientemente chiaro gli elementi da cui poter desumere la verità di quanto dedotto, non consentendo, dunque, a questa Corte di poter valutare la ammissibilità della doglianza sotto il profilo della sua concludenza, per cui il motivo difetta della necessaria specificità;

– con l’ultimo motivo il ricorrente incidentale critica la sentenza di appello per violazione o falsa applicazione degli artt. 1292, 1304 e 1965 cod. civ., nella parte in cui ha omesso di considerare che la transazione intervenuta tra due dei condebitori solidali (Al.Te. e Ti.An.) e la Curatela determinava la riduzione del danno risarcibile in misura pari al maggior valore fra la somma versata dai transigenti e quella corrispondente alla quota ideale interna di responsabilità dei medesimi;

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– il motivo è fondato;

– la Corte di appello ha dato atto che nelle more del giudizio era intervenuta una transazione tra la curatela attrice e i convenuti Ti.An. e Al.Te., dichiarando, conseguentemente, l’estinzione parziale del giudizio relativamente a tali parti, ma ha omesso di verificare se e in che termini tale transazione poteva spiegare effetti anche sulla posizione del coobbligato solidale Di.Gi.;

– in proposito, si rammenta che ove la transazione stipulata tra il creditore ed uno dei condebitori solidali abbia avuto ad oggetto solo la quota del condebitore che l’ha stipulata, il residuo debito gravante sugli altri debitori in solido si riduce in misura corrispondente all’importo pagato dal condebitore che ha transatto solo se costui ha versato una somma pari o superiore alla sua quota ideale di debito; se, invece, il pagamento è stato inferiore alla quota che faceva idealmente capo al condebitore che ha raggiunto l’accordo transattivo, il debito residuo gravante sugli altri coobbligati deve essere ridotto in misura pari alla quota di chi ha transatto (cfr. Cass., Sez. Un., 30 dicembre 2011, n. 30174);

– la questione della incidenza della transazione intervenuta sull’obbligazione di Di.Gi., benché da questi apparentemente non sollevata nel giudizio di appello, doveva essere esaminata dalla Corte territoriale;

– infatti, l’effetto estintivo – parziale o integrale – del debito derivante dal pagamento effettuato da alcuni dei condebitori solidali in esecuzione di una transazione conclusa con il creditore è rilevabile e deducibile anche in sede di legittimità poiché l’eccezione di pagamento integra una mera difesa della quale il giudice deve tenere conto ove essa risulti comunque provata, anche in mancanza di un’espressa richiesta in tal senso nel corso del giudizio di merito (cfr. Cass. 2 luglio 2012, n. 11051; Cass. 12 luglio 2004, n. 12174);

– la sentenza impugnata va, dunque, cassata con riferimento al motivo accolto e rinviata, anche per le spese, alla Corte di appello di Napoli, in diversa composizione, mentre vanno dichiarati inammissibili i ricorsi di Fo.Fe. e Pe.Fr. e le spese processuali dei relativi giudizi seguono il criterio della soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

In presenza di una causa di scioglimento della società gli amministratori sono esposti a una duplice e distinta responsabilità patrimoniale

P.Q.M.

La Corte dichiara il ricorso principale e quello incidentale di Pe.Fr. inammissibili; accoglie il terzo motivo del ricorso incidentale di Di.Gi., dichiara inammissibile il secondo e rigetta il primo; cassa la sentenza impugnata con riferimento al motivo accolto e rinvia, anche per spese relativo al ricorso proposto da Di.Gi., alla Corte di appello di Napoli, in diversa composizione; condanna Fo.Fe. e Pe.Fr. alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano, a carico di ciascuno di essi, in complessivi Euro 7.000,00, oltre rimborso forfettario nella misura del 15%, Euro 200,00 per esborsi e accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1 – quater, t.u. spese giust., dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale e del ricorrente incidentale Pe.Fr., dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 – bis dello stesso art. 13, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del 23 febbraio 2024.

Depositato in Cancelleria il 17 aprile 2024.

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