In caso di reciproche domande di risoluzione contrattuale vi può essere impossibilità dell’esecuzione del contratto

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|13 maggio 2024| n. 13118.

In caso di reciproche domande di risoluzione contrattuale vi può essere impossibilità dell’esecuzione del contratto 

In presenza di reciproche domande di risoluzione contrattuale fondate da ciascuna parte sugli inadempimenti dell’altra, il giudice che accerti l’inesistenza di singoli specifici addebiti, non potendo pronunciare la risoluzione per colpa di taluna di esse, deve dare atto dell’impossibilità dell’esecuzione del contratto per effetto della scelta di entrambi i contraenti ex art. 1453, comma 2, c.c. e pronunciare, comunque, la risoluzione del contratto, con gli effetti di cui all’art. 1458 c.c., essendo le due contrapposte manifestazioni di volontà dirette all’identico scopo dello scioglimento del rapporto negoziale.

 

Ordinanza|13 maggio 2024| n. 13118. In caso di reciproche domande di risoluzione contrattuale vi può essere impossibilità dell’esecuzione del contratto 

Data udienza 14 marzo 2024

Integrale

Tag/parola chiave: Contratti in genere – Scioglimento del contratto – Risoluzione del contratto – In genere reciproche domande di risoluzione per inadempimento – Accertamento dell’inesistenza di singoli specifici addebiti – Conseguenze – Declaratoria di risoluzione del contratto – Necessità – Fondamento.

REPUBBLICA ITALIANA

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta da

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente
Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere Rel.

Dott. ROSSI Raffaele – Consigliere

Dott. SPAZIANI Paolo – Consigliere

Dott. SAIJA Salvatore – Consigliere

ha pronunciato la seguente
ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 17709-2021 R.G. proposto da

Me. Srl, rappresentata e difesa dall’Avv. Pa.Ci. (p.e.c. indicata: …) e dall’avv. Gi.Mo. (p.e.c.: …), con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, Via (…);

– ricorrente –

contro

(…) Srl, rappresentata e difesa dall’Avv. Di.Eu. (p.e.c. indicata: …), con domicilio eletto in Roma, Via (…), presso lo studio dell’Avv. Ma.Ba.;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

e nei confronti di

Curatela della liquidazione giudiziale della (…) Srl, rappresentata e difesa dall’Avv. Di.Eu. (p.e.c. indicata: …), con domicilio eletto in Roma, Via (…), presso lo studio dell’Avv. Ma.Ba.;

– interveniente –

avverso la sentenza della Corte d’appello di L’Aquila, n. 1828-2020, depositata il 21 dicembre 2020.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14 marzo 2024 dal Consigliere Emilio Iannello.

In caso di reciproche domande di risoluzione contrattuale vi può essere impossibilità dell’esecuzione del contratto 

FATTI DI CAUSA

1. La (…) Sas di Me.Ni. e Me.Fr. & C. (successivamente divenuta ME.D.I. Srl) convenne in giudizio, nel 2008, davanti al Tribunale di Teramo, la Me. Srl chiedendo dichiararsi la risoluzione del “contratto di fornitura di servizi turistici con la formula “vuoto per pieno””, concluso in data 12 ottobre 2006, per il mancato pagamento da parte della società convenuta di una serie di fatture per complessivi Euro 70.164,00 riferibili a servizi accessori e segnatamente, in massima parte, all’uso della piscina-solarium.

Costituitasi in giudizio la Me. Srl, eccepito l’avvenuto pagamento di alcune fatture per la somma di Euro 1.742,00, contestò nel resto la debenza degli importi richiesti e, in via riconvenzionale, chiese a sua volta dichiararsi risolto il contratto per inadempimento della (…), dedotto in particolare – per quanto ancora interessa – per avere la società, dopo la notifica dell’atto di citazione, dichiarato di non voler adempiere al contratto per la stagione 2009 e per aver concluso un contratto di affitto dell’azienda alberghiera con una società costituita dai medesimi soci, la quale a sua volta aveva dichiarato di non voler subentrare nel contratto de quo. Instò, inoltre, per la condanna della società attrice al risarcimento dei danni per mancato guadagno e alla restituzione della somma di Euro 72.000,00 versata in acconto e impiegata per realizzazione della piscina.

2. Con sentenza n. 677 del 2016 il Tribunale di Teramo dichiarò risolto il contratto di fornitura di servizi turistici per inadempimento di entrambe le parti; ritenuto più grave l’inadempimento della società attrice, dichiarò non dovuta alla (…) la somma di Euro 70.164,00 e rigettò le domande di risarcimento danni proposte da entrambe le società, compensando le spese di lite.

3. Con sentenza n. 1828-2020, resa pubblica il 21 dicembre 2020, la Corte d’appello di L’Aquila, pronunciando sui contrapposti gravami, in parziale riforma della decisione di primo grado, ha – tra l’altro e per quanto ancora interessa – dichiarato la risoluzione del contratto senza addebito di responsabilità ad alcuna delle due parti.

3.1. Muovendo dall’esame dell’appello incidentale di (…) Srl, ne ha rilevato l’infondatezza nella parte in cui questa si doleva del rigetto della sua domanda di risoluzione, statuito per avere il Tribunale ritenuto, in particolare, insussistente il più consistente credito posto da (…) a fondamento di quella domanda, riferito alla messa a disposizione dei clienti Me. Srl della piscina e del solarium.

La Corte abruzzese ha infatti rilevato che:

– sebbene risultassero infondati gli argomenti difensivi di Me., restava nondimeno il fatto che “il testo contrattuale dal canto suo mostra innegabili difficoltà ermeneutiche della volontà contrattuale circa l’inclusione dell’uso dei predetti servizi nel corrispettivo a carico della Me. Srl ovvero dei suoi clienti, atteso che da un lato il richiamo all’allegato A è meramente descrittivo, dall’altro le parti, pur ponendo l’obbligo a carico della (…) Srl di realizzare il complesso solarium-piscina, non solo non hanno previsto alcuna penale (o altra diversa sanzione) per l’ipotesi di mancato adempimento, ma soprattutto non hanno ricompreso l’uso degli stessi tra le prestazioni espressamente poste a carico della (…) Srl, pur avendo regolamentato queste ultime in modo analitico e puntuale”;

– “in ogni caso la domanda deve essere respinta per l’impossibilità di accertare in concreto l’effettivo utilizzo delle strutture in esame da parte dei clienti Me. Srl; la quantificazione dell’importo dovuto è, infatti, avvenuta sulla base di moduli fatti sottoscrivere preventivamente dalla clientela per tutta la durata del soggiorno “essendo impossibile il controllo dell’effettiva fruizione di ogni singolo servizio da parte dei clienti” (cfr. dichiarazione dei legali rappresentanti della (…) Srl in sede di interrogatorio formale), con indicazione del numero di persone occupanti l’appartamento e dei giorni di soggiorno, moltiplicati per un importo determinato unilateralmente dalla fornitrice pari ad Euro 10,00 e non ad Euro 5,00 come indicato a pagina 9 della prima memoria ex art. 183 c.p.c. (sul punto vedi interrogatori formali e dichiarazioni del teste Pe.)”;

– “la Me. Srl è rimasta inadempiente al pagamento della sola somma di Euro 3.652,00, … importo questo che non consente di pronunciare la risoluzione del contratto di fornitura di servizi turistici né ai sensi dell’art. 1454 c.c. né dell’art. 1453 c.c., trattandosi evidentemente di un inadempimento non grave ai sensi dell’art. 1455 c.c. (norma questa applicabile anche alla diffida ad adempiere – cfr. Cass. sent. n. 18696 del 4-9-2014) a fronte del corrispettivo pattuito per la stagione turistica 2008 pari ad Euro 123.000,00”.

3.2. Esaminando poi il contrapposto appello di Me. la Corte aquilana ha ritenuto che altrettanto correttamente fosse stata rigettata la sua domanda di risoluzione per inadempimento.

In particolare, con riferimento agli eccepiti inadempimenti posti in essere dalla (…) Srl dopo la notifica dell’atto di citazione, ne ha ritenuto l’irrilevanza in base al principio della cristallizzazione degli inadempimenti, trattandosi nella specie di un contratto di durata.

Ha in proposito respinto le critiche svolte dall’appellante osservando che:

– il primo comma dell’art. 1458 c.c. si limita a prescrivere che gli effetti della risoluzione non si estendono alle prestazioni già eseguite;

– è pacifico nella giurisprudenza di merito e di legittimità formatasi in materia di contratto di locazione (sia pure con riferimento alla condotta di parte inadempiente) la irrilevanza degli inadempimenti successivi alla introduzione del giudizio;

– alla proposizione della domanda di risoluzione del contratto per inadempimento della Me. Srl deve essere riconosciuto effetto sospensivo delle obbligazioni poste a carico della (…) Srl, sospensione che non appare contraria a buona fede tenuto conto di quanto sopra già rilevato in relazione alle obiettive difficoltà interpretative del contratto e degli accordi nelle more intervenuti tra le parti.

3.3. Ha quindi ritenuto che, pur non essendo ascrivibile ad alcuna delle due parti un inadempimento di gravità tale da giustificare la risoluzione ex art. 1453 cod. civ., il contratto dovesse comunque dichiararsi risolto per mutuo dissenso, in applicazione del principio per cui, “quando i contraenti richiedano reciprocamente la risoluzione del contratto, ciascuno attribuendo all’altro la condotta inadempiente, il giudice deve comunque dichiarare la risoluzione dello stesso, atteso che le due contrapposte manifestazioni di volontà, pur estranee ad un mutuo consenso negoziale risolutorio, sono tuttavia, in considerazione delle premesse contrastanti, dirette all’identico scopo dello scioglimento del rapporto negoziale”.

4. Avverso tale sentenza Me. Srl ha proposto ricorso per cassazione sulla base di un solo motivo.

(…) Srl ha depositato tempestivo controricorso, con il quale ha proposto ricorso incidentale affidato a due motivi, per resistere al quale Me. ha depositato successivo controricorso.

5. È stata fissata per la trattazione l’odierna adunanza camerale ai sensi dell’art. 380-bis.1 cod. proc. civ., con decreto del quale è stata data rituale comunicazione alle parti.

Non sono state depositate conclusioni dal Pubblico Ministero.

La ricorrente principale ha depositato memoria.

Altra memoria è stata depositata dalla Curatela della liquidazione giudiziale della (…) Srl che ha con essa – sul presupposto della sopravvenuta apertura della liquidazione giudiziale della predetta società, dichiarato dal Tribunale di Teramo con sentenza n. 11-2024 depositata in data 29 gennaio 2024 – inteso spiegare intervento per eccepire l’improcedibilità del ricorso principale ai sensi degli artt. 151 e 201 D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14 (Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza) e per riportarsi in ogni caso al controricorso ed alle difese formulate dalla (…) Srl in bonis, insistendo per il rigetto del ricorso principale (ove ritenuto procedibile) e per l’accoglimento del ricorso incidentale.

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RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Deve preliminarmente rilevarsi l’inammissibilità dell’intervento spiegato nel presente giudizio di legittimità dalla Curatela della liquidazione giudiziale della (…) Srl, in quanto operato mediante il mero deposito in cancelleria di atto (“Memoria ex art. 380-bis.1 c.p.c.”), che non risulta previamente notificato alla controparte.

1.1. Giova in proposito rammentare, in premessa, che:

– secondo principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, il fallimento di una delle parti che si verifichi nel giudizio di cassazione non determina l’interruzione del processo ex art. 299 e ss. c.p.c., trattandosi di procedimento dominato dall’impulso di ufficio con la conseguenza che, una volta instauratosi il giudizio di Cassazione con la notifica ed il deposito del ricorso, il curatore del fallimento non è legittimato a stare in giudizio in luogo del fallito, essendo irrilevanti i mutamenti della capacità di stare in giudizio di una delle parti e non essendo ipotizzabili, nel giudizio di cassazione, gli adempimenti di cui all’art. 302 c.p.c., il quale prevede la costituzione in giudizio di coloro ai quali spetta di proseguirlo (v. ex aliis Cass. 19-03-2014, n. 6329; 12-02-2021, n. 3630; 12-05-2023, n. 13106; 05-09-2023, n. 25914);

– è controverso se, alla luce e in dipendenza di tali principi, debba anche escludersi l’ammissibilità dell’intervento, nel giudizio di cassazione, della curatela del fallimento (e, dal 15 luglio 2022, con l’entrata in vigore del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza di cui al D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, della curatela della liquidazione giudiziale): nel senso della inammissibilità v. Cass. n. 3630 del 2021, cit.; n. 13106 del 2023, cit.; n. 25914 del 2023, cit.; in senso contrario, e dunque per l’ammissibilità dell’intervento, v. invece, da ultimo, Cass. 06-11-2023, n. 30785, secondo cui dai principi prima richiamati (irrilevanza del fallimento, quale evento interruttivo, e inapplicabilità dell’art. 302 c.p.c. nel giudizio di cassazione) “non discende come logica conseguenza, l’inammissibilità dell’intervento, visto che lo stesso in alcun modo incide sull’impulso, comunque officioso, del giudizio di legittimità, e non appare in ogni caso in grado di esorbitare dai binari degli originari motivi di ricorso” e considerato anche che “il diverso ruolo rivestito dalla curatela rispetto all’imprenditore in bonis – agendo quest’ultimo unicamente nel proprio interesse ed agendo invece la curatela nell’interesse della massa dei creditori – vale a fondare un autonomo interesse della Procedura ad intervenire spontaneamente nel giudizio di legittimità per supportare, pur non potendole modificare, le tesi difensive originariamente dedotte dall’imprenditore in bonis, pena – diversamente opinando – un non giustificato vulnus alle facoltà difensive della Procedura, del tutto estromessa dal giudizio di legittimità, senza poter far valere alcuna facoltà anche solo argomentativa”.

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1.2. Ciò precisato, deve nella specie rilevarsi che, senza che metta conto prendere posizione sulla questione da ultimo indicata, l’inammissibilità dell’intervento va comunque affermata per ragioni preliminari e assorbenti di carattere processuale, sotto due concorrenti profili:

a) anzitutto perché l’intervento, quando ammissibile nel giudizio di legittimità, deve avvenire attraverso un atto che sia partecipato alla controparte – per assicurarle il contraddittorio sulla sopravvenuta partecipazione al giudizio di altro soggetto – mediante notificazione, non essendone, invece, sufficiente il semplice deposito nella cancelleria della Corte, come per le memorie di cui all’art. 378 o 380-bis.1 cod. proc. civ., poiché l’attività illustrativa che si compie con queste ultime è priva di carattere innovativo (v. Cass. Sez. U. 22-04-2013, n. 9692: principio affermato con riferimento al diverso caso della costituzione nel giudizio di legittimità del successore a titolo universale di una delle parti già costituite, ma tuttavia estendibile anche alla ipotesi qui considerata);

b) in secondo luogo, e correlativamente, perché, trattandosi di procedimento ricadente, ratione temporis, sotto la disciplina dell’art. 83, comma terzo, cod. proc. civ., nel testo previgente alle modifiche introdotte dall’art. 45, comma 9, lett. a), legge 18 giugno 2009, n. 69, la procura avrebbe potuto essere rilasciata o a margine di atto di intervento come sopra concepito (cioè notificato) o, in mancanza, con la necessaria osservanza delle forme prescritte dal comma secondo dello stesso art. 83 del codice di rito, non essendo ammesse altre modalità (v. Cass. Sez. U. n. 9692 del 2013, cit., in motivazione par. 1.3; v. anche ex aliis Cass. 15-05-2020, n. 8973; 21-11-2011, n. 24632; 09-02-2011, n. 3187).

2. Con l’unico motivo del ricorso principale, Me. Srl denuncia, con riferimento all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ., “violazione e falsa applicazione degli artt. 1453, 1455 e 1458 c.c. e di ogni altra norma e principio in materia di rilevanza nei contratti di durata degli inadempimenti successivi a una domanda di risoluzione, nei quali sia incorso il richiedente, qualora la sua domanda sia rigettata”.

Lamenta che la Corte di appello abbia erroneamente ritenuto che in relazione all’inadempimento posto in essere dalla (…) dopo la formulazione di una sua domanda di risoluzione fosse applicabile il principio della “cristallizzazione degli inadempimenti” nonostante il contratto in essere tra le parti fosse un contratto di durata, la domanda di risoluzione per inadempimento proposta dalla stessa (…) fosse stata rigettata e la contrapposta domanda di risoluzione proposta in via riconvenzionale dall’odierna ricorrente si fondasse proprio su tale inadempimento.

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Rileva che:

– alla domanda di risoluzione ex adverso proposta al più può essere attribuito un effetto sospensivo delle obbligazioni contrattuali, ma non certo l’effetto liberatorio che le è stato riconosciuto, il quale può prodursi solo ed esclusivamente all’esito del giudizio nel caso in cui la domanda di risoluzione sia giudicata fondata, e quindi accolta, con la conseguenza che se l’inadempimento di controparte risulta insussistente oppure inidoneo a giustificare l’eccezione (il che – può ben aggiungersi – giuridicamente equivale), “l’eccipiente sarà tenuto all’adempimento, ovvero sarà esposto all’azione di risoluzione per inadempimento” (Cass. n. 16918 del 25-06-2019);

– né può sostenersi che l’effetto di cristallizzazione sia divenuto comunque definitivo in virtù del fatto che il Giudice ha comunque disposto la risoluzione del contratto, sia pure per mutuo dissenso; tale effetto liberatorio si sarebbe potuto produrre soltanto se l’odierna ricorrente avesse chiesto la risoluzione del contratto per profili di inadempimento della (…) diversi dal rifiuto ad adempiere e dall’affitto di azienda del 23-12-2008, e se questi ultimi fossero intervenuti solo in seguito, ma così non è stato, visto che la domanda di risoluzione del contratto avanzata in primo grado dall’odierna ricorrente si fonda proprio sull’espresso rifiuto ad adempiere e sull’affitto del ramo d’azienda;

– nell’evitare di valutare il comportamento tenuto dalla (…) dopo l’instaurazione del presente giudizio, ma prima che l’odierna ricorrente formulasse la propria domanda riconvenzionale di risoluzione del contratto per inadempimento, che proprio su tale comportamento si fondava, in definitiva, la Corte d’appello di fatto ha omesso di pronunciarsi sulla domanda riconvenzionale, mancando di valutare il presupposto su cui essa si basava, in forza di un ragionamento giuridico errato, fondato sul richiamo a un principio di diritto inconferente, come tale non applicabile al caso in esame.

3. Con il primo motivo del proposto ricorso incidentale, la (…) Srl denuncia “violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e 1363 c.c., degli artt. 1366 – 1371 c.c.; violazione e falsa applicazione delle regole legali di interpretazione del contratto”.

Rileva che la Corte territoriale, in motivazione, dopo aver confutato e giudicato “non dirimenti” i profili di contestazione sollevati dalla convenuta Me. Srl (e riferiti in particolare alla destinazione impressa all’acconto “a valere sulle dieci annualità” ed all’utilizzo gratuito della piscina nei mesi di luglio ed agosto 2007), ha bensì avviato l’operazione ermeneutica, indirizzando la propria attenzione al testo contrattuale in ossequio ai criteri di cui agli artt. 1362 e 1363 c.c., ma la ha, successivamente, “bruscamente ed inspiegabilmente interrotta” sulla constatazione che tale testo mostrerebbe “innegabili difficoltà ermeneutiche della volontà contrattuale circa l’inclusione dell’uso dei predetti servizi nel corrispettivo a carico della Me. Srl ovvero dei suoi clienti”, avuto riguardo:

– alla natura “meramente descrittiva” del riferimento al terrazzo – solarium contenuto nell’allegato A al contratto;

– alla mancata previsione – nel contratto – di “alcuna penale (o altra diversa sanzione)” per l’ipotesi di mancata realizzazione, da parte di (…) Srl, del solarium e della piscina;

– alla mancata inclusione, nel contratto, dell’uso di tali servizi “tra le prestazioni espressamente poste a carico della (…) Srl”.

Osserva, dunque, che la Corte d’appello, invece di desumere, come sarebbe logico, dalla mancata inclusione del servizio nel corrispettivo contrattuale posto a carico di Me. Srl il pieno diritto di (…) Srl di pretenderne il pagamento, ha fatto ricorso ad una inedita valutazione di “incertezza interpretativa” che non trova alcun riscontro nelle regole legali di ermeneutica contrattuale di cui agli artt. 1362, 1363 e 1366 cod. civ.

4. Con il secondo motivo la ricorrente incidentale denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, num. 5, cod. proc. civ., omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti.

Censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha posto ad ulteriore fondamento del rigetto della domanda di risoluzione il rilievo della impossibilità di accertare in concreto l’effettivo utilizzo delle strutture in questione da parte dei clienti Me. e ciò perché la quantificazione dell’importo dovuto è avvenuta sulla base di moduli fatti sottoscrivere preventivamente dalla clientela per tutta la durata del soggiorno, così rendendo impossibile il controllo della “effettiva fruizione di ogni singolo servizio da parte dei clienti”.

Lamenta che, così motivando, la Corte abbia omesso di tener conto delle risultanze delle prove acquisite nel corso del giudizio di primo grado e del dibattito sviluppatosi – nella stessa sede – sulle questioni relative alla dimostrazione dell’effettivo utilizzo, da parte della clientela residenziale Me., del servizio piscina, alla quantificazione del corrispettivo per tali ingressi ed alla fatturazione anticipata dei relativi addebiti.

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L’omesso esame avrebbe in particolare riguardato n. 188 moduli sottoscritti dai clienti residenziali Me. Srl recanti l’indicazione del nominativo di ciascuno e del periodo di soggiorno, del numero dell’appartamento occupato e del numero degli occupanti nonché l’esplicita richiesta di “usufruire dei servizi al 5° piano della struttura del Medi Garden Resort con terrazza e piscina”.

Soggiunge che, oltre a obliterare il contenuto di tali moduli, la Corte ha omesso di considerare le prassi tipiche del settore alberghiero nel quale (come è noto) tutti i servizi vengono addebitati con data corrispondente all’inizio del soggiorno ed a prescindere dalla loro effettiva fruizione da parte del cliente nel corso del suo periodo di permanenza.

Lamenta inoltre che, nel porre a fondamento della domanda la circostanza della “unilaterale determinazione del corrispettivo”, la Corte mostra di non aver tenuto conto dei fatti accertati e delle prove acquisite nel corso del giudizio di primo grado ed in particolare:

– della nota raccomandata del 27 giugno 2008 a mezzo della quale la (…) Sas ebbe a comunicare a Me. Srl che “a far data dal 1° luglio 2008 saranno applicati i seguenti supplementi: 1) cambio biancheria infrasettimanale come da listino; 2) ingresso piscina e terrazza solarium Euro 10,00 a persona al giorno”;

– della nota raccomandata del 3 luglio 2008 a mezzo della quale la (…) Sas – facendo seguito alla precedente diffida di Me. Srl ad astenersi dal richiedere pagamenti di sorta ai propri clienti – si premurò di rappresentare alla medesima che “al solo fine di salvaguardare la stagione turistica corrente (e non pregiudicare una definizione transattiva della vertenza insorta)” i corrispettivi per l’uso della piscina e terrazza solarium sarebbero stati addebitati non ai clienti bensì direttamente alla Me. Srl, con conseguente emissione delle relative fatture periodiche.

Documenti, questi, in thesi, idonei a provare che l’entità del corrispettivo applicato dalla (…) Srl per l’uso della piscina era stata preventivamente comunicata a Me. Srl e che nessuna osservazione, circa la sua congruità, era pervenuta da parte di quest’ultima.

5. Ragioni di ordine logico impongono di esaminare per primo il ricorso incidentale.

Tra i motivi che ne sono posti a fondamento occorre dare precedenza al secondo, per il suo potenziale rilievo assorbente.

Tale motivo deve dirsi infondato.

5.1. Come fondatamente obiettato dalla ricorrente principale nel proprio controricorso, la Corte d’appello non ha mancato di esaminare i documenti indicati, o quanto meno dimostra di averne considerato l’esistenza e il contenuto, come è dato desumere dal rilievo – leggibile a pag. 10 della sentenza impugnata – che “la quantificazione dell’importo dovuto è … avvenuta sulla base di moduli fatti sottoscrivere preventivamente dalla clientela per tutta la durata del soggiorno … con indicazione del numero di persone occupanti l’appartamento e dei giorni di soggiorno, moltiplicati per un importo determinato unilateralmente dalla fornitrice”.

Proprio in ragione di tale contenuto, identico a quello descritto dalla ricorrente incidentale, la Corte ha espresso la valutazione che fosse impossibile accertare in concreto l’effettivo utilizzo delle strutture in esame da parte dei clienti Me. Srl, valutazione a sua volta posta a fondamento del (confermato) rigetto della domanda di risoluzione.

Gli argomenti che la ricorrente svolge poi circa l’esistenza di prassi (asseritamente nota) secondo la quale tutti i servizi vengono addebitati con data corrispondente all’inizio del soggiorno ed a prescindere dalla loro effettiva fruizione da parte del cliente nel corso del suo periodo di permanenza non superano la soglia della mera contestazione della valutazione di merito operata dalla Corte, alla quale com’è noto non può darsi ingresso nel giudizio di cassazione non essendo riconducibile ad alcuno dei vizi cassatori tipizzati, tanto meno a quello di cui al n. 5 dell’art. 360 cod. proc. civ. (per il quale v. Cass. Sez. U. 07-04-2014, nn. 8053 – 8054).

5.2. Rimangono assorbite le ulteriori censure volte a contestare, sempre ai sensi dell’art. 360 n. 5 cod. proc. civ., la sussidiaria e meramente aggiuntiva considerazione del carattere unilaterale della determinazione dell’importo preteso per il servizio.

Se ne può tuttavia rilevare, incidentalmente, anche l’inammissibilità per la palese non decisività dei documenti che si dicono obliterati dalla Corte d’appello, da essi non potendosi ricavare alcuna ragione di confutazione di detta valutazione. Da un lato, si tratta infatti di documenti provenienti dalla stessa (…) Srl;

dall’altro, nessuna regola o massima di esperienza autorizza a ritenere che dalla provata ricezione e dal mancato riscontro delle menzionate raccomandate dovesse desumersi un tacito consenso da parte della destinataria.

6. Il primo motivo rimane conseguentemente assorbito.

Esso investe, infatti, una ratio decidendi distinta e autonoma (incertezza interpretativa del contratto sul punto della gratuità o onerosità dell’uso del solarium e della piscina), la cui erroneità non potrebbe comunque travolgere la decisione impugnata, rimanendo questa esaustivamente fondata sull’altra e autonoma ratio già vista, rappresentata dalla ritenuta impossibilità di accertare in concreto l’effettivo utilizzo delle strutture in questione da parte dei clienti Me..

7. Venendo quindi all’esame del ricorso principale, occorre anzitutto rilevare che, con lo spiegato intervento, e a fondamento dello stesso, la curatela ha dedotto e documentato la sopravvenuta dichiarazione di liquidazione giudiziale della (…) Srl

La già rilevata inammissibilità di detto intervento, però, fa sì che di detta documentazione e dell’evento dedotto e con essa rappresentato non possa tenersi conto in questa sede, a nessun effetto, e segnatamente ai fini della declaratoria di improcedibilità della domanda di risoluzione ai sensi dell’art. 151 C.C.I.I. (v. già art. 52 L. Fall.) la quale presuppone l’avvenuta rituale acquisizione in giudizio della notizia di tale evento.

8. Passando quindi allo scrutinio, nel merito, dell’unico motivo del ricorso principale, se ne deve rilevare l’infondatezza.

Secondo principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, tratto dalla necessaria lettura coordinata dei commi secondo e terzo dell’art. 1453 cod. civ., la proposizione della domanda di risoluzione del contratto per inadempimento comporta la cristallizzazione, fino alla pronuncia giudiziale definitiva, delle posizioni delle parti contraenti, nel senso che come è vietato al convenuto di eseguire la sua prestazione (terzo comma), così non è consentito all’attore di pretenderla (secondo comma), avendo dimostrato con la richiesta di risoluzione del contratto il proprio disinteresse all’adempimento anche per i pagamenti non ancora scaduti al momento della domanda (cfr. Cass. 14-02-1994, n. 1460; 14-05-2004, n. 9200; 23-12-2014, n. 27359; 21-04-2015, n. 8108).

La Corte d’appello ha deciso conformemente a tale principio, coerentemente al quale ha evidenziato che alla proposizione della domanda di risoluzione del contratto per inadempimento della Me. Srl deve essere riconosciuto effetto sospensivo delle obbligazioni poste a carico della (…) Srl, sospensione che – ha aggiunto – “non appare contraria a buona fede tenuto conto di quanto sopra già rilevato in relazione alle obiettive difficoltà interpretative del contratto e degli accordi nelle more intervenuti tra le parti”.

Anche la ricorrente del resto riconosce alla domanda di risoluzione di (…) implicito significato e valore di eccezione d’inadempimento, idonea a giustificare la sospensione delle obbligazioni a carico della stessa.

Sostiene, però, richiamando a supporto l’arresto di Cass. n. 16918 del 25-06-2019, che, una volta che l’inadempimento dedotto a fondamento della contrapposta domanda di risoluzione (e della implicita exceptio inadimpleti contractus) sia risultato insussistente oppure inidoneo a giustificare l’eccezione, “l’eccipiente sarà tenuto all’adempimento, ovvero sarà esposto all’azione di risoluzione per inadempimento”.

L’argomento però non coglie nel segno.

8.1. Il principio richiamato – il quale, nei termini esatti e completi nei quali risulta enunciato prima ancora da Cass. 29-03-2019, n. 8760, è del seguente tenore: “L’eccezione di inadempimento di cui all’articolo 1460 c.c. è un rimedio necessariamente temporaneo, in quanto delle tre l’una: – i) se l’inadempimento che l’ha provocata persiste, esso condurrà alla risoluzione del contratto, e l’eccipiente sarà liberato dalla propria obbligazione; – ii) se l’inadempimento che l’ha provocata cessa, cessa anche il diritto di autotutela dell’eccipiente, il quale sarà perciò obbligato all’adempimento; – iii) se l’inadempimento che l’ha provocata non esisteva, ovvero non era tale da giustificarla, l’eccezione fu malamente sollevata, ed anche in questo caso l’eccipiente sarà tenuto all’adempimento, ovvero sarà esposto all’azione di risoluzione per inadempimento” – postula che l’inadempimento posto a fondamento della exceptio inadimpleti contractus non sussistesse o non fosse tale da giustificarla e non si riferisce al diverso caso, nella specie ricorrente secondo la valutazione della Corte di merito, in cui l’inadempimento non era tale da giustificare (non l’eccezione di inadempimento ma) la risoluzione del contratto ex art. 1453 e 1455 cod. civ.

8.2. Nel denunciare, dunque, la violazione del principio surricordato Me. Srl omette di confrontarsi con il nucleo centrale della motivazione sul punto offerta dalla Corte abruzzese, la quale, in piena coerenza con il principio ricordato, ha inteso chiaramente evidenziare – in particolare riconoscendo che la sospensione dell’adempimento delle proprie obbligazioni da parte di (…) non è contraria a buona fede e attribuendo a tal fine rilievo anche alle obiettive difficoltà interpretative del contratto e degli accordi nelle more intervenuti tra le partiche – che, pur non potendosi riconoscere nell’inadempimento di Me. il carattere della gravità necessario per poter condurre alla chiesta risoluzione ex art. 1453 cod. civ., nondimeno la sospensione delle prestazioni dovute da (…) rimaneva giustificata e, comunque, non poteva a sua volta considerarsi inadempimento idoneo a giustificare l’accoglimento della speculare domanda di risoluzione avanzata in via riconvenzionale da Me..

In caso di reciproche domande di risoluzione contrattuale vi può essere impossibilità dell’esecuzione del contratto 

9. Ciò premesso, ed esclusa dunque la fondatezza delle contrapposte domande di risoluzione, del tutto correttamente la Corte di merito ha ritenuto di dover desumere dalle stesse le ragioni di una declaratoria di risoluzione per mutuo dissenso, anche in tal caso conformandosi a indirizzo consolidato nella giurisprudenza di questa Corte secondo cui, ove le reciproche domande di risoluzione siano tutte infondate, il giudice, pur non potendo pronunciare la risoluzione per colpa di una delle parti, deve comunque dare atto della impossibilità di esecuzione del contratto per effetto della scelta congiuntamente operata in giudizio e disporre gli effetti di cui all’art. 1458 cod. civ. (v. Cass. 18-05-2005, n. 10389; 16-02-2001, n. 2304; 24-11-2000, n. 15167; 04-04-2000, n. 4089; 29-11-1994, n. 10217; 29-04-1993, n. 5065; 25-05-1992, n. 6230); il giudice deve in tale ipotesi far comunque luogo a declaratoria di risoluzione del contratto, in quanto le contrapposte manifestazioni di volontà, pur estranee ad un mutuo consenso negoziale risolutorio, attese le contrastanti premesse, sono tuttavia dirette all’identico scopo dello scioglimento del rapporto negoziale (v. Cass. 19-12-2014, n. 26907, e, conformemente, Cass. 19-1-2016, n. 767; 21-09-2020, n. 19706; 16-02-2023, n. 4919; cfr. altresì, con riferimento a contrapposte dichiarazioni di recesso, Cass., 26-7-2011, n. 16317; 14-03-1988, n. 2435).

10. La memoria che, come detto, è stata depositata dalla ricorrente principale, ai sensi dell’art. 380-bis.1, comma primo, cod. proc. civ., non offre argomenti che possano indurre a diverso esito dell’esposto vaglio dei motivi.

11. Entrambi i ricorsi devono in conclusione essere rigettati.

La reciproca soccombenza giustifica inoltre l’integrale compensazione delle spese tra le parti.

12. Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte sia della ricorrente principale che della ricorrente incidentale, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per i rispettivi ricorsi, ove dovuto, a norma dell’art. 1-bis dello stesso art. 13.

P.Q.M.

rigetta entrambi i ricorsi. Compensa integralmente le spese processuali.

Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del D.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte sia della ricorrente principale che della ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dell’art. 1-bis dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 14 marzo 2024.

Depositato in Cancelleria il 13 maggio 2024

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